Pensa Se Piove
Siamo gelosi ma non mi ordinare
Eh sti cazzi, ho preso i tuoi pregi
Tu hai preso i miei difetti, e di fatti
Siamo diversi e divelsi, te dal terreno, temevo
Un fiore colto fosse morto, ma
Ho travasato il vaso e dato spago al tronco
Mario ripose nello zaino il foglietto ingiallito e si appoggió allo schienale. Osservò la gente salire e scendere dalla metropolitana, chiedendosi in quanti di loro fossero riusciti a trovare un senso alla vita. Le stazioni riflettono lo spirito di un paese, lo stato d'animo della gente, i suoi problemi; per questi motivi il rapper le trovava estremamente stimolanti.
Il treno partì, emettendo quello straziante rumore provocato dallo sfrigolio sui binari.
Il ragazzo si rilassó sullo schienale, godendosi la permanenza nella città più importante d'Italia.
Ma come si può dimenticare l'arrivo a Milano? Per la prima volta vedeva cose mai viste e mai immaginate. Una stazione immensa, piena di treni, di rumori, con la tettoia ad archi che sembrava si prolungasse all'infinito, maestosa come un tempio antico. Una moltitudine di gente sempre di fretta. Poi di colpo, all'aperto, la piazza sconfinata con alberi, aiuole, tram che si incrociavano, lo scatto degli scambi nel groviglio dei binari, lo sfavillio delle scintille che si libravano dal trolley, le file dei taxi, le reclami luminose e immense. Nei primi giorni vedeva, vedeva: il Duomo, la Scala, la Galleria, i grandi magazzini, la Rinascente e l'Upim, le facciate delle banche, corso Vittorio Emanuele, corso Buenos Aires, le vie, le piazze.
Da piccolo aveva abitato nel capoluogo lombardo, ma non si era mai impegnato a conoscere la città.
Mario sapeva che un giorno Milano sarebbe diventata la sua città, tuttavia ancora non era arrivato il momento. Ryan doveva sempre sistemare delle cose in California.
La voce metallica della metropolitana annunciò: San Donato Milanese.
Mario era assorto nei suoi pensieri, occupato a rivivere il momento in cui si era trovato nella maestosità di Piazza del Duomo e riuscì scendere solo per un pelo.
Si sentiva un estraneo in quella stazione, Mowgli faticava ad adattarsi. Uomini, donne e bambini gli passavano accanto senza degnarlo di uno sguardo, come se lui fosse invisibile. A Genova era abituato ad essere studiato ed osservato, invece a Milano era come se non esistesse.
Un signore gli andò addosso, buttandolo quasi giù per le scale. Non si fermó neanche a scusarsi.
Il ragazzo lo guardó correre verso la piattaforma, chiedendosi che cosa avesse di tanto sbagliato per non essere degnato neanche di uno sguardo.
Si strinse nelle spalle e continuó a salire timidamente i gradini, tenendo la testa bassa. Perché l'uomo non si sente mai così solo come tra una folla in cui si aggira perfettamente ignoto a tutti.
"Quando passerà il treno per Calvairate"? Mormoró una donna, guardando l'orologio.
Mezza età, vestiti eleganti, ventiquattrore alla mano e capelli castani tagliati al millimetro.
La tipica lavoratrice milanese, talmente anonima da non avere una faccia. La classica persona che ti passa attraverso quando la incontri per strada.
"Tra quindici minuti, signora" Rispose Mario dal palo sul quale stava appoggiato.
"Grazie" La donna non si voltó neanche a guardarlo, si limitó a riprendere la valigetta per sedersi su una panchina.
Mowgli non si stupì, si aspettava quella reazione.
D'altronde viviamo in una società che scatena rivalità senza esclusione di colpi. E il comportamento aggressivo come un modello per farsi largo nella vita.
Tutto quello che Mario vedeva, gli pareva perverso: una società in cui non si rispetta niente e nessuno, ma in cui tutti credono di essere liberi e di avere diritto a tutto, per finire soli e tristi.
Certe volte, si sentiva quasi fortunato a venire dalla strada. Nella giungla si impara la solidarietà e la forza dell'amicizia. Valori che porterai nel cuore per tutta la vita, valori che nei quartieri alti non vengono più trasmessi.
Un treno arrivó al binario opposto e Mario vide due ragazzi che si salutavano. Si scambiarono un ultimo bacio disperato e lei montó sulla carrozza.
A lui non mi interessava la gente che arrivava, gli piaceva la gente che andava.
Grazie a quei due capi che c'erano addii lunghissimi e altri corti come uno starnuto, c'erano treni che facevano poco rumore e altri che fischiavano come una canzone.
C'erano innamorati che si raccomandavano e si dicevano una parola per ogni chilometro che li divideva, altri che si abbracciavano tanto che sembravano lottare.
Incroció lo sguardo con il ragazzo, il quale gli rivolse un'occhiata sofferente, tipica di chi si sentiva l'anima dannata.
Mario non voleva finire come lui.
Prese il telefono e compose il numero.
"Stavo giusto pensando a te"
Il suono della sua voce lo fece rabbrividire, era la musica più bella che si potesse sentire.
"Sono in stazione" Disse lui, accendendosi una sigaretta.
"Generica come indicazione"
"Oggi in metropolitana ho visto due ragazzi seduti vicini. Lei guardava fuori dal finestrino, lui fissava la gente. Si vedeva che avevano litigato. Poi si sono stretti la mano, senza guardarsi, ma io ho visto un sorriso." Il ragazzo osservò il fumo uscire dalle labbra. Il tramonto era appena iniziato, eppure sembrava che fosse già finito. Non aveva senso. Perché doveva guardare entrambi lo stesso sole senza essere vicini?
"La giungla ti aspetta, Mario. Genova ti accoglierà sempre a braccia aperte, ma tu devi seguire la tua strada. Non fare stronzate."
"... Poi ho visto due anime separate da un treno. Due spiriti divisi dalla distanza" Continuó lui, ignorando le parole di Linda.
"Non si è mai lontani abbastanza per trovarsi, Mowgli"
"Oggi ho scritto un verso che spacca. Sono certo che farà parte di una delle mie migliori canzoni, devo solo capire come finirla" Raccontó, lasciandosi scivolare lungo il palo. Poggió la testa sul metallo freddo e smicció sulla stricia gialla della piattaforma.
"Pensa con il cuore di Mario e con la testa di Mowgli" Il ragazzo si accorse che fu la pantera a parlare. Ormai era diventato semplice riconoscere le due personalità di Linda Aguilar. Il problema era quando queste due si fondevano, quando ragazza e belva coesistevano. Era in quei momenti che gli faceva paura.
"Tu hai le mie chiavi, ma io non ho ancora le tue" La sigaretta finì e meditó di prenderne un'altra. Il pacchetto era quasi vuoto, eppure l'aveva comprato la mattina stessa.
Alla fine, amare è come fumare una sigaretta: diventa migliore quando finisci.
"Ti manco da morire"
"No, mi manchi da vivere"
"Sei più audace di quanto pensassi" Ridacchió la ragazza.
"Se morissi, ti perderei per sempre"
" Vedi di non farti ammazzare. La pantera ha bisogno del cucciolo d'uomo." Parló la predatrice, Mario sentì la ferocia nella sua voce. Si immaginava le fauci aperte e i canini affilati.
"Sono preoccupato. Ma non per te, per chi ha invaso la tua tana"
"Fai bene ad esserlo. Adesso sono preda di una collera incontrollabile" Avvertì la rabbia delle ragazza, questa giunse nelle sue vene.
Le luci della città stavano morendo con il sole, eppure l'ascesa della notte non gli destava tante emozioni.
"Fra poco arriverà il mio treno. Volevo dirti che sto da un mio amico, si chiama Mirko. Anche lui fa musica e devi sapere che spacca, presto lo vedrai sulla cresta. Se vuoi immaginarmi in un posto, immaginami a Calvairate. Ho sbagliato ad andarmene senza dirti in quale foto rintracciarmi"
"Ciao Mario" Il tono della ragazza era diventato così dolce da essere commovente. Un sussurro smielato che frantumava il cuore.
"A presto, Linda"
Spazio Autrice : Buongiorno, cosa ne pensate?
Vi invito a leggere "Qualcosa di speciale", la storia della mia amica sharonwildbandanamenziona un utentemenziona un utente
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