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Angst!AU

POV Maria

Giorno 329.

Lo psicologo continua a chiedermi cosa significa tutto ciò. Continua a chiedermi da che giorno sto contando. Eppure io credo che sia così chiaro, così semplice. Dove l'ha presa la laurea questo?

Non importa oramai, oggi finalmente è la fine, caro diario.

Fino ad oggi ho scritto qui sopra bugie su bugie su bugie solo per far credere al mondo che io stia bene che io sia sana di mente. Ma tanto oggi me ne vado.

Quindi libererò dei miei problemi anche il resto del mondo dando una spiegazione a tutta questa intricata storia.

Ehy psicologo, mi sono sempre chiesta come tu non abbia compreso che il mio conto inizi dalla morte di Luisa e Marvin. Come hai fatto a non capirlo mi chiedo? Come tu non abbia compreso che la mia vita è calata a picco da quel momento. Anzi, lasciami correggere, io sono già morta da quel giorno. Sto solo aspettando il secondo in cui voi tutti vi leviate dai coglioni e mi lasciate scappare, per sempre.

Perchè come sempre, è tutta colpa mia.

Ehy psicologo, mi hai spesso chiesto di chi erano quegli azzurri occhi spaventati che spesso disegnavo, ho ancora impresso nella mente come un sogno ad occhi aperti il viso di Marvin che lentamente perde vita.

Ho avuto la possibilità di abbracciarlo un'ultima volta e chiedergli scusa e lui mi ha semplicemente sorriso ma nei suoi occhi vi era una disperazione e paura imprescindibile ed eterna.

Ho donato tutti i soldi che questa schifosa vita mi ha portato ai genitori di Luisa, nessuno dei due sa che sono stata io ma almeno ho potuto visitare la regale e costosa tomba che le hanno donato.

Mi dispiace sinceramente. Perchè è esattamente tutta colpa mia.

Ehy psicologo, mi hai spesso chiesto cosa io facessi nella vita, cosa un orfana senza nessuno facesse per mantenersi in vita. Non ti ho mai risposto giusto? Questo perchè la risposta è troppo complessa.

Non ho mai vissuto seriamente, sono stata adottata a nero da una banda di mafiosi, ed io ero il loro piccolo cavallino che smerciava droghe. Non m'interessava nulla e non trovavo nulla per cui emozionarmi in alcun modo.

Mi piace dire che ho iniziato a vivere quando sette dicembre, in una giornata fredda e nevosa, quando ero stata pestata e maltrattata da dei clienti e mi stavo dirigendo verso il rifugio della banda, lo spettacolo di fronte ai miei occhi era raccapricciante.

Mai in tutta la mia vita avevo sentito la pelle ritrarsi e la voglia di vomitare. Tutto l'edificio era impregnato di sangue, vi erano lembi di pelle e arti dovunque, era impossibile riconoscere a chi appartenesse qualunque cosa.

Ed al centro di quella stanza vi era una ragazzina intorno alla mia età, nacque il giorno in cui io venni adottata, veniva trattata da principessa da tutta la banda di spacciatori. Chi l'avrebbe mai detto che l'erede dei mafiosi La Montagna li avrebbe massacrati tutti uno ad uno.

Dopo tutti questi anni non ricordo molto di cosa accadde tra i nostri dodici e sedici anni, ma come mi sorrise quella notte Fortuna non lo dimenticherò mai. Provai un calore magnifico, mi sentii come in un caloroso abbraccio di benvenuto a casa. 

Eravamo molto ricche e molte persone ci rispettavano ma crescendo smettemmo di spacciare e rubare. All'improvviso un qualcosa ci fermò, forse era la consapevolezza che stavamo continuando a fare ciò che avevamo ucciso e disprezzato. Ma non sapevamo fare nient'altro. Se non eravamo fatte o spacciavamo che altro avremmo dovuto fare con la nostra vita.

Il sette dicembre di cinque anni dopo, alla nostra veneranda di diciassette anni, qualcuno bussò alla nostra porta. Nonostante ci avvicinammo con pistole e coltelli colei che ci trovammo davanti non era nulla di ciò che ci aspettavamo.

Era una ragazza dal volto morto e depresso, i capelli corti castani erano scompigliati e i vestiti erano sporchi di sangue. Per la seconda volta nella mia vita sentii una specie di calore in copro, ma questa volta era un'emozione diversa. Avevo voglia di abbracciare, consolare e proteggere la ragazza di fronte a me.

E le sue parole mi colpirono come un coltello in fondo alla gola.

"Uccidetemi, vi scongiuro".

Iniziarono a caderle molte lacrime dal viso, e io non avevo mai visto qualcuno piangere. Ricordo che Fortuna mi guardò, la me le avrebbe già puntato una pistola alla tempia quindi se la stavo abbracciando vi era qualche motivo.

Tutto ciò che mi rimane di quella serata era il calore del suo corpo accanto al mio e delle sue lacrime che mi bagnavano la spalla. 

Hey psicologo, probabilmente tu non l'hai mai capito che io conoscevo Marvin e Luisa, vero?

La vita è strana. Mi ha fatto nascere nello sbagliato e nel nulla per poi cercare di correggermi e portarmi al tutto.

Marvin e Luisa erano gli amici di quella ragazza, Maria Sara. E loro sono le persone che mi hanno insegnato a vivere. Mi hanno insegnato cosa fa una normale ragazza di diciassette anni, nonostante tutti i loro problemi mi hanno amato come nessuno era stato capace di farlo.

Marvin viveva nel mondo delle malattie mentali ma solo nella sua testa, i suoi genitori si rifiutavano in qualunque modo di portarlo da uno psicologo perchè era un luogo per i pazzi. E nessun Gagliardi era un pazzo. Maria Sara vissuta in una famiglia di ricchi con gli ideali dei soldi, sembravano dei mafiosi dalle finte mani pulite.

Quella sera, sua madre uccise un detective che stava troppo sulle loro tracce e per sua sfortuna aveva assistito alla scena. E i sensi di colpa, la voglia di morire e il silenzio che doveva avere la stavano uccidendo.

Quella sera una ragazza dai corti e mossi capelli blu riuscì a riportare Maria Sara nel mondo reale, ricordo della sua voce tranquilla e rasserenante che le raccontava tutte le cose belle che hanno fatto e che ancora potevano affrontare ma insieme.

Conobbi Luisa come il mentore dolce e gentile di quel gruppo, nonchè quasi laureata in psicologia. Mi dispiace che per colpa mia tu non abbia mai raggiunto il traguardo di dire, 'ehy sono laureata'.

Se tu fossi qui mi diresti che hai preso tu la decisione di darci una casa, una vita e una scuola e che non ti sei mai pentita della tua decisione, e che la tua morte non mi riguarda. Ma io so, che è tutta colpa mia.

Grazie per avermi aiutato a comprendere tutti i miei vuoti di memoria, grazie per avermi fatto conoscere colei che sarebbe stata ala mia unica mante e il mio nuovo migliore amico, grazie per aver ripagato Fortuna dall'incubo da cui mi ha salvato visto che io non ci sono mai riuscita.

Hey psicologo, ti prego condividi queste informazioni con la polizia, non posso lasciare che le loro morti siano sconosciute.

Il sette dicembre dei nostri ventiquattro anni, esattamente trecentoventinove giorni fa, Marvin e Luisa furono coinvolti in un incidente stradale.

Non fu un incidente, l'autista del camion che li ha colpiti è un capo mafioso che ha sempre voluto mettere le mano sulla nostra fortuna, e nel cercare di farlo ci aveva perso due figlie. Due figlie che ho ucciso io con le mie mani.

Forse questa è la mia punizione, la vita mi ha insegnato cosa vuol dire essere felici e poi mi ha strappato via tutto lentamente.

Il sette dicembre di un preciso anno dopo, Maria Sara si suicidò dal mio appartamento. Ad oggi non mi è chiaro cosa sia successo, ad oggi vorrei aver voluto toglierti io la vita e averti visto un'ultima volta, amore mio.

Ma quella stessa notte mentre correvo e brancolavo nel buio e nel gelo per andare dall'unica che ci era sempre stata, intorno al suo appartamento vi erano milioni di auto della polizia, il rumore assordante delle sirene ancora ad oggi posso sentirlo, il fiato corto che avevo, e la paura che stavo provando ancora ad oggi è il sentimento più forte che il mio cuore abbia mai conosciuto.

E forse il suo corpo pieno di sangue e la scritta vendetta gigante accanto a lei mi fece ribollire il sangue nelle vene come mai mi era successo.

Ma da quel giorno oramai è passato tanto temo, e io sono morta, ho smesso di vivere da quel tempo. Ma non mi dispiace.

Sono riuscita ad essere felice. Mi pento solo di aver tolto la felicità a chi mi amava, mi pento solo di aver tolto la vita a chi teneva ad essa.

Ehy psicologo, spero che non ti stupirai troppo a trovarmi morta impiccata accanto a questo diario.

Firmato, Cavagna Maria.

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