Capitolo VII
Decisi, spaventata, di alzarmi a mia volta.
La mia vista era completamente offuscata e le mie gambe sembravano non idonee nel reggermi in quell'istante.
In poco tempo la sua mano sudata afferrò il mio polso e sentii la schiena poggiarsi al bancone.
« Tu non sai chi sono io! »
Sussurrò mordendosi nervosamente il labbro.
I suoi occhi emanavano una forte rabbia, il suo sguardo mi faceva sentire stranamente un mostro, qualcosa di sbagliato, mi guardava come fossi un'assassina.
« Lasciami stare! Non ho nessun intenzione di conoscerti! »
Dissi strizzando le palpebre e dimenandomi inutilmente.
Era proprio quello il brutto dei locali, i baristi e le persone al servizio erano oramai abituati a queste scene.
Non cercavano nemmeno di dividere i ragazzi in rissa, o in questo caso l'uomo, o bestia, dalla ragazza, inconsapevoli e spaventati da quello che avrebbe potuto succedergli facendolo.
« Tranquilla, domani ti sentirai meglio. Non piangere. »
Disse prima di trascinarmi in un corridoio abbastanza scuro e con una porta infondo, probabilmente, il bagno.
A differenza di ciò che pensavo non ci entrò, ma mi poggiò delicatamente alla parete e, sempre tenendomi ferma, cominciò a baciarmi il collo.
Io, ovviamente, cercai di gridare, ma la mia voce non sarebbe mai arrivata all'altra parte del bar.
« Cazzo! Fai silenzio! Non mi pare d'averti fatta male fin ora, vuoi che lo faccia? Dimmelo! »
Disse stringendo i denti.
Ora capivo il motivo del suo strano sguardo, probabilmente era strafatto di cocaina.
Non sapevo cosa fare, se avessi provato a scappare mi avrebbe fatto del male e la mia debolezza ormai aveva il sopravvento su di me.
Più passavano i secondi e più ero disgustata, disgustata dalla sua lingua bagnata che leccava il mio collo.
Fortunatamente si era limitato solo a quello, o almeno in quell'istante.
Si fermò per un momento, tornò a guardami, stavolta il viso.
Con una mano alzò il mio mento verso sé e si avvicinò come se da lì a poco mi avrebbe baciato.
Ma non fú cosi.
Qualcosa gli fece cambiare idea.
La sua mano lasciò il mio volto,
e incominciò ad andare verso il basso,
precisamente vicino la zip.
« Giochia... »
I miei occhi cominciarono a chiudersi lentamente, mi accasciai al suolo con le ginocchia.
Non ero riuscita a proteggere me stessa di nuovo.
Caddi sul pavimento e svenii non certa di un mio futuro risveglio.
Era una strana sensazione, mai provata prima.
Riuscivo, a malapena, a sentire alcuni suoni, cosa abbastanza strana per la situazione in cui mi trovavo.
Mi voltai a sinistra e per una frazione di secondo vidi un immagine sfocata di due ragazzi intenti a picchiarsi.
In quell'instante, con la poca coscienza che mi era rimasta, pensai di non dover mai più tornare in quel posto.
Dopo minuti, o forse ore che ero distesa in quel fetido e lungo corridoio, mi svegliai.
Ma non era quello il posto in cui mi aspettavo di essere.
Ero in una macchina, e mi ci volle del tempo prima di realizzare che in quell'auto c'ero già stata.
Armando.
Mi voltai verso di lui guardandolo per diversi minuti.
Avrei voluto parlare, ma non sapevo cosa dire e non ricordavo cosa fosse successo.
« Hai intenzione di guardarmi ancora per molto? Mi stai mettendo in suggestione Fox. »
Disse senza neanche guardarmi.
« Cos'è successo? »
Dissi strofinandomi gli occhi che erano ancora annebbiati.
« Quello stronzo voleva farti del male, e io l'ho allontanato. »
« Cosa intendi con "allontanato" ? »
Non mi rispose.
Ricordai quell'immagine.
Dovevano essere sicuramente loro.
« Tu l'hai picchiato, vero? »
Rallentò la macchina e sospirò voltandosi verso di me.
« Cosa avrei dovuto fare? Passare davanti a quel coglione e far finta di non guardare?! Odio vedere queste persone, e non posso trattenermi, non posso lasciarlo andare con due paroline. »
Detestavo le risse, ma, purtroppo, non aveva torto.
Mi limitai ad annuire per poi dare un occhio alla strada.
Vidi un percorso diverso da quello di casa mia.
« Dove stiamo andando? »
La paura riaumentò.
E se mi avesse fatto anche lui del male?
No, non può essere.
È un bravo ragazzo e non è la prima volta che me lo dimostra.
« Tranquilla, non voglio farti nulla! Voglio solo distrarti da questo brutto episodio! »
Si fermò per qualche instante intento a girare in una nuova strada.
« Siamo diretti verso il lago di Landro, vedrai, è bellissimo, inoltre un po' d'aria ti farà bene. »
La sua voce era così calda, il suo profumo dolce sprigionava in tutta l'auto, niente a che vedere con quel coglione.
« Stai cercando di fare colpo su di me? »
Pronunciai queste parole quasi ridendo, e lui fece lo stesso.
« Non tornare più in quel bar. »
Prese un tono serio.
« Non c'è bisogno che tu me lo dica. Piuttosto tu cosa ci fai lì? »
Ancora una volta voltò in un viale, stavolta un po' più stretto.
Ma a differenza di prima, non ebbi risposta.
« Perché non rispondi? »
« Megan...Per favore! »
« Allora portami a casa, non mi fido di te. »
Ancora una volta messa sulle spine, non volevo.
« Megan... »
Spense la macchina.
« Dovevo pisciare »
Sul serio l'aveva detto?
« Dai, guarda! »
Disse con voce da bambino.
Mi voltai e dinanzi i miei occhi c'era uno splendido paesaggio.
L'acqua sembrava limpida e le montagne rendevano l'ambiente ancor più bello: ecco perché amavo Bolzano.
Scesi dalla macchina e ci sedemmo vicino una grossa pietra.
Armando iniziò a lanciare dei sassolini nel lago facendoli rimbalzare e io feci lo stesso, incominciando inconsapevolmente una gara.
Ma io non riuscivo a smettere di pensare all'evento accaduto prima, ero scossa.
Le sue mani, la sua lingua...Le sentivo ancora sul mio corpo.
Avrei voluto, ancora una volta, piangere, ma lui era lì, accanto a me, e io dovevo essere forte.
« Lavori, vero? »
Gli chiesi interrompendo il silenzio.
« Si, faccio il militare. »
Spalancai gli occhi sbalordita.
« Wow! E ti piace? »
« Lo adoro! È la mia passione. »
« Cosa ci facevi quel giorno in azienda allora? »
Dissi invadentemente, ma lui non sembrò infastidito dalle mie domande.
« È di famiglia, ma nulla nei miei interessi. Tu invece cosa fai? »
« Beh, mia madre ha appena perso il lavoro e domani inizierò il mio splendido posto da badante »
Mi guardò rincuorato dopodiché si avvicinò più a me.
Di nuovo silenzio.
Ma sembrava mi capisse del tutto, nonostante io non parlassi.
Qualvolta i miei occhi si riempivano di lacrime, lui si voltava e mi poggiava la mano dietro la schiena accarezzandola.
« Smettila di fare quel muso, ti prego! »
« Come posso? Sembra andare tutto a rotoli! »
Si alzò e si mise di fronte a me.
« E adesso cosa c'è? »
Parlai furiosa, anche se non ce l'avevo con lui.
Mi alzò velocemente con un braccio e mi accostò vicino il lago.
L'acqua bagnava le mie scarpe.
« Ora la smetti? »
Sorrise.
Diamine, amavo il suo sorriso.
« Perché dovrei? »
Il colore del lago rifletteva nei suoi occhi, e il paesaggio da lì sembrava ancor più bello.
Mentre ero incantata a guardarli, Armando mi spinse con forza ma senza farmi male, e mi ritrovai bagnata fino alle ginocchia.
Non potevo realizzare che lo avesse fatto.
Ma come si permette?
« Sei impazzito? »
Urlai.
Mi raggiunge bagnandosi anche lui.
Cominciò a ridere contagiosamente, e così non potei fare a meno di ricambiare.
Iniziammo a giocare con l'acqua, e senza accorgercene ci ritrovammo tutti bagnati, persino i capelli.
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