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50. La goccia che fa traboccare il vaso



Non credo di aver corso così tanto e così velocemente in tutta la mia esistenza. Né ricordo di essere mai uscita da scuola con così tanta fretta e agitazione. Ho corso quasi fino a perdere il fiato e ringrazio me stessa per aver messo i pantaloni questa mattina anziché una delle mie solite gonne colorate. Devo andare da Harry, devo avvisarlo e sinceramente non so come la prenderà.

Lui odia le prediche, odia quando gli si dice cosa fare, odia le imposizioni e le critiche e so per certo che appena saprà che il direttore verrà da qui a poco a casa per incontrare i suoi genitori andrà fuori di matto.

Adocchio finalmente il cancello in ferro battuto con griffe in oro della tenuta Styles e spingendo lievemente la cancellata socchiusa mi faccio spazio tra il vialetto in pietra e i cespugli sempreverdi. Affretto nuovamente il passo aggiustando occasionalmente la tracolla sulla spalla dirigendomi con sicurezza verso la casa della servitù.

"Fottuta ingessatura."- i miei piedi si fermano riconoscendo che una frase del genere può uscire solamente da una bocca. Volto lo sguardo verso la voce e Harry è comodamente seduto su una panchina in giardino mentre tenta ironicamente di grattarsi all'interno del calco con un sottile ramoscello preso chissà dove.

"Harry."- lo richiama la mia voce. Lui si gira osservandomi mentre io mi avvicino a passo svelto.

"Tal."- aggrotta le sopracciglia lanciando il legnetto alle sue spalle con non curanza. - "Perché hai il fiatone?"

"Devo dirti una cosa."- respiro a fatica. Decido di sedermi accanto a lui per riprendere fiato.

"Cosa?"

"Smith verrà qui con il direttore per parlare con i tuoi genitori a momenti."- cerco di dire con un unico respiro.

"Cosa?!"- quasi urla. - "Cosa cazzo può succedere ora?"- ringhia in frustrazione colpendo il sedile in legno con la mano. Non posso fare a meno di notare che indossa dei larghi e leggeri pantaloncini gialli. Mi viene da sorridere pensando che non potrà usare i suoi adorati jeans neri e stretti per un po'. - "Cosa faccio ora?"- sospira piegando il viso sulle mani. - "Sono stanco di tutto questo."- sussurra appena ma riesco comunque a sentirlo.

Mi sento così impotente. Se fosse capitato a me tutto quello che sta capitando a lui non avrei retto. Sta mostrando forza d'animo e coraggio ma anche i più duri a piegarsi possono diventare fragili.

Passano pochissimi attimi, attimi in cui ho tentato di formulare una frase di conforto ma tutto ormai mi sembra banale e ripetitivo. Non ricordo più quante volte gli ho detto che mi dispiace per lui. Che stupidaggine. Una persona così buona non si merita tutto questo.

Subito la nostra attenzione viene attratta verso l'auto blu che oltrepassa il cancello mobile e non c'è bisogno di parole per capire chi siano. L'auto si ferma e ne escono i due uomini. Si guardano in giro e poi il più vecchio dei due suona alla porta bianca che prontamente viene aperta da un Conrad in giacca e cravatta che adempie al suo lavoro.

"Credo che dovresti andare."- dico poi. Credevo si lamentasse, che si rifiutasse, invece stupendomi ancora una volta si solleva con la forza delle braccia e con le sue stampelle raggiunge la casa dove lo aspettano con sicurezza e forse anche un pizzico di rassegnazione.

Nessuna parola, solo tanta inaspettata tranquillità. Una volta che lo vedo scomparire all'interno della dimora la curiosità ha la meglio su di me e corro verso la porta sul retro della cucina dove una Ines indaffarata nel lavare i piatti mi guarda in modo bizzarro quando connetto l'orecchio alla porta comunicante coll'enorme salone.

HARRY'S POV

Non è la prima volta che mi ritrovo in una situazione del genere. All'inizio era pure divertente ma adesso l'unico sentimento che provo è puro disprezzo per ogni persona che mi sta di fronte. Smith con la sua valigetta al fianco e i suoi capelli schifosamente lucidi e appiccicosi. Il fottuto direttore di cui non ricordo mai il nome, grassoccio nella sua camicia bianco latte e soprattutto i due individui che mi hanno dato la vita.

Mamma ovviamente impeccabile come al solito con i suoi capelli perfettamente lisci e il trucco curato nel dettaglio e papà con le sue scarpe nere ottimamente lucidate. Se non fosse che sono incazzato per tutto adesso starei pure ridendo per la ridicola formalità della cosa.

"Ha detto che era urgente al telefono."- inizia papà. Vorrei sapere cosa cazzo ho fatto adesso visto che non ho neanche messo piede a scuola.

"Si per l'appunto."- interviene il rettore massaggiandosi le tempie gesto che non fa altro che irritarmi ulteriormente. - "Vedo che a quanto pare le voci sono vere."- quali voci, di che sta parlando?

"Potrebbe spiegarsi meglio?"- chiede mio padre.

"Si dice sia stato coinvolto in una rissa e sono molto preoccupato come ben sa."- papà annuisce abbassando lo sguardo sulle piastrelle in marmo bianco. Odio stare qui dentro. - "Edward rischia di non superare l'anno. Io sto tentando di aiutarlo ma lui non mi aiuta."- è fottutamente irritante, parla come se io non fossi neanche qui. A questo punto mi sembra tutta una presa per il culo, la vita è una presa per il culo.

Mi è stato insegnato e continuano a dimostrarmi che compiacere gli altri sia la cosa più importante al mondo. Si deve apparire impeccabili agli occhi altrui ripeteva sempre mamma prima di ogni grande festa di lavoro. E lei mi preparava in modo perfetto dentro il mio mini smoking quando ero più piccolo. Guardando il lampadario sopra la mia testa, luccicante e perfettamente pulito ricordo tutte le volte che mi sono perso a fissarlo annoiato da quelle maledette serate tra uomini benestanti.

"Edward stiamo parlando con te."- interviene mamma. Non le risparmio un'occhiataccia per avermi solo rivolto la parola e dal suo sguardo comprendo che ha capito l'antifona. Non avrei messo piede nel suo fottuto pavimento sfavillante se non fosse per il fottuto preside.

"Harry, io ho esaurito le idee. Cosa c'è che non va in te?"- vorrei saperlo anche io. Insomma qualcosa deve pur esserci per richiamare tanta fottuta sfiga. Non rispondo. Non mi va più di rispondere a queste cazzate di morale. - "Sono stanco di tutto questo!"- urla ora papà la stessa frase che ricordo aver detto poco prima a Tal. Si alza dal suo posto sul divano stringendo i pugni sui fianchi larghi. - "Sono stanco di te, delle cazzate che fai, del tuo mancato impegno in tutto quello fai e delle cose sbagliate che fai!"- urla ancora e a me viene tempestivamente da ridere.

"Ti sei riattaccato le palle?"- chiedo divertito dalla sua strana presa di posizione. Mamma tenta di calmarlo richiamandolo a sedersi. Un simile comportamento davanti a degli ospiti ovviamente non è sintomo di buona educazione per la signora. Mi piace vedere però che papà non le da peso.

"Sono stanco pure del tuo mancato rispetto!"

"Sei così stanco che infatti non hai detto una parola quando lei mi ha buttato fuori di casa!"- urlo io in risposta indicando colei che dice di essere mia madre e alzandomi a mia volta dal mio posto. Fottute stampelle.

Cade il silenzio. Smith sembra un fottuto agnellino privo di lingua. Il direttore si copre stancamente la bocca con una mano appoggiando prima un gomito sul ginocchio.

"Siete così stanchi di vostro figlio, quel figlio che ha dovuto fottutamente cambiare se stesso per ricevere un po' di considerazione dai suoi genitori!"- ringhio rabbiosamente spingendo con la forza della mano sinistra un vaso di cristallo che si frantuma velocemente sul pavimento facendolo brillare, se è possibile, ancora di più. - "Avete rovinato la vita a me e lo state facendo anche con Gemma. Non siete genitori siete fottuti burattini della società con il culo accuratamente lucidato dalla vostra fottuta agiatezza!"- sbotto ancora colpendo con tutta la forza che ho la statua in roccia calcarea su un piedistallo vicino al divano. Anch'essa va in pezzi e mamma sussulta ancora tenendosi il petto. Il viso impassibile di papà.

Io sono fottutamente sicuro che sono più preoccupati della brutta figura che stanno facendo davanti ai due uomini dell'istituto piuttosto che di quello che sto dicendo.

"Volevi sapere quel'è il mio problema?"- chiedo a papà con voce più calma tentando contemporaneamente di regolare il respiro. - "Siete voi il mio problema più grande. Più della fottuta droga!"- con l'ultima frase ho bruciato ogni possibilità di uscire salvo da qui. Nessuno a parte i miei amici, Liam, Tal e Conrad sapeva che facevo uso di stupefacenti.

Ancora una volta cade il silenzio e gli occhi sono tutti spalancati e fottutamente rivolti su di me. Volto lo sguardo non essendo in grado di sostenere tanta attenzione e tanti silenziosi giudizi. Sulla soglia della porta c'è Conrad teso come una corda di violino, so che ha sentito tutto.

"Droga?"- ripete papà a bassa voce. - "Ora si spiega tutto. Ora si spiega fottutamente tutto!"- abbaia.

Sono riuscito a passare dalla ragione al torto in un nanosecondo e lui ne ha fottutamente approfittato per cambiare discorso e rinviare l'attenzione dal disastro che sono loro come genitori al disastro che sono io come figlio.

"E' per questo che ti hanno picchiato?"- chiede stringendo le labbra già di per se sottili. - "Rispondi!"

"Si!"- rispondo a tono. La mia voce rimbomba sul soffitto alto e per un attimo mi sono messo paura da solo. Mi brucia la gola, non penso di aver mai urlato in questo modo prima. - "Ma non ne faccio uso da un po'"- forse è un vano e inutile tentativo di discolparmi. Papà fa una faccia che ha ben poco di comprensivo. Lui non capisce perché ho iniziato, mi pare di essere stato abbastanza chiaro durante il mio sfogo ma non capisce. Mamma lo stesso. La sua espressione amareggiata e schifata da quell'individuo che ha fatto uscire dalla sua vagina. Non capisce neanche lei. Ho chiuso. - "Sentite."- tento di iniziare un discorso. - "Non starò qui ancora per essere giudicato per le scelte che ho fatto. Conosco bene la merda in cui mi trovo senza che nessuno di voi si prodighi per venirmi in aiuto! Me la sono sempre cavata senza dei genitori, me la caverò anche adesso."- lascio la sala per l'ultima volta. Ho deciso che non rientrerò più in questo posto senz'anima fino a quando loro non cambieranno e forse fino a quando non cambierò anche io.

Scanso Conrad che guarda la mia uscita e in poco mi ritrovo sul vialetto desideroso solo di un abbraccio.

"Harry."- un sussurro e volto lo sguardo verso il viso di Tal poco più in là tra le piante. Il sole le abbaglia gli occhi che stringe facendoli brillare di più. Una visione paradisiaca per la mia mente. Faccio alcuni passi per avvicinarmi e lei ne fa altrettanti. Ogni parte del mio corpo ora ha solo bisogno di un contatto col suo.

E' così confortante quando mi abbraccia così. Non posso ricambiare pienamente per via delle stampelle ma tento comunque di godermi il momento più che posso. Le sue braccia sono avvolte attorno al mio busto e la sua testa è poggiata al mio petto che sembra stia scoppiando, spero lo noti.

Profuma sempre di margherite, è possibile?

Appoggio una guancia sulla sua testa e riesco a portare una mano sul suo fianco sinistro per avvicinarla di più. Non protesta. So per certo che ha sentito tutto, impicciona. Ma è meglio così, senza bisogno di parole sa come confortarmi. Il vento ci smuove i capelli e io vado in contro al mio desiderio di baciarle l'angolo della bocca. Non protesta minimamente quando mi avvicino verso il punto. Occhi su occhi e fronte su fronte. Poi finalmente lo faccio e sebbene non sia il bacio che vorrei è sempre un qualcosa che mi avvicina temporaneamente a lei.

Vorrei che tutto questo non finisse mai.

Abbandono il cantuccio del suo labbro spostandomi verso la superficie stupendamente liscia della sua guancia. Non mi accorgo neanche di aver chiuso gli occhi mentre soffio sulla sua gota facendole il solletico sapendo che questo la fa ridere. Rido anche io quando lo fa. E' tutto così diverso ora. Dentro quella casa c'era l'inferno, qui fuori il paradiso. Solo dio sa quanto vorrei darle un bacio vero.

"Ci vediamo a scuola signorina Naràn, signor Styles."- Smith ci saluta interrompendo bruscamente il nostro momento. Io abbasso lo sguardo incazzato e lei arrossisce in imbarazzo. Mi piace quando arrossisce. Il fottuto preside stringe la mano a mio padre e bacia il dorso della mano di mia madre che ha messo su uno dei suoi finti sorrisi. Sembra quasi che non sia successo niente.

Quell'auto che è venuta a portare guai poco dopo asce velocemente dalla proprietà lasciandoci tutti come ebeti soggetti in mezzo ad un prato.

***

"Potevo benissimo stare da solo."

"Non se ne parla."- ho imparato a dare corda a Tal e a non contraddirla, anche perché non ne sarei capace. Ma almeno mentalmente posso pensare che mi stia sul cazzo stare nella stessa stanza con Flash.

Mentre sorseggio la tazza di caffè all'americana che Tal ha preparato non posso fare a meno di desiderare anche una fottutissima canna per saziarmi ulteriormente. Negli ultimi tempi ne ho sempre più bisogno ma sto cercando di combattere contro questa necessità concentrandomi su ciò che mi provoca più piacere e che si trova in questa stessa stanza. Ovviamente non è Flash.

"Non ho ben capito cosa è successo."- afferma proprio quest'ultimo stravaccato sulla poltrona di Ruben come fosse a casa sua. - "Ho visto due uomini poco fa in giardino."

"Niente che ti importi."- rispondo acidamente facendo girare gli occhi al cielo a Tal. Sto cominciando a pensare che, a parte il fatto che non volesse lasciarmi solo, volesse anche farmi avere una conversazione con faccia di pretzel. - "Tal, mi prenderesti un altro cuscino per favore?"

"Certo."- la gamba oggi fa più male del solito, forse sono diventato fottutamente meteoropatico e prevedo il cambiamento del tempo. Che cazzo ne so. Comunque sia Tal lascia la stanza e lascia anche me insieme a costui e al mio caffè. Mi fissa, insistentemente aggiungerei, non sapevo fossi tanto interessante mentre bevo del caffè. Fastidioso, cazzo se è fastidioso.

"Okay, cos'hai da guadare?!"- sbotto cercando di non farmi sentire dalla ragazza nell'altra stanza. Mi guarda ancora assottigliando gli occhi, poi posa la sua tazza sul tavolino in legno di fonte mettendosi in una posizione composta.

"A te piace Tali."- sussurra poi con un ghigno sul viso. Quasi tremo quando sento quella frase e per poco non sputo il caffè sul tappeto. Spalanco gli occhi. Non è possibile che sia così fottutamente evidente, anche un idiota come lui lo ha capito, anche Louis lo ha capito e di conseguenza anche Zayn. Tutti quelli che mi stanno attorno sembrano aver capito che provo qualcosa per Tal e mi chiedo se sono io lo stupido che non riesce a nascondere un cazzo oppure è Tal che non vuole vedere l'ovvio. Cristo è così frustrante.

Lo ignoro e volto lo sguardo verso il muro centellinando ancora una volta la mia bevanda, forse troppo imbarazzato per fare altro. La sua reazione è un'altra risatina sotto i baffi che continua ad innervosirmi.

"Questo dovrebbe andare bene."- la diretta interessata torna inserendo un secondo cuscino sotto la mia ingessatura sul divano, c'è un silenzio tombale. - "Cosa succede?"- chiede lei titubante sull'aria che si respira qui. Non mi sembra così strano in fondo, io con Fash non ci parlo.

"Niente, Flash spara cazzate."- borbotto tentando di eclissare la verità che ho inconsciamente esternato in tutto questo tempo.

"Io non penso siano cazzate."

"Invece si."- se non fossi fisicamente impedito probabilmente gli avrei già tirato le mutande fin sopra la testa.

"Non so di cosa parlate ma almeno state avendo una conversazione."- ridacchia la ragazza sedendosi nell'angolo opposto del mio stesso divano.

"Beh stavamo parlando d-"- non ci mette neanche un secondo la mia mano libera ad afferrare una stampella e a farlo mugolare di un dolore al ginocchio per farlo stare zitto. Forse sono stato un po' brusco. Peggio per lui.

"Mi hai fatto male stronzo."- assottiglia la voce massaggiandosi il punto colpito mentre io torno al mio caffè con nonchalance.

"Cazzi tuoi."

Porca puttana ci mancava solo Flash. Adesso mi aspetto veramente di tutto. Probabilmente un giorno di questi resterò folgorato dall'unico fottuto fulmine che sarà mai caduto a Los Angeles oppure sarò investito da un corteo di gatti neri. Niente mi sembra più così impossibile per il semplice fatto che accade tutto fottutamente a me. Faccia di pretzel e la sua lingua lunga era l'ultima cosa di cui avessi bisogno. Mi fa paura il fatto che qualcuno sappia cosa provo per Tal, mi fa fottutamente paura e più di tutto che Tal stessa possa venire a saperlo.

E se scappasse da me e non volessi più vedermi?

E, cosa peggiore di tutte, se mi dicesse apertamente che non prova nulla per me e poi scoppierebbe a ridere?

Sarebbe la goccia che fa traboccare il vaso. Ma questo vaso trabocca da tempo ormai.

Non potrei sopportare anche questo. Col tempo è cambiato anche il mio modo di pensare, la vita ti insegna tante cose. Se ci penso, tempo fa volevo solo prenderla, sbatterla al muro e toglierle i vestiti di dosso, non l'ho fatto per via della sua paura e per quello che ha passato. L'ho rispettata e continuerò a farlo. Lei mi ha ripagato per questo fidandosi di me e gliene sono grato. Ma adesso devo anche rispettare me stesso, non voglio soffrire ulteriormente, non voglio rischiare e per questo non voglio che Tal sappia.

Quando comincio a sentirmi di troppo tra Tal e Flash decido che è ora di andare, per quanto voglia stare con Tal non ho intenzione di sorbirmi una discussione su quale stagione di The Office sia meglio. Per questo salutando con un bacio sulla guancia Tal e con un'occhiataccia della serie parla e ti uccido a Nash, lascio l'appartamento.

Quasi senza pensarci lascio la villa e mi dirigo verso la più vicina stazione della metro. Tra gente sudata, sporca, manichini in giacca e cravatta di ritorno dal lavoro e donne insieme ai figli rifletto su cosa sto facendo e penso che debba farlo per un puro sfogo personale. Quando il tubo sotterraneo si ferma nella mia destinazione, saltellando sulle mie stampelle scendo accodandomi alla folla fino ad uscire dal buco sotterraneo e respirare aria fresca. Mi sento ridicolo a camminare per le strade di Los Angeles con questi orrendi pantaloncini gialli prestatami da Conrad ma il giudizio della gente è l'ultima cosa a cui sto pensando ora.

A qualche isolato di distanza scorgo il palazzo malandato il cui vive Louis con la sua famiglia. L'aria è irrespirabile qui dentro per via dei lavori in corso al piano terra. Mi rinchiudo velocemente in ascensore per sfuggire al tanfo dei materiali di lavorazione e premo il numero sei. Anche l'ascensore è lercio e mi domando, ogni volta che vengo qui, come facciano Louis e la sua famiglia a vivere ancora qui. Ma in fondo è un posto perfetto per un drogato sfigato. Forse dovrei viverci anche io.

Raggiunto il sesto piano raggiungo il monolocale numero 278 e busso alla porta. Johannah mi sorride insieme al suo pancione di quasi nove mesi e mi invita ad entrare dicendomi che Louis è in camera sua.

"Ciao Harry."

"Ciao Daisy."- sorrido alla bambina che gioca con le bambole sul pavimento in salotto. Si sentono porte sbattere e le due sorelle maggiori litigare per qualcosa in bagno mentre l'altra piccola aiuta sua madre in quella cucina piccolissima. Che brutta atmosfera, eppure sembrano così felici. Mi viene fottutamente in mente che i soldi non fanno la felicità e mai frase fu più vera di questa. Con un paio di passi arrivo alla porta della stanza di Louis che ovviamente condivide con la prima coppia di gemelle, mi domando dove metteranno gli altri due quando nasceranno.

"Harry?"

"Avevi ragione."- inizio all'istante mentre un Louis seduto davanti ad un computer sfasciato mi osserva dal sul letto. - "Mi piace da morire Tal."

TALITA'S POV

Sembriamo una famiglia e mi costa pensarlo perché se lo fossimo davvero mamma sarebbe qui. Doris è tornata da lavoro e abbiamo preparato la cena e adesso siamo tutti e quattro seduti attorno ad un tavolo. Leggere conversazioni su cosa abbiamo fatto durante la giornata e così via fino a quando non arriva il momento di sparecchiare. Mi è piaciuta quest'atmosfera e per un attimo ho pensato di chiamare Harry e farlo cenare con noi ma non era nel sul appartamento quando Conrad mi ha aperto la porta. Mi chiedo dove sia andato.

"Perché quel muso?"- chiede Nash irrompendo nella mia stanza.

"Non è ancora tornato."- è già buio fuori e sono preoccupata, ha una gamba rotta porca miseria.

"E' grande e vaccinato, sta bene. Non fare la mammina apprensiva con lui."- ridacchia sedendosi vicino a me sul davanzale della finestra. Non faccio altro che guardare il cancello sperando che una figura con due stampelle lo oltrepassi.

"Non lo faccio."

"Si invece piccola Tali."- non rispondo invece incrocio le braccia poggiando la testa sul vetro della finestra continuando a controllare se arriva. Forse sono davvero una mammina apprensiva. - "Cosa provi per Harry?"

"Cosa?"- raddrizzo le orecchie e anche la mia postura non aspettandomi una domanda del genere da parte sua.

"Cosa provi? Amore? Amicizia? Amore?"- chiede come se volesse solo una conferma alla sua domanda e la cosa oltre che ad essere fastidiosa mi confonde inaspettatamente. Provo qualcosa ma non so cosa. - "Sembrate una dolce coppietta quando state insieme."- aggiunge e per poco non arrossisco.

"Smettila, non è vero."- cerco in ogni modo di tenere la mia posizione, ma lotto con me stessa nel farlo perché so che l'apparenza è questa.

"Vi ho visti oggi in giardino."- adesso è lui ad incrociare le braccia al petto. - "Ti ha quasi baciata Tali e a te piaceva. Ti stringeva così forte che avevo paura ti rompesse e tu stavi accoccolata a lui. Questo non è essere amici."- fuoriesce saggezza da ogni suo poro quando ci si mette e io mi ritrovo a sospirare non riuscendo a dargli contro. Io e Harry siamo uniti da qualcosa, lui è premuroso con me e io amo quando lui è premuroso con me. Mi piace la sua dolcezza a tal punto che quasi mi sento sempre in dovere di ricambiare ma non è solo un dovere perché mi piace farlo.

"Non so più niente."- sono in piena confusione.

"Non è complicato dire che ti piace. Quando mi parlavi di lui a New York avevo dei pregiudizi su di lui. Lo conoscevo perché mamma mi parlava spesso di come si comportava con i suoi genitori. Tu invece me lo hai descritto in modo opposto. Trovi il meglio di lui in ogni cosa che fa."

"Non riesco a vedere lati peggiori in lui."

"Quindi ti piace così com'è."- annuisco.

"Con qualche sfumatura di grigio."- sorrido pensando alla sua linguaccia.

"Dimmi se non è amore questo."- sussurra poi lasciandomi il cuore pieno di qualcosa. Perdo un respiro e inconsapevolmente sorrido alla finestra, me ne accorgo grazie al mio riflesso su di essa e probabilmente sto accettando ciò che forse sapevo ma che Nash è riuscito a farmi accettare.

"Ora sono nervosa e confusa, grazie."- ironizzo.

"Sei innamorata."

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Io amo questo capitolo *^* non so voi. Fatemi sapere, commentate e votate. Ho deciso che aggiornerò ogni domenica perchè ho il fine settimana libero e perchè forse vi rendo la domenica più dolce in vista di una settimana di scuola. Oppure preferite ogni lunedì? Che forse è peggio della domenica. Si forse. Comunque sia fatemi sapere perchè visto che riesco ad aggiornare una volta a settimana per ora vorrei farlo nel vostro giorno peggiore per farvi sorridere un po':)

Vorrei rilasciarvi i miei contatti in caso vi interessasse.

Twitter: grYolo1D

Instagram: namelessgrace96

In caso voleste chiederemi qualcosa potete farlo assolutemente per messaggio privato, rispondo a tutte. A presto!<3

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