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Capitolo 8

"L'ansia è come una sedia a dondolo: sei sempre in movimento, ma non avanzi di un passo."
(Jodi Picoult)

SHEILA'S POV

"Ma come minchia fai ad avere il mio numero?" Mi domandò con quella voce fredda come ghiaccio e suadente come una melodia.

"L'hai scritto sul quaderno" risposi, sorridendo divertita.

Avevo appena iniziato a fare i compiti, e stavo cercando il libro di letteratura, quando adocchiai quel quaderno scuro, sicuramente non mio, dalla copertina leggermente stropicciata che faceva concorrenza ai miei libri scolastici dalle pagine piegate e fogli stropicciati.

L'avevo preso curiosa, e aprendolo avevo trovate scritte, in una calligrafia tutto sommato ordinata, solo tre informazioni: "Chato Santana/339529308".

Il mio primo pensiero fu di riportarglielo l'indomani, ma erano in ballo anche i fatti che poteva assentarsi, o che il quaderno gli servisse per studiare.

Anche se da quello che avevo capito non era un tipo molto dedito allo studio...

"Ah..." rispose soltanto, dal tono sorpreso e imbarazzato.

Stavo per aggiungere qualcosa, ma mi anticipò.

"Vengo a prenderlo, dove abiti?" Mi domandò, spazzando via il tono meravigliato di un secondo prima.

Degludii: voleva venire a casa mia?

Vabbè che non entrava, forse, ma poi sapeva dove abitavo, e magari usciva mia zia che lo invitava in casa, che era sistemata pari a Cernobyl dopo l'esplosione della centrale nucleare, lui si sarebbe schifato e io avrei gettato la mia dignitá perchè la notizia sarebbe venuta divulgata a tutta la scuo-

"Pronto, ci sei?" Ridomandò, scocciato.

Mi ripresi come da un trance, sbattendo più volte le palpebre, e immaginariamente la testa, stringendo il mio telefono.

"Si, si. Abito vicino la Marmeid Coast Beach, numero 60..." risposi, osservando lo stato pietoso con il quale ero conciata: indossavo la mia classica salopette di jeans da giardinaggio tutta macchiata di verde e terra a causa del giardino, una maglietta bianca larga con sopra incrostati fili di erba, macchie di terra e concime risalenti al mesozoico, i capelli raccolti in una piccola coda bassa dalla quale sfuggivano delle ciocche che si impiccicavano alla fronte matida di sudore (ehi, strappare le erbacce e piantare fiori era faticoso!), ed infine una fantastica macchia di terra sullo zigomo sinistro.

Proprio messa bene, insomma!

"Vabbè: mi cambierò e mi laverò in poco tempo..." pensai, tranquillizzandomi.

"Perfetto, io sono lì vicino, verso la villa 59." Disse.

Sgranai gli occhi, iniziando a sudare freddo.

Dio: perchè ce l'avevi con me?

"Ehm, aspetta Chato, potresti arr-" niente, solo il fastidioso tu tu tu del telefono.

Aveva attacato, dannazione!

"Tre figure di schifo con la stessa persona nell'arco di un giorno, complimenti alla signorina Roth!" Mi sbeffeggiò la mia coscienza.

Sbuffai, correndo in casa come una pazza alla ricerca del quaderno di Chato e di un profumo.

L'aspetto lo dovevo lasciare per forza a fare pietá, ma non volevo puzzare.

"Sheila: rallenta che mi stai infangando il corridoio!" Mi rimproverò la zia, osservandomi salire come una psicopatica al piano di sopra, con piccole orme di fango e petali di rosa a segnare il mio passaggio.

"Pulisco dopo io!" Risposi, entrando in stanza, avvicinandomi alla mia scrivania, dove erano poggiati il quaderno di Chato e il mio profumo alle rose.

Presi la boccetta, incominciando a spruzzarmi il profumo sul collo, la testa e il corpo.

"Il tempo di cambiarmi forse ce l'-"

Driiiin

"Diavolo!" Urlai, prendendo il quaderno e spruzzandomi un'ultima volta il profumo, prima di uscire dalla camera e scendere le scale con fretta, trovando Leila affacciata a una delle piccole finestre della casa, che osservava il portoncino della recinzione che avvolgeva il giardino.

"Chi è il figo?" Domandò, alludendo al ragazzo che ormai conoscevo che si guardava attorno curioso...e scocciato?

"Non sono affari tuoi" risposi un po' sgarbata, più che altro per l'ansia e la consapevolezza del mio aspetto di schifo che per astio.

Non aspettai la risposta di Leila, mi limitai ad uscire con quanta più calma potevo dalla porta, traendo un sospiro dalla rilassante e fredda aria della spiaggia.

Attraversai la stradina di ghiaia che divideva il giardino in due parti, e ad ogni passo vedevo sempre di più il mittente del quaderno che stringevo in mano: una maglietta bianca, pantalone sportivo, felpa blu scuro con un piccolo logo sul colletto e due occhi neri come la notte che mi scrutavano curiosi, con un sopracciglio scuro che si alzava in maniera interrogativa.

Sembrava uno di quei modelli delle riviste sportive, mentre io una barbona che era stata appena assalita dai cani.

"Ehm...ciao..." fu l'unica cosa che riuscii a dirgli, mentre, ero sicura, arrossivo per l'imbarazzo.

"Ciao anche a te, sirenita..." rispose, con un piccolo ghigno.

Quel nomignolo mi fece tornare in mente un momento particolare di quella stramba giornata...un momento molto, molto imbarazzante...

"Questo è tuo?" Gli chiesi, mettendoli difronte il quaderno mentre lui mi guardava con l'aria "ma ci sei o ci fai?"

Ma che razza di domanda era?!?

Madre de Dìos, brutta cosa l'ansia...

"Credo di si, a meno che qualcuno non mi abbia rubato l'identitá e il numero telefonico" rispose, con un accenno di divertimento nella voce.

"Ehm, si hai ragione..." risposi, togliendomi con un soffio una ciocca di capelli che mi era andata a finire sull'occhio, sotto il suo sguardo cupo e attento, nella speranza di sembrare tranquilla.

Una folata di vento mi colpì, facendomi alzare lo sguardo oltre le spalle alte e dritte di Chato, mentre i miei occhi castani si dirigevano alla spiaggia californiana dalle palme verdi, con le foglie smosse dal vento e un piccolo tornado di sabbia fina, che veniva spazzato via dall'infrangersi delle onde.

A Kauai, la mia isola natia, le spiagge erano davvero bellissime.

In estate mi divertivo sempre a nuotare, andare sott'acqua e giocare con Seirè e Leila, ed era su una delle spiagge di Kauai che avevo insegnato alla mia sorellina minore Moana a fare i castelli di sabbia.

Moana...la mia dolce sorellina...che non c'era più...

Strappatami via insieme ai miei amati mamma e papá, in un modo orribile, macabro e il peggiore che una figlia possa concepire...

Scacciai il pensiero di Moana dalla testa, prima che ricordi poco piacevoli e rimorsi grandi come macigni mi sovrastassero, facendomi piangere come una poppante difronte a Chato.

"Io vado a casa" disse il mio compagno, stringendosi nelle spalle.

Girò i tacchi, pronto ad uscire dal cancelletto, ma qualcosa dentro di me scattò, sussurrandomi di bloccarlo.

"Freddo?" Domandai, tranquillamente a mio agio in mezzo all'aria gelida.

Chato si stoppò, voltandosi curioso in mia direzione.

"Ma i fatti tuoi mai?!?" Mi gridò la coscienza, come al solito.

A volte sembrava avessi qualche problema mentale più del dovuto, con tutti quelli che avevo.

"Vuoi che resti a farti compagnia, sirenita?" Mi domandò, caldo come al suo solito, avvicinandosi a me silenziosamente, illuminato dai raggi della luna, mentre rimanevo come una scema a fissarlo, indecisa sul da farsi.

Che cosa gli rispondevo se avevo parlato senza avere la ben che minima idea di quello che gli avessi detto?!?

E in quell'attimo di tentennamento lui mi fu praticamente addosso, vicino come non lo era mai stato nessun ragazzo, con il suo sguardo cupo, l'aria misteriosa, il cappello a coprirli la testa rasata, il corpo tatuato ed allenato, e quel profumo...

Dio: il più buono che avessi mai sentito.

Arancia.

Cannella.

Fumo.

E poi cannella.

Fumo.

Arancia.

Quelle tre cose mischiate insieme...

D'istinto chiusi gli occhi e respirai in maniera profonda, volendo catturare quanta più di quell'aroma dolce, decisa e ipnotica.

Sapevi di buono, forse avrei sentito quel profumo per tutto il mese, o l'anno, che avrei dovuto condividere con te, forse non l'avrei mai dimenticato, il tuo profumo...

Ma cosa diamine stavo facendo?!? Sicuramente gli sarei parsa una posseduta, facendo in quel modo!

Riaprii di botto gli occhi, sperando che il viaggio mistico che avevo intrapreso nella dimensione 'arancia-cannella-fumo' fosse passato indisturbato ai suoi occhi attenti e distanti.

Non avevo il coraggio di alzare le orbite per constatare la situazione, timorosa di un eventuale sguardo divertito o stranito.

Mantenni gli occhi bassi, sperando di trovare qualcosa di più intressante da qualche altra parte che non mi facesse sembrare una deficiente.

"Sei proprio strana" commentò divertito.

Così, dal nulla!

Alzai lo sguardo, ritrovando i miei occhi inchiodati ai suoi.

Occhi profondi, neri come gli incubi, nei quali non riuscivo a vedere quasi la pupilla.

"Me lo ripetono spesso..." risposi, mordendomi un labbro a disagio.

"...soprattutto Katniss e Leila" avrei voluto aggiungere, ma mi trattenni.

Lo conoscevo da poco, non dovevo ancora fidarmi.

"Ci sará un motivo" rispose, freddo quasi quanto l'aria circostante.

Rimasi interdetta da quelle parole: voleva ferirmi, umiliarmi, o era solo una piccola precisazione?

"Il numero dei significati delle parole è pari al numero dei riflessi del diamante"

Era una delle mie frasi, una delle tante che mi divertivo a scrivere quando non avevo nulla da fare se non sognare e pensare, le due cose che mi riuscivano meglio.

"Con quale leva devo prendere queste due parole?" Gli domandai, mentre una forte corrente gelata mi arrivava in faccia, facendomi svolazzare la coda e provocandomi una leggera pelle d'oca.

Chato si strinse nella spalle e sbuffò, provocando una nuvola di vapore a causa del condensamento dell'aria fredda con quella calda.

"Che temperatura del cazzo..." gli sentì sbottare, mentre si cacciava le mani in tasca.

"Non mi hai risposto"

"Non sono lo sguattero che ubbidisce in un nano-secondo a sua maestá" mi canzonò, appogiandosi al cancelletto con nonchalance, quasi fosse una cosa normale per lui rispondere in quel modo o appoggiarsi alla staccionata di uno sconosciuto col rischio di romperla.

"Potresti levarti dalla staccionata, cortesemente?" Gli chiesi pazientemente.

Lo vidi ghignare, mentre portava il suo sguardo sui pezzi di legno che si piegavano leggermente sotto al suo peso, con piccoli scricchiolii.

"Hai paura che mi possa fare male?" Mi chiese.

"Se per fare male intendi il rischio che tu possa cadere e sbattere la testa su uno dei calcinacci di cemento sul suolo, portando te ad avere un trauma cranico e a me un attacco cardiaco allora si: non voglio che ti faccia male" gli risposi, con un audacia che fino a poco fa non avevo, che sbucava così, dal nulla.

Anche per quello non potevo definirmi completamente normale...

Lo vidi scuotere la testa in modo divertito, come se avessi detto la cosa più ridicola e contemporaneamente più divertente della serata, cosa che rendeva tutto sempre più imbarazzante.

Chato si staccò dalla staccionata, che scricchiolò in modo preoccupante, portandomi a pensare che dopo avrei dovuto controllare in che stato era, poi si avvicinò nuovamente a me, con la sua solita andatura sicura, gli occhi tentatori e il profumo incantevole.

Ed ecco che la sicurezza di poco prima si andava sgretolando, spodestata da forti attacchi di panico causati dall'ignoranza di come comportarmi in determinate situazioni con una persona.

"C-c-che fai?" Fu l'unica cosa che riuscii a chiedergli, quando fu difronte a me.

Lo vidi alzare un sopracciglio.

"Vuoi tenerti il quaderno?" Mi domandò in tono ovvio, indicando con un gesto della testa il piccolo ammasso di fogli con copertina scura che tenevo fra le mani.

Abbassai lo sguardo ad osservare il quaderno, conscia dell'ennesima mala figura che stavo facendo in sua presenza.

"Giusto..." risposi, per poi tossicchiare nervosamente e continuare.

"Mi ero dimenticata di averlo ancora io. Sai...quando si parla si rimane assorti dal filo conduttore della conversazione..." Conclusi, gesticolando da perfetta imbecille, sotto il suo sguardo interrogatorio.

"Brava, spaventalo!" Diceva il subconscio, in modo ironico.

"Nel senso che mi sono assorta nella discussione..."

E mi guardava ancora più stranito.

"Ecco, lo vedi?!?"

"Cioè non nel tuo modo di parlare ma..."

"Cosa c'entra adesso il suo modo di parlare?!?"

E Chato mi guardava come una psicopatica, mentre la dignitá scompariva e l'ansia urlava.

"Sheila, ma che cazzo ti prend-" stava per dirmi lui, ma un attacco di panico mi costrinse a stroncare le sue parole.

"Tieni!" Esclamai all'improvviso, mettendoli frettolosamente il quaderno nelle mani, sotto il suo sguardo confuso.

Dopodicchè non so perchè feci quella determinata cosa, cosa mi spinse a compierla o con quale intelletto la misi in atto, ma fatto sta che la feci; volete sapere cosa?

Mi misi a correre verso casa.

Attraversai a grandi e veloci falcate il giardino, per poi aprire la porta di casa con foga.

"Ciao!" Fu il rapido e stupido saluto che rivolsi a quel ragazzo basito che mi osservava.

Poi sbattei la porta e scappai in camera mia, presa dall'ansia della consapevolezza del mio gesto insensato e dai dubbi che Chato mi avesse preso per una ragazza eccessivamente strana.

Mi buttai di pancia sul letto soffice, stringendo le lenzuola aggrovigliate e buttando la faccia su un cuscino beige, sbattendo i piedi sul materasso come una bimba capricciosa.

"Madre de Dios: ¿Que he hecho?" Soffocai nel cuscino, chiededomi seriamente cosa mi fosse preso.

Non andai alla finestra per vedere se Chato fosse ancora lì, presa da una cieca e insensata paura che il suo sguardo si posasse su di me.

Sentivo nel profondo del mio cuore che il mio compagno era ancora lì, nel giardino, a chiedersi quanto stramba potessi essere.

Ma non mi mossi di un millimetro, nè quando sentii che fosse ancora difronte casa mia nè quando percepii che se ne era andato.

Invece rimanni lì, avvolta dalle lenzuola scombinate, abbracciata al cuscino sul quale avevo pianto tante volte, ripetendomi che non avrei dovuto bloccarlo per sentire ancora la sua voce, e cercavo in tutti i modi di scacciare quell'orribile sensazione di essere solo un comune disastro.

ANGOLO AUTRICE: Buonsalve a tutti wattpadiani e bentornati!
Oggi non ho niente di importante da dire, quindi vi saluto subito dopo la domanda del capitolo, spero, inoltre, abbiate apprezzato il mio lavoro e che la lettura vi sia piaciuta.
E ora domanda!

Trovate Sheila una persona più ansiosa o paranoica?

(È la stessa domanda che ho posto su una storia Instagram ma ok).

Al prossimo capitolo amorciti, ci vediamo ad Aprile!❤💙

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