Capitolo 39
Lucas Pov
Lanciai le chiavi sul tavolo e mi tolsi il casco. Immediatamente,il mio sguardo ricadde sul foglio accartocciato sul divano. Strinsi le mani così forte che potei sentire le ossa scricchiolare. Non riuscivo a guardarlo per più di un secondo, ogni volta che i miei occhi ricadevano su di esso, facevo sempre una fatica immensa a mantenere l'attenzione. La mia mente sembrava voltare sempre lo sguardo.Entrare in quella casa stava diventando sempre più difficile, preferivo, invece, il cielo aperto accompagnato dalla strada libera. Quella breve evasione dal mondo, di pochi minuti fa, ancora non mi bastava.Mi sentivo come in trappola. Quella casa sarebbe dovuta essere la nostra casa, quella dove avremmo ricominciato. Invece, era tutta una bugia. Tutto una dannata bugia. Più ci pensavo e più mi sentivo sopraffare dall'incredulità e lo sdegno. Le date non combaciavano, niente sembrava coincidere e mi chiedevo se non fossi diventato improvvisamente pazzo. Peccato solo che fossi ancora dannatamente lucido. Percepivo la rabbia montare. Mi ero promesso di non ricadere, di andare avanti e invece ero inciampato di nuovo.
Non si lasciavano mai le proprie orme, per quanto avessi cercato di cancellarle, non si sarebbero mai eliminate. Quante volte quelle parole avevano accompagnato la mia vita?Costituivano i miei incubi. Mi sembrava ancora adesso di poter sentire la voce di Cohen, deridermi nei miei sogni, con quel suo ghigno sulle labbra e quella cicatrice che gli solcava la guancia. Le braccia appoggiate sopra le sbarre mentre più i suoi occhi tenebrosi neri mi guardavano e più mi sentivo gelare il sangue. Il suo aspetto, le sue parole da ragazzo mi avevano sempre terrorizzano. La prospettiva che il mio futuro sarebbe stato vivere dietro a quelle sbarre, abbandonato da tutti a marcire come un cane tra l'odore di urina, rifiuti e sudore accompagnati dal freddo della cela insieme agli schiamazzi dei detenuti, era spaventosa. E, con gli anni diventava sempre più nitido, non era più mio padre a guardarmi ma ero io. Ero io che con rabbia mi accanivo contro le sbarre e mi guardavo con un odio raccapricciante. Era come vedere il presente e il futuro in un'unica stanza.
Molto spesso mi svegliavo di soprassalto, fradicio di sudore, con il respiro corto. Altre volte, invece, mi sentivo montare addosso una rabbia distruttiva e per poco non arrivavo a mettere a soqquadro la stanza. Juliet, mi aveva aiutato a tranquillizzarmi ma non erano mai andati via, fin quando lei non era tornata. Scorsi il mio riflesso sulla finestra,a pensarla il corpo si rilassò all'istante, i muscoli si sciolsero e il respiro tornò regolare. Marianne aveva zittito Cohen e con esso tutto il mio passato. Questa era stato uno dei motivi che continuavano a spingermi verso di lei, senza che avessi potuto protestare,che la rendevano spettacolare ai miei occhi. Tranquillizzava i miei sogni. Perché, essi si riempivano con la sua immagine, i suoi occhi erano una favola da raccontare mentre il suo corpo racchiudeva tutti i miei desideri. Ero in bilico tra il coraggio di prenderla e la paura di fallire. Non ero mai stato un tipo che si tirava indietro facilmente ma in questo c'erano troppe cose da perdere e le dovevo già molto.
La porta si chiuse alle mie spalle e udii i suoi passi, accompagnati dalla sedia che veniva spostata, insieme alla borsa che cadeva. "Devo parlarti"affermai,diedi un ultimo sguardo alla finestra, prima che la sua immagine potesse scomparire e mi girai. Rispetto a quando era andata via, qualche ora fa, sembrava più serena. I vestiti che prima indossava erano stati sostituiti da un comodo jeans e un morbido dolcevita che metteva in risalto la sua piccola rotondità. Strinsi i denti e afferrai l'ecografia, provai a lisciare le pieghe mentre gliela porsi. "Era nascosto dietro la fotografia" sebbene non volontariamente, il mio tono fuoriesce piuttosto brusco. Incrocia le braccia al petto e notai il suo sguardo scorrere velocemente. I suoi occhi si spalancarono, increduli mentre le sue dita iniziarono a tremare mentre teneva il foglio in mano. Il suo corpo si irrigidì e piccole rughe si formavano sulla sua guancia
"C-come hai fatto a trovarlo?"deglutì, schiarendosi la gola, gli occhi ancora fissi sul foglio e non sapevo se fosse stato un modo per non incrociare i miei. Le sue reazioni parlavamo più delle parole.
"Quando te ne sei andata, ho dato un pugno al muro, la foto è caduta, la cornice si è spaccata e nel levarla, è uscito fuori"ricaddi sul divano, le gambe aperte, le braccia piegate sulle ginocchia e le mani congiunte. La guardai "Juliet" emisi un sospiro "voglio sapere se quel bambino è mio"impallidì dinanzi al mio tono e chiuse per un attimo gli occhi, stringendo così forte quel pezzo da carta al petto, tanto da sembrare che volesse stracciarlo. Una goccia di sudore le imperlò la fronte mentre apriva gli occhi, incrociando finalmente il mio sguardo. Non avevo mai visto tanto dolore in quello sguardo e l'impulso di darmi un pugno fu più forte che mai. Ancora lievemente tramante, spostò la sedia e si sedette. Passarono alcuni minuti in completo silenzio. Dalla finestra provenivano i suoni della strada e in particolar modo le voci di una donna che litigava animatamente con un uomo. Era difficile ignorarli, dato come lei sbraitava, tuttavia il timbro era più stridulo di una corda di violino. Continuava a ripetere che era stanca di lui, di quella vita, a ogni parola, la nota si incrinava sempre di più mentre l'uomo si limitava incessantemente a ripetere quando l'amava e che non avrebbe ripetuto più gli stessi errori. Magari, avrei potuto mantenere quella promessa anch'io, essere forte come lui ma non ero.
"Lucas"la voce di Juliet uscì anch'essa incredibilmente stridula. Mi passai una mano tra i capelli
"Juliet, per favore, ho il diritto di sapere la verità, dopo quello che successo tra di noi, questa situazione mi sta facendo impazzire"quel bambino era mio oppure no?Dannazione, dovevo saperlo!.Annuì.
"Non è tuo"quelle parole mi colpirono come un pugno e il mio corpo si indurì mentre elaboravo quella risposta. La verità era amara e mi aveva prosciugato la gola " è capitato tutto così improvvisamente, una sera sono uscita, ho bevuto anche parecchio"giocò agitata con le dita "Forse, è meglio partire dall'inizio. "Si fece coraggio "quando sono andata in Europa, avevo ancora la testa qui, in questa casa con te, tuttavia ho provato a dimenticarti. Sono uscita con un paio di loro, brevi uscite serali, fin quando non l'ho incontrato. Era un fotografo, aveva sentito parlare dei miei quadri, così aveva fatto qualche scatto. Sam era bello, carismatico e c'era intensa tra di noi, ci siamo frequentati per alcuni mesi, non era una relazione stabile, ma capitava, quando lui era in città di vederci, uscire e stare insieme" avrei dovuto perlomeno una fitta di gelosia e invece quella parole mi scivolarono sul corpo, senza nessun effetto "ma più andavo avanti e più continuavo a pensare a ciò che avevo lasciato qui. Mi mancava tutto questo"con lo sguardo vagò intorno, soffermandosi sulle nostre foto, con un sorriso di rammarico " così sono tornata, per te, per noi, perché ti amo ma tu mi avevi già dimenticato. Non è stato difficile capire il tuo rapporto con Marianne. Sai, neanche quando stavamo insieme riservavi a me quello sguardo...l'ho sempre invidiata. Dopo un po' mi ero resa conto della realtà e avevo gettato la spugna, volevo dimenticarti, così una sera sono uscita, sono andata in un bar e ho bevuto un po', ma non mi aspettavo di ricontrarlo proprio lì, di vedere Sam. Tuttavia, è successo, abbiamo parlato un po' di come stavamo, era lì per un servizio. Era tutto così confusionario. L'aria, l'alcool, gli sguardi, le sue avances e ho pensato perché no, una serata in onore del nostro incontro. Volevo distrarmi, cancellarti"conficcò le unghie sul jeans " è successo" dalle sue labbra fuoriuscii un lento e lungo sospiro, lo guardo sempre più lucido mentre attendeva qualche mia reazione. L'unica reazione sconcertante,però, fu la nota di sollievo che feci fatica a cancellare. Un anno fa, avrei dato di matto, le avrei sbraitato, proprio come quella donna,contro ferocemente e cacciata bruscamente. Mi sarei ubriacato per giorni. Al diavolo il lavoro o chiunque. Saremmo stati solo io e la pista, nient'altro mentre guidavo con i postumi dell'alcool. Adesso, invece...?Ero arrabbiato, deluso ma non c'era traccia del dolore... stavo bene. Questa consapevolezza fu ancora più dolorosa. Per un anno avevo continuato ad amarla, interrottamente e a quando ero tornata, mi ero sforzato di ricominciare ma mi sbagliavo. Era bastato Marianne per farmela dimenticare completamente. Non tutto poteva risorgere dalle cenere. Ogni cosa andava incontro a un lento e indolore mutamento, niente persisteva per sempre nel tutto, tutto prima o poi si affievoliva. Mi passai una mano dietro il collo
"va bene ma adesso voglio capire un'altra cosa, quella sera quando ero ubriaco, siamo andati a letto insieme?" avevo ancora la testa annebbiata da quel ricordo, esitò per qualche secondo, chinando il capo e quando lo risollevò, i suoi occhi erano velati dalle lacrime. Scosse il capo
"Ci siamo baciati a lungo, mi hai portato in camera ma ti sei addormentato prima di finire di spogliarmi. A quel tempo, non sapevo di essere incinta... io volevo tornare, Lucas, desideravo vivere di nuovo qui, in questa casa"strinse le dita"volevo rimediare al mio errore, farti capire che avrei voluto starti accanto, costruire una vita con te, quella stessa vita che ti avevo negato. Però, quando sono ritornata, ho dovuto affrontare la cruda realtà: eri già innamorato di Marianne"sorrise tristemente
"Non sono innamorato di Marianne"grugnì sulla difensiva
"Ti conosco Lucas, non sei mai stato un uomo che riesce a nascondere ciò che senti, hai sempre agito di impulso e per istinto, per anni ho cercato di capirti, di comprenderti e di comprendere i tuoi gesti, ciò che ti passava per la testa ma non ci sono mai riuscita. Marianne, invece, ogni volta che parlava di te aveva una sicurezza nella voce, per lei sei sempre sembrato un libro aperto. Ero gelosa di lei, del rapporto che c'era e c'è tutt'ora tra di voi. Perfino, la nostra relazione appariva meno profonda di quel legame. Tuttavia, c'è qualcosa che lei sembra non riuscire a darti, la spensieratezza. Noi stiamo bene insieme, ci intendiamo alla perfezione Quando sono tornata, non sapevo come approcciarmi con te, avresti potuto sbattermi la porta in faccia invece, non l'hai fatto, mi sei sempre stato accanto e pensavo che avremmo potuto ricominciare. Quando ho scoperto di essere incinta, sono entrata nel panico, non sapevo cosa fare ma tu eri lì, accanto a me. Mi sono aggrappata a quella una piccola briciola che vedevo con tutta me stessa, ho pensato che questo bambino sarebbe potuto crescere con il nostro amore. Ero sicura che c'era e che alla fine l'avrei riacceso. Questo bambino può darci una possibilità, Lucas"allungò la mano verso la mia, stringendomela ma mi scostai. Sussultò. Mi alzai e mi diressi in camera. Quando mi sedetti di nuovo di fronte a lei, aprii il cofanetto,
"Questo sarebbe dovuto essere il tuo regalo di compleanno" spalancò la bocca per la sorpresa "avevo organizzato tutto per bene, sarebbe stato tutto per perfetto ma tu te ne sei andata prima del previsto"chiusi il cofanetto con uno scatto e le lacrime scivolarono sul suo volto
"possiamo ricominciare Lucas, ti prego, questo bambino può essere la soluzione. Potremmo vivere felicemente, noi due, come abbiamo sempre voluto. Ti prego, Lucas"la voce era rotta dai singhiozzi
"Mi dispiace, Juliet"sospirai "ti sosterrò, provvedo a qualunque tu abbia bisogno anche economicamente, se vuoi ma non posso fingere che io sia il padre, non puoi chiedermi di farlo"il mio sguardo ricadde sul suo ventre "se mai una giorno dovesse scoprirlo, non riuscirebbe a perdonarmi, a perdonarti, conosco bene la sensazione di essere tradito e non posso, non voglio che un bambino passi ciò che passi io. Mi dispiace, Juliet, ti auguro buona fortuna con il bambino ma senza di me"
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"Quindi, il bambino non è tuo?"annuì "mi dispiace, avrei dovuto dirtelo prima, avevo già il sospettoso"Nick mi aiutò a levare le fotografie dai muri, togliendole dalle cornici. Più diminuivano e più a poco a poco sentivo la casa ritornare come un tempo e questo era incredibilmente sollevante. Juliet, ormai era andata via, l'avevo accompagnato a casa, dopo che si era tranquillizzata e le avevo promesso di occuparmi io di tutti gli scatolini a casa mia. Non aveva detto una parola ma ero sicuro che di lì a poco, sarebbe ritornata in Europa dalla sua famiglia e mi auguravo sinceramente che stesse bene, insieme al bambino. I contatti ci sarebbero stati ancora ma non appena, la porta si era chiusa alle mie spalle, sentivo che il capitolo Juliet si era concluso completamente. Avevo messo la parola fine alla nostra relazione, non proprio nel migliore dei modi ma comunque ormai avevo compreso che per quanto l'avessi amata in passato, non l'avrei amata allo stesso modo adesso. C'era qualcun altro che invadeva le mie notti."Ti vedo più rilassato"Nick posò le cornici vuote sulla tavola, era arrivato da meno di un'ora e non appena mi aveva visto, aveva compreso che qualcosa non andava. Dopo avergli spiegato quello che era successo, mi aveva rivelato del suo incontro con Juliet, il giorno prima e della notte in cui aveva l'aveva con Sam.
"Dovrei prenderlo come un complimento?"in effetti, sebbene odiassi ammetterlo, un'ondata liberatoria mi aveva invaso, una volta ,buttato l'anello nella pattumiera e chiuso con quella storia. Mi sentivo come mi fossi liberato di un macigno che da tempo mi opprimeva.
"Vedila come vuoi ma comunque, tu e Juliet non eravate destinati a stare insieme"mi guardò con i suoi occhi eterocromi che lampeggiavano maliziosamente"sai bene, che è così"feci una piccola smorfia e afferrai prontamente le chiavi dell'auto che mi lanciò. Inarcai un sopracciglio, confuso "vai da lei, Lucas, è Marianne, la donna con cui dovresti stare"
Marianne Pov
Giocai con il menù, tra l'agitazione e la frustrazione mentre con lo sguardo mi giravo intorno. Le pareti in pietra erano illuminate da luce soffuse, fissate sul soffitto cioccolata che si intonava ai tavoli in legno wenge e i divanetti marroncini. La luce delle candele rischiava i volti della gente che parlava animatamente, gli sguardi silenziosi di chi sceglieva di non parlare per farsi cullarsi dall'atmosfera romantica e ardente del locale. Piegai un piccolo angolo del foglio plastificato, provando a trattenere l'impulso di mangiucchiarmi le unghie. Lo stomaco era così contorto che mi era passata perfino la fame. Ogni volta che la porta si apriva, mi agitavo sempre di più sulla sedia, lo aspettavo da un paio di minuti e non riuscivo a rimanere calma. Sarebbe venuto?In fin dei conti, avrebbe potuto anche ignorare il mio invito. Sensazione che diminuì leggermente quando lo vidi avvicinarsi. Mentre avanzava, si allentò la cravatta e notai gli occhi stanchi, infatti, dal suo aspetto era facilmente comprensibile che fosse appena uscito dal suo ufficio
"Sono felice che sei venuto"Ethan si tolse la giacca e si sedette. I capelli ramati gli ricadevano sulla fronte, scompigliati, segno delle tante volte in cui si era passato la mano. "Come è andata la giornata?"
"Stressante ma bene... scusa"spense il telefono che continuava a squillare incessantemente e scossi il capo " La tua chiamata mi ha sorpreso e fatto piacere allo medesimo tempo, dopo che in questi giorni, non hai risposto alle mie di chiamate"accavallò le gambe e scorsi alcune ragazze, passarci accanto, lanciandogli uno sguardo eloquente. Certamente, non passava inosservato e mi morsi il labbro, maledicendomi immediatamente per il motivo per il quale quella stessa mattina l'avevo telefonato. Tuttavia, Emily aveva ragione, lo sapevo bene, non potevo continuare a illudermi, avrebbe fatto male sia a me che a lui. La cosa terribile, infatti, era quando non soffrivi soltanto per te stessa ma ti incollavi addosso anche il dolore degli altri , poiché la cura per se stessi passava inesorabilmente in secondo piano. "Cosa è successo, Marianne?" si sporse verso di me e potei scorgere la nota di preoccupazione del suo sguardo, lo rassicurai con lo sguardo, sperando che servisse a qualcosa
"Niente, cioè sono successe alcune cose che mi hanno scombussolato ma non ti devi preoccupare"provai a non inciampare sulle mie stesse parole "mi dispiace aver rovinato la nostra serata, hai fatto così tanto per farmi rilassare, mi hai perfino insegnato a pattinare"un piccolo sorriso solcò i nostri visi " e io ho rovinato una giornata perfetta"sospirai con rammarico. Perché non potevo provare le stesse emozionati con Ethan?Perché non riuscivo a sprofondare nel suo sguardo oppure a percepire la sensazione di rassicurazione delle sue calde braccia e a sentire quella scintilla elettrica che infervorava sempre quando eravamo vicini?Semplice... non era Lucas
"Non devi sentirti in colpa per ciò che è successo ma non sono qui soltanto per delle scuse, vero?" i suoi occhi incontrarono i miei e a continuare a guardare quel nocciola caldo ebbi la consapevolezza che lui già avesse già intuito ciò che stavo per dire. Ciò, invece di tranquillizzarmi, mi innervosì maggiormente
"No, infatti"sentivo le parole non voler uscire, avevo avuto la paura di dimenticare perfino come si parlava.
"Si tratta di Lucas, non è così?"annuì
"Io e Lucas abbiamo avuto sempre un rapporto speciale, lui è stato e continua ad essere importante per me. Quando sono arrivata qui, pensavo che questo sarebbe stata l'inizio di una nuova vita ma rincontrarlo dopo circa 3 anni di lontananza, ha messo a soqquadro il mio mondo. Pensavo che il nostro rapporto si fosse affievolito oppure totalmente spento, invece, è più profondo di quanto mai avessi immaginato. La nostra vicinanza si è trasformata in attrazione e non riesco, tutt'ora, a combatterla. Per questo ti ho chiamato, tu mi sei sempre piaciuto Ethan, hai reso questi mesi fantastici ma sarebbe sbagliato da parte mia, illuderti e continuare questa nostra relazione, su qualcosa di così effimero. Mi dispiace molto per questo ma non meriti di sprecare il tuo tempo con me"ammisi e a poco a poco, mi sentivo sempre più leggera. Infatti, quando finii, fui travolta da un sospiro di sollievo. Tuttavia,qualcosa continuava a bloccarmi, la sua reazione. Per nulla al mondo avrei desiderato perdere il nostro rapporto, già avevo perso una delle persone più care al mondo, ero stanca di veder distruggere a poco a poco, pezzi importanti della mia vita. Ebbi quasi l'impulso di chiudere gli occhi per non vedere la rabbia sul suo viso ma mi trattenni, l'ultima cosa che volevo, era mostrarmi una codarda, oltre che stronza.
"E se volessi sprecare ancora il mio tempo con te?"inarcai un sopracciglio, interrogativa "come amici, però"mi sorrise "mi trovo bene con Marianne, sei una ragazza in gamba e hai sempre affrontato le cose di petto, questo è proprio ciò che mi piace di te. Ti svelo un segreto, sebbene sei la seconda ragazza che mi rifiuta, sei la mia preferita"sorrisi, si passò una mano tra i capelli "allora cosa ne dici di mangiare?"improvvisamente percepii un lento languore e il mio stomaco brontolò, trattenendo una risata, presi il menù.
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"Arrivo"mi alzai dal divano quando sentii suonare al campanello. Dopo aver cenato, Ethan mi aveva accompagnato galantemente a casa. Era stata una delle serata più piacevoli che avessi mai trascorso. Tolto il nervosismo iniziale, l'aria si era alleggerita molto tra di noi e si era instaurata un'amichevole simpatia. Mi ero sentivo finalmente libera. Parlavamo gradevolmente, tra conversazioni interessanti e battute divertenti. Non avevo mai riso tanto. Mi sentivo di un ottimo umore. Chiunque avrebbe conquistato il cuore di Ethan Mcluhan sarebbe stata veramente fortunata. Sorrisi lievemente e aprii la porta. Mi bloccai, non credevo ai miei occhi
"Lucas"deglutii, un ricciolino color miele cadde sulla sua fronte, scivolando sul suo occhio ma niente riuscii a oscurare il suo sguardo. Quel caldo whisky sembrava brillare nel cuore della sera. Una piccola barba incolta definiva la sua mascella squadrata mentre sentivo i suoi muscoli gonfiarsi sotto la giacca, sportiva. La sua mano era piegata sul cardine della porta e sentivo le dita sfiorarmi il capo. Avvampai, perfino quella lieve brezza notturna era inutile dinanzi al calore irradiato dal suo corpo.
"Ci sono i miei?"scossi il capo, aveva una tale decisione e fretta nella sua voce che mi sorprese "bene, non aspettavo altro"rimasi per un secondo interdetta, al suono maschile del suo timbro basso e rauco e prima che potessi ragionare, oppure farlo entrare, si avventò sulle mie labbra. Sgranai lo sguardo mentre mi spinse contro il suo petto, baciandomi sotto un manto di stelle.
Sono sicuro che questo capitolo entrerà nella top ten dei vostri preferiti XD. Juliet, finalmente è stata mascherata, Ethan non si metterà più tra i piedi e Marianne e Lucas, possono stare insieme...per adesso ahahahaha sto scherzando ma la storia ha molti colpi di scena ;). Per anticipi, passati sulle mie pagine "le storie di Astrad" e "le_storie_di__astrad"
Grazie mille, a tutti
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