Capitolo 6
Il mattino seguente Artemis si svegliò con il profumo di caffè appena fatto e uova strapazzate.
Chiunque avrebbe apprezzato quel risveglio, ma per lei significava solo che qualcuno era entrato in casa sua senza consenso.
Artemis prese la pistola che teneva nascosta sotto il cuscino e con passo felpato uscì dalla stanza per raggiungere la cucina.
Casa sua non era semplice da trovare, l'aveva nascosta bene anche agli occhi di suo padre.
Era situata su un promontorio roccioso che si affacciava sull'oceano, e cosa più importante il più lontana dalla residenza principale dei Thornerose.
Quella posizione le garantiva privacy e una sensazione di isolamento che era necessaria per riflettere e rilassarsi.
Solo un sentiero sterrato conduce alla proprietà e non poteva essere attraversato con nessun mezzo di trasporto, vi erano solo due opzioni o a piedi o a cavallo. Inoltre bisognava superare una fitta foresta che nascondeva l'abitazione da occhi indiscreti.
Solo due persone conoscevano l'ubicazione di quella casa e non voleva rischiare che qualcun altro ne fosse a conoscenza, perché in quel caso sarebbe stata costretta a ucciderlo.
Si appoggiò contro la parete del corridoio, percependo il muro freddo contro le spalle scoperte. Prese un lungo respiro profondo prima di voltarsi e puntare la pistola in direzione di chiunque stesse occupando la sua cucina.
«Artemis! Metti giù quella dannata pistola!» le sbraitò contro Raphael sbigottito, tenendo una sola mano in alto mentre con l'altra teneva la padella con dentro le uova.
«Mi hai spaventata!» lo accusò Artemis abbassando la pistola e portandosi una mano tra le lunghe ciocche di capelli che non aveva avuto il tempo di legare.
«Credo che sarei riuscito a entrare in casa tua indisturbato?» le domandò lui indicandole con un cenno del capo il pastore tedesco di cinquanta chili che la osservava con le orecchie ritte e sguardo colpevole.
«Shadow mi avrebbe sbranato» continuò lui sistemando le uova in due piatti. Aveva diligentemente apparecchiato la tavola e l'aveva imbandita con una colazione ricca. C'erano due caraffe di succo di frutta, un mango tagliato a fette in un piattino e mirtilli in una ciotola. Aveva preparato anche il caffè come piaceva a lei, espresso.
«Lo sai che non è il mio compleanno» lo prese in giro Artemis tentando di stemperare la tensione appoggiando la pistola sul bancone della cucina e avvicinandosi al suo cane per accarezzarlo dolcemente.
«Lo so, ma sto per chiederti un favore e voglio farlo quando tu avrai la pancia piena» rispose lui con calma, lanciandole uno dei suoi sorrisi più dolci. Quelli che lui sapeva avrebbero avuto un certo effetto su di lei.
C'erano pochissime persone che conoscevano bene Artemis e una di quelle era Raphael. Avevano un legame speciale.
Suo padre si era sempre ostinato a tenerla lontana dalle famiglie di Hollowraven. Artemis era sempre stata una bambina circondata di soli adulti e aveva sentito la necessità di stare con qualcuno della sua età.
Fu in quel momento che conobbe Raphael e i suoi riccioli ribelli. Rosa Goldcross, la madre di Raphael, non aveva mai apprezzato quel tipo di vita. Voleva che i suoi figli facessero esperienze al di fuori del mondo che conoscevano, principalmente anche perché quello non era un mondo adatto ai bambini.
Robert Thornerose era di tutt'altro pensiero. I suoi figli non dovevano empatizzare con il nemico, era da deboli e i Thornerose non hanno debolezze. Se Artemis si soffermava a pensarci lo trovava quasi del tutto ironico dato che lui si era innamorato di Roxanne Bloodhood, una donna di cui sembrava essersi innamorato e che prima di tutto faceva parte di una famiglia rivale.
Artemis però non aveva mai ascoltato suo padre. Lei voleva vedere che cosa ci fosse al di fuori di Villa Thornerose, ma soprattutto voleva conoscere qualcuno della sua età con cui passare il tempo. Sua madre la incoraggiava molto in questo. Era la prima a difenderla da Robert quando rientrava in casa come una ladra per tornare nelle sue stanze dopo essere stata tutto il giorno con Raphael.
Per suo padre un Thornerose doveva saper tenere lontani chiunque potesse essere una potenziale debolezza, ma Artemis credeva in un detto "tieniti stretti gli amici, e ancora più stretti i nemici".
Si sedette a tavola, infilandosi un mirtillo in bocca e versandosi un bicchiere di succo d'arancia.
«Cosa vuoi Raph?»
Lui non le rispose subito, si sedette con calma di fronte a lei riempiendosi il piatto di uova con la frutta.
«Mi hanno detto che hai catturato il figlio dei Blackfox...» tentò di iniziare lui la conversazione, ma Artemis lo interruppe subito con un gesto spiccio della mano.
«Non venire a fare il grillo parlante con me, non ho bisogno di ascoltare la voce della mia coscienza stamattina.»
Raphael si accigliò, «Il grillo parlante?»
«Sì» rispose Artemis con convinzione, «tu non sei così, lo so che sei migliore di così, noi siamo amici e allora lo possono essere tutti...» lo imitò lei ripetendo a pappagallo tutte le frasi che lui era solito dirle prima che lei potesse fare qualcosa di avventato.
Raphael si sentì punto sul vivo, «io non parlo così e sai perfettamente che tutto quello che dico è vero.»
Artemis alzò gli occhi al cielo, «Se lo dici tu.»
«Dov'è adesso?»
«Chi?»
«Non fare la finta tonta, sto parlando di James Blackfox» la spronò lui con pazienza, irritandola ancora di più.
Aveva posizionato i gomiti sul tavolo, appoggiando il mento sulle mani giunte, per osservarla con una calma disarmante e fastidiosa.
Strinse gli occhi, riducendoli a due fessure, «nella sala degli interrogatori e non l'ho toccato.» Lo volle precisare.
«Devi tirarlo fuori», ad Artemis per poco non andò di traverso il succo che stava bevendo. Tossicchiò, pulendosi la bocca nel tovagliolo.
«Sei impazzito!» disse con occhi sgranati per la sorpresa, «se mio padre viene a sapere che ho liberato il figlio dei Blackfox dopo che l'ho beccato a fingersi uno dei nostri cadetti hai idea di quello che potrebbe farmi? No, perché io già lo immagino.»
Se aveva delle cicatrici sul corpo ben visibili lo doveva all'uomo che tutti chiamano il Generale. Artemis aveva smesso di essere nel suo mirino ormai da anni e non voleva tornarci.
«Stava indagando sui tuoi stessi omicidi» lo difese Raphael.
«Non mi interessa, sono fuori dal mirino di Robert, non ci torno per un Blackfox.»
«Per un Goldcross lo faresti?» le domandò Raphael ricorrendo alla carta della loro amicizia.
«Lo sai che è diverso» lo ammonì lei con lo sguardo. James non era cresciuto con lei, non aveva condiviso la sua vita con lei e non si era sacrificato per lei.
Stava ponendo la loro amicizia su un piano di comparazione inesistente. Artemis avrebbe dato la vita per lui e Se Hwa, ma non poteva dire altrettanto per qualcuno che non aveva mai conosciuto e che l'aveva guardata con odio.
«Rose...» tentò di convincerla lui addolcendo il tono e usando il suo soprannome, ma lei non demorse.
«Per quanto vorrei dire il contrario, non voglio che mio padre mi spezzi nuovamente le braccia in tre punti diversi e mi getti in prigione senza cibo o acqua per giorno. Tantomeno voglio tornare in quella scatola.» Rabbrividì a quel tipo di punizione che Robert adorava infliggere.
«Io e James siamo amici...» tentò nuovamente Raphael, ma Artemis lo interruppe prima che potesse continuare, «allora chiamalo e digli che ha avuto un'idea di merda.»
Artemis tornò a guardare il piatto con le uova, ma lo stomaco le si era chiuso per il nervoso. Quella conversazione aveva toccato tasti che non avrebbe mai voluto nemmeno tornare a ricordare.
«Lo stesso rapporto che io ho con te, ce l'ho io con lui» continuò Raphael imperterrito.
«Mi vuoi morta?» la domanda di Artemis era legittima, perché se solo avesse liberato deliberatamente James suo padre l'avrebbe uccisa.
Già se lo immaginava il sorriso compiaciuto sul suo volto, aspettava solo un suo passo falso da anni.
Raphael alzò le braccia al cielo esasperato, «non ti voglio morta, ma visto che devi un favore a mia madre sono venuto a riscattarlo da parte sua» osò rispondere lui.
Artemis spalancò la bocca sorpresa dalle sue parole, i suoi occhi tornarono a fulminarlo con lo sguardo. Allontanò il piatto che aveva davanti a lei nauseata dalla piega che stava prendendo quella conversazione e si alzò in piedi.
«Sei stato davvero uno stronzo.» Non avrebbe mai voluto dire nulla del genere a Raphael, il suo però era stato davvero un colpo basso.
Shadow percepì la crescente tensione e si alzò in piedi per mettersi davanti a lei, le orecchie basse e il muso puntato verso Raphael.
«Artemis non voglio metterti in una posizione difficile, ma James è utile alle tue indagini tanto quanto lo sono i tuoi cugini. Se solo provassimo a collaborare...»
Artemis conosceva la profonda bontà di Raphael, lui credeva veramente che le cose potessero cambiare, che prendendo il posto dei loro genitori sarebbero potuti diventare donne e uomini migliori. Artemis non ci credeva tanto quanto lui e voleva tenersi il più lontano possibile dagli affari di famiglia e da suo padre.
«Non posso rischiare come feci con Edward» mantenne un tono di voce neutro, nonostante dentro di lei ci fosse una tempesta di emozioni che infuriava, tanto da minacciare di rompere la sua solita maschera di apparente calma.
«Questa volta è diverso, possiamo davvero provare a collaborare» Raphael si alzò in piedi e tentò di raggiungerla per stringerla in un abbraccio, ma il basso ringhio di Shadow lo costrinse a indietreggiare di qualche passo.
«Tuo padre è un mostro, ma tu non sei come lui» le sue parole erano dolci.
«Troppo tardi Raph, io lo sono già, sei tu che non vuoi vederlo.»
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