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Hai paura?
Per tutta la vita si era posto questa domanda in varie occasioni, da bambino quando doveva saltare dentro una pozzanghera che sembrava troppo profonda secondo la sua grande immaginazione, e da adolescente quando ad oggi aveva ancora terribili incubi.
Da dove nascevano questi incubi?
Non aveva una risposta, mai avuta. Forse la separazione dei suoi genitori, il fatto di non essere abbastanza per sua madre o che la sua testa da quando aveva 7 anni compiva brutti scherzi alternando ed inserendo falsi ricordi. Se falsi potevano definirsi.
Ricordava benissimo la prima notte dopo aver sognato quelle terribili scene nel suo lettino, aveva urlato cosi forte da aver svegliato i suoi genitori e i vicini di casa. Il giorno dopo suo padre aveva spiegato l'accaduto a quei vecchietti ridendoci su, eppure Felix non aveva riso. Un bambino non dovrebbe sognare quelle cose.
Da li le cose erano peggiorate, partendo dalla relazione dei suoi genitori: suo padre aveva tentato in tutti i modi di salvare quel matrimonio, ma la madre aveva deciso che le cose non potevano funzionare tra di loro. Tra un avvocato e un semplice tecnico? La donna aveva sempre pensato solo ad avere uno status di vita elevato, cosa che l'amore della sua vita a quanto pare non poteva offrirgli.
Felix ricordava perfettamente come suo padre lo aveva salutato l'ultima volta, e di come un bambino di soli dieci anni non poteva dire addio ad un genitore cosi presto. Solo perchè sua madre aveva fatto in modo che lei avesse il completo controllo della situazione vietando all'uomo di vedere il figlio, e presto Felix dopo le poche telefonate che gli venivano concesse con il padre vide il genitore sparire completamente dalla sua vita.
"Tuo padre sarà morto" aveva detto con freddezza la madre dopo un mese che Felix provava a chiamarlo ripetutamente, e non poteva nemmeno provare a cercarlo. Non erano nello stesso paese.
Dopo la separazione dei due la madre di Felix aveva deciso di tornare in Corea del Sud, in particolar modo per puntare in alto e crescere dal punto di vista lavorativo. Felix si trovò quindi all'età di dieci anni in un paese che aveva solo sentito raccontare da i suoi genitori quando vivevano a Sydney, per sentito dire e nulla di più.
Imparare una lingua, convivere ancora con quei incubi che non sembravano lasciarlo andare e che anzi erano peggiorati dopo quella terribile separazione. Sua madre non sembrava preoccuparsene, non solo degli incubi... del benessere di Felix. Quest'ultimo non dubitava dell' amore di lei, ma era convinto che senza di lui le cose sarebbero andate in modo diverso per la donna: più libera, molto ricca, un uomo facoltoso l'avrebbe sposata, una vita agiata.
Con Felix le cose si complicavano, e lo aveva capito dopo una serie di litigate quando oltre a tenerla sveglia la notte per quella serie di incubi gli aveva prontamente rinfacciato che le cose con il suo lavoro non potevano andare oltre se lei doveva pensare anche al benessere di quel "povero bambino troppo debole".
Le parole fanno male, quella di una madre peggio ancora.
Felix doveva crescere in fretta, perchè sua madre non aveva tempo. Per suo figlio non aveva tempo.
Non ricordava bene quando iniziò a prendersi cura di se stesso, o meglio a non dire nulla di cosa gli accadeva. Gli incubi erano sempre li, le scuole medie iniziavano e lui era già un uomo responsabile.
Oltre sua madre non c'erano altri parenti in quel paese che potevano badare al ragazzino, e la maggior parte delle volte era lui ad occuparsi del proprio pranzo, della cena e della sua messa a letto. Sua madre non si preoccupa nel fare straordinari, anzi era convinto che per lei questo fosse un modo molto piacevole per non stare da sola con lui.
Lo irritava? Probabile. Era spaventata? Da sempre, da quando aveva raccontato per la prima volta le cose terribili che lui sognava ricordava perfettamente lo sguardo di terrore della donna.
Felix era solo. La lingua non aiutava avendo fatto poca pratica, eppure una volta raggiunta la prima media si sentiva sollevato di poter apprendere le nozioni e indicazioni pratiche che i professori gli comunicavano. Lui doveva solo seguire le lezioni, tornare a casa, mangiare, fare i compiti e andare a letto. Fine.
Eppure questi obiettivi prefissati durante il primo semestre sembrano andare a monte quando qualcuno nella sua classe decide di parlare con lui, di rendersi conto della sua esistenza.
Bang Chan si era avvicinato con fare quasi timido mentre gli aveva teso la mano durante una ricreazione qualunque, in un giorno qualunque di ottobre.
"Io sono Chan, tu sei Felix giusto?" Gli aveva chiesto, probabilmente conosceva il suo nome solo perchè lo aveva sentito pronunciare da altri professori. Lui non si era presentato a nessuno da quando avevano iniziato il semestre. Ricordava che dopo quella stretta di mano un po' timida da parte sua, aveva sentito tutto il suo corpo prendere fuoco dal imbarazzo.
Quel Chan sembrava simpatico, cosi come il suo modo di fare. Da quel semplice saluto passarono ben tutte le medie, in cui Felix andava a scuola solo per trascorrere del tempo con il suo nuovo migliore amico e il gruppo che si era creato.
Jisung e Changbing erano entrati nella sua vita grazie a Chan nonostante i due ragazzi non erano della stessa classe, si beccavano infatti tutti insieme durante la ricreazione dove passavano il tempo in posto isolato dietro l'edificio scolastico. Era riuscito a trovare delle persone che contavano su di lui, che lo facevano sentire parte di qualcosa. Solo loro quattro, magari per sempre.
Più il tempo scorreva, più le cose sembravano maturare.
Era stato Chan stesso a convincerlo nel andare da uno psicologo per tutti quei incubi, e Felix aveva accettato il consiglio nonostante al suo migliore amico avesse raccontato solo un quarto di quei sogni.
Non voleva spaventarlo come sua madre, non voleva perderlo. L'affetto di suo madre lo aveva perso da piccolo, quello di Chan non poteva perderlo. Perdere il bene del ragazzo che lo aveva salvato da una probabile solitudine non era contemplato.
L'idea di Chan venne accolta con positività dalla madre di Felix che nonostante il suo disinteresse ora che il figlio era leggermente cresciuto, approvò la cosa esordendo con un "Potrebbe farti tornare una persona normale!" Aveva fatto male di nuovo.
Per la madre la situazione del figlio era diventata sempre più sconosciuta perchè Felix stesso nella sua crescita l'aveva nascosta per non turbare il genitore, per non turbare chi doveva aiutarlo in modo incondizionato.
Andare in terapia la prima volta era stata un esperienza al dir poco confusa e disorientante, ma era un suo obiettivo per rimettersi in sesto (o almeno pensava) prima di iniziare le superiori, prima di compiere i sedici anni.
Non aveva mai pensato che i suoi problemi, i suoi incubi, potevano sparire con una o più sedute. Lo psicologo Choi era molto giovane per essere li, Felix aveva pensato questo la prima volta: sembrava lontano dalla figura del adulto giudicante che aveva incontrato durante la sua vita, e giurava che ad ogni seduta quando Felix si apriva di più... il terapeuta sembrava orgoglioso di lui.
Perchè si il ragazzo era riuscito a fare progressi, anche se per vederli appieno erano serviti due mesi. Prima raccontò le sue difficoltà a scuola, poi il trasferimento in Corea, la separazione dei suoi genitori, la presunta assenza di suo padre e infine i suoi incubi. Il problema principale che lo metteva in difficoltà da quasi dieci anni.
"Cosa vedi?" La domanda posta dallo psicologo era chiara quanto semplice, fino a quel momento non si era mai sfiorato l'argomento incubi fino a quel giorno. Era stato un passaggio graduale quanto molto diretto dopo quella semplice domanda.
"Un posto, delle persone, prima il divertimento, poi la devastazione, vedo e sento molta sofferenza." Dirlo ad alta voce per lui era stato strano, ma non cosi spaventoso come pensava. Dovuta dalla confidenza instaurata con il suo psicologo?
"Sono persone che conosci? Dei ricordi? Oppure senti che è solo frutto di pensieri che vogliono farti solo paura?" Erano tre le domande, e lui per ben tre volte scosse il capo. Non era un No, ma era il suo modo che di solito utilizzava quando sentiva che le domande poste erano troppo specifiche per dare una vera e propria risposta.
Lui non sapeva cosa erano quei incubi, vedeva delle persone non ben definite che si comportavano come qualcuno che conosceva, per poi vedere lentamente quelle persone infliggersi del dolore, essere malmenati da altre persone, oppure nel tentare di fuggire. Gli scenari erano diversi, ma due cose erano comuni: delle risate innocenti come quelle dei bambini e una figura apparentemente umanoide tranne che per le orecchie da coniglio lo osservava, lo guardava intensamente con quei occhi rossi fino al suo risveglio.
Felix era convinto che lui era stato semplicemente colpito dalla sfortuna fino a quel momento della sua vita, tutto quel dolore non poteva essere frutto di qualcuno o qualcosa che voleva fargli del male. Era il destino, il caso, la vita sbagliata per lui.
Quella visita era stata l'ultima prima di incominciare le superiori, perciò vennero fuori anche le sue paure superficiali come quella di incontrare nuove persone e gestire lo stress dello studio come un qualunque adolescente. La cosa che lo faceva sentire al sicuro era il suo gruppo di amici, loro non potevano cambiare o peggiorare come le cose che gli erano accadute nella vita. Giusto?
Prima di uscire da quella stanza con la raccomandazione di rivedersi la settimana prossima, Felix sentii chiaramente uscire dalla bocca del suo psicologo un'altra domanda, quella che doveva farlo riflettere.
Una domanda che Felix poteva rispondere proprio in quel momento, ma che decise di ignorare per uscire dalla stanza e concludere quella seduta.
"Felix, hai paura?"
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