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Introduzione

Seul, 2024.

La vita di Felix non era mai stata qualcosa di eccezionale, lui non si sentiva eccezionale. Lo psicologo gli aveva ripetuto più volte che tutto quello che sognava, che lo terrorizzava e che lo teneva distante da i suoi amici per giorni era solo frutto di un trauma.
Trauma... Da cosa? Il ragazzo non ricorda niente, nulla che la vita gli abbia sbattuto in faccia con così tanta violenza come facevano i suoi periodi no. Felix era felice, era felice quando nessuno di quei orribili mostri lo trovavano di notte, di giorno, o in qualsiasi momento nella giornata.
Felix non era mai felice.

L'unica cosa che lo teneva ancora in vita, erano i suoi amici e sua madre. Una madre però che non c'era, non per suo figlio. Non si era mai posto il problema di chiedergli perché non rimanesse con lui, da ragazzino: si limitava a rispondere che il lavoro chiedeva tempo, e che con quei soldi pagava il suo psicologo.
Uno spreco di tempo per lei, o un pretesto per togliersi Felix per un po' di ore e non averlo davanti a sé. Aveva paura di suo figlio, Felix ne era certo. Da quando andava dallo psicologo per i suoi terribili incubi e attacchi, era convinto che lei sapesse almeno un quarto di ciò che lui "confidava".
Non gli importava più da anni, per la donna quel ragazzo era solo qualcosa da mantenere fino a che non sarebbe diventato maggiorenne. E poi? Probabilmente il ragazzo sarebbe rimasto preda delle sue stesse paure, se non fosse riuscito a superarle.

Per fortuna che c'erano i suoi amici, no? L'unica gioia che aveva durante la settimana era passare il tempo con il suo migliore amico Chan, giocare a pallone con Jisung e andare a scuola in bici con Changbin.
Questo fino a quando avevano 15 anni, poi le cose sono andate a complicarsi. Forse "complicarsi" è una parola sbagliata, migliorare.
Così gli ripeteva Chan, il gruppo si era allargato e non era più in quattro e Felix doveva sforzarsi ad essere gentile con i nuovi arrivati.
Non amava cambiare la routine, la tranquillità della sua solita quotidianità gli piaceva. Era "monotono", e ciò che lo faceva più incazzare e che era uscito dalla bocca di Lee Minho.
Quest'ultimo ormai da quando erano le superiori, si era preso troppa confidenza con tutti i suoi amici e per quanto Felix si sforzasse nel vedere del genuino in Minho... Proprio non ci riusciva.
Il ragazzo era probabilmente gentile a modo suo, ma Felix ogni volta si sentiva a disagio.
E poi aveva una regola, certo una regola non scritta ma pur sempre una regola: evitare di essere "appiccicosi" con Chan.
Probabilmente nella sua mente era scritta con un enorme pennarello indelebile, che non si sarebbe mai cancellato neanche con i suoi peggiori incubi. Non era gelosia, non era possessione... Felix era solo innamorato di Chan da anni e sentirlo lontano da lui lo terrorizzava.
Ma Minho questa regola per quanto la rispettasse nei limiti, trovava fastidiosa la sua presenza troppo allegra con gli altri. Con lui. E le sue idee pericolose.

Ciò che disprezzava e che quel posto,  racchiudeva qualsiasi sua paura che da tempo vagava nella sua mente. Solo che, quel enorme parco di divertimenti abbandonato per bambini sembrava una scelta davvero assurda per degli adolescenti come loro.
Ma chi voleva metterli davvero nei guai era Minho, e il suo essere ficcanaso e appassionato fin troppo di leggende metropolitane.
Stupide mascotte che a Felix mettevano terrore, che non riusciva seriamente a guardare neanche nei volantini ormai rovinati di quel parco. Non trovava un senso a quello strano divertimento, perché proprio loro dovevano trovarsi li ogni fine settimana? Posti molto grandi, vandalizzare le attrazioni e divertirsi a spaventare i bambini che volevano occupare il loro territorio... Almeno questo è quello che gli dicevano i suoi "hyung".
Lui continuava solo a peggiorare, e nonostante confessava ogni suo malessere anche a Chan era come se tutte quelle enormi paure il suo migliore amico non le vedesse. Non le vedesse più.
Ma ciò che Felix vedeva con perfezione era come dei piccoli occhi lo scrutavano in mezzo a i suoi amici, come il divertimento che vedeva negli occhi di Minho nel vederlo soffrire.
Sapeva più del dovuto.

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