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33. Messaggi

TALITA’S POV

Dovrei essere abituata a dormire in un letto diverso e in un posto diverso. Di solito non ho problemi a farlo  ma questa sera non riesco proprio a chiudere occhio. Forse perché sono troppo eccitata, mi trovo a New York in fondo, oppure perché non vedo l’ora che arrivi giorno per poterla visitare un po’ in compagnia di papà. Ma pensare al perché non riesco a dormire non mi farà dormire.

E poi c’è papà che sembra mi voglia fare invidia mentre russa beato e stravaccato nella piazza del letto accanto alla mia. Quest’hotel fa praticamente schifo, le lenzuola sono sporche, c’è un solo bagno in comune su questo piano ma è la cosa che mi preoccupa meno visto che probabilmente siamo gli unici clienti in questo edificio. Le porte cigolano e le finestre sono tutte affacciate sul muro di qualche palazzo di fronte. Non c’è neanche la bella vista che mi aspettavo, gli altri palazzi, per lo più abitazioni, sono così tanto più alti di quest’hotel da proibire la vista della New York che avrei voluto ammirare.

Un impeto di irritazione prende possesso di me e mi alzo violentemente dal mio letto surrogato. Non so dove ho intenzione di andare a quest’ora di notte ma non voglio restare in questa stanza dove fa così caldo da asfissiarti e dove c’è una così sgradevole puzza di  marcio da farti venire i conati di vomito.

Dopo aver afferrato il nuovo cellulare tra le mani mi avvicino alla porta che all’apertura ovviamente cigola fastidiosamente, ma papà non si sveglia lo stesso. In effetti è abituato a dormire bene in condizioni simili, forse sono io che mi sono troppo abituata al confort di casa Styles.

Stringendo il lembo del mio pigiama con una mano e il telefono con l’altra percorro il corridoio illuminato solo da una finestra alla fine di esso e da qualche vecchia luce arancione su qualche insulso tavolino da muro lungo il tragitto. Sembra quasi la casa degli orrori. Non ho intenzione di scendere nella hall, il buio intenso che ricopre le scale fa ancora più paura. A meno che non entrassi in qualche stanza che non è la mia, l’unica opzione è salire sul terrazzo al piano di sopra, come mi consiglia il cartello vicino alla breve rampa di scale. Sembra più illuminata del resto del corridoio e mi trovo subito più a mio agio nel riuscire a guardarmi i piedi. Il silenzio è tombale, ed io che mi aspettavo uno di quegli alberghi lussuosi e pieni di gente e spazi ricreativi. Soprattutto con una bella vista sulla città, ma evidentemente era fuori budget. Odio il superfluo ma questo è troppo anche per me.

Una volta arrivata alla fine delle scale spingo la porta in ferro arrugginita e mi si apre la vista di un terrazzino deserto, ovviamente alle quattro del mattino. Ci solo alcune sedie a sdraio  e un ombrellone. C’è lo scheletro di quella che doveva essere una piscina ma è completamente priva di acqua. In questo momento mi manca la luminosa fontana blu della villa. A volte m’incanto a guardarla dalla finestra della mia stanza.

L’aria è fredda e si sentono ancora i clacson delle auto in sottofondo, è proprio vero che New York non dorme mai. Forse anche perché gli hotel qui fanno schifo e la gente preferisce guidare tutta la notte piuttosto che dormire. Che pensiero stupido. Scrollo la testa e mi vado a sdraiare in una delle sedie reclinabili in plastica a fissare il cielo. Spero davvero che domani facendo la turista smetterò di lamentarmi.

Passo alcuni minuti senza pensare a nulla, solo guardare il cielo troppo pieno di smog per permettermi la visuale nitida delle stelle. Poi qualcosa nella mia mano trema. Il cellulare mi fa ritornare al presente. Un messaggio.

Da Harry: Ti piace New York?

Ovviamente è lui, c’è solo lui in rubrica. Mi stupisce che sia ancora sveglio a quest’ora, probabilmente è tornato adesso da qualche festa e magari è anche ubriaco.

A Harry: Fin’ora fa tutto schifo, l’unica cosa piacevole è stato il viaggio in macchina fino a questa baracca di hotel.

La sua risposta non si fa neanche aspettare, forse non è davvero ubriaco. Sarebbe una cosa strana visto che quasi tutte le sere torna a casa barcollando.

Da Harry: Come mai ancora sveglia?

A Harry: Non riesco a dormire, il letto è terribile.

Da Harry: Il mio letto è più comodo, dovresti provarlo.

Sento la sua maliziosità anche attraverso un messaggio sul cellulare ma inevitabilmente mi viene  da ridere. Non si smentisce. E’ il suo carattere, forse non perfetto ma ci sono momenti in cui mi piace parlare e stare con lui.

A Harry: Il mio letto, nella mia casa della servitù è sicuramente più comodo, ma grazie per l’invito.

Da Harry: Ma nel mio troveresti un sexy Harry a torso nudo ad aspettarti.

A Harry: Smettila! Dimmi piuttosto perché sei sveglio a quest’ora.

E’ incredibile come riesca a mettermi a disagio anche a chilometri di distanza senza neanche guardarmi. Mi perdo per un attimo a fissare  il cielo chiedendomi perché la sua risposta non sia veloce come le altre. Dio santo preferirei davvero la sua compagnia adesso piuttosto che stare qui da sola. Sospiro socchiudendo gli occhi, ma devo subito riaprirli quando il cellulare s’illumina, ma questa volta è una chiamata. Come si sblocca questo aggeggio? Continuo a strisciare il dito sul display ma non …

“Ehm … pronto?”- diciamo che parlare al telefono non è proprio il mio forte, sebbene non ci voglia una laurea per farlo.

“Perché ci hai messo così tanto a rispondere?”- perché non riesce ad essere cortese qualche volta?

“Non sapevo come funzionava.”- ammetto vergognandomi- “Anzi non so neanche come ho fatto a rispondere.”- dall’altra parte della cornetta sento una sua risata e in questo momento potrei immaginarlo mentre è sdraiato sul suo letto in mutande mentre si passa una mano tra i capelli. Talìta, ma che pensieri fai?!

“Tal, tu sei vecchia dentro! E anche fuori visto come ti vesti. Ma sono le gonne di tua nonna?”- eccolo che ci risiamo, perché deve sempre prendere in giro le mie gonne. Sono comode.

“Vogliamo parlare dei tuoi jeans? Sono strappati in ogni punto, neanche fossi un barbone.”- devo pur difendermi no?-

“Lo vedi che sei vecchia, lo stracciato va di moda, ma tu ovviamente non lo sai.”- potrei giurare che in questo momento sta facendo il suo sorrisetto da ‘ho sempre ragione io’.

“La smetti mai di essere irritante?”- ruoto gli occhi al cielo-

“Con te? Mai, fiorellino.”- risponde con voce roca marcando pesantemente l’ultima parola, sapendo quanto mi irriti quel soprannome.

“Non mi hai ancora detto perché sei sveglio alle cinque del mattino.”

“Perché non riuscivo a finire di masturbarmi pensando a te.”- ridacchia. Questa cosa è imbarazzante, come è mai possibile una cosa del genere. Se non avessi visto il rigonfiamento nel suoi pantaloni qualche ora fa mentre stavamo parlando penserei che mi stia solo prendendo in giro. Ma se veramente mi trovasse attraente fisicamente?

“Ti prego, sei disgustoso. Invece di provvedere da solo perché non vai a fare visita a Meredit?”- la mia domanda suona più come un’accusa che come un consiglio, forse perché Meredit mi è sempre stata odiosa. Anche Harry è odioso, quindi starebbero bene insieme.

“Sei gelosa? Sai che è tutto molto più fottutamente eccitante se sei gelosa?”- la sua voce elettronica dal telefono mi fa rabbrividire, ma l’ultima cosa che sono è gelosa.

“Non sono gelosa, solo disgustata.”- se ripenso a quella cena mi viene da urlare ma ormai è passata e non posso tornare indietro per rifiutare di aiutare Harry.

“Meredit è tanto ricca quanto stupida, ma ha un buon scatto di fianchi, scopa da dio.”

“Harry! Mi viene da vomitare, senti questa discussione è sfociata nel ridicolo, me ne vado a dormire, forse è meglio, notte.”

“No! aspetta … “- sospira. Ad un tratto voglio restare ad ascoltare.- “scusa. Mi dimentico sempre che sei troppo per bene per cose del genere.”- per chi mi ha presa, per una suora?-

“Non ce l’ho con te, sei fatto così. Nessuno ti può cambiare.”- un certo rimorso nelle mie parole forse un po’ troppo dure. Non ho neanche pensato prima di dirle. Sono uscite e basta e ora mi pento del mio perso autocontrollo. Il silenzio dall’altra parte del telefono mi fa quasi gelare il cuore, è come se gli avessi detto che è senza speranze, ma io so che in lui ci sono più speranze di quanto pensi.

“Però potresti aiutarmi a migliorare. Vuoi?”- la sua voce è appena un sussurro e mi vengono in questo momento in mente le parole del professor Smith.- “Sei l’unica persona che non pretende nulla da me Tal.”- il tono ancora più basso di prima e forse mischiato a tristezza. Si fida di me. Davvero. Smith aveva ragione.

“La domanda è se tu vuoi cambiare.”- ha cambiato atteggiamento ora, la sua voce sembra stanca e probabilmente ha chiuso gli occhi pensando a qualcosa di particolare.

“Tu vuoi che io cambi?”

“Non spetta a me decidere.”- perché mai dovrebbe importarmi della sua vita,  per lo meno non m’importa in maniera eccessiva, credo che abbia bisogno di essere, non so … felice?- “Ma ci sono cose che se fossi in te cambierei.”- continuo mettendomi più comoda sulla sedia a sdraio. Improvvisamente questo posto non è poi tanto male. C’è silenzio. Adoro il silenzio.

“Tipo?”

“Tipo il fatto che ti droghi quando sei frustrato, tipo il fatto che torni sbronzo a casa quasi tutte le sere, e va bene, ci sta sei giovane. Ma non dovresti abusarne, non è mai né troppo presto né troppo tardi per danneggiare la salute. E poi …”

“Poi?”

“Le ragazze.”

“Le ragazze?”- sono sicura che in questo momento abbia aggrottato le sopracciglia.

“Si, insomma, dovresti trattarle con più rispetto.”- compresa me, volevo aggiungere, ma alla fine devo dire che non mi posso lamentare molto per come mi tratta. Tranne quando mi prende in giro per il mio modo di vestire.

“Tal, io non le obbligo a fare nulla. Sono loro a non avere rispetto per se stesse e io sono un uomo.”- forse è la cosa più saggia che abbia mai detto. Ha ragione. Non posso dare tutta la colpa a lui, le cose si fanno in due. Seguono minuti di silenzio, forse di riflessione oppure si è semplicemente addormentato al telefono, forse è più probabile la seconda.-  “Cazzo fiorellino, mi hai fatto venire sonno con i tuoi insegnamenti di vita.”

“Meglio, così dormi e non rompi più.”- scherzo ghignando, dall’altra parte della cornetta la sua risata.- “piuttosto … perché non mi dai il numero di Liam, so che ce l’hai.”

“Scordatelo.”

“Ma perché?!”- mi lamento scalciando come una bambina che non ha ottenuto quello che voleva.

“Non ti basto io?”

“No.”- scherzo. E’ una conversazione stranamente piacevole. E’ la prima volta che parliamo senza urlarci contro. Forse con lui è meglio parlare al telefono. Sembra più Harry il simpatico. Di persona mette in atto le sue armi di seduzione che annebbiano la mente.

“Che bell’amica che sei.”

“Grazie!”

“Era ironico stupida.”

HARRY’S POV

Odio la mia sveglia, sono andato a dormire quando? Un’ora fa? Ed è già ora di andare a scuola. Quanto odio quel fottuto posto pieno di tappi brufolosi e nerd del cazzo. Quando lancio via le coperte dal mio corpo un brivido mi percorre dalla punta dell’alluce fino al collo a contatto con il gelo mattutino. Sono fottutamente tentato di saltare le lezioni oggi ma quest’anno rischio la bocciatura davvero. Fin’ora me la sono cavata, ma sono settimane che non apro un libro scolastico e l’ultima cosa che voglio è restare un altro anno in più in quell’incubo. Alzandomi dal materasso mi accorgo di avere ancora il cellulare tra le mani. Ho passato ore al telefono con Tal e quando entrambi ci siamo resi conto che la discussione era degenerata su quale Street Food sia più buono tra hot-dog e i panini alla piastra abbiamo deciso che fosse meglio riattaccare.

Diciamo che chiamarla è stata la miglior cosa che abbia fatto ieri sera soprattutto dopo che ho passato la nottata a calmare Louis. Ha imprecato così forte che avrebbe svegliato tutto il suo palazzo se non mi fosse venuta l’idea di portarlo nel boschetto sul retro della scuola.

Una volta lì ha tirato pugni a destra e a manca, probabilmente si sarà fratturato una mano ma in fondo è da capire. In che guaio si è cacciato quel ragazzo. Sfondarsi il culo di debiti per la fottuta droga.

La mia faccia è orribile ed ho delle occhiaie spaventose quando mi guardo allo specchio del bagno, spero che sciacquandomi il viso scompaiono ma è fisicamente impossibile. Lascio perdere scrollando i capelli e correndo a vestirmi. Sarò in ritardo per quando arriverò a scuola ma dovrebbero baciarmi il cazzo solo per averci messo piede.

Nel buio della mia stanza mentre mi vesto spicca la luce del mio cellulare sul letto, è un messaggio. Improvvisamente, mentre afferro l’oggetto, spero che sia una persona, ma quella persona in questo momento starà dormendo. Infatti è un messaggio di Louis, deve parlarmi.

Ruoto gli occhi al cielo lottando contro la voglia di lanciare in cellulare sul muro immaginandovi la faccia del mio cosiddetto amico ma mi trattengo. Invece ritrovo il mio dito a scorrere la breve conversazione tra me e Tal l’altra notte. Mi piace stuzzicarla.

A Fiorellino: Buongiorno bambolina, si sono le otto e sto andando a scuola. Sono un ragazzo diligente. Divertiti.

A Fiorellino: E mandami una tua foto nuda. Almeno avrò qualcosa di interessante da guardare durante le lezioni.

Probabilmente leggerà i miei messaggi tra qualche ora ma solo pensando alla sua reazione alla mia richiesta mi viene da sogghignare. So che non mi manderà mai una sua foto ma almeno ci ho provato. In preda ad uno strano buon’umore nonostante non abbia dormito per niente, scendo al piano di sotto dove il vecchio panciuto di mio padre già mangia le sue uova al bacon e mia madre la sua ciotola di muesli ai frutti di bosco. Mai visti due individui tanto monotoni. Sono quasi vent’anni che li vedo mangiare le stesse cose a colazione.

“Harry!”- sapevo che non potevo passare inosservato.- “perché non fai colazione con noi? Ines! Puoi portare …”

“No. Non ho fame.”- dico abbastanza forte da far perdere l’entusiasmo a colei che mi ha dato la vita. Effettivamente non mi vedono mai uscire di casa visto che quando lo faccio loro sono già a lavoro.

“Okay.”- risponde piano riportando lo sguardo sulla sua colazione, se papà non fosse di spalle mi avrebbe già lanciato qualche occhiataccia. E perché non riesco a muovermi e uscire da questa fottuta casa? Sembro un ebete con la tracolla che non uso quasi mai sulla spalla e l’aria assente in mezzo al salotto.

All’improvviso mi vengono in mente le parola di Tal ieri sera, il fatto del rispetto. Forse intendeva dare rispetto anche a mia madre e questa cosa mi fa sentire quasi in colpa. Quasi. Ruotando gli occhi al cielo per la decima volta questa mattina mi avvicino alla sala da pranzo ormai convinto del fatto che se non lo avessi fatto la faccia triste di quella donna mi avrebbe perseguitato tutto il giorno.

Gli occhi dei miei genitori si spalancano quando mi vedono spostare una sedia e sedermi, questo per me è già tanto, ora tocca a loro.

“Ines! Cara puoi portare del latte con dei biscotti per Harry?”- chiede mamma alla cuoca che giunge dalla cucina asciugandosi le mani sul suo grembiule. La donna, spalanca gli occhi e obbedisce. Questa cose mi sta fottutamente irritando, cosa c’è di strano nel fare colazione per una cazzo di volta? Mi trattengo ancora una volta nel dire qualcosa consapevole che ne sarebbe uscito qualche frasetta fuori luogo. Rispetto aveva detto Tal.

***

Il gelo. Ecco cosa c’era a tavola, il gelo. Cosa cazzo mi è passato per la testa neanche lo so ma almeno ho ingurgitato quello che avevo nella ciotola talmente in fretta che sono uscito da quella casa poco dopo. Stupida aria autunnale, maledico me stesso per aver messo una semplice camicia a mezze maniche piuttosto che un maglione.

Per fortuna mi scaldo un po’ con i sedili termici della mia auto prima di coprirmi gli occhi con i miei Ray Bans ed entrare nell’edificio scolastico. Non c’è quasi nessuno in cortile a parte qualche ritardatario come me e quando arrivo dietro la porta dell’aula di letteratura so che avrò altri fottuti occhi addosso. Ti prego Tal mandami quella foto.

Con un respiro profondo apro la porta pronto a sei ore di merdoso apprendimento.

TALITA’S POV

“Cosa prendiamo?”

“Non lo so.”- New York di mattina è diversa, più frenetica. La gente che va a lavoro con le proprie valigette in mano scorrazza da un lato all’altro delle strade e più volte mi sono chiesta se non avessero paura ad attraversare così inconsciamente, ma devono essere abituati. Ho fatto la turista per una volta e mi è piaciuto da matti fare shopping con papà che portava i sacchetti facendomi divertire quando si lamentava del perché non aveva avuto un figlio maschio.- “Un hot-dog?”- propongo mentre siamo in crisi sul decidere con cosa pranzare.

“E hot-dog sia!”- esulta avvicinandosi al carretto sul più vicino angolo della strada trafficata-

Hot-dog, voglio proprio vedere se quell’idiota ha ragione quando dice che sono migliori dei panini alla piastra. Ma pur dubitandone voglio dargli il beneficio del dubbio. Mentre papà è occupato a parlare con l’uomo col grembiule dietro il carretto che puzza di carne, tiro fuori in nuovo aggeggio chiamato cellulare dalla mia borsa. Mi sorprendo quando trovo due messaggi di Harry risalenti a questa mattina presto.

E’ andato a scuola. Da quando non lo vedo a lezione? Saranno due settimane che non entra in classe restando nei dintorni con i suoi amici. Sono contenta che ci sia andato. E’ molto intelligente, solo che dovrebbe ricordarsene a volte.

Aggrotto le sopraciglia leggendo che mi ha chiamata ‘bambolina’ ma tiro fuori un sorriso al ‘divertiti’ alla fine.

Il secondo messaggio mi fa ruotare gli occhi ai grattacieli, non cambierà mai.

A Harry: una foto? Sei serio? Scordatelo.

Arrivo appena ad inviare il messaggio quando qualcosa mi fa cadere a terra il telefono venendomi incontro.

“Scusami. Non ti avevo vista.”

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Dunque! Non ho neanche finito di scrivere il capitolo che vi ho voluto subito pubblicare questo. Ma quante volte posso ringraziarvi per i commenti e per i voti? 250 all'ultimo capitolo! Grazie mille. Ora vorrei farvi una richiesta,  visto che non mi convince molto la copertina di Almost vorrei che qualcuno con più praticità con computer di me ne creasse una. Magari me la mandate per messaggio privato e scelgo. Non so. Vi ricordo di passare anche dalle altre mie storie. A presto! E grazie ancora <3

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