36. Alla vita reale
Questa sera a New York c’è un vento pungente. Sono stata costretta a mettere una giacca calda per non rischiare di tornare a casa con un raffreddore. Sembra che ci sia più traffico del solito nelle strade e Nash mi ha detto che molto probabilmente è in corso qualche evento importante o spettacolo televisivo come è di consueto qui. E’ strabiliante che una cosa fastidiosa come il traffico riesca ad affascinarmi. Deve essere una conseguenza dell’essere in questa città. Affascinata di ogni singola cosa di questo posto. E devo proprio dirlo, di sera è ancora meglio, sembra tutto un enorme albero di natale, è tutta illuminata.
Dal parabrezza riesco a vedere le migliaia di insegne pubblicitarie sugli enormi palazzi e Nash più volte mi intima di stare ferma al mio posto prima che una brusca frenata mi faccia volare dritta sul vetro con la testa.
“Allora dove stiamo andando?”
“Ti ho già detto che è una sorpresa, e dai non rovinarmi l’originale regalo di compleanno.” ammicca il ragazzo verso di me. Sorridendo scuoto la testa godendomi il panorama cittadino fuori dal finestrino dell’auto di Doris.
Nash ha promesso a papà di riportarmi in hotel non troppo tardi perché domani partiamo in tarda mattinata per tornare a Los Angeles. Appena però il mio nuovo amico si è presentato in hotel vestito elegante, con tanto di giacca e cravatta sono dovuta correre a cambiarmi. Non so cosa Nash abbia in mente ma deve essere qualcosa di galante visto che ho dovuto indossare uno dei nuovi abiti che ho comprato qui.
“Da qui dobbiamo andare a piedi Tali.”- annuncia Nash slacciandosi la cintura di sicurezza e solo ora mi accorgo che ha appena parcheggiato.
“Perché?”
“Perché con questo traffico sarà impossibile trovare un parcheggio con l’auto dove dobbiamo andare.”- risponde come se fosse ovvio. Ma per me nulla questa sera è ovvio. Non sto realmente capendo più niente e la curiosità mi sta mangiando viva.
Scesa anche io dall’auto mi aggiusto la gonna dell’abito che di propria iniziativa si era leggermente tirata su nel restare seduta in auto poi la mano di Nash afferra saldamente la mia e mi conduce con lui sul marciapiede ampio dove decine di persone camminano con noi.
Agli occhi della gente potremmo anche sembrare una coppia di fidanzati in questo momento e non do torto a nessuno se lo stanno pensando. Lo penserei anche io se non fossi la diretta interessata. Sicuro di sé continua a trascinarmi e la strada sembra non finire mai e le mie nuove scarpe col tacco cominciano a fare male.
“Manca ancora molto?”- mi lamento.
“Non molto, resisti.”- risponde serio guardando da una parte all’altra della strada per assicurarsi di poter attraversare. Continua a tenermi la mano e sinceramente sto cominciando a sentirmi a disagio in questo momento. Non ne ho mai avuti prima d’ora, ma questo ha tutta l’aria di essere un appuntamento e me ne accorgo solo adesso. Cerco di portare gran parte della mia attenzione verso le vetrine ancora illuminate dei negozi che vista l’ora staranno per chiudere i battenti. Ma purtroppo il mio piano di sembrare tranquilla non sembra andare a buon fine. -“Va tutto bene?”- chiede Nash fissandomi con i suoi occhi castani che cambiano colore da toni più chiari a più scuri ogni volta che passiamo davanti alla luce di qualche vetrina.
“Si, tutto apposto.”- rispondo nervosamente.
“Non sembra ma va bene.”
“E’ solo che sembriamo una coppia in questo momento e-“
“Ti vergogni di me?”- chiede strizzando gli occhi senza smettere di camminare.
“No! Non ho detto questo.”- non intendevo quello che ha capito, non lo farei mai, è un ragazzo stupendo e anche affascinante questa sera con il suo ciuffo perfettamente pettinato e le sue spalle larghe che riempiono perfettamente quella giacca.
“Sto scherzando.”- sorride tranquillizzandomi. Tanto per non farmi sentire ancora più a disagio mi circonda le spalle con un braccio e ora sono sicuramente rossa in viso, senza contare che è tornato quel nodo allo stomaco che compare quando qualcuno mi tocca. - “Eccolo, siamo arrivati.”
Non sono certa di capire, vedo solo un’enorme folla accalcata ai piedi di un edificio ed è proprio in quell’edificio che ci dirigiamo, deve essere in corso qualche avvenimento importante. Ma continuo a non capire.
“Alza il naso magari ti rendi conto.”- mi schernisce Nash invitandomi ad attraversare la strada. Prendo alla lettera il suo consiglio e piego il collo verso l’alto. Non ci avevo pensato e non riesco a credere che lo abbia fatto davvero. In altezza la bellissima struttura dell’Empire State Building illuminata percorre la via verso il cielo e il mio sguardo con lui. Rimango stupefatta, se l’è ricordato.
“Nash …”
“Contenta?”- annuisco mentre ci avviciniamo al portone sempre gremito di gente. “Aspetta e vedrai.” – continua ed ho paura di quello che possa aver organizzato.
All’interno è tutto così lussuoso e luccicante d’oro abbellito per la serata. In una sala a piano terra si sta tenendo qualcosa e la folla segue la voce di quello che sembra un animatore o un presentatore della serata. Ho cominciato a credere che Nash mi stesse portando ad una sorta di convegno, il che sarebbe strano, ma ancora una volta mi stupisce quando andando contro corrente raggiungiamo il banco informazioni all’entrata.
Il mio telefono continua a vibrare nella borsa ma sono troppo occupata a vedere Nash afferrare delle chiavi dal vecchio signore brizzolato dietro la scrivania. Non so cosa stia facendo, sono sempre più confusa. Come ha fatto ad entrare qui dentro? Sono più che sicura che niente sia gratuito qui dentro.
Nash continua a spingermi verso l’ascensore e preme i bottoni che ci avrebbero condotto all’ottantaseiesimo piano. Ho letto di quel piano c’è una vista spettacolare.
“Mi spieghi?”- chiedo incrociando le braccia al petto.
“Cosa?”
“Come hai fatto?! Quanto hai speso?”- chiedo, non sopporto quando la gente spende soldi per me, mi sento sempre in debito poi.
“Speso? Se dobbiamo essere sinceri quasi nulla.”- ridacchia poggiandosi con il suo splendido vestito elegante ad una delle pareti dell’ascensore. - “Ti spiego tutto dopo ora preparati per la sorpresa.”- strofina le mani in maniera incredibilmente divertente e sembra quasi più eccitato di me. Adesso sto diventando molto più nervosa vedendo quanto freme che queste porte di ferro si aprano.
Tiro un respiro quando finalmente si spalancano, è quasi tutto buio e Nash prende di nuovo la mia mano per condurmi ed evitare di cadere su questi tacchi. Percorriamo un breve corridoio e successivamente sbuchiamo in un terrazzo e resto ammaliata.
C’è un venticello così fresco qui sopra che fa ondulare i miei capelli e il mio ciuffo piacevolmente. Siamo così alti che posso anche sentire l’aria fresca e pulita e non lo smog delle auto nelle strade trafficate. Qui tutto è insonorizzato. Niente clacson, niente bambini che piangono, niente mamme che li sgridano per i capricci che fanno, niente folla che ti disorienta, niente frastuoni. Tutto sembra minuscolo da qui e un brivido mi percorre la schiena quando penso che ho New York sotto i piedi. Mi sono aggrappata alla rete di sicurezza senza rendermene conto di quanto sono presa e calma per la vista.
“Presumo che ti piaccia.”- quasi mi stavo dimenticando di lui.
“Grazie.”- lo abbraccio senza pensarci due volte. Ha reso speciale la mia ultima sera in questa città.
“Di niente.”- risponde circondandomi la vita con le braccia. Non ho brividi né nodi allo stomaco ora, sento che sta cambiando qualcosa dentro di me. Forse dopo anni ho trovato quella stabilità che mi porta a fidarmi degli uomini. Forse. Lo spero. Non vorrei illudermi. “Andiamo a sederci?”- la sua voce mi richiama e spostandomi mi accorgo di qualcosa che non avevo visto precedentemente.
Nash mi accompagna e sposta per me la sedia di una tavolo perfettamente ed elegantemente apparecchiato per due. Ora sembra davvero un appuntamento ed è imbarazzante. Fortunatamente le candele sono le sole luci ad alluminarci e non vedrebbe bene il mio rossore in ogni caso.
“Ora mi spieghi però.”- esigo dopo che uno strano cameriere vestito di bianco ci porta degli antipasti. Finiranno le sorprese questa sera?
“Non c’è niente da spiegare Tali.”- ride creando un diminutivo per il mio nome. - “Questa sera c’era la prima di un nuovo film al piano terra lo hai visto no?”- annuisco masticando la mia bruschetta al pomodoro.- “Questo piano è aperto al pubblico ma difficilmente dei turisti verranno fin qui questa sera.”- spiega indicando il grande terrazzo in cui siamo mentre infila in bocca una forchettata di gamberetti. “Credo … volevi venire qui e ho chiesto al ristorante su questo piano di apparecchiare qui fuori. E’ una semplice cena non ho speso tutti i soldi che credi.”- spiega e ora mi sento più leggera a sapere che il suo portafogli non è ugualmente leggero.
“Grazie ancora allora.”- riesco solo a dire. E’ così dolce.
HARRY’S POV
Non so dove sto andando ma vedere la faccia di Conrad a casa che mi squadra da capo a piedi qualsiasi cosa faccia mi da ai nervi. Dovevo necessariamente lasciare la proprietà. Sono sceso velocemente in garage e ho messo in moto l’auto uscendo dal viale strisciando rumorosamente le ruote.
“Perché cazzo non risponde?!”- grido sapendo che nessuno può sentirmi. Attacco l’ennesima telefonata fatta a Tal questa sera. E’ già buio e io non ho idea di che fine abbia fatto. Non ha neanche risposto ai miei messaggi, possibile che sia così arrabbiata con me per non averla chiamata l’altra sera?
“Appena torna l’ammazzo.”- continuo colpendo con il palmo della mano il volante. Sono furioso.
Svolto per una strada che non prendo da tanto, troppo tempo, ma ora sento il bisogno di farlo, voglio stare solo, lontano da tutto e tutti. Avrei bisogno anche di parlare con l’unica persona che mi ascolterebbe, ma lei non risponde e forse è meglio così, forse non dovrei parlarle dei guai in cui ci siamo cacciati, forse l’ho già messa in pericolo e lo stessovale per la mia famiglia.
Sono preoccupato.
Scendo dall’auto parcheggiata a casaccio su uno spazio pianeggiante senza pericolo che s’infossi. Proseguo a piedi tenendo saldo il telefono nella mano in caso chiamasse. Da un lato sono sollevato che sia a New York così non può succederle niente, dall’altro so che domani tornerà e la mia famiglia sarà tutta a casa, anche Gemma.
Spero che Josh non sia tanto testa di cazzo da fare qualcosa a loro per avere i soldi. Io non sono ricco, mio padre lo è. Non è una mia colpa e non è giusto. Non voglio mettere in pericolo nessuno e in questo momento ho solo voglia di uccidere Louis e Zayn per non avermi avvertito prima.
“Rispondi.”- spero ad alta voce sdraiato sull’erbetta secca coperta di sabbia. Niente, non risponde, cosa sta combinando.
Decido così di spegnere il cervello. Chiudo gli occhi. Tiro un respiro profondo e spero con tutto il cuore che questa merda si risolva al più presto. Non posso neanche rilassarmi con un tiro di canna perché non ne ho più e forse è meglio non averne più, non posso peggiorare le cose. Il suono delle onde che s’infrangono sul bagnasciuga e dello scoppiettare della schiuma mi rilassa anche se non abbastanza, la salsedine la sento sulla pelle e la sabbia fredda, quasi gelata a causa dell’ora è piacevole nelle mani.
Apro gli occhi rivolgendo lo sguardo al cielo, porto una mano sotto la nuca per essere più comodo e mi perdo a cercare costellazioni di cui ho letto in un libro di astronomia qualche giorno fa. Trovo subito la cintura di Orione, quelle tre stelle. Al loro posto immagino il viso di mamma, di papà e Gemma. Sarebbero la famiglia perfetta, tre d’altronde è il numero perfetto. Ci sono io che rovino tutto, la pecora nera della famiglia. E’ così frustrante riconoscerlo. Sono così sbagliato che neanche la presenza di Tal al mio fianco durante le cene riesce a rendermi migliore. Forse è il contrario. Lei al mio fianco risalta perché guardandola vicina a me lei non può che sembrare ancora più perfetta.
Forse se lei fosse figlia dei miei genitori al mio posto tutti sarebbero felici e adesso sicuramente non sarebbero nei guai a causa mia.
Stringo i pugni e i denti pensando a tutti gli sbagli che ho fatto nella mia breve vita. Sono arrabbiato e la vibrazione del mio cellulare è fastidiosa, ma che ore sono?
Decido finalmente di tirarlo fuori e il nome di Louis compare sul display, sbuffo e rispondo.
“Dimmi.”
“Haz. Dove sei?”- chiede, sarà a casa sua, non sento nessuna musica assordante.
“Cazzi miei, cosa vuoi?”
“Siamo nervosi.”- cerca di scherzare, ma sa perfettamente che non c’è niente da ridere. “senti … c’è un problema.”- tanto per cambiare, ruoto gli occhi al cielo e poi li chiudo.
“Quale?”
“Abbiamo una data di scadenza ora.”- capisco di cosa parla all’istante e preoccupato mi metto a sedere. - “Abbiamo una settimana per saldare il debito.”- la sua voce cala di tono e lo immagino già a tenersi una mano sulla testa stressato.
“Cazzo Louis! Non racimoleremo mai settemila dollari in una settimana!”- comincio anche io a tirarmi i capelli.
“Non è tutto …”- ho paura di quello che mi dirà, ho una brutta sensazione. - “più che una scadenza è un ultimatum Harry, mi picchieranno a sangue se non gli diamo i soldi e hai visto anche tu che non si spaventano a farlo. Dopo non so cosa succederà, ma ho paura che cercheranno te.”- non volevo sentirlo, fin ora era solo una probabilità ma ora sembra tutto reale. Il cuore mi batte all’impazzata e so che la cosa che preme ora è trovare quei soldi.
“Louis, se succede qualcosa alla mia famiglia-“
“Lo so! Cazzo, non so che fare! Aiutami!”- la sua voce al telefono sembra un piagnucolio e sento che tra poco inizierà a piangere. E’ strano. E’ sempre quello pieno di vita, quello che quando sei triste ti porta in un club di spogliarelliste per svagarti, quello che di solito prende la vita con un sorriso, nonostante tutto quello che ha passato e sta passando. Ora sembra mutato.
Dovevo capirlo prima, la sua famiglia non ha un soldo, come cazzo faceva a pagare la droga che condivideva con me e Zayn? Ovviamente non lo ha fatto. E’ stato tutto un susseguirsi di avvenimenti per lui, uno peggio dell’altro e io da stupido ragazzino qual’ero quando l’ho conosciuto non l’ho capito e non l’ho aiutato. In questo assomiglio a Liam, solo che lui non si è lasciato trasportare da questa merda come me.
“Ne verremo fuori, non so come, ma ne verremo fuori.”
“Grazie Haz, fammi sapere.”- risponde sospirando prima di riattaccare.
La testa mi fa un male cane e dormire un po’ aiuterebbe ma non voglio ancora tornare a casa. E’ quasi mezzanotte e sicuramente a casa non fregherà a nessuno dove io sia. Come sempre. Sbuffo quando il cellulare riprende a vibrare e ho quasi voglia di non rispondere pensando che sia uno di quei coglioni con cui esco, ma invece è Tal.
“Pronto?”
“Harry.” – almeno sta bene.
“Perché non rispondevi?”- chiedo curioso ma anche irritato.
“Ero con Nash, scusa.”- sussurra, probabilmente è in hotel ora, lo spero. Sento una porta chiudersi.- “perché hai chiamato tutte quelle volte?”
“Chi è Nath?”
“Nash.”- mi corregge stizzendomi.
“Come ti pare, chi è?”
“E’ il figlio di Doris, ti avevo detto che aveva un figlio, ma dove vivi?”- è vero me lo aveva detto.
“E’ sei stata con lui fino ad ora? Ma l’ora della nanna non è alle nove?”
“Ora della nanna? Harry, Nash va al college.”- è un fottuto scherzo?
“Io credevo fosse un moccioso di massimo sei anni!”- dall’altra parte del ricevitore sento la sua risata soffusa. “Ma dove sei?”
“Sto salendo sul terrazzo per evitare di svegliare qualcuno.”- risponde trattenendo le risate, viene da ridere anche a me.
“Come hai passato il compleanno?”- chiedo giocherellando con il risvolto dei miei pantaloni sulla caviglia.
“Doris e Nash mi hanno comprato una torta questo pomeriggio e poi …”- la sento sospirare.
“Poi?”
“Nash mi ha portata sull’Empire State Building e aveva organizzato una cena per due sul terrazzo dell’ottantaseiesimo piano, è stato stupendo.”- il mio sorriso si spegne. Questo stronzo di Nath ci sa fare con le ragazze. A me non sarebbe venuta in mente una cazzata del genere. - “Harry … sei lì?”
“Si, ci sono.”
“Tutto bene?”- perché non mi ha urlato contro, perché non è arrabbiata con me per non averla chiamata ieri notte per farle gli auguri, perché è sempre così buona? Forse se sapesse che invece di chiamarla mi stavo scopando una bionda ce l’avrebbe con me.
“Si.”- no, non c’è un cazzo che va bene in questo momento nella mia vita.
“Non ci credo.”- ora ho spento anche il suo di entusiasmo. Che faccia di cazzo che sei Harry. Se restasse a New York con quel tipo magari sarebbe meglio, ma io come faccio poi? Riesco a parlare solo con lei.
“Beh credici.”
“Mi stai nascondendo qualcosa.”- dice, arguta. - “Comunque domani torno.”- finalmente, aggiungo mentalmente io.
“Cos’è una minaccia?”- ridacchio io mentre comincia ad alzarsi il vento qui.
“Si nel tuo caso. Lo sento nella tua voce che c’è qualcosa che non va.”
“E cosa vuoi fare?”
“Estorcerti le parole di bocca.”- ride.
“Se me le estorci come io le ho estorte a te va benissimo!”- rispondo con un improvviso entusiasmo. Solo a ripensare al suo corpo aderente al mio mentre assaggiavo il suo collo quella volta nel teatro della scuola sento le farfalle nel pene.
“Dio Harry! Sei-“
“Affascinante?”- tiro ad indovinare.
“No, sei-“
“Il dio del sesso?”
“Ne dubito.”- risponde pacata. Ho la testa leggera ora, non mi fa più male e so che è lei che ora non mi sta facendo pensare a niente. Per questo l’adoro. Forse per lei non lo sono, ma per me lei è la migliore amica che aspettavo da tanto.
“Tu sei un idiota Harry Styles.”
“E tu sei la mia indiana preferita con un pessimo gusto nel vestire Talìta.”
“Questo lo vedremo.”
TALITA’S POV
“Ti dispiace?”- mi chiede papà dopo che ho passato almeno mezz’ora a fissare fuori dal finestrino dell’aereo.
“Cosa?”- mi desto dal mio stato di trans.
“Tornare.”
“Un po’.”
Mi manca già New York, mi manca Doris anche se so che la rivedrò presto a Los Angeles, e soprattutto mi manca Nash. Lo conosco da appena tre giorni eppure già mi manca. Mi ha promesso che verrà a trovarmi e mi ha fatto promettere di andarlo a trovare presto anche io. E’ ovvio che tornerò a New York, non aspetto altro. Ma purtroppo dobbiamo tornare, papà al suo lavoro e io a scuola. Ma non solo, Harry ieri al telefono era strano anche se tentava di mascherarlo con la sua solita ironia pungente. Qualcosa lo preoccupa e voglio aiutarlo.
Ricordo ancora come mi sono sentita meglio quando gli ho detto quello che mi era successo e se si confidasse con me proverebbe quella stessa sicurezza e leggerezza che ho provato io. Ora so che se sono triste riguardo a quella cosa posso parlarne con lui perché sa, è come un punto di riferimento sotto quest’aspetto. E’ bello sentirsi di potersi fidare di qualcuno anche se quel qualcuno è Harry, che mi ha messo in imbarazzo e mi ha resa triste in varie occasioni. Ma è Harry, cosa posso dire? è così. E mi piace anche quel lato del suo carattere. Più o meno.
Voglio essere la sua confidente, la sua amica speciale proprio come voleva anche il professor Smith.
“Tra poco tornerò nel mio letto!”- esulta papà appena svoltiamo l’angolo in taxi. Un quartiere da casa, si, sono contenta di essere tornata.
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Dai che pian piano sto riprendendo il ritmo di postaggio (?). Ho aggiornato e tra tutti i ringraziamenti che potrei farvi non possono mancare quelli per i 139 mila visualizzazioni, per i 6,8 mila voti e per i 568 commenti!!! per non parlare degli scioccanti per me 250 voti all'ultimo capitolo. Grazie a tutti di cuore :') Continuate a seguire Almost, commentate, votate perchè mi rendete felice :) Al prossiomo aggiornamento, baci<3.
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