Capitolo 3
Alexa's pov
<<Dylan e Chad, se non la smettete immediatamente di parlare vi cambio di posto!>> inveisce furiosa la professoressa di letteratura ai due ragazzi che giocano a lanciare dal basso verso il soffitto le penne, come al solito.
I due sono proprio testardi, perché - nonostante i continui rimproveri da parte della nostra insegnante - continuano a disturbare la lezione.
Mi giro verso la loro direzione e gli mimo un 'finitela, la professoressa si sta arrabbiando troppo', ma come risposta ottengo solo totale disinteresse, a tal punto da far alzare ad entrambi le spalle verso l'alto.
Scuoto la testa e torno a seguire la spiegazione di letteratura <<Dante è un poeta italiano nato ne - allora, ne ho abbastanza ragazzi! Avete superato il limite della mia pazienza! Ora cambierò i posti in modo da farvi stare il più lontano possibile.>>
Detto, fatto.
La signorina White è esplosa: come biasimarla con dei soggetti del genere!
Si siede comodamente sulla sua sedia e scruta la piantina di classe incollata sulla cattedra, cominciando a ragionare sullo spostamento ideale.
Dopo interminabili minuti, alza lo sguardo verso i diretti interessati <<Chad, tu andrai al posto di Zayn - ovvero in prima fila - , mentre tu Dylan ti siederai al posto di Stacy. Oh, ma aspetta: così potrete parlarvi lo stesso! Mmh, allora... Alexa vai al posto di Melanie e tu Dylan in quello di Alexa>> fisso la mia insegnante con confusione per via del disordine che ha fatto.
Mi alzo, dirigendomi verso la mia nuova postazione.
Nell'arco di due secondi - appena collego il tutto - mi accorgo di essere capitata di fianco a Zayn.
È stata una sorpresa pure per lui a quanto pare, visto che appena incrocia il mio sguardo strabuzza gl'occhi.
Appoggio il mio cappotto sullo schienale della sedia, butto lo zaino a terra e riapro il libro di letteratura <<Dov'eravamo rimasti? Giusto, Dante... >> senza esitare un attimo in più, la professoressa riprende parola e continua il suo discorso.
Le parole scorrono così velocemente dalle sue labbra tanto che a stento riesco a prendere appunti, per via delle numerose informazioni gettate all'aria in un tempo molto ristretto.
<<Ehi, prenditi un attimo per respirare>> sussurra Zayn con fare sarcastico <<Non sto correndo una maratona>> dico in mia difesa, gesticolando verso il foglio con la mia penna nera tra le dita <<Sì, va bene. Non ti scaldare. Mi sto solo preoccupando per te... >> commenta con un tono di voce decisamente diverso, quasi offeso per il mio atteggiamento troppo scontroso - di certo non adatto alla situazione - .
<<Non ce n'è bisogno, grazie mille lo stesso... >> rispondo titubante.
Lui non aggiunge nulla, si limita ad abbassare lo sguardo sul quaderno per riprendere a disegnare qualche altra cosa a me ignota.
...
Mi sto solo preoccupando per te.
Questa frase rimbomba nella mia testa talmente tante volte che a momenti potrebbe scoppiare. Porto istintivamente le mani alla nuca e me la massaggio dolcemente.
La vibrazione del mio cellulare distoglie l'attenzione dalla mia leggera emicrania, dunque lo estraggo dalla tasca dei miei jeans e leggo il messaggio.
"Parteciperai alla festa?"
Il punto interrogativo del rappresentante d'istituto mi mette davanti ad una decisione.
Cosa dovrei fare? Un parte di me - quella più razionale - mi suggerisce di rimanere a casa; mentre l'altra mi consiglia di osare e divertirmi... in fondo, ho preferito rimanere a Bradford per farmi degli amici, o no?
A questo punto, sorrido ed invio un semplice 'ci sarò'.
Abbandono il cellulare sul tavolo, continuando a svolgere i miei compiti... per quanto mi è possibile, considerata la mia parziale testa fra le nuvole.
...
Zayn's pov
Sono solo in camera mia a fissare la parete, senza un motivo preciso.
Sinceramente non so cosa ci sia di così d'interessante - visto che sono solo dei mattoni uniti da del cemento, ricoperti da uno strato di vernice bianca - , ma le cose semplici mi interessano troppo.
Sapete come dice il proverbio, 'il troppo stroppia'.
L'aggettivo 'troppo' può essere usato in molte situazioni: come ad esempio troppo caldo, troppo dolce, troppo affetto. Già, troppo affetto.
Nella mia vita ho provato tutte le emozioni possibili, ma quest'ultimo di sicuro no.
Io e la mia famiglia stiamo passando dei periodi difficili, in casa mia solo mio padre lavora e - poveretto - deve mantenere quattro figli e la moglie.
Si fa in mille pezzi pur di non farci mancare nulla, pure a costo di partire alle tre del mattino.
La mia famiglia è di origine pakistana, perciò - seconde antiche usanze - la moglie si deve limitare a badare ai figli e alle faccende casalinghe.
Tutto ciò, purtroppo, ha portato ad una grave crisi economica in casa nostra e - di conseguenza - un leggero distacco involontario dalla figura paterna, visto che ci vediamo solo dieci minuti alla sera - perché poi crolla a letto, sfinito - .
Né io, né le mie sorelle siamo mai stati viziati con i soliti giocattoli, abbiamo sì e no il pupazzo del cuore.
Questa sarà la cosa che custodirò per sempre, così potrò spiegare ai miei figli che sacrifici ha fatto mio padre - o meglio, il loro futuro nonno - e gli insegnerò che non è importante crescere con oggetti costosi o cellulari tra le mani... la cosa fondamentale è amare la propria famiglia.
Per questo motivo mi sono trovato un lavoro: ogni sera - dalle otto a mezzanotte - farò il dj al 'Paradise', la discoteca nella quale si terrà anche la festa d'istituto.
Devo ammettere che inizialmente mio padre era contrario alla mia iniziativa - perché per lui rimarrò sempre il suo piccolo bambino, anche se ormai ho diciassette anni - , ma sono riuscito a convincerlo finalmente.
<<Zayn, che stai facendo?>> mia madre richiama la mia attenzione entrando nella stanza <<Sto cercando di riposarmi un po'>> spiego, mentre mi alzo dal letto assumendo una posizione quasi eretta.
<<È stasera che inizi?>> domanda curiosa, sedendosi di fianco a me per poi massaggiarmi dolcemente la schiena <<Esatto>> sorrido senza aggiungere altro.
La sento rilasciare un sospiro per poi abbassare lo sguardo <<Non sei obbligato, sai che posso provare a convincere papà a lasciarmi lavorare al posto tuo>> propone con tono spezzato a causa delle lacrime che minacciano di uscire dai suoi occhi <<Tranquilla, lo faccio con piacere. E, ti prego, non piangere: non sopporto veder soffrire la gente a cui tengo>> dico con un filo di voce, asciugandole intanto gl'occhi con le mie mani che - a contatto con la sua pelle - la fanno leggermente indietreggiare con la schiena.
<<Hai le mani ghiacciate>> sussurra mentre cerca di scaldarle strofinandole con le sue <<Grazie mamma>>
<<Grazie a te figliolo, stai facendo tanto per me e per il resto della famiglia. Sei un ragazzo d'oro>> afferma prima di stamparmi un bacio sulla fronte.
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*Il giorno seguente*
Sono troppo stanco.
Ora sì che capisco il motivo che spinge mio padre a ripetere numerose volte questa frase quando torna a casa.
Mi siedo al mio posto ed aspetto che la professoressa faccia la sua trionfante entrata.
Appoggio le mano sul banco e successivamente infilo in mezzo la testa, cercando di godermi questi attimi di calma per riprendermi dalla serata precedente.
<<Notte bianca, eh?>> chiede una persona alle mie spalle.
Alzo lo sguardo e noto che è proprio Alexa. Mi fissa perplessa in piedi con le mani incrociate al petto <<No no, sono stato al lavoro>> mormoro, lasciando uscire subito dopo uno sbadiglio dalle mie labbra.
Sollevo il busto e fisso lo sguardo sul suo <<Come mai lavori?>> domanda incuriosita.
Nessuno sa della posizione economica della mia famiglia, nemmeno il mio migliore amico.
<<Perché non è mai abbastanza... >> rispondo, lasciandomi sfuggire dalle mie labbra un leggero sospiro. Di certo, non di sollievo.
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