Capitolo 11
Non avevo smesso di pensare a lei per un secondo. Mi aveva affascinato profondamente, mandandomi in uno stato di agitazione mentale mai provato prima. Quando mi aveva abbracciato piangendo, sul treno, avrei voluto stringerla e baciarla e dirle la verità e che ci sarei stato sempre per lei, ovunque sarebbe andata e in qualsiasi situazione. Che idiota, avresti potuto! Diceva una parte di me, l'altra pensava Ma cosa pensi? Tanto per iniziare è più piccola e tu non sei adatto a stare con lei, rovineresti tutto. Forse era così. Rovinerei la sua vita con il mio spirito ribelle e aggressivo, interromperei il corso della sua vita da Abnegante, semplice e rigido, dicendole la verità su di me che ho ripudiato la mia Fazione e su mio padre che l'ha macchiata.
Forse devi starle lontano. Per il suo bene.
"Sì, forse è la cosa migliore" mi dissi.
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Era da un po' che non vedevo Quattro. Avevo paura di essere la causa della sua assenza, di aver fatto o detto qualcosa di sbagliato o che mi avesse usato solo come spia per la questione delle Fazioni. Solo a pensarci, sentii un nodo allo stomaco, alla gola e una strana sensazione di rabbia, frustrazione e delusione. Decisi di uscire, di prendere aria e di riordinare i pensieri. Appena misi piede fuori lo vidi: era seduto sul marciapiede, le spalle curve, e giocava con un sassolino. "Se ti avvicini sembrerai insistente e snervante" mi dissi. Però avevo voglia di sapere come stesse e dove fosse stato in questo tempo. Mi avvicinai e mi sedetti affianco a lui senza dire nulla. Lui alzò la testa, sorrise e la abbassò di nuovo, tornando al suo sasso. "Ehi... ehm... dove sei stato in questo tempo?" dissi per rompere quel silenzio imbarazzante. "Sono sempre stato qui, a riflettere. Ehm... io credo che tu debba andare ora. Ho bisogno di stare solo." Mi alzai. Mi sentivo usata e arrabbiata, innervosita dal suo comportamento. Così prima di andarmene dissi "sono contenta di esserti stata utile nei tuoi scopi." Lui alzò di scatto la testa. "È questo che pensi di me? Che ti abbia usata? Pensi che ti avrei protetta se avessi voluto solo 'usarti'? È per te che mi sto allontanando! Tu non sai chi sono, tu non mi conosci!" Si era alzato e gridava. "Io non so chi tu sia Quattro, ma questo certo non dipende da me." E me ne andai.
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Non lasciarla andare via!
La raggiunsi e le presi il braccio. Lei non si sottrasse alla mia presa.
"Hai ragione, mi dispiace Beatrice. Mi dispiace che tu pensi questo di me, mi dispiace di essere stato così ostile e mi dispiace di non averti parlato di me. Mi dispiace di averti promesso che ti avrei protetta, quando in realtà volevo solo allontanarmi da te. Mi dispiace, davvero." Lei mi sorrise, di nuovo, come l'ultima volta. Non sentivo più le gambe e credevo di non saper più parlare o respirare o muovermi.
Fallo! Prima che sia troppo tardi!
La avvicinai al mio petto e appoggiai le mie labbra sulle sue. Credevo fosse un'azione troppo avventata e inopportuna ma non avevo mai provato nulla di talmente bello prima d'ora. Quando ci staccammo lei era rossa e le tremavano le mani. "Quattro...io..." "Tobias." Sussurrai. "Il mio nome è Tobias."
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