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AufWiedersehen, meiner lieber.

L'albino era entrato nel salone dei meeting di umore nero, sbattendo con forza la suola delle scarpe sul pavimento bianco.

Spalancò le porte con furia, quasi a scardinarle.

Antonio e Francis alzarono gli occhi su di lui, mostrando i chiari segni di una notte insonne passata a piangere.

Loro? Loro dovevano piangere?! Lui! Lui aveva litigato con il proprio ragazzo la sera prima, non loro! Lui era stato cacciato di casa di malo modo, con le urla isteriche di Austria come sottofondo.

"Gilbert." annunciò Romano facendo sobbalzare Germania.

Il tedesco se ne stava chino con la testa fra le mani.

Ma non erano i soli ad avere un comportamento strano.

Gli italiani, per esempio, facevano paura.

Romano stava seduto accanto all'ispanico, accarezzandogli il braccio come a consolarlo.

Feliciano, semplicemente, non rideva.
Stava seduto composto, le mani in grembo e l'uniforme, solitamente blu era stata sostituita da una nera.

Feliciano che non ride?! E Romano che non insulta nessuno?! ma che cazz-...?!

"Bruder..." Ludwig cercò di parlare, bloccandosi poco dopo.

"Ora che ci siamo tutti, posso parlare." Ivan si alzò posando i palmi sul legno chiaro del grande tavolo.

"Io sono con te." La Cina alzò la mano prima ancora che il russo potesse parlare, seguita dal Giappone e dalla Francia.

"Da, da. Ma per chi non intuisse le mie intenzioni le dirò a voce alta: vogliono la guerra? E allora la guerra gli daremo. Chi è con me?"

Il silenzio che ne seguì fu rotto solo dal frusciare delle mani che si alzavano.

Spagna, Germania e Italia furono i primi, seguiti dall'Ungheria, dall'Inghilterra e da tutti gli altri.

"America?" incoraggiò il russo notando l'altro pensieroso. Persino Canada aveva alzato la mano tremante, in aperto contrasto con lo sguardo determinato.

"I'm the hero. I'm here." alzò la mano a sua volta, sotto il sorriso soddisfatto della Russia.

"Vedo che finalmente siete diventati un tutt'uno con la Grande Madre Russia." osservò tutte le nazioni, le loro mani in alto, nessuno escluso, prima di risedersi.

Gilbert osservava tutto fermo sulla soglia.

"Mi spiegate cosa sta succedendo?!"

Giappone si alzò in silenzio, accendendo il tablet.

Le nazioni lo videro rabbrividire ad un certo punto e, capendo di fronte a cosa stesse tremando non trattennero un brivido a loro volta.

Kiku voltò il tablet verso l'altro, lasciando che anche la Prussia vedesse quella cosa.

Era solo una foto, ma tanto bastò a far bloccare il cuore del prussiano.

****

"Vaffanculo Gilbert!"

"Roderich si può sapere cosa diavolo ti prende, ora?!"

"Cosa mi prende? Cosa mi prende?! Hai anche il coraggio di chiedermelo maledetto?!"

Roderich lo stava aggredendo da quando aveva messo piede nella loro abitazione, a Vienna.

Gilbert non ne capiva il motivo, sapeva solo che il suo ragazzo stava piangendo e gli stava urlando le peggio cose, aggredendolo.

Solo che il prussiano non era un uomo calmo. O meglio, aveva cercato di esserlo, ma aveva presto perso la pazienza ed aveva iniziato ad insultare a sua volta l'altra nazione.

Si dicevano cose che nemmeno pensavano, solo per ferire l'altro. Ma Austria non poteva fermarsi, Austria doveva farlo. Per Gilbert.

"Puttana."

A quell'insulto Roderich indietreggiò, con gli occhi sgranati.

"Roderich, io..." l'albino cercò di avvicinarglisi ma l'altro gli si spinse contro, afferrandogli la casacca con i pugni chiusi.

"Vattene. Vattene Gilbert, vattene."

Il castano non si tratteneva più ormai, piangendo senza alcun ritegno contro il petto dell'altro. Lo spinse contro la porta prima di alzarsi.

L'ultima volta che Gilbert vide fu il viso bagnato dalle lacrime ed i capelli scompigliati dell'amato prima che quest'ultimo gli sbattesse il portone in faccia.

*****

Prussia guardava sconvolto il messaggio mandato a tutte le nazioni.

Avevano fallito con la Francia e la Germania, quindi avevano attaccato l'Austria, con il chiaro intento di metterla in ginocchio.

Prese il tablet dalle mani dell'orientale, macabre immagini scorrevano davanti ai suoi occhi.

Una lo colpì più di tutte.

La ingrandì.

Un colpo mortale.

Cadde in ginocchio prima che l'oggetto gli cadesse dalle mani. Un urlo strozzato e gli occhi sgranati furono l'unica reazione visibile.

Prussia era crollato.

In quell'esatto istante, in quel preciso momento, il mondo aveva perso significato.

"Vattene, vattene Gilbert, vattene." ripetè le ultime parole dell'austriaco osservando l'immagine.

Una casa, anzi, una villa, vicino al bosco. Di essa non rimanevano altro che macerie e cumuli di fumo e polvere.

Un luccichio su un pezzo di muro lo attirò.

No.

Alzò la mano, tremante, prima di zoomare la foto.

La croce di Roderich.

"Ora torna tutto." biascicò.

Roderich sapeva, Gilbert non capiva come ma l'austriaco sapeva. Era per questo che l'aveva insultato, che l'aveva cacciato di casa.

"Bruder!" Ludwing gli si inginocchiò accanto ma l'albino non parve accorgersene.

"Roderich." chiamò il ragazzo, dapprima un sussurro, poi più alto, sino a diventare un urlo agghiacciante, dilaniante.

È inutile che lo chiami, non verrà.

****

Prussia non lo vedeva ma Roderich stava appoggiato di peso contro la porta, lottando contro la voglia di aprire quella porta e di correre da Gilbert.

Ma non lo fece.

Rimase lì, a piangere.

Finchè uno sparo non ruppe il silenzio.

"Sono già qui?!" Roderich lanciò un grido strozzato.

Prese il crocifisso fra le mani, serrando gli occhi.

'Fa' che Gilbert sia abbastanza lontano, ti prego. Salva il mio amore.'

Poi si alzò, la schiena dritta e lo sguardo fiero.

"Io sono l'Austria." si disse prima di voltarsi contro la figura nera alle sue spalle.

****

Tre giorni dopo Gilbert aveva trovato la forza, nemmeno lui sapeva come, di alzarsi dal letto.

Si sentiva un automa mentre si vestiva e usciva, rivolgendo solo un cenno del capo al fratello.

Ludwig scattò in piedi, seguendo il fratello.

"Posso venire con te, Bruder?" Prussia annuì con il capo, non parlava.

La gola gli doleva. Aveva urlato sino a graffiarsi le corde vocali ed ora era totalmente afono.

"Le nazioni non possono morire, brutto idiota!" gracchiò, senza voce, davanti ai resti della casa dell'austriaco.

"Mi hai sentito?! Non possiamo morire! E allora perchè non ci sei, Rod? Eh, Rod, perchè non ci sei?" la voce si abbassò sino a diventare un sussurro stentato e rotto, come l'anima del prussiano.

Il biondo rimase in silenzio, qualche passo indietro con lo sguardo basso.

"Ludwig."

"Ja, Bruder?"

"È passato Feliciano, hai visto?" articolò con un gruppo in gola indicando un violino posato con cura lì vicino.

Era nuovo, con le lettere R.E. finemente incise in oro sul legno scuro.

'Vee~ Un pensiero per te, Roderich. So che ti piace tanto suonare. Sai, questo te l'ho fatto proprio io!! Spero che ti piaccia!
-Feliciano.'

E Gilbert, ancora una volta, pianse.

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