Capitolo 2 - One and the same
Cris aprì gli occhi e ci mise qualche secondo a capire che non era più nella sua anonima stanza in Connecticut, ma era in quella camera dalle pareti verde chiaro, con una finestra abbastanza grande da permettere alla luce del sole di illuminare dolcemente il tappeto davanti ai letti,facendola automaticamente sorridere.
Prese il telefono malandato da sopra il comodino e sbatté gli occhi un paio di volte prima di riuscire a leggere l'ora chiaramente: le 9.45. E lei voleva andare a fare colazione in uno Starbucks di New York,obbligatoriamente.
Voltò il capo verso Andrea e sorrise davanti ai capelli biondo cenere sparsi sul cuscino e alla coperta che nascondeva quasi tutto il capo. Si alzò dal letto con un po' di fatica, poggiando i piedi scalzi sul pavimento un po'freddo prima di prendere la rincorsa e buttarsi sul letto della migliore amica con un urlo.
- Forza, tesoro! Voglio andare a fare colazione fuori! – trillò, togliendole le coperte da sotto al capo, facendola sussultare e imprecare con la voce ancora roca per essersi appena svegliata.
Si mise seduta a fatica, i capelli scompigliati davanti al volto e il segno del cuscino su una guancia magra che fece ridere Cris di gusto. – Dimmi Devis, in che lingua ti devo mandare affanculo?
La castana fece finta di pensarci, mettendo un dito sotto al mento. – In mandarino. – Le scosse ancora le coperte, facendo grugnire Andrea che ricadde pesantemente sul materasso. – Voglio fare colazione fuori! Alzati, daaaai.
Andrea sbuffò ancora e poi le diede un calcio, facendola alzare e ridere mentre si dirigeva verso l'armadio per prendere quel po' di vestiti che aveva già sistemato. Si sedette poi sul bordo del letto, toccando con i piedi per terra, passandosi una mano tra capelli biondi ad occhi chiusi.
Cris rise ancora, guardandola e Andrea le mostrò il terzo dito con un grugnito prima di strascicare i piedi verso il bagno, chiudendosi la porta alle spalle.
La castana sorrise, posando sulle coperte la gonna a sbuffo azzurra e una camicetta bianca senza maniche, con lo scollo elaborato elaborato. Frugò nella valigia per prendere dei tacchi panna e comodi e poi si diresse verso l'armadio di Andrea, scegliendo i vestiti anche per lei.
***
- Ho sonno – si lamentò Andrea mentre camminavano verso il centro della città, sotto a un sole incredibilmente caldo per le dieci e mezzo del mattino.
Cris rise, buttando la testa all'indietro, finalmente felice di avere dei tacchi ai piedi e che la facevano realmente stare comoda. – Ti offro la colazione.
- Mi sembra il minimo – disse la bionda come se fosse ovvio, facendo nuovamente ridere la migliore amica. Voltò il capo verso una vetrina che stavano costeggiando e si lasciò scappare un sorriso, notando per l'ennesima volta quanto lei e Cris fossero diverse. Se l'amica era in gonna, camicetta e tacchi, lei aveva le solite Doctor Martens, dei pantaloncini a vita alta scuri e una canottiera larga e grigia, che lasciava intravedere la fascia che aveva messo sopra al reggiseno. Scosse la testa, tornando a fissare la strada davanti a sé, riprendendo a chiacchierare con Cris.
Alla fine, ne era certa, non poteva esserci combinazione migliore di loro due.
***
Erano in fila da almenodieci minuti, ed erano almeno dieci minuti che Andrea borbottavaimprecazioni, battendo nervosamente un piedea terra. Che se quellopotesse essere abbastanza per far lavorare i già oberati baristideitro al bancone. Quando si voltò verso di lei, Cris trattenne unarisata, regalandole comunque un sorriso.
- Se questi stronzi non si muovono, sfondo la vetrina e il muffin me lo prendo da sola. – Ringhiò la bionda e a quel punto, Cris rise sul serio, attirando l'attenzione di un paio di clienti vicino a loro.
Come se l'avessero sentita, una cameriera bionda che avrà avuto pressapoco la loro età, con una polo nera e un grembiule verde, si sporse oltre il bancone, richiamando la loro attenzione con un braccio sollevato.
Come promesso, Cris pagò due cappuccini piccoli, pancakes col cioccolato e un muffin alla vaniglia e, appena rimise il portafoglio nella borsa chiara, camminarono verso la fine del bancone, aspettando che le loro ordinazioni fossero pronte.
- Oggi quindi inizio a lavorare? – domandò Andrea con un mezzo sorriso, osservando il bel locale con le pareti scure e gli infissi in legno, ignorando la musica orrenda che avrebbe volentieri fatto cambiare.
- Se ti prendono – frecciò Cris con le sopracciglia alzate e un sorriso sardonico sul bel volto.
- Stai parlando con Andrea Walker, bambina. Io vinco sempre.
Cris abbozzò una risata, spostando il peso sulla gamba destra quando il ragazzo magro con i capelli scuri dietro alla macchinetta del caffé, chiamò i cappuccini e i suoi pancakes. La castana prese tutto, voltandosi poi verso Andrea per porgerle il bicchiere tiepido e in carta bianca. – Che modesta – la beffeggiò, cominciando a camminare verso uno dei tavolini esterni.
- È una delle mie doti migliori.
***
Forse non si sarebbero mai abituate a New York. E alla consapevolezza che -cavolo- tutto era più grande, più luminoso e più bello. Sembrava di essere in un universo lontano anni luce da quello schifo di Connecticut. Sembrava di essere fuggite via dall'altra parte del globo, e non a sole dueore di distanza.
Andrea si accese una sigaretta mentre camminavano e chiacchieravano tranquille,spostandola nella mano sinistra quando, non appena le raggiunse le narici, Cris storse impercettibilmente il naso.
Era ormai chiaro ad entrambe che, seppur fossero le undici e mezzo di sabato mattina, New York continuava a detenere il primato di città più frenetica e caotica del mondo.
Correvano tutti da una parte all'altra, stringendosi borse o valigette importanti, come se stessero sfidando il tempo in persona per chissà quale motivo.
I clacson suonavano spesso e gli autisti gridavano con altrettanta frequenza, sporgendo mezzo busto fuori dal finestrino perché la loro voce potesse essere ulteriormente sentita.
Erano in pochi quelli checamminavano alla stessa velocità di Cris ed Andrea e, molte erano anche le persone che giravano con un cane nella borsetta, con scarpe dai colori assurdi, senza aver paura di essere giudicate.
***
- Come hai intenzione di vestirti per oggi? – domandò Cris, lasciandosi cadere sul divano accanto all'amica che stava facendo zapping tra i canali con un panino al tonno stretto nella mano destra, il leone tatuato sull'indice ben visibile da dov'era seduta la castana.
- Esattamente così – affermò Andrea, smettendo di cambiare canale appena trovò mtv.
Cris storse leggermente il naso, dando un morso al panino con l'insalata che si era fatta pochi minuti prima, annuendo un paio di istanti dopo. – In fondo sei in un pub. – Poi spalancò gli occhioni azzurri, stringendo il panino quasi spasmodicamente. – E io?! – esclamò poi, facendo sussultare Andrea al suo fianco che imprecò tra i denti, strappandole un sorriso. – Io come mi vesto? – domandò la castana, gli occhi da cerbiatta impregnati di terrore palpabile.
Andrea si liberò in una risata sarcastica, buttando la testa all'indietro, fissando poi gli occhi della migliore amica con finta durezza. – Sei seria? Hai talmente tante camice e gonne dentro l'armadio che potresti aprirti un negozio.
Cris si abbandonò all'ennesima risata, canticchiando la canzone che stavano passando alla tv, con l'ombra di un sorriso sulle labbra rosee e le gambe nude incrociate sui cuscini bordeaux del divano. – Dobbiamo vedere ancora così tanti posti – disse con una punta di preoccupazione nella voce dopo aver ingoiato un morso di panino. – Brooklyn, il Rockfeller Centre, Soho, la Statua della Libertà.. – elencò, gesticolando e se Andrea non l'avesse interrotta, con ogni probabilità non si sarebbe neanche fermata.
- Abbiamo tutta la vita per farlo – disse, voltandosi verso di lei e mettendole una mano sul ginocchio per un paio di secondi, prima di dedicare nuovamente l'attenzione al panino che aveva tra le mani, e alla pubblicità che era appena partita e che sarebbe durata senza dubbio più di dieci minuti.
***
Cris era senza dubbio più emozionata di Andrea mentre si dirigevano verso il pub che avevano trovato su internet e che cercava una barista.
Era l'una e mezza di notte e si erano categoricamente rifiutate di avventurarsi senza macchina tra le via incredibilmente vive di New York.
Si fermarono davanti alla porta a vetri del pub, fissando l'interno che mostrava uno spazio suggestivo e in legno, pieno zeppo di ragazzi ammassati per la maggior parte al bancone chiaro. Ridevano quasi tutti e anche se la musica era abbastanza alta da coprire il resto dei rumori, non ci volle molto a capire che per la maggior parte stavano urlando.
Due ragazzi lavoravano frenetici dietro al bancone, prendendo alcolici dalle mensole alle loro spalle e facendo drink velocemente, con sorrisi stampati sul volto e le bocche che si muovevano per chissà quale motivo.
- Andiamo – disse Andrea decisa, aprendo la porta del locale e lasciandosi investire dall'odore misto di alcool, sudore e fumo. La musica e le voci erano ancora più alte all'interno e sorrise, aspettando che Cris potesse affiancarla.
- È senza dubbio il tuo mondo – constatò la castana, facendo sorridere l'amica. – Vai e prendili tutti a calci in culo – augurò Cris con un sorriso, sgusciando tra corpi sudati per poggiare un gomito al bancone.
Era senza dubbio una fortuna che avesse deciso di mettersi in pantaloncini e All Star.
Andrea arrivò al bancone con un po' di difficoltà e cercò lo sguardo del ragazzo dai capelli color miele tagliati a spazzola e un accenno di barba. Il modo di muoversi e di parlare al ragazzo riccio e biondo accanto a lui, le avevano suggerito fosse almeno il figlio del proprietario e lei non aveva intenzione di sprecare altro tempo.
- Che vuoi bambolina? – le urlò con voce incredibilmente sexy, fissando gli occhi castani in quelli azzurro chiaro di Andrea che, senza dubbio, se non fosse stata immune alla magia dei maschietti, sarebbe caduta ai piedi di quel ragazzo dal fisico atletico in qualche istante.
- Vi serve una barista. Io voglio essere quella barista. – Fece decisa, alzando la voce per farsi sentire oltre la musica alta e le urla dei clienti.
Il ragazzo la guardò leggermente scettico e le labbra piene si incresparono in un sorriso. Il petto coperto da una t-shirt bianca vibrò per l'accenno di una risata e Andrea lottò contro il primo istinto di togliersi una Doctor Martens per tirarglielo su quel bel visino sexy. – Sai fare drink? – domandò, sporgendosi verso il suo orecchio e farsi sentire.
Andrea rise sarcastica. Cris aveva ragione, neanche si era preoccupato di chiederle l'età. – No, voglio fare la barista perchè mi piacciono le divise.
Gli occhi del ragazzo si illuminarono quando sorrise, scoprendo i denti. Le fece un cenno del capo. – Vieni qui – le gridò e le labbra di Andrea si incresparono in un ghigno furbo mentre puntava le mani sul bancone alto e saltava dall'altra parte senza difficoltà.
I ragazzi vicino a lei gridarono in apprezzamento e la bionda fu quasi certa che se avesse avuto Cris davanti, l'avrebbe vista ridere come al solito.
- Lui è Josh – disse il ragazzo biondo miele, indicandole il ragazzo riccio e ben piazzato che le rivolse un cenno del capo, prima di sorridere e continuare a fare velocemente drink. – Fammi vedere che sai fare, bambolina – ghignò.
Andrea roteò gli occhi azzurro chiaro al cielo e si alzò sulle punte per arrivare all'altezza dell'orecchio del ragazzo. – Se mi chiami ancora bambolina, la bottiglia di vodka non verrà svuotata nei bicchieri – e poi sorrise nuovamente sarcastica, ignorando la risata del ragazzo che si poggiò al lavandino dietro di loro a braccia incrociate, deciso a osservare quella ragazza all'opera.
- Tesoro, facci qualche shot! – gridò un ragazzo palesemente ubriaco, sporgendosi verso il bancone.
- Una birra – fece un altro.
- Fanne due.
- Quattro Sex on the Beach e due Long Island.
Andrea pensò di non aver mai mosso la testa così velocemente e il ragazzo che la guardava dal bancone sorrise, certo che sarebbe impazzita. Si sorpresa quando, alla velocità della luce, la bionda prese cinque bicchieri di shot, facendoli girare e cadere dritti sul bancone.
Andrea si girò velocemente, prendendo la bottiglia di vodka alle sue spalle e la roteò velocemente tra le dita, ridendo prima di serrare la presa di colpo quando il beccuccio fu sopra il primo bicchiere, versando l'alcolico velocemente e senza pause.
Versò velocemente due bottiglie di birra nei calici, stappandole contro il bordo del bancone e – al volo! – urlò divertita, facendole strisciare lungo il bancone bagnato una dietro l'altra verso i ragazzi, che risero.
Andrea sculettò a ritmo della musica prima di piazzare pesantemente i bicchieri di vetro sul legno chiaro del bancone. Li riempì di ghiaccio in pochi secondi, versando succo di frutta, tequila e rum dov'era necessario. Ci infilò dentro le cannucce nere e il ragazzo riccio, Josh, si fermò di colpo da quello che stava facendo, guardandola a bocca aperta.
Quando Andrea notò che i ragazzi che aveva servito se ne stavano per andare, afferrò uno di loro per il bavero della t-shirt scura, tirandolo verso di sé e sporgendosi oltre il bancone. - Ricordati di pagare, amore! – urlò e i ragazzi, accalcati sul bancone, gridarono, portando le braccia verso l'alto, ubriachi ed euforici.
Cris rise. Andrea aveva il posto assicurato ma, alla fine dei conti, non aveva mai avuto alcun dubbio.
- Biondo, al volo! – esclamò Andrea con un sorriso, facendo voltare Josh verso di lei e lanciandogli un bicchierino da shot che lui prese al volo con un sorriso, prima di tirare un bottiglia di Jack Daniel's nella sua direzione.
Andrea la afferrò con le mani scivolose, versandola velocemente nei bicchieri che aveva davanti prima di portarsi la bottiglia alle labbra e buttando giù whisky come se fosse acqua.
Prese una bottiglia di birra da sotto al bancone, inclinando la testa all'indietro e sputando dentro il whisky, sorridendo euforica quando i ragazzi davanti a lei urlarono ancora, ignari del giochetto che aveva appena fatto.
Lanciò un'occhiata a quello che doveva essere il suo principale e lo vide scuotere la testa con un sorriso mentre continuava a osservarla con le braccia incrociate.
Tornò poi a dedicare la sua attenzione ai clienti davanti a lei e preparò tequila appena le venne richiesta, lanciando lo spicchio di un limone che il ragazzo brillo difronte a lei prese per miracolo.
Afferrò velocemente una bottiglia di vodka alla menta che le aveva appena lanciato Josh e la lanciò verso l'alto, fermandola appena il collo fu rivolto verso i bicchieri che riempì in pochi istanti, sostituendoli subito con altri appena quelli furono portati via dai rispettivi proprietari.
Fece altri shot e uno lo buttò giù, stavolta senza sputarlo e scosse la testa con un sorriso radioso, godendosi le urla di quegli affamati e che -lo sapeva- non avevano tolto lo sguardo dalla pancia lasciata nuda dal top e il sedere stretto nei pantaloncini scuri.
- Liam Payne – disse il ragazzo biondo miele, facendola voltare verso di lui con una mano tesa che Andrea fissò per qualche secondo. – Benvenuta al Coyote Ugly.
Andrea gli strinse la mano, sollevando un angolo delle labbra in quello che doveva essere un mezzo sorriso furbo. – Andrea Walker, felice di avere un lavoro.
***
Cris girò sotto al cielo notturno di New York, attaccandosi poi al braccio dell'amica e barcollando leggermente per l'euforia. – Sei stata formidabile! –esclamò radiosa e Andrea si abbandonò a una delle rare risate.
- Ci so fare, bambina. – La prese in giro mentre andavano verso la loro 500.
- Sono così felice – disse Cris sincera, lasciandosi cadere dal lato del passeggero.
Andrea rise ancora, inserendo le chiavi nel quadrante nell'auto e realizzando che fossero le quattro e mezzo del mattino. E lei non era mai stata più sveglia. – Anche io. Prendo duemila dollari al mese – confessò, facendo gridare Cris per la felicità mentre inseriva la retromarcia e premeva gradualmente l'accelleratore. – Un barista prenderebbe di più, ma considerato che sono minorenne e che lavoro in un pub, non voglio lamentarmi affatto. – Andrea sorrise, passandosi una mano tra i capelli prima di immettersi nel traffico newyorkese. – Adesso tocca a te portare i soldi alla baracca.
E l'espressione di Cris si adombrò leggermente seppur un leggero sorriso continuasse a sopravvivere sulle sue labbra. – Speriamo vada bene – mormorò, fissando le luci della città e la strada trafficata anche a quell'ora. Andrea le tirò un pugno alla spalla, facendola gemere, riportando subito dopo la mano al volante. – Non dire cazzate. Andrà sicuramente bene. Sei talmente perfettina che otterrai il lavoro solo perché ti vesti bene.
E suo malgrado, Cris rise, poggiando la nuca al sedile beige dell'auto. – Mi auguro tu abbia ragione.
- Io ho sempre ragione, bambina. Vedi di non scordarlo. E poi non mi contraddire, oggi ho trovato lavoro! – esclamò felice, facendo nuovamente ridere l'amica.
- Uno a zero per te – esalò tra le risate, alzando le mani davanti al petto in segno di difesa.
***
La mattina dopo, nessuna delle due amiche diede segni di vita fino a mezzogiorno. Tra una cosa e l'altra erano tornate a casa alle cinque ed erano rimaste a chiacchierare in soggiorno, davanti a una tazza di thé freddo che veniva continuamente riempito, fino alle sei.
Alla fine, i risultati sei ore dopo erano due facce da zombi e borse sotto gli occhi che a quelle delle spesa facevano barba e capelli.
Andrea si trascinò in salotto, con i capelli biondo cenere arruffati che le cadevano davanti agli occhi semichiusi senza disturbarla abbastanza perché li togliesse mentre Cris, in cucina già da qualche minuto, si muoveva tra i fornelli alla cieca, evitando gli spigoli praticamente per miracolo.
Andrea grugnì quello che doveva evidentemente somigliare a un buongiorno e Cris fece la stessa cosa, seppur riuscì a trovare le forze per un sorriso stanco.
La bionda si coricò sull'isola di marmo della cucina, seppellendo la testa tra le braccia.
Cris mise l'acqua nella pentola, decisa a fare degli spaghetti con i sughi già pronti che avevano comprato due giorni prima.
- Ho sonno – borbottò Cris e Andrea non si sprecò neanche ad alzare la testa dalle braccia, limitandosi a un soffocato:"ma non mi dire".
***
- Andrea! – chiamò a gran voce Cris e la ragazza corse in camera, slittando sul pavimento fresco nonostante i trenta gradi esterni.
- Che c'è? – domandò trafelata, trovando la migliore amica sepolta per mezzo busto dentro il suo armadio, con un trilione di vestiti sparsi accanto a lei.
- Che cosa mi metto per stasera? – strillò, raddrizzando la schiena di colpo e facendo volare quelli che somigliavano moltissimo a una camicetta bianca e un paio di jeans scuri.
Andrea alzò la mano davanti a Cris che interruppe il suo monologo disperato per guardarla confusa. Estrasse il suo Iphone bianco dalla tasca, volgendo lo schermo illuminato e con una loro foto come sfondo alla castana. – Cioé, tu mi vuoi dire che sono le cinque del pomeriggio e stai già scegliendo cosa metterti per stasera alle otto? – Cris annuì un paio di volte con foga e Andrea scosse la testa, infilandosi nuovamente il cellulare nella tasca posteriore dei pantaloncini in jeans. – Tu hai qualche deficit mentale per l'assenza di neuroni.
E Cris si limitò a una risatina prima di entrare nuovamente nel più totale panico. – Che cosa mi metto?! – domandò con voce stridula, facendo sospirare l'amica che si passò una mano tra i capelli, certa che ormai la castana fosse un soggetto irrecuperabile. – Non ho nulla! – esclamò sull'orlo di una crisi isterica, tuffandosi nuovamente dentro l'armadio e facendo volare via altri vestiti.
Andrea si sedette sul suo letto vicino alla finestra, fissando l'amica e aspettando fino a che punto sarebbe arrivata con lo stress, ma quando si fermò di colpo, lo stomaco le si contrasse per la paura. Gli occhi azzurri di Cris andarono a scontrarsi con i suoi e le labbra rosee si aprirono in un sorriso che preannunciava caos.
- Scordatelo – decise Andrea categorica, scuotendo la testa. – Non se ne parla neanche, Devis.
Cris gettò a terra gli ennesimi vestiti che aveva in mano, andando verso l'amica e congiungendo le mani in segno di preghiera. – Mi vedi! Sono disperata e non ho nulla da mettermi!
Andrea sollevò le sopracciglia scioccata, alzandosi e andando verso il caos che aveva creato Cris in pochi attimi. – Ma stai scherzando? Hai talmente tanta roba che potresti aprirti un negozio! – si chinò sul letto, prendendo una gonna nera a tubino a vita alta e una camicetta bianca in raso. – Con questi sarai perfetta – disse, lanciandoglieli e abbozzando un sorriso davanti alla figura di Cris che stava valutando se fosse il caso di dare retta alla migliore amica o no.
Ci pensò su per un attimo mentre osservava gli abiti eleganti e poi sollevò lo sguardo, sorridendo ad Andrea che liberò un sospiro di sollievo. – Si, questi saranno perfetti – li piegò ordinatamente sul letto, infischiandosene del caos al quale avrebbe rimediato più tardi, – ci guardiamo un film?
***
Cris decise di farsi una doccia lunga mezz'ora, con l'acqua calda abbastanza perché potesse cancellare il suo stress almeno per un po'. Era stata davanti allo specchio del bagno con un asciugamano attorno al corpo, phon e spazzola tra i capelli per talmente tanto tempo, che le braccia le facevano quasi male, ma aveva bisogno che i suoi capelli fossero perfetti. Optò per tirarli in una crocchia alta, castana e ordinata e poi si sporse verso lo specchio, dandosi una precisa passata di mascara ad allungare lo sguardo da cerbiatta.
Indossò gonna a vita alta scura, infilando la camicetta a maniche corte al suo interno,dandosi poi un'ultima occhiata e uscendo in salotto.
Andrea era a gambe incrociate sul divano che guardava uno di quei talk-show da quattro soldi, indossando dei pantaloncini da casa e una canottiera, ma si sporse verso di lei, oltre lo schienale del sofà per fischiare,battendo la mani un paio di volte.
- Sei bellissima. Vedrai che ti assumono solo per come sei vestita – disse sicura, facendo ridere l'amica che decise di non guardarsi ancora una volta allo specchio perché -era certa- avrebbe trovato l'ennesima cosa fuori posto.
- Lo spero – sorrise ad Andrea che le risolve quello sguardo così caldo e così da Andrea, che il peso che aveva al petto si alleggerì di colpo. – Tu che fai per cena? – disse, mettendo le chiavi di casa, il portafoglio e le chiavi della macchina dentro la borsa scura.
Andrea fece spallucce, tornando a guardare il talk show assurdo e che non stava neanche seguendo sul serio. – Mi sono ordinata una pizza dato che hai deciso di abbandonarmi e il mio turno al Coyote Ugly inizia all'una e mezzo.
Cris annuì un paio di volte, facendo training autogeno per non svenire e Andrea le rivolse un'occhiata, trattenendo una risata tra le labbra.
- Io sto andando. Dimmi buona fortuna – fece la castana con un po' di nervosismo, andando verso la porta a passo spedito nonostante i tacchi alti e scuri.
- Farai il culo a tutti, ne sono certa – le rispose Andrea sicura, rivolgendole uno dei tanti e rari sorrisi e quando Cris andò ad aprire la porta, finalmente rassicurata, un ragazzo più grande di lei di qualche anno, con una pizza in mano e un capello da baseball scuro era in procinto di suonare il campanello.
- Buonasera – sorrise Cris, alzando gli occhi al cielo quando lo sguardo scuro del ragazzo corse lungo la sua figura snella. – Andrea, la pizza – annunciò, guardando il ragazzo scettica prima di muovere il primo passo verso il corridoio.
- No, non facciamo cose a tre. Mi dispiace. – Sentì Cris, scoppiando a ridere lungo il corridoio che l'avrebbe portata all'ascensore, immaginandosi soltanto la faccia di quel povero ragazzo.
Quando parcheggiò la 500 davanti al locale elegante che portava l'altrettanto elegante nome di"Glam Capri" prese un respiro, prima di scendere dall'auto spenta.
Si fermò davanti alle porte a vetri scuri che mostravano il suo riflesso e, prima che potesse scovare l'ennesima imperfezione persino in quel modo, aprì la porta del locale, lasciandosi invadere da un profumo di pulito misto a quella che le sembrò lavanda, mentre nell'aria aleggiava musica classica a basso volume.
Sulla destra, dietro un bancone nero ed alto, lavorava una donna con la sua stessa pettinatura e ricordò il volto rassicurante di Andrea prima di camminare decisa verso di lei, tenendo d'occhio le belle unghie laccate di rosso come se potessero realmente nuocere.
- Ha prenotato un tavolo? – domandò la donna, sollevando lo sguardo verso di lei e trapassandola con i suoi occhi verde bottiglia.
- Sono Cristal Devis. Ho chiamato ieri per il posto da cameriera.
E la donna la guardò curiosa, alzando un angolo delle labbra. – Sei la diciottenne di ieri sera, vero?
- Si. Mi sono diplomata meno di una settimana fa in Connecticut e ho già esperienze in questo settore.. – accennò, chinandosi verso la borsa per togliere fuori il curriculum e la pagella. Quando sollevò nuovamente lo sguardo sulla donna, stringendo tra le mani tutte le scartoffie che le sembravano importanti, il cuore saltò di un battito nel notare la sua espressione annoiata. E l'espressione annoiata non era mai un buon segno. – E io..
La donna trattenne uno sbuffo ma la schiena, prima drittissima, si piegò leggermente. – Tu pensi che io abbia realmente bisogno dell'ennesima bambina di turno? Dell'ennesima piccola e fragile diciottenne che viene a New York in cerca di fortuna? – sorrise sarcastica, poggiando entrambi i gomiti al bancone. – Non mi interessa se hai esperienza o se sei uscita da scuola con una bella schiera di A. Non mi interessa se sei stata presa alla Columbia – disse, accennando a quello che aveva letto dal curriculum che Cris stringeva nella mano destra. – Mi interessa perché dovresti essere tu, tra le tante, ad avere questo lavoro. Mi portano tutti e tutte una bella schiera di A e qualche altra raccomandazione. Ma perché – continuò, sporgendosi verso di lei, – dovrei prendere proprio te?
Cris deglutì. Se fosse stata Andrea, avrebbe risposto con la solita caparbietà, con la solita spigliatezza e con quella dose di sarcasmo che conquistava sempre tutti. Se fosse stata Andrea, avrebbe avuto quel lavoro dal momento stesso che sarebbe entrata in quel bel ristorante luminoso.
Ma lei era Cris. E si comportò da tale.
- Perché io non sono venuta a New York per cercare fortuna. Sono venuta a New York per scappare. Sono venuta a New York nella speranza di trovare un posto che fosse tanto forte e tanto incasinato quanto me. – Sorrise, ficcando il curriculum dritto in borsa. – Ho cambiato la mia vita, e adesso sono qui, con dei vestiti scomodi e delle scarpe nuove che mi stanno facendo male i piedi. È tutto nuovo, ma so che è il mio posto. E se lei non vorrà darmi questa possibilità, a me va bene comunque. – Allungò una mano oltre al bancone, stringendo quella fredda della donna per qualche secondo. Ignorò il dolore al petto e continuò a sorridere, stringendo il pugno sinistro lungo il fianco. – è stato un piacere conoscerla.
La donna la scrutò ancora, guardandola voltarsi e camminare velocemente verso la porta. – Devis. – La richiamò, spingendola a voltarsi di scatto, ignorando il cuore che -maledetto- batteva nel petto talmente forte che, per un solo istante, Cris pensò potesse esplodere. – In cucina.
Oh mio dio.
Si voltò, ignorando il cuore che batteva ancora troppo forte, o lo stomaco che si contorceva, impazzito.
Le aveva dato una possibilità.
La guardò per un altro paio di secondi e poi camminò verso di lei, concentrandosi sul ticchettio delle sue scarpe per non impazzire. Seguì la figura snella della donna oltre la sala popolata da commensali un po' snob fino a che non arrivarono davanti alle porte pesanti della cucina.
E se, fino a quel momento, la musica classica e un piacevole brusio avevano invaso le orecchie di Cris, non appena entrò nella cucina bianca ed enorme, venne travolta da un caos di pentole, posate e piatti posati malamente sul bancone. Da urla, battute ed imprecazioni ben lunghi da essere anche un po' simile all'elegante atmosfera della sala. E, a quella consapevolezza, non trattenne affatto un sorriso.
- Stuart – chiamò la donna e un uomo in giacca e cravatta che sembrava stressato abbastanza per tutti i camerieri, le andò incontro, asciugandosi la fronte sudata e olivastra.
- Siamo oberati, Janice. Che c'è?
Nome di merda.
- Questa è Cristal Devis. La ragazza che ha chiamato ieri per la prova. – La annunciò e poi si fece di lato, lasciando la ragazza in completa balia degli occhi scuri dell'uomo.
Ah? Prova?! Non doveva essere un colloquio?
Lui la osservò. Osservò la figura snella e le gambe magre e dritte fasciate fin quasi al ginocchio dalla gonna a tubino nera.
Osservò la camicia bianca che mostrava dolcemente le sue forme.
Osservò gli occhi truccati e il viso pulito e annuì un paio di volte.
- Al lavoro, muoviti. Ti voglio al tavolo cinque. Se mi mandi via quei clienti sei fuori in meno di tre minuti. Non hai niente con cui prendere appunti, spero che la tua memoria sia buona quanto il tuo profumo. – La prese per gli avambracci, facendola voltare verso la sala, spingendola.
Cris incespicò sui tacchi e quando stava per rispondere in malo modo, fu costretta a piombare nel silenzio.
Gli occhi di alcuni commensali si fissarono su di lei per qualche attimo prima che le sue iridi azzurre potessero sondare la sala in cerca del tavolo cinque. Lo trovarono al centro, sotto a un imponente lampadario di cristallo.
Il tavolo tondo era coperto da una tovaglia bianca che cadeva fino a terra, e le sedie eleganti ospitavano persone che sembrava avessero un bastone nel sedere per stare con la schiena così dritta.
Cris non aveva la più pallida idea di che cosa fare. Si era aspettata che le dessero almeno uno straccio di menù per sapersi orientare e, escludendo le basi che aveva per aver praticamente vissuto a casa Walker dai quindici anni e per il lavoro al fast food in Connecticut, sarebbe stata più nel panico di quanto già non fosse.
Si maledisse un paio di volte per non aver preso in considerazione quella biblioteca vicino alla quinta strada, andando verso il tavolo ed interrompendo le chiacchiere moderate dei commensali. Congiunse le mani all'altezza del suo bacino e ignorò volutamente un cameriere biondo di qualche anno più grande di lei che la stava guardando.
Sorridi. – Buonasera, signori. Benvenuti al Glam Capri. Sapete già cosa desiderate? – domandò, notando i menù eleganti e plastificati al centro del tavolo.
Un uomo sulla quarantina anche troppo in tiro, attirò l'attenzione di Cris con un tono talmente tanto altezzoso che la castana dovette lottare per continuare a mantenere il solito sorriso.
La mente di Cris entrò in tilt quando ognuna delle otto persone sedute al tavolo ordinò un cibo diverso l'uno dall'altro. Tagliata di carne di là, caviale di là:"voglio anche una spruzzata di rosmarino sul mio tartufo".
Cris nascose il tremore alle mani e un paio di bestemmie che stavano per scivolare fuori dalle sue labbra come acqua, e prima che potesse entrare in cucina senza ricordarsi neanche una di quelle costose ordinazioni, il cameriere biondo che la stava guardando le posò una mano sul braccio, facendola voltare verso di lui.
- Ciao – sorrise con un accento che Cris identificò solo dopo come irlandese. – Sei nuova? – domandò, anche troppo bello dentro quei pantaloni scuri che cadevano alla perfezione sulle gambe atletiche e la camicia bianca e il gilet sopra che accentuavano il fisico snello.
Cris inclinò la testa, osservando le iridi azzurre simili alle sue e i lineamenti da bambino che parevano non voler lasciare spazio al ventenne che tentava di venir fuori. Il sorriso era cordiale, le labbra rosee e i capelli biondi col ciuffo tirato all'insù erano palesemente tinti, ma evitò di farlo notare.
- In prova – rispose, stabilendo che quel ragazzo dai grandi occhi cielo le piacesse. – E sto già impazzendo. Avevo il tavolo cinque e in questo posto, usare qualcosa per prendere ordinazioni è evidentemente fuori moda – mormorò, piegando la schiena che era stata ben dritta fino a quel momento.
- Un piccolo consiglio – disse con un sorriso che era un misto tra il dolce e il comprensivo. – I piatti in tutto sono cinque, che poi loro li vogliano conditi in modi tutti strani è un'altra storia. Ma ricordati, i piatti sono cinque e con ingredienti uguali a due a due. Appena vai in cucina, leggiti il menù, vedrai che ricorderai più facilmente – e sorrise ancora davanti alla sue espressione grata, porgendole subito dopo una mano morbida. – sono Niall, comunque.
- Cristal. E a quanto pare ti devo il lavoro – scherzò lei, stringendogliela.
Esitò un attimo davanti alla porta di casa, con le chiavi a qualche centimetro dalla toppa.
Come glielo avrebbe detto?
Si era figurata mille per modi per darle la notizia mentre era in macchina, ma nessuna le sembrava adatta o abbastanza perché Andrea potesse prenderla esattamente come desiderava.
Sentì un po' di trambusto all'interno, probabilmente Andrea stava per uscire e decise di aprire la porta di casa in quel momento, trovandola mentre saettava da una parte all'altra della stanza, stretta in un paio di pantaloni scuri e una canottiera che le arrivava alla vita dello stesso colore.
- Ehi, bambina – la salutò con uno dei rari sorrisi. – Com'è andata? – Ma si fermò al centro del salotto non appena notò gli occhi spenti, il sorriso tirato e i pugni stretti lungo i fianchi. – Non ti hanno presa..? – domandò titubante e imprecò un paio di volte, corrugando la fronte quando Cris le rivolse un sorriso.
- Tre volte alla settimana, milleottocento sterline al mese e a parte i canoni di abbigliamento e interazione col pubblico, non devo rispettare nient'altro! – e poi attaccarono entrambe ad urlare, andandosi incontro e abbracciandosi come quando erano solo ragazzine.
Saltarono per il salotto, girarono senza smettere di tenersi strette mentre entrambe ridevano.
Andrea le prese il volto tra le mani. – Ok, appena torno da lavoro – storse la bocca, – fa strano dirlo – e Cris fece una risatina, guardandola negli occhi azzurro chiaro. – Mi racconti com'è andata anche a costo di rimanere sveglie fino alle sei del mattino come ieri. – Si abbracciarono un'ultima volta prima che Andrea si decidesse finalmente ad uscire, dicendole di averle lasciato metà pizza in forno.
Cris si liberò delle scarpe col tacco, abbandonandole in soggiorno, ripromettendosi di sistemarle più tardi, saltando sul divano dallo schienale con un sorriso.
Neanche si ricordava l'ultima volta che era stata così sinceramente felice.
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