Talion aprì lentamente gli occhi.
Percepì di essere disteso su una superficie liscia, come un pavimento di marmo.
Tutto quello che riusciva a vedere era un bianco acceso, quasi spettrale.
"Magari sono morto" pensò "magari sto per ricongiungermi a Ioreth e a Dirhael".
Provò ad alzarsi, ma una serie di fitte in tutto il corpo lo costrinsero a rimanere a terra.
Sbattendo le palpebre riuscì a mettere a fuoco il mondo intorno.
Notò la sottile voluta di fumo argenteo che gli ricopriva la pelle.
Barcollando riuscì ad alzarsi.
Si appoggiò ad un pilastro di pietra bianca luminescente e si guardò attorno.
Si trovava su una torre.
Ai suoi piedi, la desolazione.
"Mordor" sillabò con le labbra.
Sollevò le mani tremanti e se le strinse attorno al corpo, mentre la sua vista tornava ad offuscarsi per via delle lacrime che minacciavano di scorrere copiosamente fuori.
Quindi si ricominciava. Ancora una volta.
Piano piano i ricordi tornarono ad affacciarsi alla sua mente.
Lui correva verso un grosso orco che stava minacciando un Reietto con la frusta.
Questo dava l'allarme, appena prima che lui gli tagliasse la gola.
Talion combatteva, combatteva furiosamente per la sua vita e per quella dello schiavo.
Era circondato, e costretto in ginocchio da un capitano.
Poi una freccia spessa come un braccio si conficcava nel suo petto, e il ricordo finiva.
Il Ramingo cadde in ginocchio e pianse a lungo.
Quanto ancora sarebbe dovuto durare questo tormento?
Qualcuno gli picchiettò delicatamente sulla spalla.
Talion alzò lo sguardo lucido.
L'Elfo Celebrimbor lo guardò, l'espressione solitamente fredda addolcita da un sorriso comprensivo.
"Hirgon e i Reietti richiedono il tuo aiuto. Andiamo?" E gli porse la mano.
L'Uomo la fissò per qualche attimo.
Doveva andare avanti. Avrebbe trovato la Mano Nera.
E avrebbe rivisto la sua famiglia.
Dopo un attimo di esitazione la afferrò.
"È tempo di forgiare un nuovo anello".