Capitolo 2
«Siediti, dobbiamo parlare.»
Erano le prime parole che il padre di Artemis le rivolgeva dopo mesi che non si vedevano. Non si aspettava certo che la accogliesse con un caloroso abbraccio e non aveva nemmeno pensato che le avrebbe preparato un'amorevole cena a lume di candela.
Una piccola parte di lei, forse quella patetica, si aspettava che l'avesse chiamata perché la desiderasse semplicemente a casa. Aveva concluso una missione che era durata più di un anno solo per salvare la faccia di suo padre, che inoltre l'aveva messa in più di una situazione difficile.
Si era sbagliata, doveva riportare le sue aspettative a zero. Non sapeva nemmeno per quale motivo si aspettasse una cosa del genere da suo padre.
Lo osservò. Era in piedi davanti alla finestra che dava sui giardini dell'enorme villa che usava solo per i suoi affari, le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti e il suo sguardo duro fisso su di lei.
Artemis si accomodò sulla poltrona di pelle posta davanti alla scrivania e accavallò elegantemente le gambe, lasciando che sul suo volto calasse la maschera di apatia che la contraddistingue.
«Qual è il problema?» conosceva suo padre, sapeva che se l'aveva chiamata e obbligata a tornare indietro nel bel mezzo di una missione era perché c'era un problema più urgente da risolvere. Era solo sorpresa che non si fosse preoccupato di chiederlo a suo fratello maggiore.
Avendo scelto lui come suo successore avrebbe dovuto interpellare Michael per questo tipo di questioni urgenti. Lei serviva solo per ripulire il casino dopo.
Suo padre la squadrò con i suoi profondi occhi verdi, valutando se avesse fatto la scelta giusta a mandarla a chiamare.
«Devi andare a Hollowraven» il suo era un ordine, quello di un uomo che non ammetteva repliche, Artemis però era pronta a farlo.
«Per quale motivo devo tornare a casa?»
Lasciò che il suo tono di voce infastidito fosse l'unico elemento che trapelava nella sua reazione, senza lasciare a quell'uomo nessuna possibilità di comprendere le sue reali emozioni di fronte a quell'ordine.
Questa era una partita a scacchi e lui stava valutando quanto lei fosse disposta a mettersi in gioco.
«Perché sono successe delle cose sulle quali devi indagare come mio rappresentante.»
La risposta era secca, non voleva discuterne oltre. Artemis aveva dovuto mollare una missione per poter essere lì, pretendeva delle spiegazioni.
Hollowraven era casa sua, lo era sempre stata, ma erano diventati più numerosi i ricordi infelici che quelli felici legati a quell'isola.
Non poteva nemmeno mettere in discussione il fatto che la loro più grande ricchezza provenisse da quel luogo, nonostante lo avesse sempre trovato profondamente inquietante, soprattutto se si soffermava a pensare al fatto che ci fossero morte intere generazioni di suoi parenti.
«Credo sia un problema che potrebbe risolvere tranquillamente anche Micheal»
«Tuo fratello è più importante che rimanga qui.»
La sua risposta secca e rude avrebbe dovuto farla sussultare, eppure lei ci aveva fatto così tanto l'abitudine che non la colpì nemmeno. Trovava semplicemente ironico che suo padre l'avesse addestrata per una vita intera ad essere la sua sosia perfetta, per lasciare poi il posto di comando a suo fratello maggiore.
Michael non aveva veri interessi se non quello di drogarsi e bere fino a svenire. Senza contare tutte quelle che si portava a letto. Artemis ancora si domandava come non fosse riuscito a prendere qualche malattia venerea.
La vera domanda però era come riuscisse a funzionare ancora il cervello con tutto l'alcool e la droga che componevano ormai il 99% del suo corpo.
Nonostante tutto suo padre aveva scelto lui per subentrare nei suoi affari, forse dovuto al semplice fatto che un fattone alla gestione del traffico di droga poteva creare dei vantaggi nel campo del controllo qualità del prodotto.
Questo non ledeva i suoi scopi finali, Artemis era solo sorpresa del cambio di gioco a metà partita.
«Partirai questa notte con il jet privato, arriverai lì domani mattina» iniziò a istruirla lui senza darle altro tempo per replicare. Per suo padre la questione era chiusa. Aveva già scelto, non sarebbe tornato indietro e non avrebbe perso tempo a discutere.
Prese una cartelletta contenente un plico di fogli dalla sua scrivania e la allungò ad Artemis, «leggi questo mentre sarai sull'aereo.»
Artemis l'afferra senza staccare gli occhi da quelli del padre, «al tuo arrivo ci sarà Raphael ad aspettarti.»
Il nome del ragazzo le fece quasi cadere la maschera di freddezza che era riuscita perfettamente a mantenere fino a quel momento.
Per quale motivo veniva coinvolta anche la famiglia Goldcross? Quali erano le problematiche così urgenti che vedono coinvolte più famiglie?
Ora comprendeva per quale motivo suo padre non volesse mandare suo fratello, se la missione prevedeva un incontro con le altre famiglie non poteva permettersi di mandare Michael, non conosceva nemmeno i loro nomi.
Artemis si alzò in piedi, gli occhi fissi sulla cartelletta che teneva ancora stretta in una mano. L'uomo di fronte a lei aveva smesso di prestarle attenzione nell'esatto momento in cui aveva deciso che la conversazione era terminata.
Il suo interesse si era spostato su una telefonata che aveva tutta l'aria di essere importante, o comunque in ogni caso più importante di lei.
Artemis uscì dallo studio, i suoi pensieri ormai rapiti dai documenti che teneva in mano, ma che non si poteva ancora permettere di leggere.
Camminò lungo il corridoio silenzioso diretta verso l'uscita dell'abitazione.
Lungo le scale che portavano al piano inferiore lo vide. Suo fratello maggiore stava procedendo nella direzione opposta alla sua.
Dal modo in cui erano slacciati i primi bottoni della camicia e da come la cravatta di seta era spostata di lato poteva solo immaginare cosa stesse facendo.
Lui era proprio l'ultima persona della famiglia che voleva vedere. Le sarebbe piaciuto fare dietrofront e uscire dal retro, scegliere un'altra strada, ma non era il suo stile evitare il confronto quindi tenne la testa alta.
«Sorella» le sue parole la raggiunsero con un tono derisorio e un po' troppo biascicato.
Artemis non sprecò nemmeno la sua voce, alzò la testa in un breve cenno di saluto e continuò la sua discesa tentando di allontanarsi da lui il prima possibile.
«Vai già via così presto? Sei appena arrivata» la schernì lui appoggiando il fianco sul corrimano della scalinata, i capelli scompigliati che gli ricadevano sulla fronte incorniciando gli occhi nocciola, gli stessi che caratterizzano anche quelli di Artemis.
«Ho altro da fare» lo congedò senza troppe cerimonie, le sopracciglia di Michael si aggrottarono dipingendo sul suo volto un'espressione infastidita.
«Dove vai?» il suo tono duro la portò a voltarsi di scatto nella sua direzione. L'occhiata che gli lanciò era di puro ammonimento, ricordandogli di non mettersi in mezzo ai piedi e di non interessarsi a quello che faceva, come lei non si preoccupava di quello che fa lui. Aveva smesso di essere di suo interesse molti anni prima.
«Ricorda che non sei ancora al comando Michael, io non ti devo niente.»
Sottolineò l'ultima parole con voluta enfasi, ricordando a suo fratello quale fosse il suo posto all'interno di quella famiglia dato che la droga e i fumi dell'alcool sembravano averglielo fatto dimenticare.
«Eppure io sono stato scelto e tu rimani ancora un semplice soldato.» Usò quelle parole con l'intento di ferirla, ma a lei non importava. Aveva smesso tanti anni prima di farsi coinvolgere negli affari di famiglia e nelle loro rivalità.
Suo fratello non aveva mai compreso che non era più di suo interesse il posto di comando. C'era stato un tempo che avrebbe lottato con le unghie e con i denti per ottenerlo.
I suoi interessi però erano cambiati e non avevano nulla a che vedere con la gestione delle attività di famiglia.
Lasciò che le parole di suo fratello le scivolassero addosso e raggiunse la fine delle scale. Uno degli uomini di guardia alla porta la aprì per farla passare.
«Meglio essere un semplice soldato che essere uguale a te» rispose dura, lasciando che le sue parole sortissero l'effetto desiderato, in modo che penetrassero e lo ferissero.
Andò verso la sua auto e aprì la portiere sedendosi al posto di guida. Avrebbe voluto aspettare di essere sull'aereo per leggere quello che c'era scritto, ma non ci riuscì.
Voleva sapere per quale motivo le aveva fatto chiudere una missione prima del tempo e quale fosse l'urgenza per tornare a Hollowraven.
Aprì la cartellina e osservò le foto che vi erano al suo interno. Erano foto di scene del crimine, uomini e donne assassinati in modi diversi, quasi casuali.
Artemis le osservò con attenzione, cercando un simbolo o qualsiasi cosa che potesse collegare i crimini. A primo impatto da quelle foto non riuscì a vedere nulla di anomalo o fuori posto, così passò ai documenti che suo padre aveva allegato: le cartelle mediche del coroner, dove veniva specificata la causa della morte.
Gli omicidi erano efferati, dalle scene del crimine davano quasi l'impressione che l'assassino fosse pieno di odio.
I suoi occhi si soffermarono su un dettaglio, una cosa che Artemis credeva fosse solo una leggenda o una storia raccontata per prendere in giro i nuovi cadetti.
Ora capiva per quale motivo dovesse essere lei ad occuparsi di quell'incarico e quale fosse la ragione del suo rientro immediato, ma anche perché fosse stato coinvolto Raphael Goldcross.
«Merda»
Chiuse di scatto la cartelletta e prese il telefono che aveva lasciato sul sedile del passeggero.
Appena la persona dall'altro capo del telefono rispose Artemis non esitò nemmeno per un secondo, «ti voglio a Hollowraven entro domani mattina, abbiamo un problema.»
«Sarò lì il prima possibile.» rispose Se Hwa dall'altro capo del telefono prima di chiudere la linea.
Artemis accese l'auto e si soffermò per un secondo ad osservare nuovamente la cartelletta.
Il problema era più grande di quanto si potesse aspettare.
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