Chitarra
La tana del serpente era un puro concentrato di cattiveria e brutalità. Si respirava malvagità, i polmoni erano in cancrena.
Rosso, rosso ovunque.
Sangue sparso sul pavimento, sulle pareti. Sembrava un terrificante quadro di un impressionista.
Il liquido colava, si espandeva e diventava sempre più nero. Un fiume di orrori che scorreva nella giungla.
Mario non aveva mai visto qualcosa del genere.
Non si era mai trovato davanti alla morte, non aveva mai visto l'anima di una persona abbandonare un corpo. È così facile uccidere un uomo, le vite degli umani sono fragili come vetro.
Perché la morte, alla fine, è ciò che la vita ha sinora inventato di più solido e sicuro.
E quanto doveva essere appagante uccidere un uomo, ti dava una sensazione di potere sconfinato. Avere la consapevolezza che la vita di una persona dipenda da che cosa farai, è pura poesia.
So che è orrendo da dire, ma è la verità.
Non fate i moralisti, perché tutti i vostri fottuti cervelli lo pensano.
Viviamo in una società di ostruzionisimo, di complotti, di omertà, di pregiudizi, di buonismo e di altra merda. Ciò ci porta a recitare, a fingere di essere persone che non siamo.
Tutto questo è una messa in scena, di cui noi siamo gli attori.
Non piangerlo adesso che è morto. Non ti ha lasciato. Ti ha solo preceduto.
Mario ripeteva queste parole come un mantra, ma più le diceva e meno lo convincevano. Non riusciva a distogliere lo sguardo dagli occhi spenti, dal buco nel cervello e dalla posizione innaturale del cadavere. Non riusciva a credere che quel figlio di puttana di Stefan non avrebbe più parlato.
Non riusciva a credere che non avrebbe più riso.
Non riusciva a credere che non avrebbe più pianto.
Non riusciva a credere che non avrebbe più scopato.
Mario voleva urlare, strapparsi i capelli e vomitare; vomitare anche le interiora.
Tutti quei bastardi non l'avevano impedito, erano rimasti a guardare mentre Don La Serpe pronunciava la sentenza.
Il garage in Via Prè era pieno di persone, ma non c'era neanche un essere umano.
"Stefan stava andando dagli sbirri, a rivelargli dove si trova uno dei miei covi. Parlate e voi sarete i prossimi" Andrea Montagnani congedò così i suoi seguaci, lasciando a loro il compito di ripulire la scena del crimine.
Sulle pareti muffose vi era sangue, appiccicoso e denso: il fiume Stige aveva eiaculato.
Diego vomitò.
Mario non rimase stupido, sapeva che l'amico avrebbe rimesso. Era soltanto in attesa di quel momento. Lo agguantò, impedendogli di cadere a terra. Diego si lasciò avvolgere dalle braccia di Mario, affiandogli la sua anima. Non si sarebbero mai lasciati.
Avevano passato tante cose insieme ed erano diventati l'uno il punto di riferimento dell'altro, si amavano follemente.
Mario provava compassione. Ma la compassione intesa come dolore messo in comune, sofferenza condivisa. Sentiva le paure, le angosce e le preoccupazioni dell'amico scorrere nelle sue vene. Lo strinse più forte. Non lo avrebbe mai lasciato.
Nella vita è importante avere un amico che sia, a un tempo, specchio e ombra. Lo specchio non mente e l’ombra non si allontana.
Anche se Diego era piegato sulla sua stessa figura e se stava vomitando a causa dello spettacolo straziante, non era un debole.
Il ragazzo dai grandi occhi castani era una delle persone più forti che ci fossero: cadeva tutti i giorni, ma si rialzava ad ogni ora.
"Molinari, La Serpe vuole parlarti" Mario era troppo concentrato sul contesto e sul panorama bestiale che aveva davanti per fare caso alle parole di quella scimmietta. Si trovava nel bel mezzo della giungla e gli avvoltoi si stavano nutrendo della carcassa.
"Molinari, a Lui non piace aspettare" La voce senza volto tornò dai suoi anonimi simili, rientrando nell'insulsa oscurità. Dei soggiogati avevano avvolto il cadere di Stefan in un sacco di Nylon e lo avevano buttato chissà dove, negando a quel povero diavolo anche una sepoltura dignitosa. Altre anime senza contorni pulivano il pavimento e le pareti, palesemente non consapevoli di quello che stavano facendo. Quante prende e quanti pochi predatori.
"Sei solo un bastardo, non meriti un cazzo" Mario si accese una sigaretta ed osservò le luci di Genova estendersi fino all'orizzonte, arrivando ai confini dell'eterno.
Non era stato difficile trovare Andrea Montagnani: un serpente ama la luce. Quel balconcino era il posto preferito dal rettile ed era solito andare lì a riflettere. Pensare all'inferno che c'era sotto. Il sangue macchiava le fondamenta di quel pezzo di paradiso.
Ma è sempre così, in ogni aspetto della nostra società.
"Allora perché hai salito le scalette e sei venuto a parlare con me?" La Serpe stava studiando il cucciolo d'uomo, abbagliandolo con i suoi occhi giallo fluorescenti. Il cielo era ricco di stelle, ma nessuna di essere brillava con la solita luce. Il vento era freddo e cattivo, penetrava come una lama sotto ai loro vestiti.
"Perché sai... A seconda di come ti gira fai un buco in testa alle persone. 19 anni, cazzo"
"Mario Mario, so benissimo quello che faccio. Ogni mia mossa è calcolata e ragionata, non agisco mai d'istinto. Quante altre volte devo ripeterlo?" Andrea sorrise e sembrava che il veleno gli colasse lungo il mento. Il serpente cambia pelle, non natura.
"Quando avrai il tuo impero, io non sarò più con te" Mario si alzò velocemente, facendo sbattere la sedia sul tavolincino.
"Perché non hai paura?" Il ragazzo sentì il sibilo alle sue spalle. Andrea stava tastando il terreno con la lingua biforcuta.
"La paura è di chi ha tanto da perdere"
"La ragazzina che si crede la regina della giungla?" Sogghignò La Serpe.
"Tu la temi" Mario si girò nuovamente e si ritrovò davanti al volto del diavolo.
"Ammetto che ha personalità" il suono di una volante giunse dalla strada, passando proprio sotto di loro. Andrea non cambiò posizione, non mostrò nessun accenno di preoccupazione e rimase concentrato sul ragazzo che aveva davanti. Lo divertiva giocare con le prede, era la sua parte preferita della caccia. Nulla per lui era più gratificante del potere che derivava dalla sofferenza altrui. Con Mario però era diverso, non voleva torturarlo. Il moro non si era ancora fatto soggiogare e ciò affascinava La Serpe, lo spingeva ad avere una curiosità straordinariamente umana nei confronti di Mowgli.
"Non so se sia coraggiosa oppure semplicemente pazza, eppure è stata l'unica ad averti sfidato"
"Non l'unica" Un bagliore luccicante attraversò gli occhi del rettile. In quel momento Mario si rese conto di una cosa: se non ci fosse stato il serpente, Eva sarebbe stata ancora una vergine che passeggiava in paradiso. L’umanità doveva la sua esistenza al rettile.
***
Il Beautiful Loser di Genova era pieno. I camerieri sfrecciavano tra i tavoli per portare cocktails, dolci e bevande. Le parole e le risate di tutte quelle persone convergevano in un unico suono, che annebbiava la mente di Mario. Era come se tutti vivessero bene, come se l'esistenza fosse tutta una farsa.
Il piccolo palco che avevano allestito era molto distante dal suo tavolo, riusciva a malapena a vederlo. Ma era meglio così, lei non si doveva accorgere di lui mentre cantava.
Una cameriera si avvicinò sorridente.
Una cameriera che era proprio una cameriera, con quell'aria da cameriera. Il tipico sorriso di chi è fottuto e annoiato dal mondo.
Inclinò la sua testolina e riattaccò con quel sorriso straziante "Cosa bevete, ragazzi?" anche la voce era da cameriera. Mario non si sarebbe stupito se il suo nome fosse stato Cameriera.
Quanto anonime erano le persone..
"Due Cosmopolitan" Diego ordinò, riportando Mario alla realtà. La cameriera rivolse loro un altro sorriso impostato e tornò a nascondersi tra la folla piatta.
In realtà, Mario fremeva: solo al pensiero di vederla la sua razionalità andava a farsi fottere. Riusciva molto bene a nascondere le emozioni, ma l'amore è più forte di qualsiasi altra cosa: perché l'amore è la poesia dei sensi.
"Attento Mowgli, questa è la droga più forte" Disse Diego, sorseggiando il drink. Ma quando era passata la cameriera Cameriera?
Mario non fece in tempo a rispondere, perché la marea di gente anonima e noiosa si zittì: il silenzio era planato sul locale. Mario era terrorizzato dal silenzio, perché questo era il volto delle cose che avevi perduto.
***
Inserisci il jack.
Accendi.
Luce blu.
Le mani sul legno.
Le dita che pizzicavano le corde.
La sensazione di sicurezza che solo quello strumento poteva darle.
Cominciò, lasciandosi alla spalle i problemi e facendosi prendere dalla musica.
Si dimenticava del mondo: solo loro due. Una scarica di adreanalina attraversava il suo corpo e se ne andava solo dopo che aveva finito.
Le parole venivano fuori come se fossero state imprigionate per anni nel suo cervello e si diffondevano melodiche nello spazio circostante.
Le dita scorrevano veloci su e giù dalla tastiera, prendendo le posizioni che avevano preso gia' giorni prima.
Il plettro danzava su e giù per toccare solo le corde prescelte.
Così nasceva la magia.
Non esisteva pubblico, non esisteva ansia, non esiteva altro se non la musica. Nelle parole metteva amore e rabbia, tristezza ed allegria. Queste uscivano dalle sue labbra con la stessa dolcezza di una colomba che prende il volo. Linda riusciva a toccare il cuore delle persone, facendole sentire straordinariamente appagate, ma anche incredibilmente turbate. Lei aveva il talento di penetrare nelle anime, di insediarsi nel profondo dello spirito.
Smoke on the water dei Deep Purple era ancora più bella suonata da lei. Questo brano, straordinario e crudele, era il preferito dal suo professore. Brutalità e dolcezza alternate: si poteva riassumere così Smoke on the water.
Mentre cantava, nella sua mente turbinavano migliaia di immagini: tutte però riportavano a Mario. Lui era in ogni sua nota.
Il pubblico applaudiva compiaciuto. Avevano persino abbandonato l'alcool per acclamarla. Decine e decine di persone si trovavano davanti alla ragazza, tutte intente ad osannarla. Adorava stare al centro dell'attenzione, la faceva sentire potente. Poche volte nel passato si era sentita così regina. I sudditi la idolatravano, chiamavano il suo nome e si consumavano le mani per dimostrare la loro devozione.
La pantera era sul trono della giungla.
Scese dal palco, l'adrenalina in circolo e l'euforia che si aveva dopo aver conseguito un'importante vittoria. Qualcuno ebbe addirittura il coraggio di andarle a parlare, complimentandosi per la prestazione. Mentre passava tra i tavoli, la gente si girava per guardarla e per adorarla da vicino.
Il portamento regale, la camminata sicura, i ricci mielati e gli occhi felini erano oggetto di ammirazione da parte di tutti.
"Questa volta non ho da ridire" Il professor Guidi le andò incontro, emergendo come dalla folla come la venere di Botticelli emerse dalle acque. Aveva un espressione perennemente serena e gioiale, tipica di chi era in assoluta armonia con il mondo. La testa spelacchiata, i baffetti e la stazza robusta lo facevano sembrare un maggiordomo uscito dai libri di Agatha Christie. Linda era da anni che lo conosceva, ma non lo aveva mai visto indossare qualcosa di diverso da camicia antiquata e giacca a tre quarti. Non aveva ancora capito quale era lo scopo dell'esistenza di quell'uomo. Forse non lo avrebbe mai capito. Forse non aveva scopi. Forse stava al mondo per il semplice fatto che ci era stato messo.
"La ringrazio, non mi aspettavo una sua visita" indossò la maschera da scimmietta dei quartieri alti ben addestrata. In realtà sapeva che il suo professore sarebbe venuto, ma alla gente piace sembrare imprevedibile, la fa sentire ribelle e irraggiungibile.
"Un uccellino mi ha detto che avresti suonato in questo...umh... posto" La voce del signor Guidi era identica al suo aspetto, combaciavano perfettamente. Lui era un amante delle cose semplici e tranquille, di certo non approvava la movida. Sarebbe tanto andato d'accordo con Giovanni Pascoli, peccato che il professore sarebbe stato troppo pigro anche per sforzarsi di fare amicizia con un morto.
"Ho già capito di chi si tratta"
"Della tua dolce madre!"
Linda non poté trattenere una risatina. Il vecchio chitarrista aveva una cotta per Maria Aguilar. Quell'amore platonico e galante tipico dei gentiluomini di un tempo. Ogni volta che incontrava la madre di Linda, le baciava la mano e la ricopriva di complimenti smielati.
"Lei non è potuta venire" Si accomodarono ad un tavolino e un cameriere portò loro diverse cose sfiziose. Alla vista di tutto quel cibo succulento, gli occhi del signor Guidi si illuminarono.
"Signorina, sai che ho visto un ragazzo che sembrava molto interessato a te? Ti giuro che mi è sembrato di vedere qualche lacrima sul suo volto"
Linda cominciò a tremare, l'adrenalina si era trasformata in brama e in desiderio. Tutte le volte che si trovava vicino a lui, perdeva ogni controllo sulle sue emozioni. La pantera diventava prenda del suo stesso istinto. Ricordatevi, niente è più pericoloso di una regina accecata dalla voglia e dall'amore.
"Mario, sei fottuto. Non ti ho mai visto piangere per una ragazza"
Spazio Autrice: Buongiorno ragazzi, cosa ne pensate? Vi piace Diego?
Baci!
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