Capitolo 1 - It's something about the sunshine
- Ma come funziona questo navigatore del cazzo? – imprecò Andrea mentre teneva il capo chino sull'ultimo modello di Iphone e cercava di capirci qualcosa sulla strada che avrebbero dovuto prendere.
Intanto, Cris stava tentando di destreggiarsi fra le strade incredibilmente trafficate e in meno di cinque minuti aveva rischiato tre incidenti e quattro persone investite. Se qualcuno l'avesse saputo, lei e la sua guida sarebbero entrate nel Guiness dei primati di volata.
Sterzò di colpo, evitando una moto che aveva deciso di fare un'inversione a U nel mezzo della quinta strada e un tassista in un Yellow Cab suonò il clacson un paio di volte, furioso.
- E vattene affanculo! – strillò Andrea, alzando lo sguardo dal cellulare solo per mostrare il terzo dito fuori dal finestrino. Non aveva bisogno che un idiota la facesse incazzare più del navigatore.
Cris rise, facendo spallucce all'autista che aveva iniziato a borbottare animatamente, senza smuovere la passeggera nei sedili posteriori che, tranquilla e indifferente, si passava il rossetto rosso sulle labbra sottili.
- Adesso, gira alla tua fottutissima destra e poi prendi la seconda cazzo di traversa a sinistra – ordinò Andrea sull'orlo di una crisi isterica, mentre Cris si mordeva il labbro inferiore per non scoppiare a ridere. Si legò i capelli castani con l'elastico scuro che teneva sempre al polso non appena furono al primo semaforo, senza preoccuparsi dell'ordine assolutamente discutibile della crocchia in cima alla testa.
Cris fece esattamente come aveva gentilmente detto Andrea e dopo un'altra decina di minuti in mezzo al traffico, cinque "vaffanculo" e otto "vattene a cagare, stronzo", riuscirono ad arrivare lungo la venticinquesima senza troppi problemi.
- Hai tu le chiavi? – domandò Andrea mentre Cris parcheggiava la macchina davanti al portone del palazzo rossiccio che avevano davanti.
Cris annuì un paio di volte chinandosi per prendere la borsa bianca che aveva lasciato ai piedi della migliore amica, lasciandosela scivolare nell'incavo del gomito prima di alzarsi e stiracchiarsi sotto l'aria afosa di New York. La canottiera bianca che portava, salì un po' appena stirò le braccia, mostrando una porzione di pancia piatta e di sedere avvolto dentro degli shorts chiari, ma poi sorrise, guardandosi intorno assolutamente euforica.
Incontrò lo sguardo di Andrea dall'altra parte della macchina e scoppiò a ridere, notanto quanto anche la solitamente corruciata migliore amica fosse felice di star calpestando il suolo della grande mela.
La bionda fece il giro della macchina e aprì il cofano che sembrò quasi ringraziarla non appena lo liberò della prima ed enorme valigia blu che avevano infilato a straforo.
Cris spostò il sedile anteriore in avanti, togliendo con non poca fatica sacche e borse dal sedile posteriore, poggiandole ordinatamente accanto all'auto e trattenendo un sorriso nel sentire Andrea imprecare mentre lanciava le valigie sull'asfalto per la rabbia.
- Valigie del cazzo – borbottò mentre chiudeva forte il cofano e Cris scoppiò nuovamente a rider,e attirando l'attenzione dell'amica che la fulminò con sguardo divertito. – Smettila di ridere e aiutami, sfaticata.
- Agli ordini – sorrise Cris, prendendo le sacche e incastrandole nella maniglia dei due trolley che si stava trascinando dietro.
Non ricordava fossero così pesanti.
Fortunatamente, il palazzo aveva un ascensore ma, ovviamente, non abbastanza grande perché le amiche potessero mettere tutte le valigie al suo interno. Furono costrette a fare due viaggi e quando Cris salì con l'ultimo carico, Andrea era appena arrivata davanti all'ultima porta del corridoio stretto.
- 54B – lesse la castana con un sorriso appena affiancò l'amica, che le fece un cenno con la testa perché aprisse la porta.
Cris infilò la chiave nella toppa e poi entrò in casa, portandosi dietro un paio di sacche e sorridendo talmente tanto che le guance le fecero quasi male. Camminò fino all'inizio dell'isola di marmo, lasciando quindi la possibilità ad Andrea di raggiungerla senza problemi.
La bionda si trascinò dietro un paio di valigie e si fermò accanto alla migliore amica, osservando l'appartamento davanti a lei che si sviluppava su un solo piano, e che era decisamente grande abbastanza per loro due. Cucina e salotto erano separati da un corridoio ed entrambi esibivano, una mensole che andavano riempite, un bel frigo a doppia ante e un'isola di marmo che andava sporcata. L'altro, due divani bordeaux, un tavolino basso e un televisore decisamente di "non-ultima generazione", che troneggiava tra due finestre che si aprivano sul paesaggio newyorkese che un terzo piano poteva offrire. Con annesso un terrazzo ampio abbastanza per poterci sistemare due sedie che, ovviamente, non avrebbero messo.
Camminarono una dietro l'altra lungo il corridoio spazioso e Andrea aprì la prima porta che incontrò, osservando un grazioso bagno di piastrelle azzurre mentre Cris spalancava senza esitazione la porta di quella che doveva essere la loro stanza.
- Andrea vieni qui! – la chiamò contenta, abbandonando le sue borse sul letto a una piazza e mezzo vicino alla parete, lasciando all'amica quello vicino alla finestra.
Davanti a ogni letto c'era un armadio di legno chiaro abbastanza grande perché tutti i vestiti potessero stare lì dentro senza problemi e le pareti verde chiaro quasi imploravano la castana di venir personalizzate con foto e disegni di ogni tipo. La stanza era incredibilmente luminosa e la luce del sole di metà mattina illuminava il tappeto chiaro davanti ai letti.
- È stupenda – dichiarò Andrea, attirando l'attenzione di Cris su di sé appena entrò nella stanza. – A differenza della tua canottiera.
- Ti rendi conto che mi hai regalato tu questa canottiera, vero?
- Si, ma è brutta ugualmente.
Cris andò incontro all'amica che, con uno sguardo inorridito, la accolse comunque tra le sue braccia. – Sono così contenta di essere qui con te! – disse con voce smielata, dandole ripetuti baci sulla guancia, ignorando le proteste e i versi di disgusto di Andrea che, senza volerlo davvero, cercava di allontanarla da sé.
- Io me ne sto pentendo – esalò tra i ripetuti baci di Cris, che rise, continuando a tenerla stretta a sé, consapevole che non ci sarebbe potuto essere niente di più lontano dalla verità.
- Sistemiamo dopo le valigie, andiamo a farci un giro! – esclamò euforica Cris dopo aver portato il suo ultimo trolley nella camera da letto, lasciandolo accanto alle altre valigie dalla sua parte della stanza.
Andrea alzò le mani davanti al petto, staccandole immediatamente dalla cerniera dalla borsa blu ed enorme che giaceva sul suo letto. – Non sono mai stata più d'accordo con te. – E Cris rise, affondando una mano nella valigia ed estraendone un paio di tacchi color panna. Infilò poi una mano nella borsa e Andrea la guardò con aria critica. – Non vorrai cambiarti, spero – e lo disse quasi come se fosse una minaccia.
- Io? Non dire cavolate – si difese Cris, aprendo la mano che aveva già preso la sua gonna azzurra a sbuffo preferita.
Andrea alzò un sopracciglio folto e Cris raddrizzò la schiena, guardandola supplicante. – Non posso neanche cambiarmi le All Star?
- No.
- E la canottiera?
Andrea roteò gli occhi al cielo divertita e poi si infilò l'iphone nella tasca posteriore dei pantaloncini a vita alta, afferrrando il polso sottile della migliore amica e tirandola lungo il corridoio. – Muovi quel bel culo, Devis. Voglio vedere New York!
E Cris fece appena in tempo ad afferrare la borsa chiara, che Andrea l'aveva già spinta nel corridoio con una risata mentre quasi correva verso l'ascensore e New York che, dall'esterno, quasi gridava per esser visitata.
***
Cris si lasciò i capellilegati in una crocchia disordinata e tolse gli occhiali da solesquadrati da dentro la borsa, ridendo e sculettando esageratamente,portando le braccia al cielo mentre passeggiavano assieme a un altrotrilione di persone lungo la quinta avenue.
Era assurdo come l'aria stessa a New York sembrasse diversa.
Il Connecticut, in confronto, sembrava un altro e schifosissimo mondo.
Niente sembrava poter essere paragonato a quei grattacieli enormi, al caos nelle strade, al continuo rombo di motori e al chiacchiericcio allegro di gente.
Andrea la imitò,facendola ridere e poi Cris la prese per mano, trascinandola tra la folla per svoltare lungo la quarantaduesima e vedere Times Square.
Avevano visto un sacco di foto e un numero quasi spropositato di immagini su Google Maps, ma dal vivo era sicuramente tutta un'altra storia.
Spalancarono occhi e bocca alla vista della piazza enorme, racchiusa da mega-schermi sullecime dei palazzi che sparavano musica e pubblicità a tutto volume.
Times Square era una fusione di colori e di persone, capace di lasciare anche la persona più logorroica del mondo senza parole.
I clacson delle macchine strombazzavano senza ritegno e i taxi volavano veloci per quanto lastrada trafficata glielo permettesse, mentre persone di ogni tipo passavano davanti alle due amiche, troppi abituati a quegli sguardi sempre sorpresi perché potessero prestare attenzione alla scintillanei loro occhi chiari.
- Oh cazzo – esclamò Andrea, attirando l'attenzione dell'amica su di sé. – Quel tizio è in mutande e sta suonando un banjo!
E Cris seguì la direzione del suo dito, scoppiando a ridere alla vista del ragazzo con degli slip bianchi, un capello da cowboy e un banjio che strimpellava in mezzo alla piazza, premurandosi di seguire persone che, terrorrizzate, si stringevano la borsa al petto e camminavano più velocemente.
- Nessuno fa niente.. – constatò Cris, tenendosi gli occhiali alzati per la stanghetta, ancora non del tutto convinta che quello che stava vedendo fosse reale.
- Io amo New York.
***
Dopo essersi fatte un selfie con il cowboy in boxer e banjio ed averla messa su instagram,continuarono a girare per New York, spalancando gli occhi alla vista della città che sembrava aver moltiplicato qualsiasi cosa per cento.I palazzi, i negozi, i marciapiedi. Persino i bar sembravano esserstati ampliati, come se un architetto ritenesse che, un solo piano per qualsiasi cosa non fosse all'altezza.
E non era possibile che New York potesse essere così.. tanta. E non era possibile che potesse essere un muscuglio enorme di colori e rumori perfettamentemescolati, come se persino loro fossero stati incaricati di, tratutto quel caos, creare armonia.
Doveva essere qualcosa nei raggi del sole che rendeva New York così bella. Dovevano esserei raggi del sole a rendere le persone indiffarate e più belle, a colpire le vetrine dei negozi, rendendoli più luminosi. Forse erano i raggi del sole a rendere New York unica e bellissima in quella cacofonia di elementi.
Cris prese la mano di Andrea mentre sgusciavano tra le persone lungo i marciapiedi ampi. New York sembrava essere la capitale di tutti i paesi. Sembrava racchiudere ogni singola etnia tra le sue mani, rendendole una bellissima cosa sola.
Andrea si liberò in un sorriso, talmente raro da vedere sul suo volto che Cris rise spensierata, tirandola poi verso la vetrina di uno dei tanti negozi sulla Quinta, attaccando il naso al vetro.
- Andiamo, Devis! Facciamo shopping dopo – sorrise ancora Andrea, approvando la teoria della mora secondo la quale dovesse esserci qualcosa nei raggi del sole a rendere persino più bella anche la sua migliore amica.
La bionda alzò lo sguardo sulla cima del grattacielo grigiastro che tronaggiava sulla Quinta Avenue come se ne fosse il padrone. Quel grattacielo talmente alto che era quasi impossibile vederne la punta. Cris affiancò l'amica tirandosi gli occhiali da sole sul capo per tentare di vedere meglio.
- Il grattacielo di King Kong – esalò Andrea con gli occhi azzurri puntati verso l'alto.
- L'Empire State Building – fece Cris con lo stesso tono, cercando di imprimere nella sua memoria ogni singolo dettaglio, cercando di assorbire ogni spigolo, cornicione o finestra del grattacielo che aveva sempre sognato di vedere e che, colpito dai raggi del sole, sembrava quasi brillasse di luce propria.
- Che spettacolo – disse Andrea, interrompendo il silenzio che le aveva avvolte e che sembrava quasi avesse escluso il resto di Manhattan dalla loro contemplazione.
- Adesso andiamo a fare shopping! – trillò Cris, riprendendosi velocemente da quel momentaneo stato di trans e tirando Andrea per il polso che, con un gemito sofferente, nascose il sorriso che voleva incresparle le labbra sottili.
Cris alzò lo sguardo verso il palazzo della Tiffany, sorprendendosi ancora quando non riuscì a vederne la punta.
Andrea corrugò la fronte, massaggiandosi il collo e rivolgendo la sua attenzione verso la strada trafficata, ignorando la fame quando gli occhi incontrarono un McDonalds dall'altra parte della strada.
- Guess! – esclamò Cris, tirando l'amica per un braccio, ignorando un borbottio che somigliava molto a:"ecco perché piaci tanto a mia madre".
La temperatura all'interno del negozio scese velocemente e Cris si arrestò dopo un paio di passi, alzandosi gli occhiali da sole sulla testa e spalancando occhi e bocca per tutto quello che vedeva.
- Sono in paradiso – boccheggiò, cercando di far catturare alle enormi pozze azzure la miriade di borse, scarpe, cinture, jeans, magliette e vestiti che si stendevano davanti ai suoi occhi. E se non fosse stata totalmente catturata da tutto quel ben di dio, avrebbe anche provato vergogna per essere entrata in un negozio del genere in pantaloncini, All Star, canottiera sudata e capelli disordinati.
- Sei in catalessi? – domandò Andrea, che dentro quei negozi tanto odiati c'era cresciuta.
- Ammira – disse Cris sognante e Andrea trattenne una risata davanti allo sguardo scocciato dell'altezzosa e anoressica commessa di trent'anni.
Alla fine, uscirono dal negozio della Guess dopo due ore, accorgendosi di quanto fosse tardi solamente con due buste per braccio e con il sole che era diventatotalmente forte che sarebbe stato in grado di spaccare le pietre.
Andrea si lamentò per tutto il viaggio dal negozio a uno dei bar a Times Square per ilcarico spropositato di buste che Cris l'aveva costretta a portare. Molto probabilmente, Andrea Walker era l'unico individuo femminile sulla faccia della terra che odiava fare shopping, il che era divertente perché la sua famiglia aveva abbastanza soldi dapoterseli comprare quei negozi.
Trovarono posto in uno dei bar che si affacciava su Times Square e posarono le buste sulle due sedie vuote ai lati del tavolino in legno che avevano scelto.
- Sono contenta – affermò Cris con un sorriso prima di portarsi la cannuccia di thé alla pesca alle labbra. Si era portata gli occhiali da sole squadrati sopra la testa dopo essersi rifatta la crocchia castana, disfatta con i continui cambi d'abito.
Andrea annuì un paio di volte, stringendo tra le mani il bicchiere enorme di coca cola con ghiaccio. – New York è fatta apposta per noi.
E avrebbe aggiunto altro se un cameriere sulla trentina -con barba e occhi scuri- non avesse portato proprio in quel momento due focacce enormi, che fecero sbarrare gli occhi per la fame a entrambe le amiche.
- Buon appetito, ragazze – sorrise l'uomo, cordiale e Cris e Andrea sorrisero di rimando, prima che la bionda potesse buttarsi sul cibo come se non ne vedesse da giorni.
- Fanculo a quella stronza di mia madre che mi rifilava il caviale – borbottò, chiudendo gli occhi dopo aver addentato la focaccia morbida e ripiena di non sapeva neanche lei che cosa.
Cris stava per protestare, ma poi aprì gli occhi di colpo con un'esclamazione, abbandonando il suo panino sul piatto di ceramica, chinandosi verso la borsa chiara che aveva attaccato alla spalliera della sedia. Ne estrasse l'Ipad bianco di Andrea e girò la custodia in modo da poterlo usare.
Andrea la osservò curiosa e Cris alzò gli occhi azzurri dallo schermo per qualche secondo, sorridendole. – Dobbiamo trovarci un lavoro.
E Andrea perse tutto il buonumore dei secondi prima, lasciando la focaccia, già sterminata per metà, sul piatto, abbandonando la schiena contro la spalliera sottile della sedia. – Stai scherzando? – protestò. – Siamo arrivate da neanche otto ore!
Cris alzò le sopracciglia scettica, prima di riportare lo sguardo sullo schermo dell'Ipad, digitandoci velocemente sopra. – Bisogna esser pronte a qualsiasi evenienza, lo sai.
- Quanto sei stronza.
- Si, anche io ti voglio bene.
***
Cris si sbatté una mano sulla fronte quando Andrea le sfrecciò accanto, in piedi sulcarrello, evitando per un pelo gli scaffali dei surgelati del Wallmart nel quale erano entrate per fare la spesa. – Se ci sbattono fuori è colpa tua! – le gridò, iniziando a correre lentamente per raggiungerla alla fine della corsia. Si fermò dicolpo quando individuò il reparto dolci e si caricò le braccia di quante più caramelle poteva, gettandole nel carrello con forza prima che le cadessero a terra.
Andrea la guardò critica, afferando una busta in plastica rosa. – Ma sei seria? –disse, – "marshmellow castle, per le principesse di domani" –lesse, prima di guardare la migliore amica negli occhi come se fosseun qualche tipo di zombie. – Che disturbi mentali hai?
- Sono dei marshmellow buonissimi! – piagnucolò quasi Cris, avanzando verso il reparto e afferrando un altro po' di cioccolato con le nocciole e le barrette al latte.
Alla fine, un minimo di parte razionale prevalse su entrambe e il carrello venne riempito in qualche mezz'ora di carne, pasta, sughi già pronti, insalata e altri tipi di condimenti che avevano già visto e assaggiato nella cucina di casa Walker.
Tornarono a casa per le sei e mezzo del pomeriggio e Andrea mollò tutte le buste sull'isola di marmo giallastra, chiudendosi la porta del bagno alle spalle, un attimo prima che Cris potesse sbatterci il pugno sopra. – Non finirmi l'acqua calda, Andrea Walker o giuro che verrò condannata per omicidio! – gridò. Andrea urlò qualcosa che Cris non si preccupò neanche di ascoltare, ridendo l'attimo dopo e scuotendo la testa divertita non appena sentì l'acqua della doccia scorrere.
Andò nel salotto e accese la tv, buttando poi il telecomando scuro su uno dei divani bordeaux. Sorrise quando notò che quella che stavano mandando in onda era una replica di Pretty Little Liars e svuotò le buste in carta sul piano di marmo della cucina, aprendo poi le ante dei mobiletti a caso, lanciando di tanto in tanto sguardi allo schermo della televisione.
Era una fortuna che la ditta dei traslochi avesse già portato scocciature come piatti e pentole, perché sarebbe stata una vera e propria seccatura anche solo portarli dal supermercato al cofano della macchina.
Sentì Andrea cantare a squarciagola qualcosa che non aveva senso, almeno per le sue orecchie, facendola ridere mentre continuava a sistemare cibo.
- Non pensavo avessimo comprato così tanto – disse tra sé, fermandosi un secondo con due pacchi di pasta nelle mani.
Si guardò intorno con un mezzo sorriso, poggiando i fianchi al bordo della cucina e lasciando il cibo accanto a sé davanti alla consapevolezza che quella fosse casa sua.
Quella era casa sua.
Quel piccolo appartamento al terzo piano sulla venticinquesima, era casa sua.
Era casa sua almeno per un cinquanta percento, e ancora non poteva credere che la promessa che si erano fatte fuori da casa di Andrea meno di un anno prima fosse stata mantenuta.
Sorrise ancora, lanciando uno sguardo allo schermo e che faceva vedere Emily che si sbatteva allegramente l'ennesima ragazza. Scosse la testa e poi afferrò nuovamente i contenitori della pasta, voltandosi per poterli sistemare in uno dei cassettoni accanto al frigo grigio.
***
Andrea aveva cucinato conun asciugamano avvolto attorno ai capelli biondi, in reggiseno e conun paio di pantaloncini blu scuro che, comunque, le facevano patire il caldo.
Fece saltare il pollo sulla padella anti-aderente come aveva visto fare un milione di volte nelle sue cucine e alzò lo sguardo sulla televisione, sorridendo quando capì che stava per iniziare "Forever Strong" uno dei film preferiti di Cris.
- Cris! – chiamò con un urlo, girando uno dei petti di pollo con la forchetta, allontanando istintivamente il viso dalla padella quando il fondo sfrigolò. – Sean Faris in tv!
E la porta del bagno si spalancò di colpo, lasciando uscire una Cris con solo il reggiseno, i pantaloncini, e i capelli castani che le ricadevano sul seno, ancora bagnati per la doccia. Slittò sul pavimento del corridoio, fermandosi per miracolo difronte al divano bordeaux e lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Indicò la tv con la mano destra che teneva la spazzola e, – Quanto è figo quel Sean Faris – disse come se fosse un crimine e Andrea sorrise, mettendo la carne su due piatti, seguendo l'amica che si era appena seduta a gambe incrociate sul divano.
- Persone come lui dovrebbero essere illegali – constatò la bionda, poggiando il cibo sul tavolino basso del salotto e prendendo la spazzola che Cris le stava porgendo da sopra la spalla.
Liberò i capelli biondo scuro dall'asciugamano blu, lasciandoseli cadere sulla spalla sinistra, un attimo prima che potesse iniziare a spazzolare quelli di Cris, continuando comunque a guardare la televisione.
- Domani andiamo in quel pub che ti ho detto – esordì la castana, continuando a osservare Sean Faris che ci dava dentro con il rugby. – Per me ti prendono subito.
- Ovviamente. Quante possibilita ci sono che prendano una minorenne in un pub? – sorrise Andrea, continuando a spazzolare dolcemente i capelli della migliore amica.
Cris scosse lievemente la testa, scuotendo le spalle. – Siamo a New York. Tutto è possibile.
- Se lo dici tu. – Cris fece una smorfia nonostante si abbandonò a un sorriso subito dopo. – Tu che vuoi fare? – domandò la bionda, passando la spazzola sui suoi di capelli appena ebbe terminato con l'amica.
- Ho visto che un ristorante sulla settantaduesima sta cercando la cameriera. È uno di quei locali per ricconi e..
- E ti prenderanno di sicuro, non metterti neanche problemi – asserì Andrea definitiva, facendo ridere l'amica, che raccolse i capelli bagnati in una crocchia, mostrando il tatuaggio dei doni della morte e il tridente nel collo. – Questo lo devi nascondere? – domandò Andrea, riferendosi al disegno dell'amica. Cris annuì un paio di volte, sporgendosi oltre il divano per prendere il pollo cucinato alla perfezione.
- Per te invece non ci saranno problemi – ris,e guardando Andrea di sottecchi prima di riportare la sua più totale attenzione a Sean Faris senza maglietta.
Andrea sorrise, girando istintivamente la mano sinistra e osservando la scritta "obey" che sembrava quasi battuta a macchina, cercando con gli occhi una A e una C intrecciate in un bel corsivo a sinistra, all'altezza del fianco.
- Saranno sicuramente contenti del mio leone – scherzò, facendo allusione al muso dell'animale che aveva tatuato nell'indice destro e Cris rise, portandosi alla bocca un pezzo del pollo che aveva scoperto fosse buonissimo.
- Sei l'unica persona al mondo che può tatuarsi una cosa del genere, credimi.
- Tu hai un triangolo con un forcone nel collo.
E Cris esclamò scandalizzata, voltandosi verso l'amica che rise, certa che avrebbe ottenuto quella reazione. – Stupida babbana mortale – sputò fintamente scocciata, e la bionda rise ancora, strappandolel'ennesima risata.
E si, doveva sicuramente esserci qualcosa nei raggi del loro sole a rendere tutto così meraviglioso.
Angolo Autrice:
Ehiiila<3
Tornata con il primo capitolo! So che per adesso può sembrare noioso, ma già dal prossimo entreranno in scena anche i ragazzi, quindi vi prego di darmi ancora un po' di fiducia! Ringrazio tutte le persone che hanno votato e che hanno commentato. E anche quelli che hanno visualizzato perché, onestamente, persino quelle mi fanno sempre spuntare un sorriso!
Ci vediamo prestissimo, promesso!
Alla prossima,
Love yaa<3
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