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Flusso di coscienza

Definire lo stadio di Cogoleto colmo era un eufemismo.
Il blu, il bianco e il rosso dominavano la curva. La confusione era incredibile: cori, urli e tamburi. Tuttavia era una sensazione piacevole, la faceva sentire parte integrante del folklore locale.
Giulia le stava dicendo qualcosa, ma Linda non poteva sentirla, si limitava ad osservare le sue labbra rosee muoversi.
30 secondi alla fine della partita.
Tutta la curva cominciò il conto alla rovescia, scandendo le parole all'unisono. Sembrava una sorta di canto gregoriano.
I tabelloni decretarono la fine della patita e si udì un boato impressionante, i tifosi che agitavano le bandiere della loro squadra.

Quelli erano i momenti in cui Linda si sentiva fiera di appartenere alla strada e sorrideva, contemplando quel panorama pazzesco che le scaldava il cuore.

"Domani è sabato, secchiona. Per una volta puoi venire a ballare" Si erano fermate allo street bar vicino allo stadio. Anche da lì dentro potevano udire i cori. Tutta Cogoleto si era animata per festeggiare la vittoria della squadra.

"Ho un po' paura di me stessa" Rispose, sorseggiando la sua spremuta d'arancia. Intanto entrarono i ragazzi con i quali uscivano fino dalle elementari e, tutti dipinti, corsero verso di loro. Alcuni avevano passato un po' di tempo al fresco, ma Linda sapeva che erano solo dei ragazzi abbandonati a loro stessi, che si erano fatti vincere dai problemi.

Il locale era così pieno che il barista non sapeva più come fare. Sul bancone in legno vi era una lunga fila di birre e di alcoolici, ai quali il proprietario doveva fare attenzione, perché i clienti volevano il bicchiere sempre pieno.

"Aguilar, mi sei mancata cazzo" Kabil le saltò addosso, dandole un abbraccio spezza costole. Il ragazzo magrebino condivideva un legame speciale con Linda, la considerava una sorella e una confidente speciale. La ragazza ricambiò la stretta e lo sommerse di baci.

Mentre la protagonista parlava con l'amico ritrovato, Giulia aveva iniziato a divertirsi, facendo quello che le riusciva meglio: filtrare con i ragazzi.

"Come va il lavoro?" Trovarono un tavolo vicino alla vetrata, da dove si poteva vedere il corteo di tifosi che sfilava per la città.

"Bene. Ho deciso di mettere la testa apposto, devo uscire dal paese delle meraviglie" il marocchino diede un morso al dolcetto che aveva preso e l'offrì subito all'amica.

"Era l'ora. Finalmente hai capito che c'è sempre una seconda scelta"

Kabil era sempre stato un bravo ragazzo, costantemente e incondizionatamente pronto ad aiutare il prossimo. Coloro che lui chiamava amici erano fratelli e li proteggeva con gli artigli e con i denti. Purtroppo era solito cacciarsi nei guai, a causa dei brutti giri che frequentava.
Si può essere forti pur essendo deboli. La forza sta proprio nella capacità di redimersi, di rialzarsi quando si urta il terreno.
"Sei stata un esempio" Le disse sorridendo.
"Fiera di essere un modello positivo" Rispose Linda, battendogli il cinque.
"Stasera vieni alla baia, ti costringo" Evidentemente aveva sentito la conversazione con Giulia.
"Giusto perché ci sei te e perché non ci vediamo da un casino di tempo" Kabil l'attirò verso di se e iniziò a farle il solletico, sapendo che era una sensazione devastante per la ragazza.
La cosa infatti finì male.
Il tavolo si ribaltò, con cibo e bevande sopra.

"Mamacita, ho saputo che hai conosciuto Molinari" La ragazza stava uscendo dal bar, quando uno della banda di strada le venne incontro. Il sole le dava un po' fastidio e non riusciva bene a mettere a fuoco; si sentiva un po' come un vampiro a contatto con la luce del giorno.

La sagoma le era familiare, così come il modo di parlare. Quando si trovò più vicina capì di chi si trattava. Valutò l'opzione di girare i tacchi per procedere verso un posto più allettante per i suoi chakra, ma sapeva benissimo che una pantera non scappa mai, nemmeno dagli insetti sgradevoli.
"Io e il cosiddetto Molinari abbiamo una bella intesa" Cercò di rendere il suo accento Genovese più evidente del solito, come a dimostrargli che lei apparteneva alla zona molto più di lui.
"Quel frate è strano" La Serpe le girava intorno: un predatore che intrappola la preda.
"Forse, ma è questo che lo rende interessante" Linda si avvicinò e fu lei ad accorciare le distanze. Lo anticipò di un bel pezzo, gli fece capire che non si sta un passo avanti alla pantera .
"O sfigato?" Sogghignò.

Linda si sentiva gli sguardi puntati addosso e le parve che i cori fossero diminuiti, persino i colori sembravano meno sgargianti.
Cogoleto non voleva perdersi lo scontro tra due reali.

"Sai che da queste parti gli sfigati sono quelli che etichettano altri come tali?"

Risatine giunsero dal marciapiede e il pubblico cominciò a tifare per la colombiana. Se il carisma di Andrea Montagnani era potente, quello di Linda lo era il doppio. Il ragazzo era indubbiamente intelligente, astuto e minaccioso, ma nessuno aveva la retorica della Aguilar. Nessuno sapeva giocare con le parole come lei: era un talento incomparabile.

"Attenta alla lingua tagliente" Probabilmente nessuno ci aveva fatto caso, ma Linda aveva notato esitazione nel suo avversario. Sicuramente non si aspettava un mossa così azzardata.

"E tu ci hai già lasciato il sangue" Dopo questo ultimo match, la ragazza scese dal ring e abbandonò La Serpe ad un pubblico eccitato dalla vittoria della vera regina.
Un sovrano lo si può minacciare, ma è difficile da depositare. Andrea Montagnani aveva appena capito che l'influenza della ragazza era radicata nelle radici stesse di Cogoleto, rendendola praticamente impossibile da estirpare. La rabbia infervorava dentro di lui e non sopportava la presenza di tutta quella gente, specialmente di quelli che lo deridevano. La ragazzina aveva messo in dubbio la sua forza, facendolo apparire come un debole incapace di mantenere la propria egemonia.
Lui era l' Inghilterra e Linda invece era Gandhi.

Per quanto provasse a soffocare il suo spirito selvaggio e libero, questo alla fine si manifestava sempre. Linda era brava finché rimaneva distante dalle tentazioni e proprio per questo si era allontanata da tutto ciò che la poteva corrompere; Tantalo però si ostinava ugualmente a cercare di raccogliere la succulenta mela rossa.

Quando si trovò davanti le decine di giovani che ballavano sulla spiaggia, ubriachi e spensierati, la ragazza non vide l'ora di imitarli. Sembrava che il mondo fosse loro e che le regole provenissero da un universo distante ed ostile, dove il divertimento non era contemplato. Che importava? Alla fine la terra era un atomo opaco di male.

Le stelle brillavano nel cielo e la luna si rifletteva argentea sul mare. Le luci dell'area metropolitana assomigliavano ad un gigantesco presepe e la notte incombeva su di loro, benedicendoli con la sua fresca brezza.
Il volume della musica era molto alto e ciò bastava ad eccitare la ragazza. Prese una bevuta e, assieme a Giulia, si avventurò verso la battigia. Qualche ragazzo la palpò un poco e qualche altro provò ad attaccare bottone ma tutti i loro tentativi erano vani, ci vuole molto di più per corteggiare la regina della giungla.
Con i tacchi camminava malissimo e temeva di cadere da un momento all'altro, la presenza di gente ubriaca e agitata non aiutava. Giulia faceva strada verso il gruppo di amici con i quali erano venute.
Individuò due volti familiari e, nella confusione, indicò la direzione all'amica. Passarono una coppia che pomiciava ed inciamparono su un disgraziato collassato a terra.

Linda alzò gli occhi al cielo quando Giulia si buttò tra le braccia di Riccardo, un pel di carota che aveva frequentato le scuole medie assieme a lei. Certe volte la bella mora esagerava, purtroppo però non riusciva a rendersene conto.

Buttò il rum giù tutto d'un fiato e si lanciò tra la mischia, mandando a fanculo la coscienza.
Bevve ancora ed ancora.
Era un ubriaca viva in mondo morto.
Un ubriaca viva tra le braccia della notte.

Le luci erano caleidoscopiche, passavano dal blu al verde in un attimo. Si divertiva a strusciarsi su delle altre ragazze e cantava a squarciagola. In quel momento si sentiva il mondo in pugno. Le erano mancate quelle sensazioni, di libertà e ribellione, che le facevano respirare l'anima.

"Stesso posto ma niente chitarra" Urlò un ragazzo alle sue spalle.
Vuoi per la confusione o per il leggero stato di ebrezza, Linda non riuscì ad identificarlo. Anzi, quando si girò non vide proprio nessuno. Ma quella voce ruvida e profonda, roca a causa del fumo, non aveva eguali.
La testa le girava e il tempo intorno a lei scorreva a rallentatore, i secondi sembravano ore. Le figure dei giovani che ballavano erano confuse e non distingueva i contorni dei corpi.
La musica rimbombava nella sua testa, come un'eco di terribili ricordi passati.
I suoi amici erano più ubriachi di lei e non potevano accorgersi che era prossima al collasso, presto avrebbe fatto compagnia al tipo sdraiato sulla battigia.
Voleva piangere, ridere ed estraniare tutte le sue emozioni. Dentro aveva luci ed ombre, abitavano angeli e demoni: lei era l'inferno e il paradiso.

Una mano afferrò la ragazza, trascinandola fuori dalla mischia. Non capiva bene cosa stesse veramente succedendo, le immagini scorrevano nebbiose nella sua mente.
Respirava male e sudava, si sentiva oppressa da tutta quella gente.
Poi toccò qualcosa di fresco e piacevole, dalla consistenza granulare. La musica sembrava lontana anni e luce e non rappresentava più un problema.
Gli occhi non riuscivano più a stare aperti e si lasciò andare giù dolcemente, buttandosi tra le braccia di Morfeo.

Mario aveva fatto appoggiare Linda ad un tronco, portato sulla spiaggia dalla corrente. Dietro la testa aveva messo la sua felpa, in modo che non stesse scomoda.
I rumori della discoteca giungevano lontani e sembravano appartenere ad un'altra galassia. La luna piena si rifletteva sul mare calmo, creando un'atmosfera straordinaria. La volta celeste era cosparsa di stelle, ciascuna aveva una bellezza singolare, che la distingueva dalle altre. Mario era convinto che ogni astro aveva la propria storia da raccontare ed era affascinanto dal bagliore che mandavano: puro come l'aura di un angelo.
Osservò la ragazza.
Si era girata su un fianco e con la mano destra accarezzava il tronco. Sembrava la cosa più innocua che ci potesse essere, ma la realtà era ben diversa: le pantere dormono sempre con un occhio aperto.
Mario stava a debita distanza, non voleva farsi vedere troppo vicino al suo risveglio, temeva che lei potesse fraintendere.
Da un lato sarebbe voluto tornare assieme ai suoi amici, a ballare fino alle prime luci dell'alba. Ma sapeva benissimo che il suo posto era sulla sabbia fresca, vicino all'essere più complesso che avesse mai conosciuto. Linda lo incuriosiva tanto quanto gli metteva paura; questo perché lei era il suo specchio e se ne era reso conto non appena avevano iniziato a suonare insieme. Quella era più che musica: era la danza delle loro anime.

Spazio autrice:
Buonasera! Cosa ne pensate? Vi piace?

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