17. L'Angelo e la Ribelle
"Anche nella più lunga delle notti, il sole non smette mai di brillare da qualche parte." - Rainer Maria Rilke
La porta si chiude dietro di me con un tonfo che sembra più forte del solito, e l'aria della sera mi avvolge subito, fredda e silenziosa. Non ho nemmeno bisogno di guardare, so che Raziel è già sparita nel buio. Non importa quanto cerchi di capire cosa faccia o dove vada, c'è sempre qualcosa di inafferrabile in lei. Una volta che se ne va, rimango sola. Ancora una volta. Sola con i miei pensieri e con il peso di tutto quello che non riesco a dire.
Chiudo a chiave la porta con una smorfia. Tanto, Raziel sa sempre come entrare. È un angelo, non c'è nulla che le possa sfuggire. Non una serratura, non una finestra. Mai una barriera che possa fermarla. Mi chiedo se sia mai stato diverso per lei, se ci fosse mai stata una volta in cui le cose non fossero state così complicate. Non lo so, ma non è qualcosa che mi interessa risolvere adesso.
Mi dirigo verso la mia stanza, la mente ancora persa nei momenti appena passati. Quella tensione inconfondibile che mi lega a Raley e Raziel... C'è sempre qualcosa in sospeso, come un filo che pende sopra di me, pronto a spezzarsi.
Respiro profondamente e cerco di lasciarmi tutto alle spalle per un po'. Vado in bagno e cambio il mio abbigliamento. Il mio pigiama è semplice, ma comodo. Una t-shirt grigia con una stampa che rappresenta un vecchio vinile, l'album The Wall dei Pink Floyd, i pantaloni di flanella bianchi che non sono proprio il massimo della moda, ma sono così morbidi che a volte mi sembra di essere avvolta in una nuvola. Il pigiama mi fa sentire protetta, come una barriera contro il mondo là fuori.
Non appena mi distendo sul letto, prendo il computer e comincio a scorrere su Netflix alla ricerca di qualcosa da guardare. «The Crown»? No, troppa politica. «Stranger Things»? Non sono dell'umore per una storia di mostri. «The Witcher»... Troppo epico. Così, scorro ancora, finché non mi imbatto in una serie che non avevo ancora visto: «The Haunting of Hill House». Decido che potrebbe fare al caso mio. Perfetto. La puntata inizia a caricare mentre mi sdraio comoda, incerta su quanto il mio cuore sia pronto per uno spavento.
Ma la serie non arriva nemmeno a metà del caricamento, che sento la voglia di una cioccolata calda che mi fa alzare dal letto. Non è mai troppo tardi per un po' di comfort, e se c'è una cosa che amo più della cioccolata, è la pace che mi dà. Scendo al piano di sotto e metto su il latte, aggiungo il cacao e il dolce profumo che si alza nell'aria mi fa sorridere. Mi serve davvero qualcosa che mi aiuti a dimenticare. In qualche modo, il caldo della bevanda sembra bilanciare il gelo che porto dentro, come se mi volesse proteggere.
Ci sono voluti meno di dieci minuti, ma quando ritorno in camera, la scena che mi trovo davanti è talmente assurda che quasi mi scivola la tazza dalle mani.
Adriel è sdraiato sul mio letto.
Adriel. L'angelo della morte. Il figlio di Lucifero.
Non ci sono dubbi: lo riconosco subito. La sua pelle bianca come la porcellana, il suo corpo perfetto, modellato con la precisione che solo Dio può attribuire. I capelli neri come l'inchiostro, che scivolano sulla sua fronte, gli occhi color ghiaccio che brillano come due frammenti di luna. Abiti rigorosamente neri, la collana con la croce al collo che risalta come un simbolo macabro di ciò che rappresenta. Anelli sulle dita, che riflettono la luce tenue della mia stanza, come se fosse il suo unico scopo: dominare l'oscurità.
Ma la cosa che mi fa gelare il sangue è che lui non sta nemmeno cercando di nascondersi. Adriel è lì, sul mio letto, mentre guarda la stessa serie tv che stavo iniziando a guardare.
Quando mi vede, non si scompone nemmeno. «Eccoti,» dice, con quel sorriso che non ha mai un filo di gentilezza. «Cosa c'è, Eden? Non ti aspettavi di trovarmi qui? A quest'ora? Ti disturbano le mie visite?»
Per un attimo, la voglia di urlare mi supera. La tazza di cioccolata calda rischia di cadere, ma la trattengo a stento. «Cosa ci fai qui?» riesco a dire, cercando di mantenere un minimo di controllo, anche se la mia voce è più debole di quanto vorrei.
«A guardare un po' di tv. Che altro dovrei fare?» risponde lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Sembra che il mio disagio lo diverta. «Oh, mi scuso,» continua, fingendo una sincerità che non ha mai avuto. «Non volevo disturbarti. Ma ora che ci sono, posso anche dirti cosa succede nella prossima puntata... giusto per darti un'idea di come finirà.»
Non posso fare a meno di vedere il suo sorriso beffardo che si allarga. Sospira con un'aria di grande dispiacere, ma so bene che non è affatto sincero. «Sai, non posso farne a meno. Mi piace osservare il dispiacere sul tuo volto quando una sorpresa ti viene tolta.»
Lo odio. Lo odio con tutto il cuore. Odio il suo modo di prendere il controllo di tutto, anche della mia serata, e farne un gioco crudele. Ma la realtà è che non posso fare nulla contro di lui. È troppo potente. Io sono solo una ragazza che cerca di sopravvivere in questo mondo che non capisco più.
Mi avvicino al letto, cercando di mantenere il controllo sulla tazza di cioccolata. «Non mi serve il tuo aiuto. Vattene.»
Adriel però non si muove. Anzi, si alza, si avvicina lentamente, guardandomi con quell'aria da predatore che mi manda i brividi. «Oh, Eden,» dice, «non credo che tu voglia davvero che vada via. Dopo tutto, cosa sarebbe la tua vita senza un po' di emozioni...?»
Poi, in un gesto rapido e senza preavviso, mi strappa la tazza dalle mani e sorseggia un po' della mia cioccolata. «Grazie,» aggiunge, con una leggera smorfia di piacere. «Non avevo idea che fosse così buona.»
«Restituiscimela.»
«Perché dovrei?» dice con un sorriso che potrebbe strapparti la carne. Si avvicina ancora di più, e il suo respiro è gelido. «Tu non hai mai davvero il controllo, Eden. Te l'ho già detto, vero?»
Provo a spingerlo via, ma la mia forza è niente. Lui è un angelo della morte, io sono... solo un'umana. La mia mano si alza, ma lui la blocca con un gesto quasi distratto. «Fermati,» dice con voce glaciale. «Non puoi vincere. Non contro di me.»
Non so quanto posso sopportare di stare in questa stanza con lui, ma, allo stesso tempo, mi rendo conto che non sono nemmeno abbastanza coraggiosa per metterlo alla prova.
Vorrei che Raziel fosse qui. Non importa quanto il nostro rapporto sia cambiato negli anni, sarebbe sufficiente sapere che posso contare su di lei. Ma lei non è qui. Non ora.
E io sono completamente sola con lui. Con Adriel, l'angelo della morte.
Resto lì, immobile, con la cioccolata che mi scotta ancora nelle mani, mentre Adriel si sdraia di nuovo sul mio letto con una tranquillità che mi fa venire i brividi. I suoi occhi ghiacciati brillano nella penombra della stanza, e io non riesco a smettere di fissarlo. Lui non si scompone nemmeno, sembra divertito dal mio fastidio, dalla mia impotenza.
Un altro lungo sospiro da parte sua, poi si alza di nuovo, ma questa volta non sembra più tanto amichevole.
«Eden,» dice, e la sua voce è morbida, ma per niente gentile, «perché non ti siedi accanto a me?»
Lo guardo, cercando di mantenere un minimo di dignità. «Cosa?»
«Non fare la difficile, dai,» dice, inclinando la testa con un sorriso malizioso. «Vieni a sederti. Che male c'è?» Il tono è insinuante, come se stesse cercando di farmi cadere in una trappola invisibile. Ma io non mi muovo.
«Che male c'è?» ribatto, cercando di sembrare più sicura di quanto mi senta.
Lui fa un altro smorfia, le mani appoggiate sul letto mentre si rimette in posizione. «Già, che male c'è? Vieni.»
Mi guarda dritto negli occhi, e in quel momento sento la pressione del suo sguardo pesare su di me, come un macigno. Non c'è nessuna via d'uscita. Non è che non potrei ribellarmi, ma so che con lui non vincerei mai. Non posso combattere con un angelo della morte. Eppure, non riesco a smettere di odiarlo.
«Vado a letto, sì, ma solo se tu vai via,» rispondo, sperando di sembrare almeno un po' credibile. Ma la mia voce è più debole di quanto vorrei.
Adriel scuote lentamente la testa, ridacchiando. Poi, con un movimento agile, si sposta fino a posizionarsi al centro del letto. «E io ti dico che non andrò via,» dice, alzandosi e prendendo la coperta per sistemarla dietro la testa come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Ora siediti. Non voglio sentire altre storie.»
Il suo tono è cambiato. Non c'è più nulla di "gentile" in lui. È come se fosse un ordine, e il mio corpo sembra obbedire più di quanto avrei voluto. Non riesco a fermarmi. Come sotto un incantesimo, mi muovo lentamente verso il letto. Il cuore che batte come un tamburo nel petto. Lui mi guarda, osservando ogni mio movimento, ogni respiro. Quando mi siedo sul bordo del letto, lui fa un gesto con la mano come per dire che finalmente ha vinto.
Ogni fibra del mio corpo sembra rispondere a lui e non più a me. Come se si fosse arreso. Anche se dentro di me sto lottando con tutta me stessa.
«Brava,» dice con un sorriso che non ha nulla di gentile. «Vedi? Non è così difficile.»
Nella mia mente provo a prendere le distanze, ma i movimenti del mio corpo sembrano essere diretti da lui. Cerco di respirare mentre mi sistemavo sul letto, ma lui non smette mai di parlare.
«Comunque,» continua, mentre il film di Netflix procede sullo schermo, «questo non è proprio il tipo di film che pensavo ti piacesse. Pensavo che ti piacesse di più tutto quel genere smielato, pieno di storie d'amore impossibili, tipo Bridgerton, o quella roba di The Kissing Booth...»
Alza un sopracciglio e si sistema meglio sul cuscino, come se stesse studiando ogni mia reazione. «Non sei proprio il tipo da horror, vero? Non ti vedo troppo con la faccia da chi si spaventa. O forse lo fai solo per sembrare più interessante.»
Mi sento come se lui mi stesse smontando, un pezzo alla volta, ma cerco di non dargliela vinta. «Non sono una bambina,» rispondo con un filo di arroganza, anche se dentro di me sono nervosa. «Ho i miei gusti. Non ho bisogno che tu mi dica cosa guardare.»
«Ah, sì?» Adriel si alza per un attimo, un sorrisetto malizioso sulle labbra. «Vedi, ti ho sempre pensata come la tipica ragazza da The Notebook, ma... okay, evidentemente mi sbagliavo. Ma non ti preoccupare, Eden. Troverai il tuo spazio in questo mondo, anche se sembra che tu stia cercando di starne fuori.»
Non so se voglio davvero continuare questa conversazione. So solo che, per quanto mi odi, non posso fare a meno di sentire quella sorta di magnetismo che emana lui. È come se le sue parole potessero toccarmi più di quanto voglia ammettere. E questo mi fa impazzire.
«Senti, facciamo un patto, okay?» sbotto, cercando di mascherare il fastidio con un sarcasmo che suona più debole di quanto vorrei. «Visto che è praticamente impossibile evitare te e i tuoi fratelli, almeno facciamolo in modo che non ci rivediamo mai più... fin quando non sarà davvero l'ora della mia morte, e dovrai venirmi a prendere per portarmi via. Che ne dici?»
Lancia un'altra risata, senza traccia di amarezza. È come se le mie parole non lo sfiorassero nemmeno. Eppure, qualcosa mi dice che sa esattamente cosa sta facendo. Si sposta accanto a me, il movimento fluido e silenzioso, come una presenza ineluttabile che non ha bisogno di far rumore per farsi notare. Mi sorprende ancora, come sempre. Ma c'è qualcosa di inquietante nella sua calma, nella sua capacità di essere ovunque, in ogni momento.
«Oh, credimi, Eden,» dice, quasi con un sospiro divertito, «la tua vita non è complicata. È solo... perfetta, come ogni cosa che tocchiamo. E tu lo sai, vero?» Il suo tono è morbido, quasi velenoso, ma in quel veleno c'è qualcosa che non riesco a ignorare. Come il profumo dolce e mortale di una pianta che ti avvolge prima che tu abbia la forza di allontanarti.
I suoi occhi brillano di una luce gelida, ma è il sorriso che si allarga sulle sue labbra a darmi davvero i brividi. Non è il tipo di sorriso che vedresti su qualcuno di umano, ma su un angelo della morte sì. Un sorriso che è più di un semplice gesto. È un'arma. È l'affermazione di un potere che non posso contrastare. Sembra sapere esattamente cosa sto pensando, come se riuscisse a leggere le parole prima che arrivino alle mie labbra.
«Non si può fare» continua, come se stesse sussurrando a un segreto che solo lui conosce. «E sai perché?» Scuoto la testa impercettibilmente «Perché cazzo, non mi va. Non voglio stringere nessun patto con te, umana.»
Lo odio. Odio come parla, come riesce a rendere ogni parola così disturbante, così intrisa di una minaccia sottile ma costante. Ogni cosa nella sua voce suona come una promessa che non voglio sentire, ma che so di non poter ignorare. Non posso permettermi di lasciarlo vincere, eppure ogni volta che ci provo, lui mi abbatte con la sua forza, con il suo gelo, con quella calma inquietante.
Cerco di allontanarmi, di mantenere un po' di spazio tra noi, ma lui si avvicina con una facilità che mi fa sentire impotente. C'è una distanza che non posso colmare, una barriera invisibile che lui ha eretto e che io non posso distruggere. Eppure... mi rendo conto che ho paura. Non so cosa mi spaventa di più: lui o il fatto che, nonostante tutto, non posso fare a meno di esserne in qualche modo legata.
Il suo respiro gelido mi sfiora la pelle, e sento la sua presenza come un peso insostenibile. Il suo corpo vicino al mio è l'ennesima prova di quanto sia impotente davanti a lui. Non c'è via d'uscita. Non posso liberarmi di Adriel, dell'angelo della morte, della sua oscurità che mi segue ovunque vada.
«Sai,» dice improvvisamente, cambiando tono, «pensavo che, dato che sembri così... affascinata da storie un po' più morbide, avresti scelto qualcosa di più leggero. Tipo The Vampire Diaries, magari?» La sua voce è per un momento più morbida, quasi giocosamente curiosa. «Non mi pare che tu sia il tipo da horror psicologico. Eppure, The Haunting of Hill House è una serie piuttosto inquietante, non è vero?»
Mi sento quasi come se mi stesse prendendo in giro. Come se volesse mettermi alla prova, far scivolare via ogni maschera che cerco di indossare. Eppure, non riesco a rispondere. Non posso. Non posso mostrare più debolezza.
Lui sorride, vedendo il mio silenzio. È come se fosse un premio per lui, come se il mio disagio fosse la sua ricompensa.
Adriel si avvicina sempre di più, il suo sguardo che mi perfora, come se volesse entrare nella mia mente e leggere i miei pensieri più nascosti. Mi fa paura, ma è una paura che si mescola con una curiosità che non so come fermare. È più di quanto dovrei sentire per l'essere che ha distrutto la mia famiglia e migliaia di altre.
«La verità,» dice con un tono che sembra ora più serio, «è che la tua vita è già decisa, Eden. Non puoi sfuggire. E ogni minuto che passi cercando di scappare da me, da quello che sono... non farà altro che farti sentire ancora più piccola.»
Il suo volto si fa più vicino, e anche se dovrei allontanarmi, una parte di me si sente come paralizzata. Non c'è mai una via d'uscita con lui, e lo so. Ma non voglio arrendermi. Non voglio dargli questa soddisfazione.
Eppure, il suo sorriso, la sua presenza, sembrano inghiottirmi. E non so più se sto cercando di sopravvivere a questa situazione o se ormai mi sono abituata troppo alla sua ombra, alla sua irresistibile e terribile bellezza.
Il suo sguardo mi penetra come un coltello gelido che non lascia tracce di sangue, solo vuoto. Adriel non ha bisogno di fare altro che restare lì, accanto a me, per farmi sentire impotente. La sua vicinanza è una condanna. Eppure non riesco a staccare gli occhi da lui, come se fossi legata da un filo invisibile che mi costringe a guardarlo, a sentire la sua presenza. Vorrei chiedergli cosa mi sta facendo. Perché il mio corpo reagisce così? Vorrei scappare, andare via e lontano da lui ma quello che ho capito è che non posso farlo. Non sarò mai al sicuro da lui.
«Cosa vuoi da me, Adriel?» mormoro, cercando di mantenere un tono di sfida, ma so che la mia voce non ha più la stessa forza di prima. C'è troppa paura, troppa rabbia, e un po' di qualcosa che non riesco a comprendere.
Lui si avvicina lentamente, senza fretta, come un predatore che non ha alcun bisogno di inseguire la preda, perché sa che prima o poi si arrenderà. «Cosa voglio?» ripete con un sorriso che potrebbe sciogliere anche il ghiaccio più spesso. «Oh, Eden, non hai ancora capito?» Si ferma proprio davanti a me, i suoi occhi color ghiaccio che mi osservano con una tale intensità che mi sento come se potesse leggere ogni angolo nascosto della mia anima.
Mi sta studiando. E mi fa paura. Quella paura che non è fisica, ma qualcosa di più profondo, un senso di smarrimento che mi fa domandare se sono davvero la stessa persona che ero solo qualche settimana fa, prima della morte di mio padre. Se, in qualche modo, lui sia riuscito a cambiarmi.
«Voglio tutto da te,» dice infine, con una calma che mi fa gelare. «E non mi interessa cosa pensi o cosa vuoi. Non hai mai avuto il controllo, Eden, e adesso spero che tu lo abbia capito.»
Sento il respiro farmi corto. Non voglio essere debole. Non voglio cedere a lui, alla sua presenza, alla sua potenza. Ma dentro di me qualcosa vacilla. Non è la mia forza che lo ha fatto entrare nella mia vita. È la sua. La sua capacità di dominare tutto, di strappare ogni minimo barlume di speranza. Come un'ombra che si allunga, che cresce, che non si può scacciare.
«Va' all'inferno» riesco a dire, ma mi rendo conto subito di quanto suoni banale. La mia voce è più debole di quanto vorrei che fosse. «Io... non... insomma, tu...»
Adriel ride. La sua risata è una scarica di energia gelida, qualcosa che mi attraversa come una lama affilata. «Piccola stella, l'inferno è la mia casa.»
Mi paralizzo per un attimo, la sua risposta mi colpisce più di quanto vorrei ammettere. Non riesco a nascondere il tremore che mi attraversa la schiena. Lui ha il potere di far sembrare ogni mia ribellione nulla, di ridurre le mie parole a polvere sotto il peso della sua indifferenza. Eppure, non posso smettere di reagire.
«Sai, Eden,» dice, allungando lentamente una mano verso di me come se stesse cercando di afferrarmi nella sua presa invisibile, «dalle mie parti, va' all'inferno è un complimento, quasi un bellissimo augurio. Ci stai forse provando con me, piccola stella?»
Il mio stomaco si contorce, e l'odio che provo nei suoi confronti brucia come un fuoco. «Non chiamarmi in quel modo,» rispondo, cercando di mantenere la calma, ma la mia voce è rotta. Non voglio che lui abbia il potere di toccare anche questo piccolo frammento di dignità che ancora mi resta.
Adriel alza un sopracciglio, la sua espressione è tanto divertita quanto minacciosa. «Piccola stella, la tua resistenza è affascinante. Ti piace pensare che possiamo giocare a fare i ribelli, ma non hai nemmeno idea di chi stai sfidando.»
È come se la stanza stessa si stringesse attorno a noi, come se ogni parola fosse un colpo più pesante del precedente.
«Ti sei mai chiesta, piccola stella, cosa significa davvero il tuo coraggio?» continua lui, con un tono che ora sembra più affilato che mai. «Pensi davvero di poter affrontare me, o questa è solo una maschera che ti aiuta a nascondere la tua paura?»
Sono come una corda tesa, pronta a spezzarsi in qualsiasi momento. Adriel è troppo potente, troppo... lui. Mi rendo conto che ogni parola che esce dalla sua bocca non è solo un insulto, ma una sorta di sentenza che inevitabilmente mi fa sentire più piccola, più fragile. Eppure non posso arrendermi. Non posso.
«Io non ho paura di te,» dico, cercando di sembrare più forte di quanto non mi senta davvero. «Semplicemente, non ti permetto di dirmi come devo vivere.»
Adriel sorride, il suo sorriso è come il ghiaccio che si spezza. «Non si tratta di permessi, Eden. Si tratta di destino.» Fa una breve pausa, e poi aggiunge, con una morbidezza che mi fa venire i brividi, «E il mio destino è legato al tuo. In un modo che non puoi nemmeno immaginare.»
La sua voce scivola nelle mie orecchie, ed è come se ogni parola fosse un veleno che si insinua dentro di me. Non ho idea di come rispondere. Non ho idea di come uscire da questa situazione. La mia mente è confusa, ma una cosa è chiara: Adriel sa esattamente come farmi sentire impotente.
Il suo sguardo si fa più intenso, e ogni fibra del mio corpo è in allerta. Non c'è via di fuga, e il tempo sembra essersi fermato tra le sue mani, stretto come una morsa.
Mi sento come una marionetta, e lui, con un sorriso che non promette nulla di buono, è il burattinaio che gioca con i fili della mia esistenza.
Non c'è più un'uscita. Non ci sono più parole che possano proteggerla.
Ma qualcosa dentro di me, una piccola scintilla che non voglio spegnere, si ribella. E se anche fosse l'ultimo atto di ribellione, so che non mi arrenderò così facilmente.
La notte è lunga, e in fondo a questo abisso, c'è ancora una speranza.
Ciao Moonrisers,
è passato qualche giorno dall'ultima volta che ci siamo sentiti, e avrei dovuto aggiornarvi mercoledì scorso, ma purtroppo una bruttissima influenza mi ha messa ko e non vuole proprio andarsene! Però eccomi qui, pronta con il nuovo capitolo. "Agape" sta prendendo sempre più forma e spero che questo capitolo 17 vi sia piaciuto.
Mi sembra ieri quando ho pubblicato il primo capitolo della storia, eppure siamo già al diciassettesimo! Anche se la trama è ancora all'inizio, mi auguro con tutto il cuore che questo nuovo libro vi stia entusiasmando.
Questo genere è un po' una novità per me, dato che sono sempre stata nel mondo del romanzo rosa, quindi spero davvero che stiate apprezzando questa evoluzione. Fatemelo sapere nei commenti! E grazie a chi lascia una stellina sotto ai vari aggiornamenti, per me è davvero importantissimo.
Vi abbraccio forte e vi aspetto al prossimo capitolo!
Lu 💖
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