78. Cena di famiglia
In California le belle giornate non mancano di certo. Il sole batte sempre sui marciapiedi dall'alba al tramonto tranne per relative eccezioni. Gli uccelli cantano asfissiantemente dalla mattina alla sera, spesso impedendomi di studiare come vorrei. Fastidiose ragazze vestite di rosa passeggiano con i loro minicani, che sono puri oggetti ornamentali. Non mancano gli uomini d'ufficio sempre in giacca e cravatta nonostante il caldo che comincia ad essere più opprimente con l'avvicinarsi dell'estate.
"Vuoi togliere quel muso dalla faccia?"
"No."
Per la quarta volta in venti minuti da quando siamo usciti, sia io che Harry non abbiamo fatto altro che ruotare gli occhi al cielo per via di entrambi i nostri comportamenti. Ha insistito per uscire quando sia io che lui dovremmo essere in casa a studiare.
"Sei fastidiosa. Rilassati per una volta invece di studiare."
"Come fai ad essere così tranquillo?"- la sola idea degli esami finali mi manda al manicomio. Lui sembra non preoccuparsi minimamente. Non mi risponde, invece, con un'ultima smorfia entra nel parcheggio di un centro commerciale all'aperto. – "Perché siamo qui?"- Harry spegne l'auto e per la prima volta da quando siamo partiti si toglie gli occhiali da sole guardandomi negli occhi.
"Mentre tu hai passato gli ultimi tre giorni chiusa in casa a studiare io ho pensato."
"Che rivelazione."- incrocio le braccia al petto divertita.
"Fammi parlare."- risponde lanciandomi un'occhiataccia. – "andiamo a cena fuori."- la sua non suona come una proposta ma solo come un'affermazione. Ha praticamente già deciso.
"Io e te?"- Harry non è di certo il tipo da fare queste cose. Ma dopo quel soggiorno improvvisato alla Spa mi aspetto di tutto.
"Io, te, tuo padre e i miei."
Incontrollatamente le mie labbra si separano come se volessero dire qualcosa ma non esce nulla. Mio padre e Harry allo stesso tavolo. I genitori di Harry e Harry allo stesso tavolo. Non finirà mai bene. Per quanto mi piacerebbe, anche i miei rapporti con i signori Styles ultimamente sono ridotti al minimo, appena un saluto di cortesia quando tornano dai loro viaggi di lavoro. Ho parlato più con Gemma che con loro e Gemma non parla neanche.
"Come ti è venuto in mente?"
"Dici che è una stupidaggine?"- chiede consiglio. Non so come rispondere a questa domanda.
"Non lo so. Se fossero genitori normali non ci sarebbe nulla di male. Ma li conosci, no?"- lo vedo annuire ma è evidente che questa è un'idea che gli frulla in testa da giorni e probabilmente ci ha giù pensato anche lui.
"Voglio farlo per noi. Non ho intenzione di lasciarti e sono stanco di tuo padre. Voglio risolvere questa situazione in modo ufficiale. E già che ci sono parlare con i miei."- si ci ha riflettuto davvero tanto.
Annuisco, ammirando nello stesso tempo la risoluzione e il coraggio che ci sta mettendo. Vive praticamente senza la sua famiglia da quando sta nella casa della servitù con noi e se conosco Harry, riavvicinarsi ai suoi genitori non è il solo motivo per questa cena. Probabilmente vuole chiedere al padre i soldi per il viaggio. Quant'è furbo. Se ci riesce otterrebbe tutto con una cena, ammirabile.
"I tuoi lo sanno?"- chiedo nascondendo una risata.
"Non ancora."- risponde. – "ci penserò questa sera. Per adesso voglio che entri li dentro e compri un vestito per questa fatidica cena. E non pensare allo studio."- mi avverte prima di scendere dall'auto. L'esperienza mi ha insegnato che con Harry c'è poco da replicare.
Sono comunque contenta perché sembra aver scelto un posto economico. Ricordo la prima volta che mi ha portata a comprare un abito. Mi aveva ricattata per accompagnarlo ad una delle cene di lavoro del padre. Gli abiti costavano non meno di cento dollari in quei negozi e lui possedeva ancora la sua carta di credito.
Mi piace di più senza un soldo. Questo l'ha fatto maturare, non sperpera più il denaro e ci pensa due volte prima di comprare qualcosa di superfluo. Ha un lavoro e praticamente riesce a mantenersi da solo senza l'aiuto della sua famiglia. E soprattutto continua a viziarmi anche con le piccole cose. Come portarmi una margherita quando torna da lavoro, talvolta.
Le mie scarpe picchiettano sul parquet in legno di un Outlet mentre osservo i vari vestiti sugli stand. Fin'ora nulla ha attirato la mia attenzione.
"Questo. Questo deve essere mio."- sento Harry dall'altra parte del negozio. Mi volto all'istante osservandolo mentre poggia al petto la gruccia con appeso un completo scuro, apparentemente semplice, ma quando mi avvicino minuscole righe rosse percorrono in lunghezza sia la giacca che i pantaloni. – "Quindi?"- è orribile. Per l'ennesima volta nascondo una risata e l'assecondo.
"Provalo."
Sembra un bambino felice quando saltella verso il camerino con il suo completo da trenta dollari tra le mani. Nel frattempo continuo la mia perlustrazione in giro e i miei occhi cadono su un abito nero, non decisamente il mio stile, ma dal taglio carino. Costa solo venticinque dollari ed è ciò che mi spinge a prenderlo dallo stand.
"Allora?"- preparata psicologicamente ad un fiasco guardo Harry dentro lo strambo completo, la targhetta gli penzola dai pantaloni e la maglia bianca dovrebbe essere evidentemente sostituita da una camicia. Alla fine arrivo ad una conclusione.
"Forse sei l'unico essere al mondo in grado di portare con stile quel completo orribile."- ammetto senza mezzi termini. Alza un sopracciglio prima di guardarsi allo specchio compiaciuto.
"Lo prendo come un complimento."
"Assolutamente."
Non posso credere che gli stia così bene. La sua figura è slanciata, i pantaloni gli cadono perfetti e la giacca è aderente nei punti giusti facendo risaltare le spalle. Non può essere normale.
"Tu hai scelto?"- annuisco mostrandoglielo. – "Nero? Conoscendoti, pensavo a qualcosa di colorato in stile fiorellino."- ridacchia.
"Mi piace."
"Allora è tuo."- scrolla le spalle allungandosi per darmi un bacio all'angolo della bocca. Probabilmente ha avuto una buona idea facendomi alzare dalla scrivania, oggi.
***
Di comune accordo, io e Harry, una volta tornati a casa ci siamo presi il compito di informare i nostri genitori. Non so come la prenderà papà, probabilmente manderà al diavolo quest'idea, ma devo provarci. Dopo un sospiro di rassegnazione prendiamo strade diverse, Harry verso la villa e io verso la casa della servitù. E' quasi sera quindi è quasi certo che papà sarà dentro.
"Tali!"- stavo mentalmente preparando un discorso convincente mentre aprivo la porta ma è andato in fumo quando i miei occhi hanno incontrato quelli di Nash nella stanza comune.
"Che ci fai qui?"- strabuzzo gli occhi contenta abbracciandolo.
"Siamo arrivati poco fa, avevo dei giorni liberi all'università e ho fatto un salto con mamma."- mi aggiorna ma la repentina contentezza svanisce quando capisco che anche Doris è qui. Non ho ancora avuto un confronto con lei da quando ho saputo della storia con papà. – "Hey, sei preoccupata?"- annuisco. Lui meglio di chiunque altro può sapere come mi sento. – "E' difficile anche per me, te l'ho detto, lo sai. Ma se sono felici loro.."
"Lo so. Devo solo abituarmi all'idea."- tocca a lui annuire. Senza che glielo chieda mi abbraccia nuovamente per un motivo completamente diverso ora. E' bello andare d'accordo con lui. In fondo posso anche considerarlo il mio fratellastro, anche se non ufficialmente.
"Sono di sopra. Saliamo."- mi guida su tenendomi per un polso. L'ultima cosa che volevo oggi era affrontare l'imbarazzo e la tensione di questa situazione. Nash sapendolo, o intuendolo, mi sta trascinando su con la forza. Doveva arrivare questo momento.
Quando entriamo a casa c'è già profumo di pollo speziato e un'incontrollabile gelosia nasce nel mio stomaco. Di solito sono io a cucinare per papà.
"Tal."- papà mi saluta con un mezzo sorriso facendo voltare Doris ai fornelli verso di me.
"Talìta, come stai?"- sorride anche lei.
"Bene."
Papà segue la nostra interazione silenzioso, mi mostro il più tranquilla possibile anche se dentro vorrei urlarle di togliersi il mio grembiule. Ma che mi prende? Lei non mi ha fatto nulla. Voglio distrarmi da questi pensieri e posando il sacchetto con il mio nuovo vestito decido di chiedere a papà della cena.
"Papà-"
"Cosa c'è in quella borsa? Hai fatto shopping?"- Doris tenta di fare conversazione mentre Nash si siede a tavola mettendosi in mezzo tra me e papà e Doris troppo vicini tra di loro.
"Uhm, si. Harry mi ha comprato un vestito nuovo."
"Ah, che carino."- risponde lei e papà ovviamente ruota gli occhi al cielo a senti parlare di Harry.
"Papà, possiamo parlare? Soli?"- chiedo forse con troppa acidità, ma non era voluta. Lui annuisce e mi porta fino alla mia stanza della quale chiude la porta una volta entrati.
"Non sapevo sarebbero venuti, se lo avessi saputo te lo avrei detto. Mi dispiace, Tal."- parla nervosamente.
"Non è di quello che voglio parlarti adesso."
"Di cosa allora?"
"Non ti arrabbiare. Harry sta organizzando una cena fuori, vorrebbe che tu venissi. Ci saranno anche i suoi."- dico d'un fiato. Tento di decifrare la sua reazione ma per ora si limita a fissare il pavimento con le braccia incrociate al petto. – "Se vuoi possono venire anche Doris e Nash."- parlo prima di riflettere ma il mio è un modo per convincerlo e metterlo a suo agio.
"Perché?"
"Cosa perché?"- chiedo scettica.
"Perché questa cena di famiglia? Dovete dirci qualcosa? Sei incinta per caso?"- strabuzza gli occhi come se gli avessi confermato di si.
"Ma no!"- provo la psicologia inversa. – "Se non vuoi venire non fa nulla."- mimo un'espressione delusa e scocciata.
"Vengo. Veniamo, se possono."- è cauto nel dirlo come se una parte di lui sapesse che in realtà sono io a non essere a mio agio con Doris. Annuisco comunque, devo farci il callo.
HARRY'S POV
Lo strano sguardo di chi non capisce più un cazzo sulla faccia di Conrad appena sono entrato è stata impagabile. Onestamente neanche io avrei mai pensato di mettere di nuovo piede in questa fottuta casa. Considerando come vivo ora, in questa casa c'è troppo fastidioso bianco e fottutissimi cristalli. Danno fastidio agli occhi. In mezzo al salotto mi guardo in torno aspettando che qualcuno dei vecchi si faccia vedere ma evidentemente sono troppo occupati. Sbuffo salendo al piano di sopra e immagini di Tal nel pigiama di seta di mamma mi passano davanti agli occhi. Tempi passati. Passando la stanza di Gemma, la vedo con la solita babysitter di turno che verrà licenziata a fine settimana. Sicuro mi dirigo verso l'ufficio di papà. Passerebbe l'intera vita lì dentro.
Non busso ma apro la porta. Per poco non sono tentato di tornare indietro quando vedo mamma seduta sulle gambe di papà dietro la scrivania nel mezzo delle loro effusioni del cazzo. Per fortuna sono arrivato prima che si togliessero i fottuti vestiti.
"Edward!"
"Cristo, datevi un fottuto contegno."
"Tu non puoi bussare?"- risponde papà. Ruoto gli occhi al cielo tenendo le mani sui fianchi mentre mamma si ricompone alzandosi da dove era seduta e restando in piedi alla sua destra. Papà tira fuori la sua penna super fottutamente costosa e incrocia le mani davanti a sé sulla scrivania.
Cos'è, una fottuta riunione?
"La smettete di essere così formali? Mi date fastidio."- si guardano per un attimo prima di riportare l'attenzione su di me. Vorrei uccidermi.
"Come mai sei qui? Non ti si vede da un po'."- perché loro per tutta la mia infanzia sono stati presenti. Da quel che mi risulta sono loro a non essere mai a casa. Sorvolo.
"Una cena. Non di lavoro. Domani sera."- dico rifacendomi alla loro ufficialità. – "Non di lavoro."- ripeto.
"E' successo qualcosa?"- chiede mamma, evidentemente stupita.
"No. Ci saranno anche Tal e suo padre. Ci sarete?"- ovvio che ci saranno. Non perdono mai occasione per sfoggiare un perfetto vestito di marca e accessori di lusso. A meno che non abbiano altri impegni e affari da concludere.
"Si."
"Des, c'è la cena con-"
"Ci saremo, Harry."- papà non le lascia finire la frase e non molla il mio sguardo. Sono io a rompere il contatto annuendo e avviandomi alla porta. Non sono a mio agio qui.
"Vi faccio sapere dove e quando."- concludo uscendo. Mi preme tornare da Tal. Oltre al fatto che voglio sapere cosa le ha risposto il padre, ho davvero una fottuta voglia di stare con lei. Saluto velocemente Ines e Rose quando entro nella casa della servitù e facendo gli scalini due alla volta busso alla sua porta in attesa. E' proprio lei ad aprirmi pochi secondi dopo.
"Harry."- sussurra con un leggero sorriso che ricambio. Ha su dei pantaloncini stretti e una camicia comoda, il mix perfetto per farmi venir voglia di strapparle i vestiti di dosso.
"Cosa ha detto?"- chiedo.
"Ha accettato. Hanno accettato in verità."- si corregge.
"Hanno?"- risponde aprendo di più la porta e attorno ad un tavolo oltre che a Ruben, stanno anche Doris e Flash. Ora capisco. Il mio sguardo torna immediatamente su di lei. –"Com'è andata?"- alza le spalle e da ciò capisco che cerca di far buon viso per il padre. L'abbraccio sulla soglia della porta catturando lo sguardo di fuoco di Ruben.
A lei non piace quando l'abbraccio o la bacio di fronte a lui. Ma non solo Tal deve accettare tutto senza lamentarsi. Anche lui deve fare la sua parte.
"Resta ti prego."- sussurra contro il mio collo. Non avevo la minima intenzione di andarmene. Entrando e chiudendomi la porta alle spalle Doris e Flash mi lanciano dei saluti veloci ai quali rispondo il più velocemente possibile prima di trascinare Tal in camera sua. Non riesco a resistere alla voglia di stare solo con lei questa sera.
E poi è un'occasione per provocare Ruben. Starà ribollendo di rabbia mentre io e Tal siamo soli in un'altra stanza. Tal si lascia andare ad un sospiro di sollievo, appena soli. E' evidente che per lei è difficile.
"E' troppo strano."- sbuffa sedendosi ai piedi del suo letto con le mani a coprire il viso. La seguo sedendomi dietro di lei e la stringo fino a far combaciare la sua schiena al mio petto mentre il mio mento prende posto sulla sua spalla.
"Ti ci abituerai."- provo a consolarla premendole un bacio sul collo.
"Quando l'ho vista in cucina volevo urlarle di andare via."- confessa coprendo le mie mani con le sue sulla sua pancia.
"Che ragazza cattiva."- la bofonchio. – "E' uno stronzo, ma ti vuole bene, Tal. Lei non ti può sostituire, ricordalo."- la vedo annuire stancamente. Esausto mi libero delle scarpe e mi stendo sul letto con la testa sul cuscino. Ovviamente trasportando lei con me.
Siamo entrambi su un fianco in modo da guardarci negli occhi. Lei socchiude i suoi mentre la mia mano le carezza una guancia. La mano sul suo collo e il pollice che traccia piccoli archi sulla sua mascella. Le sue mani, entrambe sul mio petto, giocano prima con il colletto della mia t-shirt, poi con la mia collana. Non mi basta. Sono stufo di questa distanza e decido di eliminarla connettendo le nostre labbra. La mia lingua gioca con il suo labbro inferiore perché so che le piace quando lo faccio. La sento sorridere.
"Non mi sono ancora abituata a questo, come faccio ad abituarmi ad un'altra donna nel letto di mio padre?"
"Ti abituerai a quello, ma non a questo."- rispondo ribaciandola. – "Non voglio che ti abitui a questo, mi piace quando ti viene la pelle d'oca."- confesso strisciando leggermente un dito sul suo braccio. Sorride di nuovo. Io la bacio di nuovo.
Questa volta approfondisco il bacio fin quando non ci ritroviamo in una posizione differente. Lei stesa di schiena e io su di lei sorreggendomi con un braccio mentre con l'altra mano sfioro la sua pelle tramite le fessure tra un bottone e l'altro della sua camicia.
"Se non ci fosse nessuno di là, ti lascio solo immaginare cosa ti avrei fatto."- sussurro a distanza inesistente dalla sua bocca. Anche se praticamente la stanza sia buia, a parte leggera luce proveniente dalla finestra, posso vederla diventare timida come ogni volta che si parla di sesso. – "Ti abituerai anche a questo."
"Mi sono già abituata al tuo essere pervertito."- ridacchia circondandomi il collo con le braccia, cosa che mi invita ad abbassarmi ancora una volta per baciarla.
"Non conosci davvero quel lato di me, piccola e innocente Tal." – rispondo perso nel suo profumo. Con una mano sul suo fianco e l'altra sul suo collo, sposto le mie labbra dalla sua bocca alla sua mandibola fino al collo. –"Ti mangerei di baci, Tal."- faccio vibrare la mia voce contro la sua pelle e ecco che si forma di nuovo la pelle d'oca. Mi piace come reagisce a me.
"Mio padre è dall'altra parte della porta. Non mi stupirebbe se stesse origliando."
"Tipico."- se fosse così vorrei aprire la porta all'improvviso solo per potergli sbattere la porta sul naso. Ma mi piace di più ascoltare battere il cuore di Tal.
"Pensava fossi incinta quando gli ho detto che gli volevo parlare."- sorride.
"Mi miei stavano per darci dentro sulla scrivania."- rispondo divertito. Neanche un secondo dopo stiamo entrambi ridendo. Con la testa appoggiata alla sua spalla sento il suo corpo vibrare mentre ride.
Sospiro rilassato quando la sua mano s'intrufola tra i miei capelli massaggiandoli. Il gesto mi spinge nuovamente a cercare le sua labbra delle quali non mi stancherò mai. Ora a cavalcioni su di lei non mi perdo la dolce sensazione delle sue mani alla base del mio collo mentre mi tira in basso verso di lei. Di nuovo le nostre labbra si connettono e questa volta non perdo tempo a creare un maggiore contatto anche con le nostre lingue. Il rumore dei baci risuona nella stanza. I nostri petti sono uniti e pressati l'uno contro l'altro. Provo a non pesarle eccessivamente cedendo gran parte del peso sui gomiti ai lati della sua testa mentre le mani affondano nei suoi capelli come le sue nei miei.
"Ah, ti amo."- borbotto tra un bacio e un altro.
"Ti amo.
"Tal, non voglio che tieni la porta chiusa."- irrompe improvvisamente suo padre spalancando la porta. Di riflesso Tal mi spinge via spaventata e il mio equilibrio va a farsi fottere quando cado sul pavimento con un tonfo sordo. Stronzo.
"Non sai cosa significa bussare?"- chiedo irritato. Ora so cosa pensava papà prima. Mi rimetto in piedi il più velocemente possibile.
"Perché devo bussare in casa mia?"- risponde a sua volta.
"Ruben, calmati, lasciali stare."- la voce di Doris arriva dolce dal corridoio, deve essere dietro di lui. Come un fottuto cagnolino se ne va non senza prima avermi ucciso con lo sguardo. Tal è ora seduta e imbarazzata.
"Perché non gli dici nulla?"- le chiedo esasperato. E' sempre in mezzo ai fottuti piedi.
"Che senso ha? Tanto non capisce. Ci ho provato, ricordi?"- risponde scrollando le spalle. Io annuisco capendo il suo punto di vista. – "Cosa pensi di risolvere con la cena di domani?"
"Non risolverò nulla forse. Spero solo che capisca che non sono più il bastardo di prima e tutto grazie a te."- rispondo lasciandole un semplice bacio a stampo sulle labbra.- "E mi servono i soldi per il viaggio, a quelli ci pensa mio padre."- ironizzo.
"Approfittatore."
"Tu ami quest'approfittatore."
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro