FF AU
[si in pratica questa è una fanfiction, fanfiction AU, aka con tutti i soliti cliché delle ff. NON PRENDETE SERIAMENTE NIENTE DI QUESTA STORIA.]
Maria Sara's POV
Oggi sarebbe iniziato il mio terzo anno in una differente scuola, io e la mia famiglia ci siamo trasferiti a Londra da un mese all'incirca.
Il racconto dell'esperienza più bella della mia vita iniziò quel giorno.
Non avevo tanti amici nella mia vecchia scuola, però sicuramente mi mancherà Stefania. E' stata l'unica ragazza a capirmi e apprezzarmi, amavo la sua personalità e il suo umorismo. Spero che senza di me riuscirà a farsi più amici ed essere più socievole, se lo merita. Le auguro il meglio, nonostante mi brucia il petto non poterle restare vicino.
Oggi era un pacifico 27 settembre in un freddo e oramai quasi autunnale giorno nella Londra che stavo lentamente imparando a conoscere. La scuola che avevo scelto era l'unica che comprendeva materie artistiche più vicina a casa mia. Non era enorme, né era estremamente popolare, ma rispetto al liceo artistico della mia piccola cittadina in Italia era un enorme salto in alto, che non ero molto pronta ad affrontare.
Quest'istituto aveva anche una festicciola di natale, una cosa che nella mia piccola scuola di provincia sarebbe stata impossibile. Ero eccitata al solo pensiero.
Stavo per fare il primo passo nella scuola quando qualcuno mi venne contro e mi fece cadere rovinosamente per terra, tutti i quaderni che stavo tenendo in mano erano volati in modo scomposto per terra.
"Cazzo,scusa", quando riaprii gli occhi incontrai quelli del mio interlocutore, sentii le guance andare a fuoco e mi bloccai completamente.
La ragazza che mi aveva spinto erroneamente per terra era abbagliante, meravigliosa. Nonostante indossasse la divisa che tutte noi avevamo, sembrava avere un totale differente effetto su di lei. La gonna grigia era stata abbellita da borchie e catene, le calze nere erano strappate e rattoppate con teschi e cuori infranti, la giacca blu era tenuta aperta, la cravatta verde era allentata, la camicia sbottonata di almeno quattro bottoni.
Il trucco era scuro e potente, l'aria da dura e ribelle veniva solo accentuata dai capelli completamente rasati.
"Tranquilla! Colpa mia," dissi rialzandomi velocemente, nonostante al colpa fosse effettivamente sua che mi era venuta contro. Una volta sui miei piedi lei mi porse le cose che mi erano cadute qualche secondo prima, quando mi avvicinai a prenderli, notai le differenze nelle nostre mani. Io avevo delle lunghe dita curate e magre, accentuate dalle unghie smaltate di cui mi tenevo tanta cura. Le sue mani erano affusolate, piene di tagli e dalle corte unghie.
Dopo essersi assicurata che stavo bene, si allontanò con un cenno di mano, finalmente esalai un respiro. E proprio in quel secondo sentii qualcuno ridere a bassa voce dietro di me.
Quando mi girai vi erano solo un gruppo di ragazzi, probabilmente tre dei quali più piccole di me a giudicare dal colore bianco della cravatta, "Mi dispiace che tu abbia dovuto affrontare questo brutto benvenuto" disse una delle tre avvolgendomi un braccio sulle spalle. Risi timidamente.
"Chissà com'è realmente quella Maria" disse la ragazza che era del quarto, guardando nella direzione dov'era scomparsa qualche secondo prima la studente. Aveva uno sguardo un po' triste, un po' nostalgico. L'unico altro ragazzo che aveva la cravatta di colore viola le accarezzò la spalla, dandole un sorriso malinconico.
"Io sono Flavia, nuova arrivata" riportò la mia attenzione su se stessa la ragazza che mi stava triturando il collo con il suo braccio. "La emo, wannabe Maria si chiama Fabiana mentre quella alla sua sinistra con i capelli tinti male rossi è, ironia della sorte, Fiamma," aggiunse indicando le due ragazze del primo anno, le quali la guardarono male per i commenti fastidiosi, Flavia ripose con una linguaccia.
Fabiana non era molto alta, ma il suo corpo esile spiccava la sua figura e la rendeva davvero affascinante, aveva un'aria tranquilla ma molto intelligente e matura. Fiamma risultava quasi l'opposto, sembrava sprezzante e divertente, come una piccola palla rimbalzina che non si fermava mai.
"Mi chiamo Adriana, e sono la rappresentante degli studenti insieme a Yul, se ti serve qualcosa puoi chiedere a noi senza vergogna" mi tese la mano la ragazza del quarto anno, con un sorriso accecante, mi sembrava di vedere mia madre che alle elementari mi premiava con le caramelle e dei grandi sorrisoni quando prendevo dei voti alti. L'aspetto e l'atteggiamento caldo e caloroso non aiutavano a farla apparire meno dolce. Dietro di lei l'altro ragazzo nonostante il silenzio e l'atteggiamento all'apparenza distaccato sembrava così generoso e gentile. Devono essere proprio dei buoni rappresentanti.
Rimasi a chiacchierare con il piccolo gruppo per qualche minuto, sentii per la prima volta la voce di Yul, forse rispetto a persone come Flavia e Fiamma parlava poco, ma era palesemente una parte integrante del gruppo. Discorso molto simile anche per Fabiana. Erano gli ascoltatori che riuscivano a dire le poche cose ma al momento più giusto.
Infondo io ero proprio come loro.
I ragazzi si offrirono per accompagnarmi nella mia aula, e vennì informata del fatto che nonostante Maria fosse del mio anno, lei era nella sezione C, mentre io ero nella B. Ma se avevo sventato lei, qualcos'altro incombé nella mia vita.
"Quindi sei in classe con sua sorella" aggiunse Flavia mentre camminava davanti di noi all'indietro, "si chiama Fortuna, è nel mio stesso corso, se vuoi metto una buona parola?" ma rifiutai ancora prima che potesse finire la frase. Chissà che avrebbe pensato Maria di me se avessi usato dei metodi loschi per avvicinarmi a sua sorella. Preferisco farmi piacere perchè sono io, con le mie uniche forze, o rinunciarci del tutto. Nessun'altro modo. "Ci vediamo a merenda?" chiese Fabiana grattandosi il retro del collo, io annuì rumorosamente. Decidemmo di vederci di fronte all'aula delle primine, dopo avermi dimostrato come arrivarci dalla mia posizione.
La classe delle materie umanistiche della 3B era relativamente grande, aveva quattro file di banchi per due persone, nel lato opposto ad essi vi era la cattedra del professore e alle sue spalle una lavagna multimediale. Sulla parete contraria alla porta vi era una finestra che la occupava completamente. Da essa si poteva vedere tutto il panorama del parco dietro l'istituto. Mi metteva voglia di correre fuori e passare le ore a rotolarmi nell'erba. Magari dopo scuola avrei potuto invitare i ragazzi a farci un giro.
"Bello il sole cocente e l'erba verde splendente, vero?" mi girai vero la voce mascolina ma dolce e silenziosa che mi rivolse la parola, un ragazzo molto più basso di me si avvicinò alla finestra accanto a me e osservò con sguardo vuoto il paesaggio. La sua uniforme confermava che lui fosse del mio anno, probabilmente è nella mia stessa classe. Aveva i capelli biondi tagliati in un caratteristico mullet, ma gli occhi così azzurri e dal colore particolare sembravano vuoti, malinconici e incatenati.
Mi voltai verso di lui, e mi presentai, aggiungendo che mi fossi appena trasferita nella loro scuola. Egli sorrise. "Piacere mio, mi chiamo Marvin, ti va di sederti accanto a me? E' il secondo banco proprio accanto alla finestra", mi disse il minuto ragazzo indicando il banco illuminato dalla luce del sole. Accettai.
In quell'ora noiosissima di lezione di filosofia imparai che sia a me che a Marvin piacevano i lunghi prati e le scampagnate, ad entrambi piaceva il colore giallo e i caldi abbracci. Mi disse anche che non era solito uscire spesso, nè aveva tanti amici, ma era colpa sua. Eppure non riuscivo a compre come un ragazzo così dolce potesse non piacere a qualcuno.
Ciò che mi disse subito poco però ebbe un sapore molto amaro, come ingoiare un pezzo di vetro , doverlo digerire e anche sorridere. Marvin era fidanzato, era l'unico amico che aveva, l'unico che gli aveva detto che i suoi amici erano tossici, il suo ragazzo era stato capace di fargli realizzare che era colpa sua che aveva tutti quei brutti amici ma che lui sarebbe rimasto con lui, l'unico che gli aveva reso la vita migliore.
Ma io non riuscivo a ritenere nessuna delle parole che esprimeva su questo tizio come belle, piacevoli o amorose.
Mi sembravano le parole di un manipolatore narcisista.
Comunque sorrisi. Non sapevo bene cosa dire, ed infondo non lo conoscevo.
Mi raccontò dei suoi vecchi amici 'tossici', ma mentre mi parlava di loro sembrava sull'orlo delle lacrime, sembrava così nostalgico e triste. Continuava a ripetere quanto fossero solo un male per lui, e quanto Derek, il suo ragazzo, avesse ragione.
Arrivò finalmente la seconda ora, ed entrò un ragazzo molto giovane, aveva un portamento sicuro e raffinato. Lo sguardo era maturo e allo stesso tempo quello di un eterno giovane, sembrava anche molto fisicato sotto tutti quei vestiti, insomma, era davvero di bello aspetto. Davvero questo era il nostro professore di storia e letteratura?
Egli subito mi rivolse attenzioni e chiese come mi sarebbe stato più comodo recuperare il materiale che magari non era nel programma in italia, stavo per dire qualcosa, nonostante non fossi molto sicura della risposta, ma una ragazza mi spezzò la parola.
"Professore Cantelli, magari potrei riscriverle tutti gli argomenti da noi fatti e prestarle i miei libri", colei che rispose era seduta all'ultimo banco della seconda fila, nell'ora di filosofia non mi era sembrata una persona nè attenta né studiosa, ma l'apparenza che stava dando ora era completamente diversa.
"Sei sempre così intelligente Fortuna, e così sia allora" chiuse la conversazione il professore lasciando l'alunna leggermente arrossita. Fu in quel momento che realizzai che quella era la sorella minore di Maria, Fortuna!
Quindi diedi un ultima occhiata più approfondita alla ragazza, ora ero estremamente curiosa. Aveva un corpo molto attraente formoso, il trucco era pesante ma molto femminile, i capelli arruffati le donavano ancor più carattere.
"Puoi smetterla di osservarla? Se ti ha fatto qualcosa puoi dirlo a me" mi sussurrò Marvin tirandomi leggermente la giacca. Mi sentii le guance andare a fuoco, avevo attirato davvero così tanto l'attenzione?
"Scusa, mi sembrava un tipo... interessante", non mi sentii in grado di dire a Marvin la verità per la quale ero curiosa del soggetto in questione, ma ciò che mi rispose mi sorprese ulteriormente. Mi fece desiderare di non aver mai aperto bocca.
"Lo è. E' una persona orgogliosa e perfida, ciò la rende una delle migliori amiche che chiunque possa avere, nei confronti dei suoi amici è affidabile, disponibile, leale, amichevole, divertente, speciale e.. lei è... lei è così-" ad un certo punto il ragazzo smise di parlare, rimase fermo ad osservare il vuoto. Dai suoi vuoti azzurri occhi scese un'amara lacrima che gli solcò le timide guance.
Nella mia testa sentivo la voce del professore confusa e ovattata, come se io e Marvin fossimo in una bolla e tutto il mondo fosse fuori.
Marvin aveva abbandonato Fortuna e il suo vecchio gruppo di amici, solo per il suo ragazzo. Palesemente erano davvero importanti per lui, palesemente erano la sua vita, palesemente gli voleva un mondo di bene a loro.
Dopo pochi secondi che erano sembrate delle ore, con gli occhi ancora lucidi, Marvin si girò verso la finestra, e sussurrò, con voce malinconica,"Bello il sole cocente e l'erba verde splendente, vero?".
"Si", sussurrai, qualche secondo dopo, tirandomi su il naso.
Quell'ora trascorse silenziosa, iniziai a prendere appunti, a disegnare sul libro, a giocherellare con l'orlo della camicia, qualunque cosa pur di non guardare Marvin, pur di non ricordarmi il suo sguardo.
Quando suonò la campanella, il professore ci salutò con un grande sorriso, riuscì magicamente a rassicurarmi. Anche Marvin sembrò sentirsi meglio, egli si alzò e sorridendo felice si scusò per andare un attimo nel bagno.
Proprio in quel momento Fortuna si avvicinò al mio banco, appoggiò due libri e un foglio sopra di essi, "Ti ho scritto tutto, se non capisci qualcosa ho scritto anche il mio cellulare, puoi mandarmi un messaggio", aveva una voce un po' rauca e superiore, ma non sembrava una cattiva persona.
Annuì e ringraziai, cercando di sembrare il più felice e grata possibile. Lei mi rivolse un sorriso e poi si allontanò verso il suo banco. Esalai un respiro, ma in quel momento mi ricordai che avevo promesso a Fabiana e alle altre che ci saremmo viste a merenda. Avrei potuto aspettare Marvin vicino al bagno e poi magari chiedergli se volesse venire con me, così non avrei scelto tra i due.
Quando andai fuori dall'aula, mi diressi infondo al corridoio però realizzai che effettivamente io non ne avevo idea di dove fossero i bagni. Quindi mi fermai imbarazzata e confusa nel bel mezzo di un corridoio che non conoscevo guardandomi intorno.
"Cerchi qualcuno spilungona?" mi rivolse la parola all'improvviso qualcuno, quando mi girai incontrai lo sguardo di una ragazza più bassa di me, all'incirca leggermente più alta di Marvin. La sua divisa era scomposta, la giacca era legata intorno ai fianchi e la cravatta verde era acconciata male, mi ricordava Maria. Il suo sguardo però era molto più gentile, femminile e carino di Maria, anche il caschetto dalle punte blu le dava uno stile più aggraziato.
"No- Si- Cioè, cerco il bagno dei maschi non qualcuno" risposi cercando di non inciampare sulle mie stesse parole. Lei fece un espressione meravigliata, poi indicò la parte opposta del corridoio, "E' lì infondo" aggiunse.
Stavo per ringraziare, voltarmi e dirigermi nella direzione da lei indicatomi quando dall'aula alla sua destra, apparse qualcuno di molto familiare ai miei occhi.
"Con chi stai parlando, Luì?" la voce di Maria era sempre rude e graffiata, e ora che le vedevo vicini, la ragazza dai capelli blu non mi ricordava per nulla Maria. Risposi prontamente al posto della sua amica, "Non riuscivo a trovare il bagno dei maschi, è un po' confusionaria ancora per me la scuola", mi sentii come se in quel momento la mia timidezza si fosse suicidata per lasciare il suo posto a un po' di coraggio improvviso.
Maria annuì, ma rimasi speranzosa che avesse qualcos'altro da aggiungere. La mia mente stava sperando che avesse aggiunto qualcosa, qualunque cosa, che avrebbe continuato a parlare con me.
"Ah si, sei in 3B giusto?" mi chiese qualche secondo dopo, mi sentii così felice, così meravigliata, che forse risposi con un affermazione troppo emozionata, ella mi porse una piccola lettera, sembrava essere stata fatta all'ultimo secondo con dei semplici fogli di stampante, "Puoi portarlo a Fortuna? Dovrebbe essere la ragazza seduta all'ultimo banco che sembra un cocker," disse sorridendomi, era così bella, dovrebbe sorridere di più.
Accettai volentieri, lei ringraziò, e finalmente mi allontanai soddisfatta. Stavo camminando verso l'aula quando vidi Marvin arrivare, due piccioni con una fava.
"Marvin ho promesso ad alcuni amici che li avrei incontrato nell'ora di merenda, vuoi venire con me?" egli sorrise, arrossì leggermente, ma declinò l'invito. Lo guardai prendere la merenda dal suo zaino e sedersi sull'orlo della finestra. Sospirò un paio di volte, si forzò un bel sorriso e chiamò qualcuno. Compresi in fretta che si trattava di Derek. Distolsi immediatamente il mio sguardo e, camminai verso Fortuna.
"Ehy Fortuna, scusa se ti disturbo, una ragazza in 3C mi ha dato questa cosa per te", dissi cercando di far sembrare il più possibile che io non conoscessi sua sorella, lei ringraziò a bassa voce e poi afferrò la lettera. Senza guardarmi indietro mi incamminai direttamente verso la porta, non avevo voglia di vedere Marvin.
Mentre cercavo di fare mente locale su come arrivare all'aula dell'incontro sentii qualcuno correre dietro di me, afferrarmi le spalle, e spingermi violentemente contro il muro. Urlai leggermente, ma smisi immediatamente quando mi accorsi che il mio aggressore fosse semplicemente Fortuna.
"Non hai aperto la lettera che ti ha detto Maria, vero?" la sua voce era bassa, tra il completamente imbarazzata e il follemente arrabbiata, "No! Stai tranquilla!" le risposi alzando forse fin troppo la voce, ma ero seriamente preoccupata che mi avrebbe preso a pugni da un momento all'altro. Realizzai quanto Fortuna poteva sembrarmi spaventosa.
Lei si allontanò da me e sospirò, sul suo viso ritornò la sua solita espressione, molto meno spaventosa. Mi rilassai leggermente anche io.
"Scusa, è che è una cosa un po'... privata, ecco" disse non guardandomi negli occhi e arricciandosi con un dito una ciocca di capelli. Annuì e la rassicurai ulteriormente, diedi uno sguardo all'orologio sulla parete, mancavano venti minuti alla fine della merenda. Se volevo vedere i ragazzi dovevo muovermi, ed uscire da questa situazione, adesso.
"Fortuna non bullizzare la nuova arrivata, che modi sono?" un ragazzo alto, dai lunghi capelli marroni raccolti in un bun, e lo sguardo gentile ma saccente si stava avvicinando a noi. Insieme a lui, lo seguivano a ruota le due ragazze che avevo incontrato qualche minuto prima. Mi sa che devo già iniziare a programmare come chiedere scusa a Fabiana perchè non li ho raggiunti nell'ora di merenda.
Risi insieme a Fortuna, lei si avvicinò al trio, io rimasi nella mia posizione, appoggiata contro al muro. "Piacere Salvatore" disse il ragazzo porgendomi la mano, volentieri gliela strinsi, le sue mani erano davvero grandi, anche se per un ragazzo così alto e massiccio probabilmente era molto normale, "Maria Sara, piacere mio".
"Ah mi sono accorta che non mi sono mai presentata, probabilmente neanche tu Maria, veh?" disse con voce gioiosa e colorata la ragazza con la frangia e le punte blu, "Che maleducate" rispose il ragazzo ironicamente dando alla più piccola uno scappellotto sul collo. Risi genuinamente, sembrava un gruppo molto affiatato.
"Mi chiamo Luisa, la depressa qua, è appunto Maria" mi porse la mano mentre sorrideva a trentadue denti, le strinsi al mano, la quale era completamente differente da quella di Salvatore, era mediamente molto più piccola della mia, le dita erano piccole ed affusolate, sembravano quasi quella di una bambina.
"Aspe ma quindi Maria Sara non hai aperto la lettera" disse Maria meravigliata, mentre Fortuna le picchiava il braccio infuriata, anche se le sue guance rosse la tradivano un po'. Ovviamente dissi che non l'avevo fatto, infondo era la verità.
Poi sia Salvatore che Maria iniziarono a stuzzicare Fortuna facendo finta di star per raccontare il contenuto della lettera, non potei trattenermi dal morire della risate, almeno vi era Luisa che mi stava accompagnando sonoramente.
Maria era così bella, senza accorgermene, rivolgevo sempre lo sguardo verso di lei, anche vederla fare delle semplicissime azioni in qualche modo mi riempiva lo stomaco di farfalle, il cuore di battiti e la mente di pensieri.
Per sbaglio però a Fortuna cadde il foglio per terra, e per puro caso stavo proprio guardando in quel punto. Continuai a ridere come se niente fosse successo,come se non me ne fossi accorta, e probabilmente Fortuna non si accorse che effettivamente avevo visto il foglio cadere, infatti riprese a parlare tranquillamente.
Ma ora sapevo, e la mia mente mi stava urlando di rendermi conto di ciò che avevo appena letto.
Fortuna, la mia compagna di classe, la sorella minore di Maria, la ex amica di Marvin, una delle amiche di Salvatore e Luisa, era follemente innamorata del nostro professore di storia e letteratura, il Professore Cantelli.
Però in quel momento non mi accorsi che ciò non fu neanche la metà delle cose importanti che stavano accadendo. Non avevo neanche lontanamente notato, che Marvin mi stava osservando ridere e scherzare con il suo ex gruppo di amici, gli amici che tanto duramente aveva abbandonato.
Stava vedendo i suoi migliori amici essere felici senza di lui, ma con me.
Qualche secondo dopo comunque suonò la campanella, mentre ci salutavamo e tornavamo delle nostre classi, sospirai al pensiero di dovermi diligentemente scusare con i ragazzi.
Trascorsero tre ore di lezioni abbastanza semplici e banali, infondo sul nostro orario oggi non vi era alcuna materia artistica, quindi ogni giovedì di quest'anno sarebbe stato così tremendamente noioso. Almeno domani era un bel venerdì con due ore di modellato e due di laboratorio pittorico.
Marvin non mi aveva rivolto parola per tutto il tempo, non cercai di attaccare bottone in nessun modo. Mi sentivo bloccata al solo pensiero di doverlo fare.
"A domani!" riuscì a dire in un solo fiato, proprio quando Marvin stava per svoltare l'angolo all'esterno del cancello della scuola. Sentivo il cuore martellarmi terribilmente all'idea di ciò che avrebbe potuto rispondere il ragazzo.
Ma lui si girò, sorrise genuinamente e mi rispose con voce squillante, "A domani, Maria Sara".
Lo guardai andarsene per qualche secondo, mi sentivo in dovere di dover fare qualcosa, in dovere di aiutarlo.
"Guarda la mentirossa!" urlò una voce molto familiare alle mie spalle, era Fiamma, accompagnata ovviamente da Flavia e Fabiana. Mentirossa? Mi hanno appena dato un soprannome?
Iniziai a raccontare a raffica tutto ciò che mie era successo in quella burrascosa giornata, ero così tanto presa dal racconto che non mi accorsi neanche dell'arrivo di Adriana e Yul.
Quando arrivai a parlare di Marvin, mi bloccai un secondo e decisi di non raccontare i miei sospetti sul suo amante, non mi sembrava giusto nei suoi confronti spargere i suoi segreti a chiunque mi paresse. Non nominai neanche dell'amore che Fortuna provava per il professore, infondo non avrei neanche dovuto saperlo quello.
Le giornate dei ragazzi si erano svolte abbastanza in tranquillità invece, apparte Yul che si era ritrovato a discutere con un paio di ragazzi più grandi per quanto riguardava la festa di fine anno. Chissà com'era Yul arrabbiato, non riuscivo proprio ad immaginarmelo.
Ridendo e scherzando organizzammo il percorso da seguire per accompagnarci tutti a casa, era stato divertente scoprire quanto fossimo tutti abbastanza vicini tra di noi. Fabiana e Fiamma erano subito dopo di me, mentre io ero per prima. Stavo per aprire il cancello del condominio in cui vivevo, quando lo stesso coraggio che era rinato in quel momento con Maria tornò a farsi presente.
"Adriana posso chiederti un piccolo piacere?" dissi con voce chiara e ferma, lei si girò verso di me e mi rivolse un affermazione gentile e soave. Come faceva ad essere così comprensiva?
Le chiesi di scambiarci i numeri di telefono, volevo parlarle di una questione abbastanza importante e più grande di me, nella quale non sapevo bene come comportarmi. Lei ringraziò di essermi fidata di lei, ed aggiunse il suo numero nella mia rubrica.
Soddisfatta mi dirigei nella mia abitazione.
Quella stessa sera feci una chiamata lunga più di un'ora con la mia cara e dolce Stefania, le raccontai tutti i particolari, compresi tutto ciò che riguardava Fortuna e Marvin. Lei mi raccontò di aver conosciuto delle ragazze più grandi di lei con le quali stava iniziando a fare amicizia, feci i salti di gioia.
Passai i successivi dieci minuti ad osservare la mia chat vuota con Adriana. Continuavo a cancellare e riscrivere ciò che volevo mettere in parole. Alla fine decisi che avrei mandato il messaggio come sarebbe venuto.
Esso risultò abbastanza lungo, forse leggermente confusionario, ma sentivo che Adriana avrebbe saputo cosa fare nella mia situazione, e sentivo il bisogno di chiederle un piccolo aiuto.
Le raccontai tutto ciò che sapevo su Derek, tutti i piccoli dettagli su lui e Marvin, tutto ciò che sapevo su Marvin, Fortuna, Luisa, Salvatore e Maria.
Quando iniziai a leggere il messaggio con cui mi rispose Adriana capii che avevo scelto la persona giusta. Nonostante ella stessa si stesse sottovalutando, dicendo di non essere un esperta, tutto ciò che aveva scritto mi risultò di incredibile aiuto e mi sentii più sicura su come affrontare la situazione.
'La cosa più importante, è che Maria sara, tu gli resta vicino'.
Il risveglio fu abbastanza tranquillo, di solito in Italia mi svegliavo molto prima per andare a scuola, qui avevo l'istituto molto vicino quindi potevo perdere qualche secondo in più per prepararmi.
Aspettai i ragazzi davanti al cancello mentre giocherellavo a qualche otome game sul telefono, mi ero davvero presa nell'ultimo periodo con uno in particolare ma non riuscivo a fare la storia completa con il finale buono con il mio personaggio preferito. Sbuffai nel silenzio quando per l'ennesima volta non avevo vinto nessun cuore da parte del ragazzo occhialuto e dai rossicci capelli.
"Ti capisco, ci ho impiegato due mesi per farla" quando distolsi il volto dal telefono incontrai lo sguardo di Yul. Egli mi spiegò che aveva riconosciuto l'audio del gioco, aveva passato anche lui praticamente tutto il suo anno di terza superiore a conquistare tutti i ragazzi presenti nel gioco.
Tra una battuta e l'altra tra me e Yul, anche gli altri ragazzi arrivarono e decidemmo di avviarci verso scuola. Adriana inscenò un finto lungo muso per rimproverare Yul di non averli aspettati ed essere venuto direttamente verso casa mia, egli disse di esser stato attirato dall'energia degli anime boys, ridemmo tutti all'unisono.
Promettemmo per l'ennesima volta di vederci all'ora di merenda, e io giurai che oggi ci sarei stata. E nel mio pensiero giurai che sarei riuscita a far venire anche Marvin.
"Buongiorno" salutai il ragazzo che era già seduto nell'aula di laboratorio della nostra classe, presi ovviamente posto accanto a lui. Iniziammo a parlare del più e del meno, quando decisi di invitarlo ad uscire insieme appena dopo scuola domani.
"C'è un posto carino dove fanno le ciambelle a metà prezzo, ti va?" gli chiesi non molto fiduciosa che avrebbe accettato, ma egli lo fece. Sembrò un po' riluttante ma aveva comunque promesso che ci sarebbe stato. Istintivamente lo abbracciai.
Le due ore di modellato procedettero lisce come l'olio, furono molto interessanti e divertenti. Il professore Toneatti infondo era un gran burlone ma sembrava saperci fare.
"Credo di non poterci essere domani, comunque" disse Marvin mentre osservava il telefono, prima di continuare lo chiuse e lo riposò nella sua tasca, "Derek mi ha detto di andare a casa sua, mi sarebbe davvero tanto piaciuto venire con te oggi, davvero sarei voluto venire ma-" fermai la frase che stava per finire Marvin, parlandogli sopra.
"E perchè allora non gli hai semplicemente detto di no?" risposi con la voce più tranquilla, e il volto più rilassato che riuscissi a mantenere "Perchè non gli hai semplicemente detto che non ti va di andare da lui?".
'Essere in grado di dire "no" diplomaticamente ma con fermezza significa praticare l'arte della comunicazione'.
Lui non rispose, riprese il telefono e osservò la conversazione con il suo ragazzo per qualche secondo. "Effettivamente hai ragione, dovrei" disse poi a bassa voce, io sorrisi ed annuì. Sembrò sentirsi molto più sicuro di se stesso a vedermi così solare, quindi scrisse il messaggio al ragazzo.
Decidemmo di passare l'ora di merenda a girovagare per l'istituto, finalmente sarei potuta andare dai ragazzi, e sopratutto avrei potuto presentare Marvin ad Adriana.
Ma proprio quando stavamo per svoltare l'angolo, Marvin, il quale stava camminando davanti a me, mi prende per le braccia e mi tira indietro.
Stavo per esclamare qualcosa quando mi poggiò maleducatamente una mano sulla bocca e mi fece segno di stare zitta ed ascoltare. Non riuscivo a capire perchè non stavamo semplicemente scendendo le scale, ma sopratutto perchè stavamo origliando qualcosa, ma poi il ragazzo mi fece cenno di affacciarmi.
Sul fondo delle scale, verso destra, dove vi erano tutti gli oggetti dei vari bidelli potevo intravedere la figura di Fortuna, sembrava star parlando con qualcuno ma non riuscivo proprio a vedere in nessun modo chi.
Poi però riconoscetti la voce del professor Cantelli. La loro conversazione non trapelava completamente. Ma non era quella tra uno studente e un professore normale, lui cercava disperatamente di rimanere ciò che era per lei, ovvero un professore, mentre Fortuna continuava ad inneggiare come lui non potesse semplicemente negare ciò che c'era stato e c'era tutt'ora tra di loro.
Dopo un po' il professore spostò maleducatamente Fortuna e se ne andò senza rivolgerle un saluto, non si voltò e camminò lontano da lei. La ragazza on questione rimase per qualche secondo impassibile mentre lo guardava allontanarsi, poi si diresse verso la classe di laboratorio della 3A.
Per buona sorte nessuno dei due sali le scale, io e Marvin rimanemmo al sicuro dietro al muro. Solo dopo che i nostri battiti smisero di correre e fummo più tranquilli iniziammo a dirigerci verso la classe di Fabiana, Fiamma e Flavia.
Non parlammo di ciò che avevamo appena visto, infondo probabilmente a Marvin urtava nel profondo non poter aiutare la sua amica. Mi fermai e lo guardai per qualche secondo, mi sentivo in pena per lui. Ed odiavo sentirmi in pena per una persona, come se fosse un cucciolo abbandonato.
Egli si accorse che non gli stavo più camminando accanto, quindi si voltò e mi rivolse uno sguardo confuso.
'Dal momento che l'agenda del manipolatore è cercare e sfruttare le tue debolezze, è comprensibile che potrebbe sentirsi inadeguato o addirittura incolpare se stesso per non aver soddisfatto il manipolatore. In queste situazioni, è importante ricordargli che non lui non è il problema; è manipolato per sentirsi male con se stesso, così che avrà maggiori probabilità di cedere il suo potere e i suoi diritti.'
"Marvin, sai vero che io e anche i tuoi vecchi amici ti vogliamo un mondo di bene? E farebbero di tutto per te?" dissi quella cosa sovrappensiero, era ciò che pensavo dal profondo del cuore, io l'avevo percepito nel modo in cui Marvin mi aveva parlato di loro, nel modo in cui quando ieri scherzavamo, Maria aveva notato la presenza di Marvin. L'avevo notato nel modo in cui il sorriso di Luisa cadde per qualche secondo. Nel bene o nel male, Marvin mancava a loro tutti e a Marvin mancavano loro.
Lui sorrise, non riuscivo a comprendere la natura di quel sorriso. Poi esclamò, tra la malinconia ed una sorta di felicità, "E io ve ne voglio altrettanto, per sempre, a tutti loro ma anche a te".
In quel momento la campanella suonò. Ed entrambi tornammo verso la nostra classe. La giornata finì com'era iniziata, ed in tempo zero mi ritrovavo nel letto della mia calda cameretta ad osservare il vuoto.
La frase che mi aveva detto Marvin mi rimbombava in testa. La sua espressione indecifrabile non riuscivo a cancellarla dai miei pensieri.
Notai che Adriana mi scrisse per sapere della situazione con il ragazzo di cui le avevo parlato, non ebbi la forza nè il coraggio neanche visualizzare il messaggio.
Il mio telefono però iniziò a vibrare ripetutamente, la cosa mi mise non poco ansia. Ma quest'ansia non si fermò quando notai che tutti i messaggi erano da parte di Marvin.
Dal primo all'ultimo erano tutti scritti male, scritti in velocità, sembravano dei messaggi terrorizzati. Mi chiedeva di correre da lui perchè Derek stava cercando di entrare in casa sua, stava spaccando piatti e bicchieri all'esterno della sua porta del soggiorno, minacciandolo che è lo stesso che avrebbe fatto al suo teschio.
La cosa più inquietante fu il messaggio audio registrato di ciò, mi si creò un nodo in gola e mi sentii la testa svenire. Notai però che tutti i messaggi erano inoltrati, io non ero al prima persona a cui egli stava scrivendo.
Iniziai a scappare, corsi fuori di casa senza salutare i miei, senza guardare nessuno, rincorrevo la posizione del gps che lo stesso ragazzo mi aveva mandato. Era in realtà abbastanza lontano da me, ma nulla probabilmente mi avrebbe fermata.
Il telefono iniziò a squillare,risposi immediatamente, avevo il fiatone e non riuscii a dire neanche un semplice pronto. Per fortuna il ragazzo nell'altra linea comprese, e iniziò a parlare comunque. Eppure però colui che stava parlando dal cellulare di Marvin non era Marvin, ma neanche Derek. Era Salvatore.
"Ohy non affaticarti, Marvin aveva chiamato anche me e già mi son preso cura della situazione, quindi prenditi il tuo tempo per arrivare", mi fermai per prendere fiato, sorrisi e lo ringraziai sull'orlo delle lacrime. La cosa di cui ero più felice, fu sentire che Marvin avesse contattato Salvatore. Mi sentii come se qualcosa mi avesse appena salvato dal baratro, "Marvin ha lasciato Derek oggi nel pomeriggio, e lo stronzo stava cercando di riprenderselo, ma adesso ci siamo tutti con noi contro di lui, non sarai mai più da solo Marv, vero maria Sara?", continuò Salvatore.
Quella fu una serata strana, compresi solo quando solcai la porta d'ingresso che in quella casa vi erano presenti tutti i suoi amici. Anzi, i nostri amici.
Non mi sentii mai a casa come in questo momento. Marvin rideva felice, non vi era nessun segno di paura, di vuoto nelle sue parole, Salvatore raccontava fiero come avesse picchiato e difeso Marvin da quello psicopatico, Fortuna gli faceva la predica dicendo che avrebbe dovuto aspettare che saremmo arrivati tutti, così sarebbe stato più sicuro, Luisa era per la maggior parte d'accordo con lei ma partecipava attivamente con orgoglio al racconto di Salvatore, dall'altro canto Maria si lamentava di non aver potuto vedere la faccia di quel ragazzo piena di lividi come desiderava da più di tre mesi. Il giorno dopo riferimmo tutto alla polizia, fornendo tutte le prove dell'accaduto, e tutto finì nel modo giusto.
Era tutto così piacevole.
Ricorderò quel momento per sempre, quel momento in cui tutti eravamo amici, semplici amici eternamente felici. Persone che credevano di aver trovato la libertà e la sicurezza nel calore degli altri. Non ci sbagliammo, ma non tutto fu sereno come ce lo immaginammo.
No. Da quel momento in poi, niente fu semplicemente roseo, gioviale e pacato. L'opposto.
Ci proclamammo i 23+1, venne molto spontaneo creare un nomignolo, un qualcosa che ci riunisse e ci facesse sentire come un gruppo effettivo e reale. 23 era un numero speciale che significava libertà e difesa, ci chiamammo 23+1 perchè tutto il nostro gruppo era formato da sei persone.
I 23+1 iniziarono lentamente a conoscere l'altro mio gruppo di amici, Marvin e Salvatore erano i due più affezionati ai nuovi amici. Marvin in particolare conobbe Adriana, e tra loro si sviluppò un'amicizia unica e speciale, indescrivibile, l'unica cosa che non venne e non potrà mai essere infranta, nonché l'unico rifugio che Marvin trovò nel tempo.
Maria invece si teneva molto alla larga da quel gruppo, da quel gruppo così puro, giusto e legale. Al tempo non compresi esattamente mai il perchè, ma mi pentii di averla ripetutamente forzata ad uscire con noi anche quando rifiutasse.
Anche quando mi urlava, mi sbraitava che non voleva esserci io ero imperterrita a costringermi nella sua vita, ad infilarmi e cercare di comprendere quale fosse il problema, ad intromettermi nel cercare di risolvere ciò che la rendeva così atrabile e instabile. Ma per quanto ci provassi Maria non me lo permetteva in nessun modo, non mi permetteva in nessun modo di fare parte della sua vita.
Ero frustrata e inviperita, ci stavo mettendo tutte le mie forze per essere qualcuno per Maria ma niente stava funzionando. Ero più depressa e esausta che arrabbiata, ero frustrata di non riuscire a comprendere e non riuscire a far parte della vita della persona di cui mi ero follemente innamorata. Non lo avrei mai ammesso ad alta voce, perchè neanche io l'avevo realizzato. Perchè io non volevo accettarlo, perchè non volevo realizzare che veramente lei era diventata la cosa più importante che volevo ottenere.
A Fortuna piaceva il gruppetto, sembrava trovarsi a suo agio con loro, ma se vi era la possibilità di scegliere tra loro e maria, avrebbe sempre scelto la sorella. Maria per Fortuna era sempre stata la priorità. Ma non notai mai in tempo cosa la sorella minore stesse cercando disperatamente di fare, cosa stesse cercando di costruire con Flavia, Adriana e Yul.
Una domenica d'ottobre pioveva a dirotto, dovevamo uscire quel giorno ma alla fine decidemmo di spostare l'uscita in un giorno più sereno e tranquillo. Decisi comunque di uscire, non presi nessun ombrello.
Camminai lentamente sotto la pioggia, mi ritrovai per puro caso nel cortile che si poteva osservare dalla nostra scuola. Aveva un espressione completamente diversa quando pioveva, non era esattamente triste, era nostalgico, malinconico, addolorato.
Quel prato così rigoglioso e sempre felice aveva una faccia completamente diversa oggi, oggi era funereo e grigio. Posso capirlo, mi sentivo esattamente come lui.
Ieri avevo chiesto in pura sincerità a Maria perchè si ostinasse così tanto a non uscire con i ragazzi, avevo avuto un tono tutt'altro che comprensivo, glielo avevo sputato in faccia amara e cattiva. Si avvicinò al mio volto, eravamo a pochi centimetri di distanza, sentivo il suo fiato sulle mie labbra. In quel momento con la lingua di serpente mi sussurrò che non sapevo un cazzo di chi era lei e che dovevo farmi gli affari miei.
Non le parlavo da quell'evento. Infondo aveva ragione, io cosa sapevo realmente di Maria?
All'improvviso sentii la pioggia smettere di scendere sulla mia testa, ed il tipico suono dello scroscio cadere sulla plastica di un ombrello. Quando mi girai, vidi la dolce e bassina Luisa tenermi un ombrello nero opaco sulla testa.
"Hey", disse, "Ciao" risposi mentre pensavo se potesse distinguere le lacrime e le gocce di pioggia sulle mie guance.
Io e Luisa non ci eravamo particolarmente legate, la conoscevo ancor meno di Fortuna ma probabilmente meglio di Maria. Almeno questo è ciò che lei ha sempre detto, mi ha sempre ripetuto, mi ha sempre avvertito, che Maria non è quello che sembra, che Maria non è quello che dimostra.
Nonostante fosse Fortuna quella che conosceva Maria da più tempo, lei non aveva mai provato ad avvertirmi, a fermarmi dal farle del male, Luisa invece sembrava essere sempre pronta a raccogliere i pezzi distrutti della sua amica. Con il tempo capii che Fortuna proteggeva la sorella maggiore ogni giorno che passava, ma in una concezione completamente diversa.
La ragazza dai capelli blu si lasciò rapire lo sguardo dal paesaggio, dal bel parco distrutto dalla pioggia. Non l'avevo mai vita così seria.
"Non puoi aggiustarla" disse la sua voce accompagnata dalla pioggia, aprii la bocca, ma non ebbi niente da dire, quindi Luisa continuò "anche se non sai cosa c'è che 'non va' con lei, so che lo percepisci, so che senti nel tuo cuore che devi renderla normale, ma non puoi".
La voce di Luisa non era piacevole ma non era neanche malinconica, sembrava un po' inacidita dalle mie azioni ma non necessariamente cattiva. "Non sono neanche nella posizione di dirti cos'è che rende Maria così, se lei non te lo ha detto, accetta la verità, non vuole che tu lo sappia, tutto ciò che voglio dirti è che..." la ragazza minuta si fermò qualche secondo, il suono della pioggia prese il suo posto, quella pioggia non sembrava più poi così rilassante. Successivamente mi guardò negli occhi, incontrai quello sguardo così stanco, così debole, "Non puoi e non ha bisogno di essere aggiustata, prendere o lasciare".
Luisa si allontanò com'era arrivata, mi lasciò il piccolo ombrello nero e camminò lentamente verso una direzione. Non ebbi il coraggio di dire niente in quell'enorme conversazione. Ciò che ne trassi, è che Maria aveva già Luisa, non aveva bisogno di me.
Quella giornata di pioggia finì, e come quella giornata, anche il mio umore lentamente si riprese. Cercai di vedere il lato positivo di ciò che Luisa cercò di dirmi quella sera, forse infondo stava solo tentando di avvicinarmi a Maria.
Era arrivato un pacifico lunedì soleggiato, eppure però la scuola non era aperta, per tre giorni sarebbe stata chiusa per una disinfestazione. Mi prestavo a passare questi tre giorni nella meditazione, nella scelta delle mie prossime scelte, e nella tranquillità.
Quando il mio telefono iniziò a squillare, era Marvin. Risposi in modo solare e felice, infondo era da tanto che non lo sentivo. Ma la sua voce dall'altra parte della cornetta era sibilata e spaventata, "Ti prego Maria Sara vieni nella via che ti sto mandando, abbiamo bisogno di te", non ebbi il tempo di chiedere alcun spiegazione che il ragazzo attaccò. Sbuffai, chissà cosa'aveva in mente questa volta.
Con la tranquillità e il ritardo per cui ero tanto conosciuta, iniziai a peparmi ed avviarmi per la via. Per fortuna il luogo indicatomi non era poi così lontano da casa mia, ma non riuscivo bene a comprendere perchè mai Marvin fosse lì. Era una semplice via residenziale, non vi era nulla se non delle abitazioni.
L'unico lato positivo di tutto ciò è che avrei potuto staccare un po' la spina, avrei potuto smettere di pensare a Maria e Luisa e magari fare qualcosa di divertente, superficiale e rilassante.
"Finalmente! Quanto minchia ci hai messo?" colei che mi diede il benvenuto però fu completamente inaspettato, insieme a Marvin c'era Maria. Rimasi spiazzata per qualche secondo, però lei sembrava stessi comportandosi in modo totalmente normale, come se quella piccola discussione tra di noi non ci fosse mai stata. Mi sentii meravigliata ma felice.
"Ma che state facendo?" chiesi guardando maggiormente Marvin, il quale era completamente pallido e sembrava davvero terrorizzato. "Ora che è arrivata lei, posso andarmene?" quasi sussurrando disse Marvin guardando aria, lei alzò gli occhi al cielo.
Dovevo rimanere da sola con Maria? Ma sopratutto da sola con Maria a fare cosa? Che sta succedendo?!
"Potete darmi una spiegazione prima?" dissi tra il terrorizzato e il leggermente arrabbiata, ero l'unica a non sapere cosa diamine stavamo facendo in una via residenziale nel bel mezzo di Londra. I due si guardarono un' attimo negli occhi, poi finalmente Maria si degnò di parlare.
"Lo vedi quel negozio dei cinesi lì infondo, quello molto lontano? Marvin era lì che comprava stoffe e robe inutili come sempre," il ragazzo più basso dagli occhi azzurri la guardò offeso, "ha visto una ragazza molto simile a Fortuna aggirarsi per questa via in modo sospetto e infilarsi in questa casa", disse indicando l'abitazione di fronte a noi. L'edificio era abbastanza modesto, era una piccola casupola dalle decorazioni azzurro chiaro con niente di speciale.
"Quindi" continuò Maria dopo un piccolo sospiro, "Marvin mi ha chiamato chiedendomi se Fortuna fosse in casa, ovviamente non c'era, e quindi mi ha raccontato tutto ciò e gli ho chiesto di controllare di chi fosse il cognome sul campanello, dopo di ciò sono corsa qui e Marvin ha iniziato a piagnucolare dicendo che era spaventato da questa situa e non voleva finire nei guai. Quindi gli ho detto di chiamare te. Fine."
Mentre Marvin le sussurrava che non stava piagnucolando, semplicemente stavano facendo una cosa tremendamente sbagliata, andai a controllare il famoso cognome sul campanello. In quel momento compresi. L'abitazione era sotto il nome di Cesare Cantelli, il nostro professore di Storia e Letteratura.
Nel mese in cui il nostro gruppo si era affiatato Fortuna mi aveva confessato della sua cotta per il professore, e io le dissi dell'evento della lettera. Lei mi raccontò quanto odiasse tutto ciò, quanto tentasse di distaccarsene e dimenticarsene. Ma ogni volta che il ragazzo la respingesse le lasciava qualcosa in cui sperava, che fosse un complimento, che fosse un abbraccio, vi era sempre un suo modo di fare che gli dicesse che lui la amasse. Ricordava a memoria, quando lui le accarezzava i dolci capelli arruffati dicendole che lui fosse un professore, che non potesse, quanto trattenesse le lacrime maledicendosi perchè non poteva essere suo.
Una cosa che però spesso Fortuna ripeteva, è che un giorno gli avrebbe dimostrato che anche lui non potesse resisterla. Spesso suonava come un qualcosa di sarcastico, ma ora sembrava fin troppo spaventoso il pensiero che non stesse scherzando.
"Ok la situazione mi sembra abbastanza seria" mi girai verso Marvin e Maria, i due smisero completamente di litigare. Forse rimembrando il motivo per cui infondo tutti noi fossimo lì.
"Se vuoi, puoi andare" disse Maria accarezzando la spalla di Marvin, non l'avevo mai sentita parlare in modo così rassicurante e sincero. Anche il suo sguardo trasmetteva qualcosa di completamente diverso, per la prima volta nei suoi occhi vedevo un qualche tipo di conforto e non di conflitto.
Passarono dieci minuti ed io e Maria rimanemmo sole, non era mai capitato fino a quel momento. Mi sentivo a disagio e le gambe mi tremavano, ma cercavo di tenermi bene a mente il motivo per cui Maria mi avesse chiamata qui.
"Cosa intendi fare?" chiesi girandomi verso di lei, aveva lo sguardo fisso verso la porta dell'abitazione. Il solo pensiero che avesse la malsana idea di sfondarla mi terrorizzava. Ma allo stesso tempo una piccola e dolce vocina nella mia testa lo diceva, diceva esattamente che sarei rimasta al suo fianco anche in quel caso.
Maria sbuffo, si mise le mani nei capelli e poi sussurro con voce bassa e sconfitta, "Non lo so, non ne ho idea". Non riuscii bene a capire cosa mi fece provare sentire e vedere la donna di cui ero innamorata perché forte e impavida, così amareggiata e sconfitta. Non ne ho realmente spiegazione, ma decisi di prendere il timone della situazione.
"Potremmo distrarli, e scoprire cosa sta succedendo, cosa stanno facendo" proposi cercando di suonare il più positiva e felice possibile. Maria mi osservo per qualche secondo, poi sorrise. Quel sorriso mi bloccò completamente. Era così bella. Maria era così semplicemente bella. Bella da farmi incatenare qualunque parola in gola e farmi dimenticare anche della mia mera esistenza.
"L'idea non è malaccia, sai?" la sua voce ironica e sarcastica era tornata, sorrisi gioiosa, nonostante il velato insulto che mi aveva riservato, "Come però?" aggiunse immediatamente dopo Maria, distraendomi dalle mie fantasie.
"Potrei chiamare il professore e chiedergli dei compiti o qualcosa del genere," dissi molto casualmente, non mi passava niente di meglio per il cervello, ma Maria mi seguì a ruota con non troppa fatica, "Intanto potresti osservare la situazione da una finestra, cercando di non farti beccare".
In poco meno di cinque minuti il piano fu messo a regola d'arte, la missione 'Salvare la nostra Fortuna' era pronta per essere servita fredda. Iniziai ad allinearmi lontana di qualche metro, dietro qualche incrocio, in modo che non potesse sentire la mia voce. Infondo al mio cuore speravo che la nostra amica fosse lì solo per degli esercizi che le sfuggivano, per delle stupide regole che non comprendeva. Maria aveva ragione, mi piaceva viver nel mondo delle favole, come mi diceva spesso.
Quando il professore mi rispose al telefono mi sembrò molto tranquillo, come lo era di solito. Allungai il brodo più che potetti, eppure egli non mancò un battuto, risoluto e preciso. Iniziai a dubitare di ciò che Marvin avesse visto.
Poi all'improvviso Maria mi mandò un messaggio al cellulare dicendo di poter concludere la chiamata, era il nostro segnale. Salutai in fretta e furia il professore ma proprio quando stavo per controllare la situazione intorno all'abitazione mi ritrovai Fortuna davanti. Rimasi pietrificata. Il solo pensiero che potesse riempirmi di sbeffe mi gelo il sangue.
"Grazie di esserti preoccupata anche te" la sua voce era fine, la frase quasi completamente assente e silenziosa. Dietro di lei comparve anche Maria, aveva un espressione malinconica, triste. Fortuna si allontanò da entrambe noi, e si lasciò scivolare sulla parete opposta alla quale su cui io ero.
La sorella maggiore delle due iniziò a raccontarmi che Fortuna era uscita dalla casa del professore proprio nel mentre della mia chiamata, senza salutarlo, senza destare sospetti. Non si era accorta della presenza di Maria, ma fu una piacevole scoperta, aggiunse la più piccola.
Maria era appoggiata sul muro accanto a me, Fortuna era seduta per terra, rannicchiata con le gambe al petto.
"Ci ho provato, ho tentato il tutto e per tutto" nessuno mai scopri cosa fu quel tutto e per tutto, lei stessa ribadì di volerlo mantenere un segreto per loro due, l'unica cosa che sarebbe dovuta rimanere tra di loro, un qualcosa che dovesse rimanere nella vita dell'uomo per sempre ma nient'altro di più, "ma mi ha aiutata a capire che non c'è e ci sarà mai niente, nonostante tutto".
Le parole di Fortuna risultavano amare, come quelle di una persona che avesse continuato a studiare per anni una materia inutile ed inventata pur sapendolo, ma avendo solo ora incontrato il maestro delle arti che le dicesse che tutta la sua vita fosse sprecata in quella studio.
Non dimenticherò mai il corpo inerme di Fortuna che stava seduto lì, in balia della scoperta della verità sulla bugia in cui stava credendo da tutta la sua vita.
Quella sera fu molto luminosa, piena di stelle brillanti. Scoprii ciò solo quando Maria mi chiese di rimanere ancora un po' con lei dopo che accompagnammo Fortuna nella casa dei loro genitori.
Io e Maria rimanemmo in silenzio, girovagammo per i vicoletti di quella silenziosa città. Non riuscivo a percepire i giudizi di Maria, volevo così tanto leggerle nel pensiero. Volevo così tanto sapere esattamente cosa stesse succedendo nel suo cuore.
Ma rimasi in silenzio. Rimasi in silenzio ad ascoltare il suo silenzio. Mi sentii in qualche modo di starla capendo meglio.
"Mi dispiace che tu ti sia affezionata a me" disse all'improvviso la ragazza dai capelli corti mentre giocherellava con un sassolino sulla strada. Non dissi nulla. Volevo lasciarle il silenzio per parlare, per una volta volevo che fosse lei a riempire le nostre conversazioni, e che non fossi io a costringerle di comunicarmi ogni pensiero e parola.
"La mia vita non è né divertente né bella, e non vorrei mai trascinarti con me", la sua voce non era mai stata così forte e sincera, così poco sarcastica e stupida, "Sei l'unica persona della mia vita a cui non trovo il coraggio di raccontare, io lo dico normalmente alla gente che vuole saperlo, non vado di certo a vantarmene, mi fa solo schifo il pensiero di farlo... Ma non mi faccio nessun problema a rispondere alla domanda di cosa c'è di sbagliato in me perché non mi frega nulla di ciò che qualcuno possa pensare di me... Ma con te è in qualche modo diverso".
Ricadde il silenzio tra di noi, ma non sembrava che stesse dando fastidio a nessuna delle due. Il cielo era davvero meraviglioso, si potevano intravedere tra gli alti palazzi delle costellazioni gigantesche e meravigliose di cui non conoscevo il nome. Era molto diverso da ciò che osservavo dalla finestra della mia camera in campagna, ma non era meno bello in nessun modo.
"Io non so mai come comportarmi nei tuoi confronti, mi rendo spesso conto di ferirti" le risposi continuando a tenere gli occhi sullo splendore sulle nostre teste "Io voglio crede che dobbiamo solo imparare a comprenderci l'una con l'altra, con il nostro tempo, senza spiegazioni o darci obiettivi... Lasciare che le nostre vite si leghino l'una a l'altra nel modo più naturale e lento che esse necessitino".
Lentamente com'era venuto, anche ottobre finì. Fu un mese lento e amaro. Marvin digeriva i rimasugli di ciò che Derek gli aveva lasciato mentre Fortuna stava affrontando un emozione che non aveva mai provato come il rifiuto e l'accettazione di esso.
Salvatore stava avendo dei problemi in famiglia, sopratutto con le sue due sorelle maggiori, le quali lo trattavano come il rinnegato della famiglia. Fu in questo periodo che sempre più spesso Marvin accoglieva in casa un Salvatore ubriaco, ma con il tempo quest'abitudine scomparve e il ragazzo, insieme al comportamento delle sorelle, tornò alla normalità. Eppure Marvin e Salvatore crescettero fuori da tutto ciò avvicinandosi ulteriormente.
Una volta Salvatore mi disse qualcosa di molto particolare, mi disse di dimenticare quella frase, ma essa si incatenò nel mio cervello. Un giorno mi chiese, cosa farei se una persona conoscesse un mio segreto ben nascosto ma se non sapessi quale segreto egli conosce. Salvatore non era un tipo da uscirsene con queste cose così misteriose, tutto l'opposto, era un ragazzo molto sincero e schietto.
Novembre sembrò iniziare bene, gentile e calmo. Non mi aspettavo molto da quel mese pieno di esami.
Ma, proprio uno dei primissimi giorni di novembre, un giorno che sembrava noioso e normale come tutti gli altri, quando la giornata scolastica era praticamente giunta al termine, stavo per uscire abitualmente con i ragazzi quando sentii le voci di Maria e Luisa.
In un aula buia, per la precisione l'inutilizzata aula di storia della musica, oramai abolita da tre anni in questo istituto, riuscivo ad intravedere le figure di Luisa e Maria sedute sotto l'enorme finestra dell'aula. L'aria che percepivo risultò completamente diversa da qualunque emozione che io avessi mai provato in presenza di Maria.
Quando Maria era con Marvin risultava spesso divertente, mai seria e sempre scherzosa, quando Maria era con Fortuna sembrava essere a suo agio e nel suo angolo felice nel mondo, quando Maria era con Salvatore diventava ancor più mascolina e virile del solito.
Quando Maria era con Luisa, Maria sembrava se stessa, sembrava semplicemente triste. Quando Maria era con me sembrava sempre che cercasse di mostrarmi la sua migliore faccia, ma quando era da sola con Luisa, nel silenzio, nel buio, Maria aveva le occhiaie, il trucco sciolto e lo sguardo disperso nel vuoto. Nel vuoto di una felicità mai trovata.
Ero incatenata da questa visione. Era questa la Maria che lei tanto cercava di nascondermi?
"Da quand'è che non vai a County Lines?" la voce di Luisa era normale, piatta. Come se non si aspettasse una risposta positiva a quella domanda. Invece io sentii le mani tremarmi e gli occhi minacciarmi di piangere. Ho sempre pensato, ogni volta che mi raccomandassero di dipendenze e droghe, che non mi sarebbe mai accaduto nulla a riguardo di ciò, perché infondo io ero solo una normalissima sedicenne.
"Se ti dicessi da tanto tempo, mi crederesti?" le chiese Maria guardandola negli occhi, non sembrava esattamente stesse provando colpa o risentimento, però vi era un'emozione di una natura triste, in quello sguardo. Ma Luisa non fece altro che sorridere leggermente, "Si, so che non mi mentiresti".
Maria ridacchiò. Poi alzò una mano, e non alzò nessun dito, "Tu e gli altri non mi state dando il tempo," aggiunse. Fu il turno di Luisa di ridere questa volta.
Mi allontanai, all'inizio camminai lentamente, poi presi passo velocemente ed infine inizia a correre. Nel cervello mi scorrevano tutte le informazioni che avevo su County Lines.
County Lines è il luogo più famoso di Londra in cui le droghe illegali vengono trasportate da un'area all'altra, spesso oltre i confini della polizia e delle autorità locali.
Mi accorsi solo quando arrivai di fronte casa mia che stavo piangendo, avevo i fiumi di lacrime. Sentivo il cuore battermi e la gambe tremarmi. Mi lasciai cadere sul pavimento, non sentivo né le ginocchia né qualunque altro tipo di voglia di vivere.
Io che avevo tanto inneggiato al conoscerci con calma, che lei fosse al sicuro di raccontarmi quel che le pareva quando se ne sentiva in grado, proprio io avevo origliato. Avevo imbrogliato il mio stesso pensiero.
"Maria Sara?"
"Ti senti meglio?" mi chiese Fortuna passandomi un bicchiere d'acqua riempito alla fontanella del parco, "Si,grazie mille" risposi sedendomi per terra, lei si sedette accanto a me con un aria leggermente preoccupata. Ma infondo era sempre Fortuna, e le sue emozioni trapelavano molto poco.
Fortuna mi aveva aiutato a riprendermi dalla brutta situazione mentale in cui mi ero cacciata qualche minuto prima, ora ci trovavamo nel solito cortile molto vicino alla scuola. Oggi era proprio una bella giornata, abbastanza fredda a causa del mese corrente, ma sembrava molto tranquilla e solare.
"Sai, ieri parlavo con Adriana e Salvatore del gruppo recupero tossicodipendenti" Fortuna mi disse ciò con un sorriso comprensivo, mi chiesi sempre come lei riuscì a leggere nel mio sguardo ciò che avevo scoperto ma nel momento la ringraziai silenziosamente per non avermi affrontato direttamente sull'argomento, come sarebbe stato di suo solito, ma per aver usato una via traversa.
"Io non l'ho mai capita Maria, ma questo non voglia dire che non ci sarò sempre per lei" Fortuna continuò il suo discorso, quasi non aspettandosi una risposta da parte mia, "Io farò tutto ciò che posso per comprendere Maria".
Quella notte dormii male, la testa mi faceva male e i pensieri si mischiavano. Gli incubi infestarono anche gli angoli più felici del mio cervello. Quando suonò la sveglia, capii di aver dormito solo due ore.
Comunque mi alzai dal letto, e mi preparai per un'altra giornata. Ciò che mi faceva sorridere, e mi metteva la voglia di vivere era vedere i ragazzi ed accompagnarci a scuola tutti insieme, loro erano la mia unica vera sicurezza.
"Dormito male?" mi chiese Adriana, ovviamente lei lo notò, non potevo nascondermi agli occhi di una terapista anche con tutto il make up di Jeffree Star, "Un po', ma Yul e Fabiana?" risposi cercando di allontanare le attenzioni della ragazza da me stessa. Non volevo mica si preoccupasse per me.
Non fui molto attenta alla risposta che mi diedero, il sonno e le milioni di decisioni che volevo evitare ed intraprendere mi stavano invadendo la mente. Quando arrivammo a scuola potei notare Fortuna parlare con Salvatore accanto all'ingresso, era bello vedere entrambi felici e solari, nonostante le sventure che hanno vissuto.
Mi avvicinai a loro e mi unii alla discussione. Questi piccoli momenti pacifici, senza nient'altro era proprio ciò che cercavo. Perché non potevamo essere semplicemente questo? Tutto ciò che desideravo veramente nel profondo del mio cuore era vedere i 23+1 felici per sempre.
Ma è proprio vero che bisogna stare attenti a ciò che si desidera, forse cercando la vera ed eterna felicità avremmo dovuto abbandonare questa nostra fratellanza. Cos'era per noi più importante, alla fine dei conti?
Noi stessi, o la nostra amicizia?
Rivedere il professore Cantelli nell'esima lezione di storia che a tutti appariva uguale e noiosa, a me oramai ricordava solo la struggente storia di Fortuna. Mi chiesi se mai sarei riuscita a rivedere il nostro professore con degli occhi gentili e senza penare alla mia amica.
Marvin invece sembrava molto nervoso, non compresi esattamente il motivo, ma non sembrava essere relativo alla lezione, al professore o a qualunque cosa relativa a quella classe. Proprio in quel momento, come se mi avesse letto nel pensiero, mi passò un piccolo foglietto di carta stropicciato, probabilmente strappato in malo modo dal suo quaderno.
'Fingerò di stare male, per piacere accompagnami in bagno', recitava il messaggio segreto. Lo guardai negli occhi, e capii che quella fosse un'emergenza.
"Non ci credo che abbia funzionato" esclamai quando entrambi fummo in bagno, scrissi velocemente a Fortuna di non doversi preoccupare troppo, essendo solo una farsa, ma lei ovviamente rispose con un semplice e sempre funzionale, 'e chi si preoccupa'.
"LuisaèinnamoratadiMaria" d'improvviso urlò tutto d'un fiato Marvin, una persona normale gli avrebbe chiesto di ripetere ma io lo compresi al primo sospiro. Io lo sapevo, lo avevo sempre saputo. Ma in quel momento mi tornò in mente quella frase di Salvatore, era Marvin colui che sapeva un segreto? Era semplicemente questo il segreto, un qualcosa di così visibile alla luce del sole?
"Credo che lo sappiamo tutti... tutti tranne Maria" risposi ridacchiando, avevo accettato la notizia oramai settimane or sono. Avevo anche capito che probabilmente Maria la ricambiasse.
Nessuno conosceva quel lato di Maria come Luisa, nessuno al vedeva struggersi e pagare i suoi debiti con le droghe come Luisa. Nessuno era così simile a Maria come Luisa. Ed io non ero nessuno per impedire il loro amore, infondo era per la felicità di Maria.
"Io non ne ero sicuro che te ne fossi accorta, quindi mi son sentito in dovere di dirtelo" disse Marvin accarezzandomi il braccio, sembrava triste, "In che senso?" chiesi incredula, nell'illusione che nessuno si fosse accorto dei mie sentimenti. Forse io, ero ancora più palese di Luisa ma non me ne accorsi mai.
Egli mi guardò confuso, poi arrossì terribilmente, "A te non piace Maria?" mi chiese tutto stupito e con le gote completamente cremisi. Iniziai a ridere, e squittì un 'no' tra le mille mila risate. Non avrei mai ammesso i sentimenti che neanche io ammettevo a qualcun'altro. Io sapevo, anzi mi stavo convincendo forse, che a me Maria non piaceva.
Nessuna discussione, nessun problema, sarebbe stato tutto perfetto un questo modo.
Quella giornata finì bene, nell'ora di merenda chiacchierammo come ci era solito, e Maria accettò anche di incontrarci con i ragazzi. Mi sentii così onorata e raggiante al pensiero che avesse accettato di sua spontanea volontà. Salvatore scherzò con Fortuna come sempre, Marvin gli lanciava verbalmente tutti gli argomenti in cui lo doveva aiutare a studiare. Eravamo proprio i soliti noi.
A ritorno io ed i ragazzo decidemmo di organizzare un'uscita nel pomeriggio, infondo non eravamo mai usciti ufficialmente solo noi. Adriana avvisò telefonicamente anche Yul e Fabiana i quali accettarono volentieri, l'idea era una semplice cena tutti insieme in un piccolo ristorante poco costoso.
Decidetti di non indossare niente di particolare, sperando che nessuno dei ragazzi presenti si sarebbe impegnato altrettanto nel vestiario. Uscii salutando i miei genitori con un bel sorriso, camminai lentamente, infondo ero abbastanza in anticipo.
Stanotte il cielo era vuoto, completamente blu senza nessuna stella. Mi veniva il voltastomaco solo a guardarlo ma mi ricordai di quel bel cielo stellato che vidi con Maria. Chissà che sta facendo ora, chissà se Maria anche adesso, sta osservando il cielo. Magari anche se distanti, entrambe condividiamo questo bellissimo cielo pallido.
Un piccolo tavolo per sei persone, sei piccoli ragazzi che per puro caso si erano riuniti. Un gruppo molto strano, composto da età diverse, pensieri diversi e passioni simili.
Adriana, Yul, Fabiana, Fiamma, Flavia ed io.
Quella sera fu meravigliosa, tranquilla e rilassante, non saprei descriverla meglio, semplicemente perfetta. Io e Yul decidemmo di tornare insieme verso la via più lunga, io avevo seriamente bisogno che quella serata non finisse troppo presto, e Yul si ritrovò a volermi accompagnare.
"Allora, si capisce che io e Fabiana siamo fidanzati?" mi chiese all'improvviso Yul sorridendo con il suo solito sguardo cordiale. Mi pietrificai, completamente stupita e scioccata esclamai, "Aspe, Cosa, Ma seriamente?".
Lui rise, nel silenzio della notte fu molto riassicurante, lo seguii a ruota. Durante la cena avevamo bevuto un pochino, mi sentivo libera e leggera, probabilmente ero brilla. Chissà se questo comportamento un po' frivolo di Yul dipende dai superalcolici.
"Perchè Fabiana? Non la trovi troppo ingenua o piccola?" feci quella domanda sovrappensiero, probabilmente suonava acida, rude, ma io stavo solamente pensando se Maria, matura e ribelle, potesse mai amare una ingenua e piccola come me. Stavo diventando sempre più egoista, sempre più me stessa, sempre meno gli altri. Infondo sapevo che sarei rimasta delusa esattamente come Fortuna se mi prendevo e buttavo sulle piccole speranza che non significavano nulla.
"Io sto con lei esattamente perchè è ciò, a volte siamo attratti molto di più da chi non ci capisce" le parole di Yul avevano un sapore dolce amaro, mi lasciarono allibita. Erano così belle, piacevoli e poetiche. Allo stesso tempo le odiavo, perchè quelle parole mi avevano fatto realizzare qualcosa di diverso, mi avevano fatto notare un'altro punto di vista; mi stavano dando una speranza.
Inesorabilmente, anche dicembre arrivò. Nella nostra piccola cittadina rurale vicino Londra iniziò a nevicare, il nostro programma scolastico venne quasi completamente annullato e rimandato a gennaio. Al gennaio di un nuovo anno, il solo pensiero di affrontare un'altro anno mi uccideva.
Quel mese di dicembre iniziò con la consapevolezza di star conservando fin troppi segreti e che Salvatore me ne avesse vomitato addosso un ennesimo. Ed io stavo diventando sempre più egoista e sola con me stessa.
Il sabato sera nell'ultimo fine settimana di Novembre, io e i 23+1 decidemmo di uscire, quella sera aprirono una nuova pista di pattinaggio in città, trovammo l'occasione perfetta per passare una serata in modo leggermente diverso.
Quella sera io e Salvatore utilizzammo lo stesso pullman, la nostra destinazione era la stessa. Stavamo parlando normalmente, del progetto d'arte nuovo, del professore di filosofia Venceslai, quando il ragazzo in mezzo al discorso disse di amare Fortuna.
Mi ammutolii, lui aveva gli occhi lucidi e rossi. Non mi raccontò nulla. Mi ringraziò perchè aveva terribilmente il bisogno di confessarlo a qualcuno, ma non mi raccontò niente. Il silenzio tra di noi fu piacevole, lasciò i nostri cervelli parlarsi tra di loro.
Capì in quel momento cosa significasse veramente amare qualcuno che non ti ricambia, qualcuno che sta guardando qualcun'altro, qualcuno che è così lontano ed inafferrabile per te. Quanto eterno dolore si provava a dover consolare la donna amata, come un amico, perchè la sua cotta eterna la aveva ferita.
Mi sentii in colpa di aver definito i miei sentimenti per Maria come impossibili.
Oggi però era un giorno piovoso di dicembre, se n'erano visti pochi, nell'ultimo periodo nevicava fin troppo spesso. Ripensai alla festa di natale organizzata dalla scuola, alla festa alla quale tanto volevo partecipare a settembre. Quante cose sono cambiate? Quanto sono cambiata?
Decisi di incappucciarmi per bene, afferrare un ombrello e correre a quel parco. Quel parco che avevo amato così tanto quando lo vidi in settembre, con che occhi l'avrei visto ora? L'avrei ammirato come allora?
Quel parco era sempre lo stesso, nonostante oggi piovesse e ci fosse la neve, quel parco mi ricordava sempre nostalgia e una felicità distorta. Forse infondo non ero cambiata così tanto.
"Due mesi dopo abbiamo ricordato l'ombrello?" quando sentii quella voce non potetti crederci. Quando mi girai ed incontrai quel visino dolci contornato dalla frangia e quel caschetto dalle punte blu sorrisi amaramente.
"Hey", dissi, "Ciao" rispose.
"Voglio raccontarti una storia, ma voglio che tu sia estremamente attenta" Luisa iniziò il suo discorso con una voce gioiosa, non sembrava per niente triste, "Voglio raccontarti come ho incontrato Maria, oramai tre anni fa". Io annuì mentre ci scambiavamo sguardi felici e sorridenti.
"Quando incontrai Maria la mia vita era appena caduta a pezzi, non ero nulla, se non una luce buia che brancolava nel buio," la ragazzina minuta sembrava raccontare quel passato così triste con una sorta di nostalgia, "Maria mi tese la mano, diventammo due luci scure che barcollavamo nel buio, io e Maria siamo sempre stata l'ancora dell'altra ma mai la salvezza dall'altra... Siamo sempre state due luci buie senza una via d'uscita, senza una forte luce bianca".
Luisa deglutì un paio di volte, chiuse gli occhi e poi riprese, "Ogni giorno che passava avevo paura di perderla all'improvviso, che all'improvviso mollasse la presa alla mia mano, io e Maria siamo state le uniche che ci siamo capite, ma non siamo mai state coloro che ci hanno salvato dalla tristezza l'una per l'altra, eravamo la compagnia dell'altra nella solitudine".
La pioggia lentamente stava smettendo, diventò una leggera pioggerellina piacevole, anche il cielo iniziò a schiarirsi pian piano. I piccoli raggi di sole che lentamente iniziarono a fuoriuscire dalle nuvole facevano brillare le gocce sui fili d'erba bagnati.
"Maria Sara, io ti ringrazio di essere la luce bianca di Maria, la salvezza e no l'ancora, ti ringrazio di esser così diversa da noi da non poterci comprenderla ma da poterla salvare".
La notte del ventiquattro dicembre era spenta, le stelle erano poche, e la luna brillava poco. La causa era probabilmente il brutto tempo di quel triste dicembre. Mi continuai a chiedere quando avrei rivisto quel meraviglioso cielo che tanto bramavo, ma sopratutto mi continuai a chiedere cosa domandarmi quale Maria domani avrei visto.
Salvatore mi informò che la ragazza aveva iniziato a passare qualche giornata sporadicamente in un gruppo di rehab, e Fortuna ogni giorno s'impegnava per impegnare le loro giornate di passatempi differenti dalla droga.
La festa del venticinque dicembre non fu niente di ciò che immaginai il ventisette settembre, anche se ricordo molto poco ciò che pensava la me di quattro mesi fa. Indossai un lungo vestito rosso, e dei leggeri tacchi del medesimo colore.
Il ricevimento fu un qualcosa di enorme, se non avessi avuto la testa piena di pensieri e dubbi avrei apprezzato tutte quelle persone, tutta quella musica e tutto quel divertimento. Quella sera non incontrai mai Luisa, non si presentò. Nonostante fu una delle organizzatrici, proprio qualche secondo prima dell'inizio la ragazza dai corti capelli blu scomparì completamente.
Abbandonare la ragazza che hai cercato di aiutare e amare per tre anni di fila ad una che ci è riuscita in quattro mesi dev'essere stata dura. Il solo pensiero di essere tutto ciò mi stringeva un nodo in gola. Avrei voluto scusarmi con lei. Ma infondo avrei rifatto tutto, duemila, tremila volte.
Non ebbi l'occasione di vedere gli smoking nè di Salvatore nè di Marvin. Il primo nonostante avesse organizzato un discorso per la sua confessione, nonostante tutta la sofferenza subita, non si confessò. Salvatore non si dichiarò perchè Fortuna non si presentò, la aspettò tutta la notte, la aspettò vicino alla fontana con dei fiori ed in abito formale fino alle tre di notte, l'avrebbe aspettata per sempre, glielo aveva promesso.
Marvin sprecò il suo sontuoso e decorato a mano smoking per piangere sotto il lavabo del bagno della festa. Passò una notte a realizzare che fosse andato alla festa solo per ballare con Salvatore, solo per incontrare Salvatore, solo per passare tutta la sua vita con lui. Pianse il segreto che Salvatore gli confessò da ubriaco, il segreto di essere perdutamente innamorato di Fortuna.
Fortuna, finalmente libera da tutti noi, diede i suoi auguri di natale personalmente a professore Cantelli. Non avrebbe mai accettato un rifiuto finché egli non glielo avrebbe detto, non avrebbe accettato un rifiuto finché egli non avrebbe detto di odiarla. Sarebbe sempre tornata da lui.
Quando a mezzanotte uscii dall'enorme festa il cielo mi diede un saluto diverso, il cielo era brillante, ancor di più di quella notte. Le stelle erano coloratissime, piene di costellazioni, ognuna di loro aveva una luce propria meravigliosa.
Sentii i passi di Maria accanto a me, non distolsi lo sguardo dal cielo, mi sentivo benedetta anche solo di avere l'occasione di osservare quel cielo. Ringraziai di poter almeno condivide quel cielo meraviglioso con i 23+1. Speravo che Salvatore potesse osservarlo dalla sua fontana, speravo che Luisa potesse ammirarlo dalla finestra della sua camera, speravo che Fortuna potesse studiarlo dal porticato della porta dell'insegnante, speravo che Marvin potesse eccepirlo tra le lacrime.
Abbassai lo sguardo verso la ragazza accanto a me. Le luci riflesse nei suoi occhi la rendevano ancora più meravigliosa del solito, nonchè il brillante smoking color nero. Finalmente anche lei mi rivolse il suo sguardo, ci guardammo intensamente negli occhi per qualche secondo.
Speravo che Maria potesse vederlo sempre e solo con me.
Aprii la bocca, e pronunciai le dannate parole che tanto non ammettei, che tanto rifiutai.
"Ti Amo, Maria".
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