Capitolo XLV
Liu
Lorelai grida, supplicando. Il bastardo la guarda appena, poi scappa via come il peggiore dei codardi. Reprimo in un ringhio l'istinto di rincorrerlo e piantare la lama gelida del mio coltello nel suo collo, e invece entro nella casa. Cammino tra le fiamme, avvicinandomi alla figura della ragazza stesa a terra, svenuta. La prendo tra le braccia e la stringo a me.
<<Si torna a casa.>> ghigno. Ripeto il percorso a ritroso, uscendo, poi mi viene un'idea. Appoggio Lorelai su una sedia che è nel giardino, poi entro di nuovo nella casa. "Scusa, Jeff: avrò bisogno di un po' di ispirazione."
Appena ho finito, prendo di nuovo la ragazza in braccio e mi incammino verso la foresta.
Lorelai
Quando mi sveglio ho un forte mal di testa. La mia gola brucia, e mi ritrovo a tossire in cerca d'aria. Accanto a me, sul comodino, c'è un bicchiere d'acqua: lo trangugio senza pensarci troppo, e solo dopo mi guardo attorno.
Non sono più nella camera da letto di Luka: questa stanza è più grande, meno arredata ma più elegante. Questa stanza io la conosco.
Scatto a sedere, ignorando il martellante dolore alle tempie, e mi guardo attorno con gli occhi sgranati: non può essere un sogno, sono certa di essere sveglia. Ma allora che ci faccio qui? Mi alzo cautamente, sostenendomi al muro per evitare di cadere e trascinandomi fino alla porta. Giro la maniglia, ma non si apre. Sono chiusa dentro. Guardo la piccola sveglia sull'altro comodino: le tre del mattino. Arranco di nuovo verso il letto, sospirando, prima di lasciarmici cadere sopra. Come diavolo sono arrivata qui?
La porta si apre. Non so quanto tempo sia passato, forse un quarto d'ora. Ne entra Liu. Mi alzo in piedi, impedendo alle mie gambe di cedere, e lo guardo con durezza.
<<Perché sono qui?>>
<<Ciao anche a te. No, tranquilla, non ringraziarmi per averti salvato la vita mentre il tuo ragazzo scappava lasciandoti in pasto alle fiamme.>>
Non impedisco al mio cuore di sussultare: non amo Luka e sapevo che lui non mi amava, ma di certo non mi aspettavo che mi lasciasse così.
<<Non sono affari tuoi.>> dico, con voce tremante.
<<Oh, scusa tanto. La prossima volta ti lascio lì.>>
<<Forse sarebbe stato meglio.>> dico sprezzante.
<<Scherzi? Bruciata viva? Troppo semplice.>> ghigna.
Spalanco gli occhi. Non averci pensato prima è stato folle. È stato lui, lui ha appiccato l'incendio a casa di Luka. È grazie a lui se sono quasi morta. Mi salgono le lacrime agli occhi, senza che io possa spiegarmele. Lo guardo attraverso la cortina di stille che mi annebbiano la vista, mentre quel suo ghigno continua a giacere beffardo sulle sue labbra.
<<Sei stato tu!>> esclamo. E per poco non mi prendo a schiaffi da sola. Era talmente evidente che il non averci pensato mi fa sentire stupida, e il fatto che lui lo sappia umiliata.
<<Ma che brava, Miss Marple. Sì, sono stato io. E sai, la tentazione di lasciarti bruciare c'è stata.>>
Si avvicina lentamente, intrappolandomi al muro e alzandomi il viso con due dita. Trattengo orgogliosamente le lacrime, anche se so che sono ben visibili nei miei occhi.
<<Allora perché non sono morta?>> chiedo.
Lui ghigna ancora. <<Oh, sarebbe stato delizioso assistere, ma purtroppo eri svenuta e la tua sofferenza non sarebbe stata abbastanza. Ho idea che dovrò architettare qualcos'altro per punirti.>>
<<Punirmi di cosa?>> chiedo, lasciando ora che le lacrime scivolino libere sulle mie guance. Ora mi sta facendo paura.
<<Di aver lasciato questa casa, piccola Lorelai. Sapevi di non poter andare, sapevi che andava contro le regole della casa. E non solo hai risposto a quel telefono, ma hai lasciato che quel ragazzo ti rintracciasse e poi sei andata via con lui. Bella scelta, a proposito: la prossima volta vedi di prenderti un'idiota che morirebbe per te, non che ti farebbe morire per lui.>>
<<Io non ho lasciato un bel niente! Avevo detto a Luka di non rintracciarmi e lui invece l'ha fatto comunque! Credeva che mi steste tenendo in ostaggio, cosa che non è poi tanto lontana dalla realtà. E per la cronaca non ho risposto apposta: ero troppo sconvolta per...>> La voce mi muore in gola. Ero troppo sconvolta a causa della sua vicinanza. E questo non posso dirlo. <<E mi ha minacciato.>> aggiungo, sperando che la mia interruzione non risulti sospetta. <<Ha minacciato di chiamare la polizia e->>
<<Oh, ntu ntu ntu...>> mi interrompe, poggiando l'indice sulle mie labbra col suo solito ghigno. <<Non potrebbe interessarmi di meno. Ti avevo avvisata, principessa. Ti avevo avvisata di non sfidarmi ancora. Tu sei mia, e mia soltanto. Nessun altro ha il diritto di toccarti o baciarti. Ora dovrai essere punita severamente.>>
Sgrano gli occhi e la bocca: nessun... altro? Un'idea folle si fa spazio nella mia testa. Lui non è venuto per uccidere me o Luka. È venuto...
<<...a prendermi...>> dico. Sobbalzo nel rendermi conto di averlo detto ad alta voce, ma alzo orgogliosamente lo sguardo, fissandolo nelle sue iridi verdi. <<Sei venuto a prendermi...>> ripeto, con maggiore convinzione.
Liu mi guarda quasi con disgusto, prima di scoppiare a ridere. <<Piccola, dovresti smettere di essere tanto ingenua. Un giorno qualcuno potrebbe anche approfittarsene. È incredibile che tu sia tanto stupida da pensare che io possa essere venuto a prenderti. Perché poi pensi che possa importarmi di una sgualdrinella come te è un vero mistero.>>
Mi mordo il labbro, cercando di reprimere ancora le lacrime e il dolore che le sue parole mi infliggono, ma resisto.
<<Perché sei venuto a prendermi?>> chiedo, stupendo me stessa per la mia voce più o meno ferma.
Liu ghigna e schiaccia il corpo contro il mio, il suo viso ad un soffio da me. <<Perché pensi che fossi lì per te?>> chiede a sua volta. Il suo fiato sfiora le mie labbra in un soffio caldo, e un brivido mi corre lungo la schiena mentre il suo leggero odore di muschio mi invade le narici.
<<Perché sei venuto a prendermi?>> ripeto in un sussurro, appoggiandomi involontariamente al suo petto.
Non risponde. Mi prende per la nuca e mi bacia con foga. L'altra sua mano mi stringe possessivamente il fianco, e un brivido mi percorre quando le sue dita gelide vengono a contatto con la mia pelle. Le sue labbra voraci accarezzano le mie con passione. Si stacca per riprendere fiato e poi mi bacia ancora e ancora e ancora. Ed io ricambio, stringendo le braccia attorno al suo collo, perdendo ogni controllo delle mie azioni e di me stessa, gemendo quando la sua bocca mi sfiora il collo baciandomi la pelle sensibile, senza oppormi quando le sue mani iniziano a sbottonarmi la camicetta. Sfila dall'asola un bottone, due, cinque, e fa saltare gli altri con violenza, tirandola via e poi si toglie la maglia, esponendo il suo busto marmoreo coperto di cicatrici, senza che io possa impedirmi di arrossire.
<<Non guardarmi!>> sbotta, facendomi sollevare lo sguardo. Nei suoi occhi v'è un'incertezza, una fragilità che poche volte mi ha permesso di vedere, ma che mi ha ogni volta legata a lui in modo tanto indissolubile da arrivare a questo momento senza che io abbia la forza di essere abbastanza prudente o giudiziosa da oppormi a qualcosa che non posso più negare di desiderare.
<<Mi farai impazzire...>> sussurra, gli occhi annebbiati dal desiderio, prima di avventarsi nuovamente sulle mie labbra. Mi prende in braccio facendomi allacciare le gambe al suo bacino e poi mi butta sul letto, mettendosi su di me. La sua bocca scende a baciarmi ancora il collo mentre rabbrividisco di piacere; poi, il suono di un campanello d'allarme rimbomba nella mia testa.
<<Liu...a-aspetta...mmh...>> provo a dire, ma le sue mani hanno già sganciato il mio reggiseno. Torna a baciarmi e mi sbottona i pantaloni, tirandoli giù insieme agli slip e lasciandomi totalmente esposta. Arrossisco mentre il suo sguardo scivola famelico lungo il mio corpo.
<<Dio, quanto sei bella...>> mormora, calciando via i propri jeans. Mi bacia ancora e ancora e ancora mentre si sistema tra le mie gambe.
<<Aspetta->> ansimo, ma le mie parole si perdono in un gemito di dolore sulle sue labbra. Una lacrima mi sfugge, scivolando sulla mia guancia e infrangendosi sul cuscino mentre una fitta mi attraversa il ventre spezzandomi il fiato. Si muove sempre più velocemente, accarezzandomi ogni centimetro di pelle e baciandomi per soffocare i miei gemiti, fino a quando il piacere culmina e lui ricade al mio fianco.
Cerco di riprendere fiato, muovendo le gambe e trattenendo un gemito di dolore. Apro la bocca per parlare, ma Liu si è già alzato chiudendosi in bagno. Mi copro pudicamente col lenzuolo, ignorando la macchia rossa che sporca il cotone chiaro, e combatto contro la stanchezza per rimanere sveglia e aspettarlo, parlargli, chiedergli qualcosa; ma prima che possa rendermene conto, mi sono già addormentata.
Liu
Mi chiudo in bagno ansimando. Che cosa ho fatto? L'ho fatta mia senza fermarmi a riflettere, senza considerare neanche lontanamente che potesse essere ancora vergine. Eppure in qualche modo mi è sembrato giusto anche così. Osservo il mio riflesso sconvolto nello specchio, i capelli spettinati, gli occhi rossi, e mi lascio cadere a terra singhiozzando. Mi fa schifo il pensiero di essermi lasciato dominare dall'istinto, mi fa schifo l'idea di aver rubato la sua purezza e più di tutto mi faccio schifo io perché mi è piaciuto e perché probabilmente se potessi tornare indietro lo rifarei. Giuro che mai da parte mia c'è stata l'intenzione di privarla della sua ingenuità, di costringerla a dare a me la cosa più preziosa che aveva, di legarla a me così tanto. Volevo che mi lasciasse libero, e soprattutto che lei potesse vivere una vita migliore con qualcuno che meritasse di amarla. Ma giuro anche che in quel letto, stretto a lei, con l'idea che fosse mia, veramente mia, ho provato la felicità più immensa di sempre, e ora ho una paura folle di perderla.
No. Dopo quello che le ho fatto stasera il minimo che io possa fare è allontanarla, proteggerla, separarla da me. Non saprà mai cosa ho provato stanotte, non saprà mai che lo rifarei cento volte. Non saprà mai che la amo.
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