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19. Nel Buio della notte

Sono ancora lì, immobile, con gli occhi fissi sul suo volto, cercando di non cedere alla morsa che mi avvolge. La sua presenza è opprimente, eppure non posso permettermi di mostrare la mia debolezza. La sua voce, morbida ma carica di un'energia maligna, mi stuzzica, giocando con i miei nervi. Ogni volta che mi parla, mi sento come se avessi un piede in un abisso profondo, pronto a risucchiarmi in ogni momento.

«Piccola stella» sussurra Adriel, il suo tono divertito e pericoloso come sempre. Non posso evitarlo. Lo so che lo fa apposta. È il suo modo di prendere possesso di ogni parola, di ogni suono che esce dalle sue labbra.

Non rispondo subito, come se aspettassi che fosse lui a rompere il silenzio. Ma il mio corpo è teso, pronto a reagire, anche se non so come. Non posso lasciargli il piacere di vedermi debole, ma allo stesso tempo la rabbia cresce dentro di me, una rabbia che brucia la gola e il cuore. Non so come, ma so che non posso continuare a subire il suo gioco. Voglio riprendermi la mia vita, voglio uscire da questa trappola che mi ha messo lui, ma non riesco a capire come.

«Non chiamarmi così.» Dico a fatica, cercando di mantenere un tono di voce fermo, ma sento la mia insicurezza tradire ogni singola parola. «Non sono la tua piccola stella.»

La sua risata è quasi impercettibile, ma posso percepirla chiaramente. È come il suono di un piccolo raggio di luce che attraversa l'oscurità, ma con una sfumatura velenosa. Adriel non si scompone, il suo sorriso si allarga in una maniera che mi fa sentire ancora più piccola, impotente.

«Oh, piccola stella,» ripete, la voce ancora più bassa, «non fare la difficile. Lo sai che ti piace. E non puoi nasconderlo. Ti piace quando ti chiamo così, e sai bene perché.»

Non posso evitare il tremito che percorre la mia schiena. Il modo in cui mi guarda, la sicurezza con cui parla... è come se stesse scoprendo un segreto che ho cercato di tenere nascosto a me stessa. Non voglio ammetterlo, ma so che c'è qualcosa di inquietante in quello che ha appena detto. Qualcosa che mi fa sentire più vulnerabile di quanto non voglia ammettere.

Non rispondo subito, guardandolo negli occhi con un misto di paura e sfida. La sua presenza mi opprime, eppure c'è una parte di me che è arrabbiata, troppo arrabbiata per lasciargli il controllo totale. Non posso permettergli di farmi sentire così. Non posso.

«Per favore, smettila,» mormoro, la voce tremante. «Non chiamarmi così.»

Lui ride di nuovo, ma questa volta c'è qualcosa di diverso. Non è più una risata di divertimento, ma di soddisfazione. È come se stesse giocando con me, come se stesse lentamente costruendo una gabbia da cui non riuscirò più a uscire.

«Le regole del gioco le decido io, piccola stella.» Dice, il tono quasi minaccioso. La sua mano si avvicina al mio volto, ma non mi tocca. È come se volesse sfiorarmi senza davvero farlo, lasciandomi nel dubbio di cosa sarebbe successo se avesse deciso di spingersi oltre. «Sei tu che stai giocando, non io.»

Ogni parola che esce dalla sua bocca è come un filo che si avvolge intorno a me, legandomi sempre di più alla sua volontà. Mi sento come se non avessi il controllo, come se ogni mossa che faccio mi spingesse sempre più vicino a lui. Non so cosa voglia da me, ma non voglio giocare a questo gioco. Non voglio essere la sua pedina. Eppure, sento che è troppo tardi per fermarmi. Il suo potere è già dentro di me, invisibile, e non posso liberarmene.

Mi allontano leggermente da lui, cercando di guadagnare un po' di spazio, ma è inutile. L'aria tra noi è carica di una tensione palpabile, un'energia che non posso ignorare. C'è qualcosa di antico e inevitabile nelle sue parole, come se fossi condannata a seguirlo in questo gioco, senza possibilità di fuga. Ma non voglio accettarlo. Non voglio piegarmi a lui, non ora. Non mai.

Mi costringo a fare un respiro profondo, e poi, con tutta la determinazione che riesco a trovare, gli chiedo: «Perché... perché mi chiami così? "Piccola stella".»

Adriel si ferma, un'espressione di puro divertimento sui suoi tratti perfetti. Il suo sguardo è sfuggente, quasi come se non volesse davvero rispondere. Ma poi sospira, come se fosse costretto a spiegarsi, come se mi stesse facendo un favore.

«Perché sei una stella che ha smarrito la sua luce, Eden,» dice, le sue parole affilate come un coltello. «Una stella che non ha più un cielo in cui brillare. Sei come un piccolo faro, che non riesce a trovare il suo posto nel buio. E io ti osservo, mentre cerchi di ritrovarti. Ma lo sai anche tu, vero?» Si avvicina di nuovo, i suoi occhi che non mi lasciano tregua. «Non troverai mai la tua luce, non più.»

Non riesco a capire cosa rispondere. Mi sento come se avessi appena ricevuto una pugnalata al cuore, ma in qualche modo, in fondo, so che c'è un fondo di verità in quello che ha appena detto. Non voglio ammetterlo, non voglio dargli questa soddisfazione, ma forse è vero quello che Adriel ha appena detto. Perché in cuor mio mi sento esattamente come lui mi ha descritta. Sono una stella senza cielo, un faro che non riesce a trovare la propria luce. E lui lo sa. E mi osserva. Non posso sfuggire a questo destino che pian piano sembra mi stia cucendo addosso.

La sua risata, questa volta, è più dolce, ma ugualmente velenosa. Non posso fare a meno di sentire il disagio crescere dentro di me, ma lui è già andato oltre. È come se non fossi altro che un oggetto nelle sue mani, un giocattolo che può manipolare a suo piacimento. Eppure, dentro di me, una piccola parte si ribella. Non voglio essere una pedina. Non voglio.

«Eppure... io non voglio far parte di questo gioco» dico, la voce rotta dall'angoscia. «Non voglio essere la tua pedina, Adriel. Non voglio essere la tua "piccola stella".»

Lui mi guarda, come se il mio tentativo di rifiuto fosse solo un gioco ulteriore. Non c'è rabbia nei suoi occhi, solo un'indifferenza che mi fa venire i brividi. Non è sorpreso. Non si scompone. Lui sembra sapere già come andrà a finire.

Si avvicina ancora, molto più vicino, e la sua voce è dolce, ma il suo sguardo è un ordine silenzioso. «Sei già nel mio gioco, Eden. E non c'è niente che tu possa fare per uscirne. Ogni passo che fai ti avvicina sempre di più a me.»

Mi sento come se avessi perso ogni speranza. La sua sicurezza è assoluta, e sento che è vero. Ogni respiro che faccio mi lega ancora di più a lui. Ogni parola che scambia con me mi fa sentire sempre più intrappolata. Non ho scampo. Eppure non voglio arrendermi. Non voglio che il mio destino sia scritto da lui.

Il tempo passa, il silenzio si fa più pesante, e il mio corpo si rilassa, incapace di combattere oltre. Le mie palpebre diventano pesanti, e anche se la paura è ancora dentro di me, non posso fare a meno di sentirmi sopraffatta dalla stanchezza.

Lentamente, senza quasi accorgermene, crollo nel sonno. Un sonno profondo, ma inquieto, dove ogni ombra sembra respirare insieme a me. Il sogno è l'unico posto dove posso nascondermi, almeno per ora. Perché dentro di me sento che Adriel potrebbe osservarmi e prendermi anche lì.

-

Mi sveglio di colpo, con il cuore che batte all'impazzata. Il buio intorno a me sembra denso e opprimente, come se l'aria stessa fosse incatenata a una gravità che mi schiaccia. Un incubo? Forse. Ma la sensazione di essere ancora intrappolata in qualcosa che non riesco a comprendere è più reale di qualsiasi sogno. C'è qualcosa di sbagliato, qualcosa di inquietante che mi tiene prigioniera, anche mentre cerco di scuotere il sonno dalla mente. Il respiro è affannato, ma il battito del mio cuore non si calma, come se ogni pulsazione fosse un rimprovero, una domanda a cui non posso rispondere. La mente vaga tra le tenebre, ma le immagini si fanno sempre più confuse, il passato mescolato al presente. Ma poi, una sensazione di freddo mi attraversa, un brivido che mi fa accapponare la pelle e mi riporta alla realtà, più concreta e spaventosa di quanto vorrei ammettere.

Sono qui. Di nuovo. Nel mio letto. Nella mia stanza.

Resto immobile per qualche secondo, cercando di orientarmi nel buio, ma il silenzio che mi avvolge è assordante. Ogni angolo della stanza sembra un po' più stretto, come se il mondo stesso si stesse restringendo intorno a me. La mia testa è confusa, ma l'istinto mi dice che devo alzarmi, devo fare qualcosa. Ma cosa? Mi sforzo di rimanere lucida, di respirare normalmente, ma qualcosa non va. Un odore dolce, quasi travolgente, penetra nell'aria, come un richiamo. Quello stesso profumo che mi aveva avvolto quella notte. Non posso ignorarlo. Non posso.

Poco alla volta, mi giro, e il mio sguardo si posa su qualcosa che non c'era prima. Sotto il cuscino, un oggetto spunta, nascosto ma in vista, come se stesse aspettando che io lo scoprissi. Con mano tremante, sposto il cuscino, e la vedo. Una rosa rossa. Bella, perfetta nella sua apparenza, ma qualcosa in essa è terribilmente sbagliato. Non è solo un fiore, non è solo un regalo. È una presenza, un segno. La sua bellezza mi mette a disagio, come se mi stesse scrutando, come se mi stesse ricordando che lui è ancora qui, anche quando non c'è. Adriel.

Il suo profumo è dolce, ma non mi inganna. È lo stesso della sua voce, delle sue parole, della sua presenza che non mi lascia mai davvero. Mi prende all'improvviso, mi sovrasta, mi avvolge. La rosa è un messaggio che mi arriva, chiaro e senza possibilità di fraintendimento. Un altro segno. Un'altra prova che lui è stato qui, che lui c'è sempre, anche quando non lo vedo, anche quando non mi parla. Adriel è ovunque, invisibile, ma ineluttabile. Ogni petalo sembra emanare una sorta di malia, come se la rosa fosse un frammento della sua stessa anima, del suo stesso gioco.

Le sue spine, però, sono ciò che mi mette veramente in guardia. Affilate come rasoi, pungenti, come se fossero fatte per infliggere dolore, ma anche per legarmi, per farmi sentire la sua mano invisibile che mi stringe, che mi trattiene. Non posso fare a meno di toccarne una. Un istinto che non so spiegare. E quando la punta della spina entra nella carne del mio dito, il dolore che ne scaturisce è istantaneo, preciso. Non è un dolore lancinante, ma è acuto, come se un avvertimento stesse scivolando sotto la mia pelle. E con il dolore, il sangue inizia a scorrere, lentamente, gocciolando dalla mia pelle. Una piccola, insignificante ferita, ma il suo significato è ciò che mi paralizza. È lui che sta lasciando il suo segno su di me. E non posso farci niente.

Una goccia di sangue cade sulla rosa, scivola giù, mescolandosi al suo colore rosso, ma la mia mente non riesce a distogliersi dal pensiero che quel gesto, quella ferita, sia esattamente quello che lui voleva. Un segno di possesso. Un segno che, anche ora, mi sta osservando da lontano. Che sta giocando con me, ma io non posso sfuggirgli.

Grido in silenzio, mentre la ferita brucia. Non è un urlo di dolore fisico, ma di disperazione. La rosa mi ha ferita, ma Adriel è la vera ferita che porta con sé. Mi alzo velocemente dal letto, le gambe tremanti, ma c'è qualcosa che mi spinge a muovermi, come se non potessi rimanere più un secondo in quella stanza, in quella prigione. Mi dirigo verso il bagno, cercando di non pensare troppo a quanto sia surreale questa situazione. La paura cresce, ma so che devo farlo. Devo riprendermi. Il sangue continua a gocciolare lentamente, ma non lo guardo. Il mio sguardo è fisso, il corpo in movimento, ma la mente è altrove, catturata da quel pensiero costante: Adriel.

Mi fermo davanti allo specchio, mentre prendo il disinfettante. L'alcol entra in contatto con la ferita, e il dolore che ne deriva è tanto fisico quanto mentale. È un bruciore che mi fa rabbrividire, ma non è il dolore che mi sconvolge di più. È la consapevolezza che, ogni volta che mi faccio male, ogni volta che sento quella fitta, lui è ancora lì, pronto a farmi soffrire, pronto a ricordarmi che non posso sfuggirgli. È come se la rosa fosse un simbolo di una connessione che non ho scelto, ma che non posso ignorare.

Con il dolore ancora nelle mani, il mio sguardo vaga verso la finestra. La casa è immersa nel silenzio. Niente si muove, niente rompe il quieto orrore della notte. Ma so che qualcosa è cambiato. Raziel è tornata. La vedo al piano di sotto, seduta su una poltrona. La sua presenza è rassicurante, ma in qualche modo anche distante. La vedo leggere un libro, immersa nelle parole, indifferente al resto del mondo. Lei non sa nulla di quello che è successo, nulla della rosa, nulla del dolore che ancora mi percorre il corpo. Mi fermo a guardarla, ma non la saluto. Non voglio che mi veda. Non voglio che sappia. Non voglio che sappia quanto sia diventato difficile convivere con questa nuova realtà. La mia amica angelo, così lontana eppure così vicina, non può salvarmi questa volta. Non dal gioco di Adriel. Non dal suo marchio invisibile.

Non faccio rumore. Non faccio alcun gesto che possa attirare la sua attenzione. Mi allontano silenziosamente, come un'ombra che scivola via senza lasciare tracce.

La mia mente è confusa, ma l'intuizione è chiara: non voglio che nessuno veda quello che sta accadendo. Non voglio che Raziel scopra la rosa, la ferita, il segno che Adriel ha lasciato su di me.

Quando torno nella mia stanza, sento la solita sensazione di claustrofobia, come se il mondo intero mi stesse comprimendo. La stanza mi sembra più piccola ora, molto meno sicura di quello che ricordavo.

Come ha detto il figlio del Diavolo, il gioco è appena cominciato, e ogni passo che faccio mi lega sempre più a lui. Ogni respiro mi avvicina a un destino che non posso sfuggire. Il segno della rosa, la ferita, non è una casualità. È una promessa, una dichiarazione di possesso. E io, nonostante tutto, non posso fare altro che sperare nella luce.

Perché Adriel è ovunque. Anche quando non lo vedo.

✨✨✨✨✨

Ciao Moonrisers, o meglio, piccole stelle! 😈🌟 

Siamo arrivati alla fine del capitolo 19, e ditemi un po'... siete curiosi di leggere il 20? Il nostro gioco con Adriel è appena iniziato e non avete idea di quello che accadrà nei prossimi capitoli 🔥🔥 Perché sapete...  la luce nelle tenebre non è mai così semplice da trovare. 😈✨

Adriel è sempre presente, invisibile, pronto a legare sempre di più Eden a sé. 🖤🔥

Mi piace pensare che, tutti voi, piccole stelle, siete qui con me, nel cuore di questa storia. 💫 Ogni volta che scrivo, so che c'è qualcuno che sta vivendo queste emozioni con me, e non potrei esserne più felice. Quindi, vi chiedo: cosa ne pensate? Quali sono le vostre sensazioni? Vi è piaciuto questo capitolo? Fatemelo sapere nei commenti, mi piace tanto leggervi! 🖤

Se vi è piaciuto, votate e condividete, così che altre piccole stelle possano unirsi al nostro viaggio! E non dimenticate di seguirmi sui social per stare sempre aggiornati su quello che accade tra le pagine dei miei libri.

Il gioco, di Adriel ed Eden è appena iniziato... e chissà dove ci porterà. Vi aspetto nei commenti, e ricordate: ogni stella ha la sua luce... anche quando sembra perduta. ✨💫

Ci vediamo presto, piccole stelle! 💖

Un abbraccio grande grande.

Vostra, Lu🌙

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