Capitolo 3 - Crazier
Erano passati quattro giorni da quando Cris e Andrea erano a New York ed erano diventate talmente avvezze a quella città, che neanche riuscivano ad immaginarsi una vita che non comprendesse il caos, le luci e i colori della Grande Mela.
Erano quattro giorni che facevano colazione da Starbucks, sorridendo alla cameriera bionda che si chiamava Grace e che, non solo teneva un tavolo ad entrambe tutte le mattine alle dieci e mezzo, ma era anche la sorella di Niall, lo stesso ragazzo biondo che lavorava al "Glam Capri" e che si riempiva un bicchiere di shot alla menta durante ogni turno. Era la stessa Grace che sistemava i muffin, pancakes e cappuccini sul bancone prima che le due ragazze potessero ordinare, facendo l'occhiolino ogni volta che una bevanda non risultava sullo scontrino.
Ed andava bene così perché quella era New York e perché quella era la stessa Grace che,con gli occhi luminosi, si era seduta al tavolo con loro solo per raccontarle:"di questo amico di mio fratello che forse un po' mipiace". E a loro era andato benissimo, perché New York, in quattrogiorni, era già riuscita a farle sentire a casa.
***
Era venerdì, e Cris era talmente in ritardo che avrebbe anche voluto piangere. Saltellò lungo il corridoio, lottando contro il tacco troppo stretto,strisciando una mano contro al muro del corridoio come se, toccare laparete fresca non l'avrebbe mai fatta cadere con la faccia a terra.
Andrea le lanciò un'occhiata prima di riportare lo sguardo sulla tv, ormai troppo abituata a quella routine e a quella stessa ansia che non l'avrebbe mai lasciata stare.
- Come sto? – domandò, lisciandosi la gonna scura, raddrizzando la schiena e perforando la nuca bionda di Andrea con gli occhi, puntando le mani sui fianchi e aspettando che si voltasse verso di lei.
La bionda si limitò a un cenno della mano, continuando ad osservare il talk show che -e Cris lo sapeva bene- non stava realmente seguendo. Per quello, si voltò verso l'isola di marmo, afferrando una barretta di cioccolato e tirandogliela in testa.
- Stronza – sbuffò, anche se Cris riuscì a cogliere il sorriso che marcava quell'imprecazione.
- Come sto? – domandò ancora, battendo nervosamente la punta del tacco sul pavimento solo per darle fastidio. – Se non mi dici come sto, la prossima cosa che ti finirà in testa sarà lo sgabello – minacciò e Andrea sorrise alla tv prima di voltarsi verso la migliore amica.
- Sei bellissima come al solito. Adesso muovi quel bel culo che ti ritrovi o farai ancora più tardi.
Cris sbarrò gli occhi ed imprecò un paio di volte, afferrando la borsa e lasciandosela scivolare nell'incavo del gomito. – A dopo, Andrea! – La salutò, chinandosi su di lei per lasciarle un bacio sulla guancia prima di uscire e chiudersi la porta alle spalle.
Andrea guardò le chiavi della macchina sul mobiletto accanto alla porta e scosse la testa. – Tre.. due.. uno – contò e Cris ritornò in casa trafelata, borbottando imprecazioni a gran voce, stringendo le chiavi in un pugno nervoso.
Andrea si morse il labbro inferiore nella speranza di non ridere e l'amica piagnucolò l'ennesima parolaccia, chiudendosi poi la porta di casa alle spalle prima di poter sentire la sua risata.
***
Cris parcheggiò la macchina sul retro del "Glam Capri", sperando che l'orologio di Janice e Stuart fosse almeno un po' indietro. Corse verso la porta scura e si buttò con tutto il suo peso contro i maniglioni anti-panico, lasciandosi avvolgere dal caldo e dalle chiacchiere che arrivavano al corridoio luminoso che precedeva la cucina. Abbandonò cappotto e borsa dentro il guardaroba del personale e poi si chiuse la porta alle spalle, correndo lungo il corridoio, lasciando che i tacchi risuonassero contro le pareti chiare.
- Buonasera a tutti – salutò con un sorriso, facendo alzare lo sguardo dei cuochi dalle pentole.
- Ciao, bambina – salutarono e Cris rise davanti a quel diminutivo.
Andò verso Niall, sentendo il peso al petto più leggero non appena le rivolse un sorriso ampio che arrivava fino agli occhi. – Dimmi che Janice non è incazzata – pregò, andando assieme a lui verso le porte che si aprivano sulla sala.
- Il turno è appena iniziato. Io ho i primi cinque tavoli, tu dal sei al dieci e Rose dal dieci al quindici. Buona fortuna, bambina – le augurò senza smettere di sorridere, sfiorandole il fianco in segno di incoraggiamento, un secondo prima che il caos di pentole e piatti della cucina potesse venir sostituito dal profumo di lavanda e dalla musica classica che, a basso volume, suonava nella sala luminosa.
- Dal tavolo sei al dieci – ripeté a bassa voce, individuando il primo tavolo, costringendosi a sorridere ai clienti mentre congiungeva le mani davanti al grembo. – Buona sera e benvenuti al "Glam Capri", cosa possa portarvi?
Dopo quattro giorni, era diventato più facile tenere a mente le ordinazioni, o i nomi degli champagne costosi che non sarebbe mai riuscita a pronunciare. Così, come era diventato più facile ignorare le richieste di:"musica un po' più bassa", che non sarebbero mai state esaudite, o le occhiate dei quindicenni arrapati che erano stati evidentemente trascinati lì con la forza. Sorrise davanti ai commensali, ripetendo le ordinazioni un'altra volta ancora, voltandosi poi per andare verso la cucina, evitando Rose che, col volto rosso per lo sforzo, portava un vassoio con i flute nella mano destra, e un cesto di ghiaccio con lo champagne nella sinistra.
Riferì a Jonathan -il cuoco più giovane con occhi e capelli scuri- le ordinazioni del tavolo e poi afferrò una bottiglia di champagne e una coca cola che, per quanto non fosse stata ordinata, sapeva bene fosse gradita.
- Eccoci – sorrise tranquilla, attirando l'attenzione di moglie con botox e marito troppo ricco verso di lei. Poggiò la lattina rossa di coca cola davanti al ragazzino che le rivolse l'occhiata di gratitudine, aprendola prima che potesse farlo lei. Cris dedicò la sua attenzione allo champagne che aprì velocemente, versandolo poi nel flute più vicino a lei prima che potesse macchiare la tovaglia candida. Lo porse al botox vivente, afferrando poi quello del marito e mettendone un po' anche lì.
- Le comande arriveranno fra dieci minuti al massimo – assicurò, lasciando poi ricadere delicatamente lo champagne dentro la vaschetta piena di ghiaccio.
Tavolo sette, arrivo.
***
Cris si passò una mano sul viso, tenendo il vassoio in equilibrio sulla mano, sorridendo un secondo prima di uscire in sala. Con ogni probabilità, stava iniziando ad odiare Beethoven con tutta sé stessa.
Arrivò al tavolo otto,dicendo il nome dei piatti mentre li metteva davanti ai commensali a partire da destra e, – Buon appetito – disse, continuando a sorridere, dando poi la schiena ai clienti e tornando in cucina dove,il suono dei tacchi sul bel pavimento lucido, precedette il suo arrivo.
Appoggiò i fianchi al bancone della cucina e Niall le passò davanti con un sorriso,mettendo i piatti che avrebbe dovuto portare uno in fila all'altro. –Quanto manca per la libertà? – domandò stanca.
Lui le sorrise, lanciando un'occhiata all'orologio sopra la porta. – Un'ora e mezzo. – Si chinò sotto al lavandino, scostando un paio di detersivi per poter prendere la bottiglia di vodka alla mente che lui e il resto dei dipendenti teneva lì nascosta. – Alla mia – sorrise, portandosi la bottiglia alle labbra e dando un paio di sorsi generosi. Scosse la testa, ingoiando l'alcool acre, voltandosi poi verso Cris e porgendole la bottiglia.
- La prossima volta – promise con un sorriso, mentre Niall allungava la bottiglia verso Johnatan. Il ragazzo la bevve mentre faceva saltare le verdure in padella e poi la porse nuovamente al biondo che, dopo averla chiusa, ammiccò in direzione del cuoco Martin, ignorando le imprecazioni mentre indicava i piatti pronti.
Cris rise, osservando Rose sputare nel piatto prima di uscire in sala e corrugò la fronte, annuendo un paio di volte quando lei roteò l'indice in avanti, nel chiaro segno internazionale che le avrebbe spiegato più tardi. Guardò poi il collo irrigidirsi prima di uscire in sala, seguito dall'ennesimo e finto sorriso che le stirò le labbra piene.
- Ormai lo fa sempre – assicurò Niall con un'alzata di spalle, prima di uscire con tre piatti sulle braccia.
***
Erano le due e Cris giurò a sé stessa che era stata così stanca solo poche volte in vita sua.Inoltre, Andrea le aveva portato via la macchina un'ora prima perché-ed andava benissimo- non sarebbe mai uscita da un pub senza quell'ancora di sicurezza.
Poggiò la nuca alle piastrelle fredde della cucina e aprì di poco gli occhi quando sentì qualcuno fermarsi accanto a lei.
- Niall – salutò.
- Bambina – rispose lui, digitando velocemente un messaggio sullo schermo dell'Iphone.
Cris voltò il capo verso di lui. – Tutto il mondo mi chiama bambina. – Corrucciò le labbra, pensandoci un secondo. – Devo ancora decidere se mi piace.
Niall rise, mettendo l'Iphone nella tasca anteriore dei jeans scuri, lasciandole un buffetto sulla guancia e regalandole l'ennesimo sorriso. – Buonanotte, bambina. – Le augurò, lasciandola sola nella cucina mentre lui si apprestava ad uscire dalla porta principale.
Aveva chiamato un taxi qualche ora prima ma, quando aprì la porta anti-incendio che dava sul retro del ristorante, si pentì di non avere accettato il passaggio di Niall. La brezza notturna, così come il ringhio di un ragazzo arrabbiato, fu abbastanza per farla svegliare del tutto. Si fermò di colpo, stringendo la cinghia della borsa talmente forte che le nocche sbiancarono paurosamente.
- Mi devi dei soldi – grugnì un ragazzo e Cris si avvicinò un po' di più al muro, osservando le figure incappucciate a qualche metro da lei.
Erano due ragazzi che non poteva e forse non voleva vedere bene, a causa del buio fitto e del lampione sfasciato che non li illuminava abbastanza.
Il ragazzo che aveva parlato per primo, era quello che le mostrava il volto. Aveva la voce aspra, cattiva, per questo, quando il ragazzo che invece le dava le spalle, parlò, Cris si sorprese nel sentire una voce così bella e inquietante allo stesso tempo. – E ti ho detto che non li ho. Credi che ti risponda così per allenare la lingua?
Cris sollevò un angolo delle labbra in un mezzo sorriso, muovendo un paio di passi in avanti per poter sentire meglio.
- Io ti ho dato la roba. Tu mi devi dare dei soldi – ringhiò l'altro e Cris si portò una mano allo stomaco non appena quello si strinse in una morsa fastidiosa.
E quello che le fece più paura, non fu l'evidenza che stessero effettivamente parlando un droga, un capitolo della sua vita che aveva chiuso dal momento stesso in cui era salita sulla 500 per New York, ma il fatto che quella stessa morsa allo stomaco non fosse dovuta alla paura, ma all'adrenalina.
Lei aveva deciso di uscirne. Ma voleva comunque fare qualcosa.
- Lo so, Marcus, ma io non ho soldi – rispose il ragazzo dalla bella voce e Cris strinse i pugni non appena il piede destro si mosse verso i due ragazzi, fuori dal suo controllo e fuori dalla razionalità che ostentava sempre.
Sapeva quello che stava facendo. Sapeva che stava tornando ad infilarsi in un giro di boa dal quale era stato troppo difficile uscire, ma sapeva anche che niente l'avrebbe fermata dall'aiutare quel ragazzo perché, per quanto fosse pericoloso, lei non avrebbe mai potuto farne a meno.
Perché il buon senso le diceva di scappare, ma l'istinto le diceva di restare.
E camminò sempre più velocemente mentre osservava i due ragazzi e ascoltava i toni della conversazione che stavano diventando sempre più accesi. E, per quanto tutti i campanelli nella sua testa la stessero insultando a gran voce, lei infilò comunque un braccio nell'incavo di quello del ragazzo dalla bella voce, che teneva le mani nelle tasche. Ed ignorò lo stomaco che si contorceva o il sangue che le ribolliva nelle vene per l'adrenalina crescente.
Cosa diavolo stai facendo?
- Ciao amore – disse tranquilla, ignorando il leggero sussulto del ragazzo. Col braccio libero cercò il suo mento, evitando lo sguardo dello spacciatore davanti a lei, voltando il viso di "bella voce" verso il proprio. Era fortunata ad avere i tacchi che la rendevano alta tanto quanto lui perché, se solo fosse stata un po' più bassa, sarebbe stato molto più difficile premere le labbra sulle sue. Si costrinse a non concentrarsi sulle labbra morbide a contatto con le proprie, o al leggero odore di fumo che non riuscì a darle fastidio.
Cosa diavolo stai facendo?
Si allontanò dalla sua bocca con un sorriso, stringendo tra le dita la felpa scura del ragazzo, in un unico movimento che tradì il suo nervosismo. Prese un respiro e poi sorrise, accoccolandosi contro al fianco caldo del tizio che -e lo sperava vivamente- riuscisse a capire quali fossero le sue intenzioni.
Cosa diavolo stai facendo?
- C'è qualche problema? – domandò, mettendo su il miglior sorriso del suo repertorio, cercando, solo in quel momento, lo sguardo scuro dello spacciatore davanti a lei. L'ansia corse lungo la pelle della sua schiena, facendola rabbrividire mentre si stringeva un po' di più contro al fianco del ragazzo, sorprendendosi quando il cuore che le martellava nel petto, prese a battere un po' più lentamente.
Ti prego, fa che questo idiota capisca.
Ringraziò il cielo quando -finalmente- i muscoli del ragazzo si stesero a contatto con i propri mentre, un braccio forte si avvolgeva attorno ai suoi fianchi magri, attirandola contro al petto stretto in una canottiera bianca.
Cris cercò inutilmente di controllare il respiro accelerato mentre si abbandonava contro di lui, tentando con discrezione di osservare il volto dello spacciatore, senza riuscire a trattenere una leggerissima smorfia davanti alla mascella dura e al sopracciglio destro spaccato in due da una cicatrice biancastra.
- Non sapevo avessi una ragazza, Malik – disse lui mentre, il così detto Malik mormorava un "neanche io" a voce talmente tanto bassa che persino Cris fece fatica a sentire.
- Stiamo assieme da poco – affermò e Cris si chiese da dove venisse per avere un cognome così particolare.
Ti prego fa che sia carino.
E poi si insultò l'istante dopo, inspirando profondamente, arricciando il naso quando sentì un profumo misto a fumo e qualcosa di così buono che, in quel momento, si rese conto di non riuscire a definire.
Marcus guardò la coppia e Cris girò lo sguardo verso il ragazzo, sorridendo e poggiandosi un po' di più a lui perché la stringesse ancora. Sussultò leggermente quando le dita del ragazzo, mosse quasi da un istinto che nessuno dei due poteva spigarsi, presero a roteare sul suo fianco. E Cris fu indecisa se quel momento fosse finalizzato a tranquillizzare lei o sé stesso.
- Non ho ancora finito con te, Malik. – Intimò e il ragazzo annuì un paio di volte, continuando a tenere Cris stretta al suo fianco mentre si voltavano, dandogli le spalle e camminando via.
Il braccio si strinse un po' di più attorno ai suoi fianchi e la castana sussultò leggermente, guardandolo con la coda dell'occhio e ignorando il leggero timore che, adesso, scorreva nelle sue vene assieme all'adrenalina.
- Adesso andiamo alla mia macchina, facciamo finta di salire assieme e poi ti mollo al primo taxi non appena giriamo l'angolo, chiaro? – disse sottovoce, come se avesse ancora paura di essere sentito.
E forse, fu quella stessa adrenalina che fece irrigidire Cris di colpo contro al suo corpo. Forse fu quella stessa adrenalina che le strinse lo stomaco in una morsa di pura indignazione. – è tardi. Sono a piedi e tu mi devi un favore. – disse tranquilla, regalandogli un sorriso un po' finto e chiedendosi, per l'ennesima volta da quando il ragazzo la stava tenendo stretta, per quale motivo non provasse fastidio ma solo una gran voglia di stare così, poggiata a lui, il più a lungo possibile.
Il ragazzo grugnì e Cris non riuscì a trattenere una risatina prima che si potessero fermare davanti a un'auto scura e palesemente di seconda mano.
- Sali – le ordinò quasi, lasciandola andare e permettendo che il freddo potesse insinuarsi sotto al tessuto della camicetta che lui -inconsapevolmente- aveva tenuto a bada col suo braccio.
Cris salì in macchina, sbattendosi dietro lo sportello solo per dargli fastidio, ignorando la paura crescente e il fastidio. – Ti rendi conto che se non fosse stato per me, tu saresti ancora a litigare col tuo spacciatore, vero?
- Io non ti avevo chiesto nulla e poi Marcus non mi avrebbe toccato – rispose fermo il ragazzo, ancora protetto dal cappuccio scuro della felpa.
Cris fece un vero di scherno, abbandonando la borsa tra le sue gambe e incrociando le braccia sul petto.
Malik la ignorò ancora, infilando le chiavi nel quadrante.
– Come no! "Io ti ho dato la roba, tu mi devi i soldi!" Era così amichevole. – Borbottò, osservando il ragazzo che, dopo un paio di tentativi, riuscì a mettere in moto l'auto. – Aiuti le persone e non ricevi neanche un "grazie".
E fu a quel punto, avvolti nel buio della notte con solo le luci interne della macchina ad illuminarli, che il ragazzo si tolse il cappuccio per poter guidare, lasciando Cris senza fiato.
L'aveva fatto di proposito per starla stare zitta? O, mostrarle il volto era stata una mossa del tutto istintiva?
I capelli nerissimi erano sollevati in un ciuffo che scopriva il bel volto leggermente abbronzato. Il naso proporzionato sovrastava labbra carnose e rosee tutte da baciare e le ciglia lunghissime incorniciavano il paio di occhi più belli che lei avesse mai visto.
Cris aveva sempre amato gli occhi scuri ma -diavolo- quando vide due pozze ambrate e luminose, così grandi che -per un solo istante- le sembrò potessero inghiottirla, decise di ricredersi.
Nessuno paio di occhi scuri sarebbe mai stato abbastanza a confronto con quei penetranti fari ambrati, che si costrinse a smettere di guardare prima di poter sembrare assurdamente inquietante.
Fece scorrere le iridi chiare lungo il volto squadrato e vagamente orientale, ricoperto da un leggero strato di barba scura, continuando ad osservargli il petto lievemente scoperto dalla canottiera bianca, che mostrava un paio di linee di inchiostro sulla pelle caramellata. Le stesse linee di inchiostro che sparivano sotto il tessuto della felpa e che continuavano su entrambe le mani grandi.
Oh mio dio.
Il ragazzo si schiarì la voce e Cris sussultò, sciogliendosi i capelli sulle spalle solo per poter sfuggire all'imbarazzo.
- Dove devo portarti? – le domandò con la voce tesa, distogliendo lo sguardo dal suo viso e irrigidendo i muscoli delle braccia, talmente tanto che le dita, strette attorno al volante, sbiancarono.
- Venticinquesima Avenue – rispose, deglutendo un paio di volte.
Stettero per un po' in silenzio, prima che il ragazzo dalla belle voce potesse parlare. – E comunque, non ti avevo chiesto aiuto.
Cris sbuffò. Quello era forse l'unico individuo che non riusciva a farle applicare la politica del:"sorridi e stai calma". E lei era la migliore amica di Andrea Walker, il che la diceva lunga sulla praticità di quel motto.
- Credimi, se non avessi paura di venir violentata in uno dei vicoli di New York, non sarei neanche salita nella tua cavolo di macchina. Ti ho solo aiutato e quando le persone vengono aiutate -di solito- dicono grazie. Si chiama gentilezza. Sempre che tu ne abbia mai sentito parlare – concluse, leggermente stizzita.
Il ragazzo la guardò di sottecchi, nascondendo un sorriso sarcastico. – Non dico mai grazie – rispose.
Cris alzò le sopracciglia, voltandosi verso di lui. – Oooh tranquillo. Ti conosco da qualche minuto, ma l'avevo intuito.
E il ragazzo bellissimo rise e Cris si ritrovò a chiedersi per quale motivo quella risata le piacesse così tanto e per quale motivo sarebbe voluta rimanere in quella macchina che puzzava troppo di fumo, solo per guardare il suo bel profilo.
Poi, si ricordò di com'era stata trattata fino a quel momento e, un quarto d'ora dopo, non appena Malik, si fermò davanti al suo portone, lei si slacciò velocemente la cintura, recuperando la borsa da terra e ringhiando un:"grazie", mentre apriva lo sportello per uscire. Sentì il ragazzo ridere, un attimo prima che delle dita fredde le potessero avvolgere il polso. Cris si voltò di scatto, una gamba sulla strada e l'altra ancora dentro l'abitacolo dell'auto.
- Grazie.. – disse il ragazzo, guardandola intensamente e facendole intuire che volesse conoscere il suo nome.
- Cris – gli venne in aiuto.
- Allora, grazie Cris..
- Devis.
- Grazie, Cris Devis. Ti devo molto di più di un passaggio in macchina – continuò, senza staccare le pozze ambrate da quelle azzurre della ragazza, tenendole delicatamente il polso tra le dita lunghe.
Cris cercò di reggere quello sguardo e respirò forte, quasi costringendo sé stessa ad imprimersi bene nella mente il profumo di tabacco e un qualcosa di talmente particolare che poteva appartenere solo ed esclusivamente a quel ragazzo senza nome.
Abbozzò un sorriso, senza lamentarsi della mano fredda che non aveva intenzione di lasciarle il polso così presto. – Adesso tocca te dirmi come ti chiami.
E il ragazzo sorrise, continuando a tenere le iridi ambrate in quelle sue, azzurre. – Zayn Malik – rispose poi e Cris gli regalò un sorriso compiaciuto.
- Buonanotte, Zayn – disse allora lei, godendosi per quei pochi istanti, le dita fredde del ragazzo sul suo polso che (ma forse fu solo una sua impressione) indugiarono nel lasciarla andare.
- 'Notte, bambina – e Cris si voltò di scatto, ormai in piedi sulla strada.
- Anche tu? – borbottò con un mezzo sorriso. – Ma scherziamo? – chiuse lo sportello con un leggero tonfo e Zayn abbassò il finestrino, increspando le labbra in un sorriso sincero che, non solo gli scopriva i denti, ma arrivava anche agli occhi ambra. Sollevò due dita in segno di saluto e poi sfrecciò via, lasciando Cris ferma, sul marciapiede, a guardarlo andare via, con lo stomaco che le faceva un po' meno male e il polso sinistro che ancora bruciava.
***
- Bambolina – chiamò Josh, lanciandole una bottiglia di vodka che Andrea afferrò al volo, praticamente per miracolo.
- 'Fanculo, Josh – fece lei seria, versando l'alcolico dentro un paio di bicchieri che aveva già posizionato davanti a sé.
La musica commerciale che stavano passando era anche troppo alta, ma a lei andava bene così: le piaceva la musica e le piaceva il casino.
Stappò una bottiglia di birra contro il bancone e la versò velocemente dentro un calice prima di farlo correre sul piano in legno, ridendo quando un po' di schiuma bagnò la maglia bianca del ventenne già ubriaco e che le stava guardando le tette.
Fece velocemente due Sex on the beach e altrettanti Long Island, infilando due cannucce scure in mezzo ad alcool e ghiaccio, voltandosi poi di scatto quando una voce roca e forse l'unica che, fino a quel momento, non portava il segno indiscutibile dell'alcool che aveva fatto effetto.
Aveva detto solo "Ehi", ma quello era stato abbastanza perché potesse guadagnarsi l'attenzione di Andrea, o i brividi che -per un solo istante- corsero lungo la sua pelle e che erano ovviamente dovuti al top troppo corto e ai pantaloncini che le abbracciavano le cosce.
– Cosa mi prepari? – domandò non appena gli occhi azzurri di Andrea si soffermarono sulle sue iridi smeraldo, luminose per il sorriso che gli stendeva le labbra rosee, scoprendo una fila di denti bianchissimi.
E -che cavolo- quello si che era un bel ragazzo.
I capelli castani e ricci erano tirati indietro da una bandana chiara e il naso proporzionato sormontava quel bel paio di labbra che erano ancora stese in un sorriso. Aveva le spalle larghe chiuse dentro una camicia azzurra, aperta su una maglia bianca che si tendeva sul petto, lasciando intravedere un paio di tatuaggi che continuavano lungo il braccio sinistro, arrivando fino alle dita lunghe, arricchite da spessi anelli di metallo. Portava una croce argentata che cadeva poco più del collo e si chiese, ancora una volta, cosa ci facesse un ragazzo così bello e sobrio davanti davanti a lei.
Andrea si sporse verso di lui, alzando un angolo delle labbra e lasciando che qualche ciocca bionda potesse finirle davanti al viso. E quella era "Andrea versione caccia" perché mai nella vita, si sarebbe lasciata scappare un flirt con un ragazzo così schifosamente sexy.
Si infilò un dito tra le labbra, avvicinandosi a lui, abbastanza per sentire un inconfondibile odore di erba, alcool e leggero sudore. – Tu cosa vuoi? – domandò lentamente, puntando le mani sul bancone, stirando lievemente le labbra in un leggerissimo sorriso.
Il ragazzo sorrise ancora e il cuore di Andrea ebbe un tuffo alla vista delle fossette sulle guance. – Tequila – rispose, inarcando lievemente un sopracciglio, giocando palesemente al suo stesso gioco.
Andrea continuò a fissare gli occhi nei suoi mentre prendeva la bottiglia trasparente da sotto al bancone. – Bum bum – mormorò, pestando poi la bottiglia tra i loro volti, rivolgendogli un sorriso falso non appena lo vide sussultare. Versò la tequila dentro un bicchierino da shot, rimettendola sotto al bancone e lanciando uno sguardo al resto dei clienti che, ammassati davanti a lei, sembravano pronti a uccidersi pur di avere un po' d'alcool.
Si voltò per poter prendere della vodka, accontentando un paio di ragazzi davanti a lei che stavano ordinando le loro richieste a gran voce. Poi si voltò di scatto quando Liam rise, stappando una bottiglia di vodka e porgendola al bel ragazzo con le fossette. – Non è per te, Hazza. Lei è tosta – affermò, indicandola col pollice e battendo poi il cinque all'amico.
Andrea corrugò la fronte per un istante, riportando poi la sua attenzione verso la bottiglia di Jack Daniel's qualche mensola sopra di lei.
Se tutti gli amici di Liam erano così belli, andare al Coyote Ugly sarebbe stato più piacevole del previsto.
- Cedono tutte davanti alle fossette. Io cedo davanti a un bel culo.
Andrea sorrise, ricomponendosi quando, stringendo la bottiglia di whisky tra le dita della mano destra, si voltò nuovamente verso di lui. – Caspita. Il figlio di papà è uno spudorato gradasso. – Diede un colpo leggero allo stomaco di Liam, strappandogli una risata mentre il ragazzo sistemava un paio di bicchieri da shot in modo che lei potesse versare il whisky. – Con chi esci, Liam? – domandò con scherno, osservando il ragazzo riccio con la coda dell'occhio, senza impedirsi di tremare di soddisfazione non appena lo vide irrigidirsi sotto la camicia costosa.
Il biondo rise ancora, buttando la testa all'indietro e dando un paio di pacche sulla spalla del ragazzo. – Te l'ho detto, amico. È tosta.
Andrea allungò una mano verso un ragazzo troppo ubriaco, prendendo i soldi del whisky, fregandosene di dargli il resto. Sollevò un sopracciglio scuro, lasciando nuovamente che gli occhi azzurri potessero perdersi un po' in quelle iridi smeraldo che, ancora, non parevano essersi riprese dallo shock. – Però, se hai dell'erba, posso passare sopra all'orologio che costa più di questo posto, ai jeans Armani e agli stivaletti in camoscio che con ogni probabilità valgono metà dello stipendio del tuo papà.
Stronza.
Il ragazzo sbarrò le palpebre un po' di più, cercando le iridi nocciola di Liam che però, era tornato a preparare cocktail alla velocità della luce. Il sorriso ormai sparito dal bel volto.
- Bella e stronza.
Andrea trattenne un sorriso, prendendo un altro bicchiere da shot e versandoci dentro un po' di Jack Daniel's che gli porse nuovamente. – E io conosco i ragazzi come te. Da prima che possiate aprire bocca.
***
- Sicura di non volere un passaggio? – domandò ancora una volta Liam mentre uscivano dal locale, sotto a un cielo che, alle cinque del mattino, stava per albeggiare.
Andrea trattenne una risata, girandosi le chiavi della macchina nell'indice. – Ho la macchina, papà – disse smorfiandolo e sorrise, quando il ragazzo le diede una leggera spinta alla spalla.
- Buonanotte, bambolina.
- Buonanotte, idiota.
Liam rise apertamente, andando verso il suo pick-up e rivolgendole un ultimo cenno col capo prima di mettere in moto e partire.
Andrea camminò velocemente lungo il parcheggio poco illuminato, sussultando quando quella stessa voce roca, la fece nuovamente rabbrividire.
- Ehi.
Alzò gli occhi al cielo, fermandosi di colpo e stringendo i pugni lungo i fianchi, chiedendosi che diavolo avesse fatto di male per meritarsi una cosa del genere. E chiedendosi poi, quando lo vide arrivare, sollevando gli occhi chiari verso il suo volto, solamente dopo essersi concessa un'attenta analisi del corpo tonico, se alla fine quel ragazzo potesse davvero essere considerato il male.
La sovrastava di almeno una ventina di centimetri e, osservando le spalle larghe strette sotto al tessuto leggero della camicia, si chiese se non fosse il caso di lasciar perdere la classe sociale e portarselo comunque a letto.
- Giuro che ti denuncio per stalking – disse invece, puntandogli le chiavi della macchina contro al petto,facendolo ridere. Aveva una bella risata e Andrea strinse il pugno attorno al metallo freddo, aprendolo di colpo quando il palmo prese a pulsare. – Sono seria. – affermò, strappandogli l'ennesima risata, chiedendosi se le fossette fossero sulle sue guance anche in quel momento.
Sbuffò, dandogli le spalle e camminando verso la macchina, ignorando i passi affrettati alle sue spalle che, in altre circostanze, le avrebbero anche fatto paura. La consapevolezza che quel bel ragazzo alto fosse amico di Liam, fu abbastanza per farla stare tranquilla per quanto, comunque, non appena delle dita lunghe si chiusero attorno al suo polso, voltandola e spingendola contro lo sportello della 500, si arrabbiò comunque.
Con stessa.
Perché quel corpo caldo e tonico premuto contro al proprio, non poteva farle davvero schifo.
– Io non esco con i ragazzi come te. – Disse con un mezzo sorriso, lottando contro tutti gli istinti che le suggerivano di aprire le mani piccole contro al petto tonico.
Forse, un'eccezione poteva anche farla. Aggiungere un ragazzo come lui alla lista di drogati che si era ostinata a portarsi a letto sarebbe stata una bella conquista.
E poi, aveva un buon profumo.
Misto ad erba e fumo, ma era comunque buono.
Chiuditi la bocca.
- I ragazzi come me? Quelli con l'ultimo modello di Iphone uguale al tuo? O con gli scarponcini che costano quanto le tue Doctor Martens? O con i jeans che sono Armani esattamente come i tuoi?
Beccata.
- Cosa vuoi da me? – domandò invece, stringendo i pugni lungo i fianchi non appena le mani del ragazzo si fermarono contro la parte bassa della sua schiena, aprendosi sulla pelle scoperta.
Il ragazzo inclinò la testa e, per quanto desse le spalle alla luce dei lampioni, Andrea vide comunque le fossette sulle guance. – Il tuo nome. Io sono Harry.
La bionda sollevò le sopracciglia, buttando la testa all'indietro per un solo istante, prima di riportare lo sguardo nel suo, cercando le iridi verdi e sfiorando i tatuaggi sul braccio sinistro, scoperti dalle maniche della camicia che aveva arrotolato sopra il gomito.
– Mi hai aspettato fino alla chiusura del locale, seguita e schiacciata contro lo sportello della mia macchina, solo per sapere il mio nome? – domandò stranita, corrugando la fronte e chiudendo le mani a pugno quando, mosse da non sapeva neanche a lei cosa, tentarono di poggiarsi contro al suo petto caldo.
Il ragazzo -Harry- roteò le dita contro la sua pelle nuda, regalandole un sorriso che Andrea non riuscì a vedere bene quanto avrebbe voluto. – Si.
Una risata le sfuggì dalle labbra prima che riuscisse a trattenerla, aprendo poi le mani sul petto di Harry solo per poterlo spingere via. Non fu necessario applicare molta pressione perché, non appena lui intuì il suo volere, mosse un passo all'indietro. – Ma chi diavolo sei? – domandò in un sussurro stranito, aprendo lo sportello della sua macchina senza sedersi.
– Sono Harry. E tu chi sei?
E Andrea rise ancora una volta, genuina, corrugando la fronte quando si rese conto di quello che era appena successo. Si passò una mano tra i capelli biondi e poi si sedette al sedile del passeggero, chiudendo la portiera ed infilando le chiavi nel quadrante. Mise in moto in pochi secondi, abbassando il finestrino e dando la possibilità ad Harry di poter poggiare i gomiti sopra allo sportello.
– La prossima volta, mi dirai il tuo nome. – Disse deciso e Andrea sorrise, ingranando la marcia.
– Non contarci, figlio di papà. – Rispose, un attimo prima di premere il piede sull'acceleratore, guidando via, maledicendosi quando cercò la figura del ragazzo dallo specchietto retrovisore. E sorrise alla vista di Harry -il figlio di papà- che invece di spingerla contro la sua macchina per baciarla, le aveva solo chiesto il nome.
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