Il Cartello Di Zena
Immaginatevi tre capi di stato.
Tutti e tre potenti, intelligenti e spietati.
Seduti ad un tavolino, a discutere della politica delle loro nazioni.
Così diversi da farsi la guerra, ma così uguali da essere indispensabili l'uno per l'altro.
Badate bene però, negli affari non esistono amici, soltanto soci.
Uno era La Serpe.
Una era La Vipera.
L'ultimo, ma non per importanza, era La Tarantola.
Andrea Montagnani, Agnese Sforzi e Pietro Bonifacio si studiavano, cercando di imporre la loro supremazia in quel brutale testa a testa.
Un tavolo rotondo, tre sedie e un enorme ufficio buio.
L'unica luce proveniva dalla lampada ad olio e creava uno strano gioco di ombre, illuminando parzialmente i volti dei tre soci.
Una cappa di fumo si levava dal tavolo e si poteva sentire l'odore di tabacco misto a quello di sigaro.
Sembrava di stare in una scena dei film di John Ford.
"Dobbiamo iniziare a vendere Cocaina colombiana, quella roba ci farà diventare ricchi come dei figli di puttana!" Agnese smicciò nel posacenere di coccio, le lunghe dita che riportavano la sigaretta alle labbra. Scutò Andrea con i suoi occhi gialli, facendogli assaggiare un po' del suo veleno.
"Ed è proprio così che entra gioco il nostro Antonio Hermosa. Lui sarà il tramite con il cartello di Medellin" Disse Pietro, con la sua tipica voce rauca. Lui era sanguigno ed impulsivo, il cavallo imbizzarrito della compagnia. Non lo si poteva controllare, era completamente fuori di senno. Dategli una pistola però ed era capace di ucciderti mezza Genova senza lasciare una traccia.
Andrea Montagnani ascoltava, le mani che sfregavano il mento e i piedi allungati sotto al tavolino.
"Cominceremo il commercio di Coca, ma non lo faremo immediatamente. Ieri sono partiti quattro camion pieni di armi ed erba, non possiamo rischiare mettendo in giro altre mine" Il capo portò il sigaro alle labbra e lasciò uscire il fumo, formando una grande nuvola.
"Presto controlleremo il cartello di Zena" La Vipera marchiò l'accento genovese, inondandolo con il suo veleno.
"Calma, Escobar. Prima dobbiamo evitare di farci ammazzare dalla concorrenza" Pietro si passò la lingua sui denti, rivolgendo uno sguardo eccitato ai suoi soci. Amava parlare di sangue e di morte e adorava essere in guerra.
Agnese alzò gli occhi al cielo e tirò fuori uno specchietto "Se Hermosa rispetta i patti, nessuno di noi sarà in pericolo." Disse mentre contemplava il suo riflesso.
"Cosa mi dici dell'incontro con la sua ex fidanzata?" La Serpe si protrasse verso la bella bionda, divorandola con gli occhi.
Entrambi aspettavano che l'altro cedesse, aspettavano un momento di debolezza per potersi avventare sull'aspirante cadavere.
"La donna ha più palle di quante pensavamo. Ha letteralmente invitato Pablo a casa"
"Cazzo! Avevamo previsto che lei avrebbe rifiutato, determinando il senso di sconfitta nel narcotrafficante colombiano. Ora avrà le palle stra gonfie" Pietro batté la mano sul legno, facendo saltare in aria il pacchetto delle sigarette.
"Calmo, sicario. Non tutto il male viene per nuocere" Andrea portò il sigaro alle labbra e riprese il discorso "Certo, il signor Hermosa sarà felice di poter incontrare la dolce figlia. Tuttavia, la nostra pantera, sarà molto turbata dalla visita del padre. Ciò non può non giovare ai nostri scopi".
"O ai tuoi scopi"
Agnese scagliò la bomba, provocando una terribile esplosione silenziosa.
Aveva segnato un punto fondamentale, si era posizionata un passo avanti a La Serpe.
Lui odiava perdere più di quanto amava vincere.
La ragazza portò la sigaretta alla bocca, senza mai distogliere lo sguardo dagli occhi di Andrea Montagnani.
Gli aveva fatto capire che lei sapeva, che anche il serpente più velenoso di tutti era diventato vulnerabile.
La Serpe era in pericolo, il suo segreto non era più al sicuro.
***
"Fino a ieri io manco sapevo come si chiamasse mio padre e ora potrebbe saltare fuori da un momento all'altro"
Linda aveva lo sguardo fisso su un punto intedeterninato e stava seduta sul bordo del divano, con le mani che strusciavano le cosce.
L'ansia è come una sedia a dondolo: sei sempre in movimento, ma non avanzi di un passo.
"Mija, si è trasferito a Portovenere e dobbiamo accettare il fatto che quest'uomo abita vicino a noi" Maria aveva la voce spezzata e, se non ci fosse stata la figlia, sarebbe già crollata in un pianto disperato. Lei aveva sperato così tanto che lui fosse uscito per sempre dalla sua vita, credeva che al di fuori della Colombia non lo avrebbe più rivisto.
Maria però sapeva che i mostri come lui non muoiono mai, che si rigenerano nel Tartaro. Il narcotrafficante più potente del cartello di Medellin è onnipresente e otteneva sempre quello che voleva.
Se lei gli avesse impedito di vedere Linda, lui avrebbe ugualmente trovato il modo. Pablo era capace di presentarsi con una scorta di uomini armati fino ai denti, con facce terribili e con anime spezzate.
Carezzò la spalla della figlia, sentendola incredibilmente fredda. Una lacrima rigò il viso della donna, ma l'asciugò prima che Linda potesse accorgersene.
Insieme ne avevano passate tante, avevano combattuto le peggio battaglie e si erano rialzate delle cadute più dolorose. Ritrovarsi madre a diciannove anni non è facile, soprattutto perché sei sempre tu ad avere bisogno di essere guidata. Eppure, con i suoi errori, era riuscita a tirare fuori il meglio di sé. Maria Aguilar non aveva mai smesso di lottare, ogni giorno era una battaglia.
"Mamma, io ho p-paura"
Alla ragazza tremavano le labbra e dagli occhi scendevano lacrime a fiotti. Sembrava così fragile, era come se si potesse spezzare da un momento all'altro. Linda si sentiva sconfitta e aveva visto tutte le sue certezze crollare. Era cresciuta senza sapere il nome del padre, senza prestare il minimo interesse nei suoi confronti e senza il desiderio di incontrarlo. Lei non si era mai soffermata a pensare di essere nata da un uomo e da una donna e non aveva mai provato ad immaginare come fosse il padre.
La giungla non regalava niente, non dava mai senza ricevere. Linda stava pagando il prezzo per amare Mario.
"Tesoro, fu solo la paura che al principio del mondo creò gli dei." Maria prese le mani della figlia e appoggiò la testa sulla sua spalla.
"Noi siamo coraggiose, siamo una pantera e una tigre. I conigli scappano dai predatori" La ragazza pronunciò queste parole tra una lacrima e l'altra, ma un grido di battaglia rimane sempre un grido di battaglia.
I predatori della giungla possono ferirsi, possono urlare e possono piangere, ma non smetteranno mai di cacciare e di lottare.
"È solo un vigliacco: nell'emergenza del pericolo, ha pensato con le proprie gambe. I codardi non vincono mai, hija"
Linda controllò che la porta della camera fosse ben chiusa e poi si buttò sotto al letto, prendendo la scatola dove teneva tutti i vecchi libri. Estrasse il tabellone sul quale stava lavorando e lo gettò sul materasso.
Era stufa di essere avvelenata da un essere minuscolo.
Era arrivata l'ora di stanare il serpente.
"Ciao Diego, saresti disposto a farmi un favore?" La ragazza teneva il telefono tra l'orecchio e il collo, sperando che questo non cadesse. Mario era via, Giulia non le avrebbe dato altre informazioni e Diego era l'unico che potesse esserle utile.
"Si. Ovviamente nei limiti del possibile" La voce giungeva ovattata e il telegono gracchiava.
"Bene, puoi spostarti facilmente da dove sei?" Linda intanto attaccò il biglietto che aveva trovato sulla porta vicino alla foto della scritta in garage. Aveva deciso di confrontare le calligrafia. Era certa del fatto che Andrea Montagnani e Agnese Sforzi non facevano il lavoro sporco, quindi era abbastanza sicura che si trattasse di Pietro Bonifacio.
"Ho uno zip del 1997 e di sicuro non posso venire fino a Genova!"
"Fino alle popolari di Cogo?"
Bingo, le calligrafie combaciavano. Il terzo socio era stato due volte nel suo palazzo. Qualcuno doveva averlo visto.
"Si"
"Segnati il mio indirizzo"
Spazio Autrice :
Buongiorno, vi piace questo capitolo?
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