32. La grande mela
HARRY’S POV
Perché la vita mi lancia queste sfide del cazzo. Cosa costava a quella potenza cosmica di cui non sono neanche sicuro dell’esistenza lasciarmi Tal. Insomma al di là di quello che fisicamente provo per lei è l’unica a non essere scappata da me quando mi ha conosciuto. E’ la sola che mi aiuta anche se sotto ricatto.
“Dove vi trasferite?”
“New York.”- risponde tranquilla incrociando le braccia al petto, è ovvio che sia tranquilla è abituata a cambiare cesso entro determinati tempi.
“New York …”- ripeto a me stesso. In questo momento vorrei uccidere mio padre, sembra che lo faccia apposta a complicarmi la vita.
“Perché te la prendi tanto? Se vuoi ti verrò a trovare.”- mi irrita il suo comportamento.
“Puoi farne a meno grazie.”- perché non riesco a frenare la lingua. “No … scusa. Io … merda.”- mi mordo la lingua volontariamente per la figura da idiota che sto facendo e alzo gli occhi al cielo perché, cazzo, non so neanche perché l’ho portata qui fuori.
“Ti vedo in difficoltà.”- ridacchia guardandomi. Il mio sguardo incrocia il suo e per un attimo resto senza parole. Cosa mi stai facendo Tal?
“Ti sembra così strano che non voglia che te ne vada?”- allargo le braccia ormai sconfortato. Il sorriso sulle sue morbide labbra svanisce e i suoi occhi blu mi scrutano in lontananza. Merda ci risiamo le mie gambe si stanno lentamente avvicinando a lei e non le controllo più. La voglia che ho di lei è talmente tanta che se potessi la prenderei proprio qui, le alzerei quell’orribile gonna, farei scivolare la sua camicetta da dentro la gonna stessa e mentre con una mano accarezzerei la sua coscia, con l’altra giocherei con i suoi fianchi scoperti. Mi lecco i baffi al solo pensiero.
“Oh mio dio, Harry!”- mi desto dai miei pensieri nel momento in cui alza la voce e si copre gli occhi con le mani. Quando abbasso lo sguardo suoi miei pantaloni è ben evidente la mia fottuta eccitazione. Guardo di nuovo lei ed ha il viso nascosto nel muro. Con le mani mi affretto a coprirmi e raggiungere il muro dell’altro lato per sbattervi la testa per l’imbarazzo.
“Lo vedi cosa cazzo mi fai?!”- urlo ad un tratto pregando che ‘Mr.Saltofuoriquandomipare’ ritorni al suo posto.
“Ora la colpa sarebbe mia?”- risponde in lontananza-
“Mi pare evidente no! Merda!”- passano pochi secondi in cui riesco a sentire solo il mio respiro affannato ma poi quel suono è ovattato dalla sua risata silenziosa. - “Ti faccio ridere?”- chiedo divertito dal suono buffo del suo riso mentre il rigonfiamento nelle mie mutande sta lentamente diminuendo.
“Scusa, ma è più forte di me. Non mi è mai capitata una cosa del genere.”
“C’è sempre una prima volta fiorellino.”
“Già.”- pian piano smette di ridere e sento il suo sguardo sulle spalle. Dai ammollisciti stupido organo riproduttore del cazzo.- “Tutto bene lì?”
“Una favola.”
“Non ne so nulla di queste cose ma, non sarebbe meglio che andassi in bagno a-“
“Oh no! Scordatelo, non mi farò una sega pensando a te.”- forse avrei dovuto dirlo in un altro modo, le ragazze sono sensibili a queste cose di solito. Si, di solito, perché lei invece ricomincia a ridere. Volto il capo per guardarla piegata in due.- “Ti sto odiando Tal.”- scherzo.
“Mi dispiace, mi pentirò di averlo detto ma probabilmente mi mancherai quando sarò a New York.”- si materializza un nodo allo stomaco, nessuno mi ha mai detto che gli manco anzi, quasi certamente se me ne andassi non mancherei a nessuno, forse solo a Gemma.
“Puoi sempre chiamarmi se ti manco.”- ridacchio nervosamente.
“No, non posso.”- alle sue parole mi giro del tutto verso di lei, tanto ormai la mia erezione è quasi completamente scomparsa-
“Perché?”
“Non ho un telefono.”- ma dove cazzo vive? Siamo nel pieno dell’era digitale, esistono fottuti robot che puliscono i vetri delle finestre, anche i gatti tra poco ci manderanno a fanculo via e-mail e lei non ha un cazzo di telefono.
“Così complichi le cose.”
“Ne comprerò uno prima o poi.”- scrolla le spalle. Ha detto che le mancherò eppure non si comporta come una persona triste non potendomi vedere più. Questa cosa mi fa incazzare. Ci manca solo che anche lei mi riempia la testa di cazzate per farmi illudere e poi abbandonarmi come un cane, no, io non mi fido più di nessuno.
“Ci vediamo allora, stammi bene a New York.”- non voglio restare qui in minuto di più, sono stufo di questa merda.
TALITA’S POV
“Hai preso tutto?”
“Si …”
Dovrei essere felice, sprizzare felicità da tutti i pori ma invece sono persa a pensare a come Harry sia letteralmente scappato questa mattina. Cosa ho detto di sbagliato, cosa ho fatto?
Il taxi è già arrivato e papà sta caricando le nostre due valige mentre Conrad, Niall e Ines ci salutano. La vecchia colf ovviamente non si fa vedere e i signori Styles saranno impegnati con le loro faccende.
“Tesoro!”- prima che riuscissi a salire in macchina la voce di Anne in lontananza blocca i miei passi. Vedo lei con Gemma in braccio e il signor Des che vengono verso di noi. Mi stupisco quando alle spalle del padre spunta la figura di Harry. Ha lo sguardo basso, indossa una camicia sbottonata con le maniche stracciate, è di nuovo a torso nudo e non abbandona mai i suoi jeans neri. Dio, i suoi addominali. “Divertiti in questi giorni.”- mi sussurra Anne che senza accorgermene mi ha abbracciata. Il padre di Harry saluta il mio che entra subito dopo in macchina.
Mi appresto a farlo anche io.
“Tal.”- questa volta è lui a chiamarmi e in un certo senso ci speravo- “… aspetta.”- Lo stupore è negli occhi di tutti, capisco che Harry non sia la persona più loquace del mondo, ma non penso che dovrebbero guardarlo come un fenomeno da baraccone.
“Harry.”
“Tal.”- cosa vuole dirmi? Lo incito con lo sguardo ma lui sembra in un altro mondo anche se mi sta fissando negli occhi-
“Harry, ho un aereo tra un’ora e-“
“Si lo so!”- chiude gli occhi tentando di calmarsi e per una volta ci riesce dopo un paio di sospiri. Porta la mano alla sua tasca posteriore dei jeans estraendone un cellulare di ultima generazione-
“Ti ho già detto che non ho un telefono non posso darti il mio numer-“
“E’ tuo.”- m’interrompe porgendomi l’oggetto senza però guardarmi più. Cosa significa che è mio?- “c’è il mio numero in rubrica.”
“Mi hai comprato un telefono?”- domando sbigottita. Probabilmente adesso ho la bocca spalancata. Non tanto per il telefono bensì perché suppongo che voglia mantenere i contatti con me. Perché? Dio mi sento così in colpa.
“Harry io-“
“Tienilo.”- dice più come un ordine che come un consiglio.
“Va bene, ma devo dirti una cosa.”- mi avvicino di più a lui e la cosa al di fuori di noi potrebbe risultare equivoca ma non voglio che gli altri sentano, anche perché sembrano troppo curiosi. “Io e-“
“Vuoi darmi un bacio d’addio?”- scherza allargando la bocca in un sorriso-
“No idiota.”- gli do uno spintone facendo il grosso sbaglio di toccargli il torso, il mio rossore è evidente e lui ride di nuovo mentre il clacson del taxi mi mette fretta, devo dirglielo ora.-“ Harry senti era uno scherzo, parto per New York ma torno lunedì, non mi trasferisco.”- dico tutto d’un fiato aspettandomi una scenata da parte sua. Ovviamente la sua espressione cambia guarda prima in terra e poi di nuovo me- “scusami …”
“E’ la verità?”- chiede solamente-
“Si.”
“Cristo Tal.”- mi ritrovo le sue braccia attorno al collo e realizzo poco dopo che mi sta abbracciando- “… mi hai fatto spaventare.”- sussurra sul mio collo prima di bagnarlo con un bacio. In questo momento capisco la sua eccitazione di questa mattina perché adesso lo sono io. Il suo petto nudo sta toccando la mia camicetta come anche i suoi capelli mi solleticano l’orecchio.
“Tal!”- mi richiama papà- “dobbiamo andare.”- la sua voce mi sembra così lontana, vorrei che la mano di Harry non smettesse più di sfiorarmi la schiena ma a malincuore lo allontano raggiungendo il sedile posteriore dell’auto che pian piano si smuove facendo diventare le figure di Harry, i suoi genitori e gli altri dipendenti sempre più piccole. New York stiamo arrivando. Comincio a sentire una certa nostalgia ma sono contenta sapendo che non staremo via molto.
“Uhm … mi sbagliavo.”- la voce di papà mi fa distrarre dal paesaggio fuori dal finestrino dell’auto. - “Tu non hai paura degli uomini.”
“Di nuovo con questa storia, basta.”- mi lamento poggiando pesantemente la testa sullo schienale del sedile.
“Vi abbiamo visti tutti poco fa.”- se la ride sotto i baffi.
“Cosa hai visto?”- chiedo stufa mentre cerco di riconcentrarmi sulla strada.
“Come ti ha abbracciata, ti ha dato un bacio sul collo … e ti ha regalato un cellulare che costa almeno 500 dollari.”- indica l’oggetto tra le mie mani, mi ero dimenticata di averlo tanto ero presa a pensare.
“E allora? E’ una sottospecie di amico, quello è tutto strano e bipolare, un minuto è incazzato e un minuto dopo mi abbraccia, è fatto così.”- cerco di arrampicarmi sugli specchi perché mi trovo davvero a disagio in questo frangente. Cosa dovrei dirgli? Non so neanche io quello che sta succedendo con Harry.
“Pensala come vuoi ma ricordati che sono un uomo anche io. Comunque io preferisco Niall. Quel Harry non mi piace.”- commenta mentre controlla la strada che l’autista del taxi sta compiendo. A giudicare dai cartelli stradali siamo molto vicini all’aeroporto.
“Ma che padre sei?”- scherzo sorridendo- “Tu dovresti rimproverarmi se sto con un ragazzo, essere geloso, minacciare chi mi gira intorno, ma che ti prende?”- quasi mi viene da ridere ma neanche tanto perché quello che ho detto lo penso davvero.
“Ho conosciuto tua madre alla tua età Tal e ho avuto anche le solite storielle adolescenziali prima di lei.”- sospira- “Non so se è per colpa del continuo viaggiare o per quello che è successo … sai di cosa parlo, ma non sei aperta all’amore bambina mia. E’ una cosa meravigliosa quando si sperimenta alla tua età, non voglio che rimpiangi questi momenti, sei una donna ormai.”- la sua voce è malinconica. Starà sicuramente ricordando mamma ora e lo stesso è per me.
Ricordo le decine di foto di papà e mamma da giovane su ogni cassettone nella nostra vecchia casa in India, da piccola le guardavo e speravo di fare una foto bella come quelle. Il sorriso innamorato di mamma, lo sguardo di papà che sembrava aver trovato una miniera d’oro nei suoi occhi. Non è che non sono aperta all’amore è che non so cosa sia perché non l’ho mai provato.
“Mi piacerebbe trovare qualcuno che mi guardi come tu guardavi la mamma.”- parlo ad alta voce.
“Secondo me è più vicino di quanto credi.”- mi fa un sorrisetto insolente-
“Non ci sperare, Niall è solo un amico papà.”- ruoto gli occhi al cielo facendolo ridere proprio nel momento esatto in cui la macchina si ferma davanti a quell’enorme edificio che è l’aeroporto.
“Harry ti ha chiamata Tal. Perché non gli hai detto niente?”- la domanda mi prende alla sprovvista e non so la risposta, probabilmente perché controbattere con Harry è diventato inutile ma comunque sia scendo velocemente dall’auto facendo finta di non aver sentito la interrogativo.
HARRY’S POV
Allungo il collo guardando il taxi allontanarsi sin quando non scompare completamente dalla mia visuale. Non so se essere incazzato con lei perché non mi ha detto subito che era solo una vacanza oppure sentirmi ridicolo perché ero quasi sull’orlo si scoppiare a piangere, quasi. Non lo avrei fatto mai davvero. Eppure sentivo quel continuo nodo allo stomaco. Tal è l’unica amica che ho. Se avessi perso anche lei non so cosa avrei fatto. Sembra che tutti siano abbonati a voltare le spalle a Harry Styles, spero che non lo faccia anche lei. Beh questo è un altro motivo per tenere l’uccello a posto.
“Cosa cazzo avete da guardare?”- non li sopporto, neanche fossi un fottuto alieno. Sotto gli occhi della maggior parte dei dipendenti e dei miei genitori ripercorro il vialetto per tornarmene in casa, ma prima non manca uno sguardo veloce con tanto di sorrisetto schernitore al biondino. E’ divertente e anche stupido se pensa in qualche modo di entrare nelle mutande di Tal. Se non posso io non può nessuno.
TALITA’S POV
“Sei nervosa?”
“Solo un po’.”- stiamo per atterrare, il volo è durato poco come mi aspettavo. Per una volta non ho chiuso occhio in viaggio, forse perché sono troppo eccitata di mettere piede sul suolo New Yorkese per farlo. Mentre papà ha russato per qualche minuto cullato dalla comodità del sedile in pelle io ho fissato fuori dal minuscolo finestrino tutto il tempo. Le nuvole sembravano piccoli fiocchi di zucchero filato e avevano un aspetto talmente morbido che avrei voluto toccarle. Che pensieri stupidi, le ho viste migliaia di volte eppure solo ora mi sono soffermata a cogliere certi dettagli, come la città strapiena di grattacieli che ad un tratto ha cominciato ad intravedersi. Spalanco gli occhi al solo pensiero che dall’alto sembra tutto così piccola eppure quando scenderò da qui sarò io a sentirmi piccola in mezzo a tutti quegli edifici.
“Ora la sfida è trovare un taxi che ci porti in hotel.”- si lamenta papà con le valige ad ogni lato del suo corpo.
“Qui non mancano certo i taxi.”- rispondo notando l’enorme fila di auto gialle appena fuori dall’aeroporto. L’aria è piuttosto pesante per via dello smog e in questa circostanza preferisco la salsedine di Los Angeles. Le auto sfrecciano sulla strada a velocità, in file scomposte, come se ognuno andasse per i fatti propri senza rispettare il codice della strada ma qui è tutto normale per i cittadini, le strade sono tutte enormi ed è pieno di palazzi di cui non riesco a vedere la fine senza provocarmi un giramento di testa. E’ tutto così monolitico qui, affascinante. Sono io quella che è abituata alle stradine, ai vicoli con le gentili signore che lavorano a maglia fuori dalla porta di casa e ai bambini che giocano sulla strada col pallone con il rischio che questo finisca sotto un’auto.
Ma dove giocano i bambini qua? Ma che domande mi faccio? Sono a New York.
“Tal!”- mi chiama papà divertito, devo sembrare una stupida in questo momento, ho il naso all’insù da quando siamo usciti dall’aeroporto.- “vieni ho trovato il taxi.”- papà comincia a riempire il baule dell’auto con le nostre valige e io mi precipito dentro l’abitacolo consapevole che passerò tutto il tragitto a guardare fiori dal finestrino ancora una volta. Ma nella grande mela è inevitabile farlo.
E’ quasi ipnotico guardare la strada scorrere, non c’è niente di monotono e sempre uguale. Qui è tutto diverso e vario. Un negozio di giocattoli è proprio di fianco ad un enorme hotel a cinque stelle. Carretti di Hot Dog, che mi sono appena ripromessa di provare sono all’angolo di quasi tutte le strade. I taxi gialli sono quasi più delle normali macchine. Il taxi si è fermato al semaforo e senza perdere neanche un secondo centinaia di persone passano sulle strisce pedonali per raggiungere l’altro capo della strada. C’è la paura che non finiscano più di attraversare per quanti sono. Per fortuna il semaforo segna di nuovo il verde e il veicolo riparte.
Ora ad attirare la mia attenzione sono i centinaia di cartelli pubblicitari digitali di cui ogni fottuto pixel sembra costoso. Migliaia di marche diverse dalle più famose a quelle meno conosciute scorrono ad ogni negozio che sorpassiamo. E’ vero, non ci vivrei mai qui, odio davvero gli eccessi, come dissi una volta ad Harry. Ma la differenza tra la frivola Beverly Hills e l’affascinante New York è palpabile.
A proposito di Harry. Dovrei dirgli che sono arrivata? Non so cosa farci con questo telefono. Ho tentato di capire come funzionava mentre eravamo in aereo ma con scarsi risultati. Ci saranno decine di icone su cui cliccare, social network, giochi, applicazioni. Ho trovato anche la fotocamera e una strana ed inutile bussola ma non ho idea di dove siano i numeri.
“Siamo arrivati.”- papà mi avvisa scendendo dall’auto. Il tassista ci aiuta a scendere le nostre valige posizionandole proprio davanti all’ingresso di un edificio antico. Solo ora faccio caso al fatto che non siamo più in piena New York, sebbene i passanti continuino ad essere tantissimi non sono molti rispetto a prima. Mi sento di nuovo piccolina in confronto agli edifici ed anche al presunto hotel.
Il taxi è ripartito e papà mi sta chiamando da qualche minuto incitandomi ad entrare. Un tizio molto gentile ci da le chiavi della nostra stanza e in poco siamo già all’interno di uno spazioso ascensore diretti al trentesimo piano. Deve esserci una vista stupenda da lì su. Non vedo l’ora di vederla.
HARRY’S POV
E’ notte fonda e ancora mi chiedo cosa ci faccio qui. Non riesco quasi a vedere ad un palmo da mio naso a causa del buio e la luna ha deciso di non comparire questa notte per illuminarmi la strada. Dovrò accontentarmi dei fari dell’auto. Avevo deciso di stare a casa a leggere ‘I dolori del giovane Werther’ rinchiuso in biblioteca con solo la luce da tavolo a permettermi di vedere. Invece proprio quando avevo messo il culo sulla sedia dietro quella cazzo di scrivania mi squilla in cellulare e un Louis ubriaco mi chiede di andarlo a prendere.
Mi sto attenendo alle coordinate confuse del mio amico su dove si trovi questo posto ma è difficile capirci qualcosa qui. Ci sono solo alberi, erbacce e qualche casa abbandonata qua e là. Avrei tanto voluto mandarlo a fanculo e lasciarlo nelle mani di qualche spogliarellista che si sarà già fatto ma poi ho deciso di far il buon samaritano.
Da infondo alla strada una grande insegna viola mi dice che sono arrivato a destinazione. E’ un bordello. Ora capisco perché è così difficile trovarlo. Vorrei sapere cosa ci fa Louis qui. Ci saranno almeno una decina di macchine nel parcheggio. Non voglio neanche scendere dall’auto ma devo andare a cercare quel coglione.
Mi assicuro di chiudere bene l’auto, ci manca solo che qualche fottuto ubriacone ci faccia residenza. Ci sono uomini fuori che spacciano droga pensando di non essere visti e che mi lanciano occhiate furtive. Un uomo è accasciato con un bottiglia in mano davanti alla porta di ferro che cigola quando la smuovo. Un rumore fastidioso che sembrerebbe musica accompagna la ‘danza’ di spogliarelliste su un palo. Uomini che si masturbano proprio davanti a quella scena ed evidentemente ubriachi. Chi beve in un angolo. Una donna spinge un uomo in un’altra stanza e non voglio nemmeno immaginare cosa faranno, il tutto in una nube di fumo, so per certo che non sono semplici sigarette. Questo è tutt’altro.
Devo trovare Louis alla svelta prima che mi si intorpidiscano i sensi. Non ne ho proprio voglia questa sera. Ignorando le avance di qualche ragazza ubriaca che fanno finta di scontrarsi con me per puro caso continuo a vagare nel locale ma di Louis nessuna traccia. Devo uscire di qui, ora. La porta d’ingresso da cui sono venuto è ormai invisibile a causa della nebbia e delle luci soffuse ma per fortuna riesco a vedere un cartello con una freccia ed un omino bianco che indicano un’uscita secondaria. Non ci penso due volte ad andarci. Il rumore ora è ovattato e questa parte del locale è abbastanza tranquilla. Quando apro la porta però delle voci mi fanno rabbrividire e nascondere. Tengo la porta socchiusa per continuare a sentire.
“Ti è piaciuta la droga figlio di puttana!”
“Sei in ritardo con i pagamenti!”- urla un altro. Presumo ci sia una terza persona, quella con cui parlano. E ho il brutto presentimento che sia quello stronzo di Louis.
“Andiamo lo sapete che pagherò.”
“Io non ne sono sicuro! Voglio i miei soldi.”- ringhia il primo con tono più basso e minaccioso. Dal rumore che ne segue probabilmente lo avranno sbattuto al muro. Non ho intenzione di intervenire.
“Pagherò.”- non ho mai sentito la voce di Louis così sottomessa e spaventata.
“Lo spero per te. Lo sai cosa succede se non lo fai.”- lo avverte uno dei due sorridendo contagiando inevitabilmente l’altro. Poi un lamento di dolore, devono avergli tirato un pugno.- “questo è solo un assaggio Tomlinson.”
Ci metto una frazione di secondo a capire che stanno raggiungendo il mio nascondiglio. Per fortuna riesco a nascondermi dietro la porta appena in tempo, in tempo anche per farmela sbattere sul naso. Ingoio il dolore atroce al mio setto nasale e tirando un sospiro di sollievo appena se ne vanno all’interno del locale raggiungo il mio amico.
E’ accasciato in terra con la schiena contro il muro. La testa in alto a fissare il cielo. Vorrei prenderlo a pugni pure io ma in questo momento penso a Tal, cosa farebbe lei? Sembra che lei faccia sempre la cosa giusta. Probabilmente mi farebbe qualche battutina per farmi arrabbiare ma poi mi prenderebbe sottobraccio e mi porterebbe a casa. Provo compassione per Louis che si è accorto della mia presenza ma non dice nulla. Lui mi ha fatto entrare in questo giro di merda e so per certo che ne vuole uscire anche lui.
Io confido in Tal per riuscirci, spero solo che non mi volti le spalle anche lei, ma lui? Chi ha lui se non me e Zayn? Ma Zayn sembra non voler lasciare questo giro.
“Andiamo ti porto a casa, stupido idiota.”
“Si papà.”
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Devo ancora riprendermi dai quasi 200 voti del capitolo precedente. Non ho altre parole per dirvi grazie, sono troppo contenta che vi stia piacendo! Commentate e votate ancora! Inoltre vorrei invitarvi a dare un'occhiata alla storia che sto traducendo, Stay, che trovate nel mio profilo e anche a Music&Dance, la mia prima fan fiction a tutti gli effetti, ho voluto ripubblicarla qui e spero piaccia anche a voi :)
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