🌼 25 🌼
"Si posa una farfalla sulla spalla, ed io...
Non posso darle altro se non un addio...
Che il suo destino è fragile come la forza,
Ma dice che oggi vola ed è lì la ricchezza.
Rinchiude in un minuto vent'anni di cose,
Il tempo in fondo è quello che noi gli affidiamo...
Di quelle ali tra cent'anni chissà che rimane,
Mi dice "Lascio ai bimbi il sogno di volare",
Ma ora ti prego mi porti al mare,
Qualsiasi posto purché sia altrove,
Dove non servono più le parole"
Ultimo - Farfalla bianca
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Eri era deliziosa come suo solito e da quando eravamo arrivati da lei non l'avevo mollata per un attimo.
Dal canto suo sembrava contenta a sua volta di ricevere tutto quell'affetto e si era seduta sulle mie gambe, in modo da poter leggere insieme a me la prima fiaba contenuta nel libro che le avevamo portato come dono quel giorno.
<<Questa illustrazione è bellissima, non credi anche tu?>> chiesi, alludendo alla bellissima immagine della bella addormentata nel bosco che giaceva nel suo sonno profondo, illuminata da un raggio di luce dorato.
Mi sentivo affine a lei, perché anche io ero stata imprigionata a lungo in un sonno apparentemente infinito ed ero stata svegliata dal bacio di Mirio, talmente simile a un
principe da rendere perfetto il paragone.
<<Sì>> rispose la bambina, accarezzando affascinata la pagina con la punta delle sue piccole dita.
Eri riprese poi la lettura, sussurrando sottovoce le parole e talvolta inciampando in quelle che non conosceva bene. Tuttavia se la stava cavando egregiamente ed ero fiera di lei.
Distolsi la mia attenzione dalla lettura per qualche secondo, giusto il tempo necessario per scoccare un sguardo incuriosito in direzione di Mirio.
Il ragazzo infatti non era accanto a noi e da qualche minuto stava confabulando chissà cosa con Izuku Midoriya, guardandomi di tanto in tanto.
Probabilmente stavano parlando di me, ma ero comunque tranquilla, perché mi fidavo di lui e gli avevo chiesto espressamente di non dire a nessuno della mia malattia. Quindi sicuramente stava parlando con lui di altro, ma sempre di qualcosa riguardante me, l'avevo intuito dal suo sguardo posato occasionalmente sulla mia figura durante la conversazione.
Decisi di farmene una ragione e di aspettare, senza pormi troppe domande in merito.
Mirio agiva sempre per il mio bene e riponevo in lui la massima fiducia incondizionata.
Mi aveva tirata fuori da un baratro profondissimo e grazie a lui stavo gustando il sapore della normalità. In poche parole la vita di una normale adolescente della mia età e non quella di una malata terminale con un piede nella fossa.
Grazie a lui avevo capito che non era mai tardi per realizzare i propri sogni e per tuffarsi a capofitto in ogni giornata con entusiasmo, nonostante i problemi e le difficoltà.
Non sarei mai riuscita a ripagare il debito che avevo con lui, era troppo grande per essere colmato e nessuna parola di ringraziamento mi sembrava sufficiente per esprimere la mia gratitudine.
Amavo profondamente quel ragazzo e desideravo passare con lui ogni momento ancora a mia disposizione, senza eccezioni.
Mirio tornò da me solo quindici minuti dopo, con un gran sorriso ben stampato sulla faccia.
Senza dire una parola mi tese la mano e per qualche secondo lo guardai dubbiosa, prima di dire ad Eri: <<Scusami piccola, posso lasciarti un attimo qui a leggere il resto della fiaba da sola?>>
La bambina, presa com'era dalla storia, si limitò ad annuire lievemente con la testa, senza scollare nemmeno per un secondo lo sguardo dalla pagina davanti a sé.
Sorrisi a quella vista, lasciandola scivolare dolcemente dalle mie gambe alla seduta del divano. Poi afferrai con vigore la mano del ragazzo, permettendogli di riportarmi in piedi.
<<Vieni con me>> mi disse semplicemente, iniziando a guidarmi verso l'esterno del dormitorio della sezione A.
Lo assecondai, tuttavia con una tremenda curiosità che non faceva altro che crescere di secondo in secondo.
<<Dove mi stai portando?>> chiesi infatti.
<<Aspetta un momento e lo scoprirai. Poi non potrai negare che sono il miglior fidanzato del mondo>> rispose lui scherzosamente, voltandosi nella mia direzione, così da potermi mostrare il suo sorriso. Quello che ricambiai immediatamente.
<<Non mi serve un'ulteriore dimostrazione. Lo so da tempo che sei il migliore di tutti>> risposi sincera, stringendo maggiormente la sua calda e premurosa mano.
Continuai a camminare insieme a lui ancora per una manciata di secondi, prima di arrivare in cortile.
Non eravamo soli. Trovai infatti sia Izuku Midoriya che una ragazza dal volto conosciuto, ma dal nome a me estraneo.
Dubbiosa mi avvicinai a loro, fermandomi esattamente davanti ai due ragazzi, praticamente di fronte alla ragazza.
<<Lei si chiama Ochaco Uraraka e adesso ti darà un mano per fare qualcosa di importante per te e per me>> la presentò il mio ragazzo.
<<In che sens->>
Non riuscii nemmeno a completare la mia domanda, perché subito dopo la ragazza mi toccò un braccio e i miei piedi si staccarono dal suolo.
Lo stupore lasciò subito spazio alla felicità e con l'ennesimo enorme sorriso stampato sul viso dissi: <<Guardarmi Mirio, sto volando!>>
Fu un momento bellissimo, destinato a scolpirsi nel mio cuore nelle settimane successive.
• • • •
Detestavo la sala di attesa dell'area oncologica.
Era il posto peggiore del mondo per la sottoscritta ed ogni cosa di quel posto mi dava fastidio. Dall'odore stucchevole che percepivo nell'aria, fino ad arrivare alle scomode sedie di plastica che ti massacravano la schiena.
La parte peggiore era però l'attesa. Aspettare senza sapere l'esito degli esami di controllo fatti non molto prima ti uccideva. Era infatti a tratti insopportabile sentire l'ansia avanzare sempre di più e prendersi man mano tutto, senza lasciare spazio per altri pensieri.
Quella mattina mi ero recata in ospedale per la visita di controllo richiesta in anticipo e avevo fatto una tac generale, così da permettere al primario che seguiva il mio caso di avere una visione globale della mia situazione clinica.
Mia zia era seduta alla mia sinistra, mentre Mirio era seduto alla mia destra e mi teneva la mano, stringendo forte. Un po' per aiutare me a gestire la mia ansia, un po' per scaricare anche la sua.
Il ragazzo infatti cercava di non darlo a vedere, ma era visibilmente preoccupato, riuscivo a percepirlo semplicemente dalla sua stretta forte e bisognosa e dal suo leggero tremolio.
Mia zia pochi minuti dopo si allontanò un momento per recarsi nel bagno di servizio del piano, lasciandoci da soli.
<<Ho paura>> confessai, posando la mia testa sulla sua spalla muscolosa. Cercai di respirare a fondo il suo profumo e di tranquillizzarmi, così da trovare il coraggio che mi serviva in quel momento tremendamente difficile.
<<Andrà tutto bene, andrà tutto bene>> mi sussurrò lui, baciandomi teneramente sulla tempia diverse volte.
Trovai nel suo tono rassicurante la forza per risollevarmi un minimo da quella situazione.
Oramai mi bastava semplicemente sentire la sua voce per stare meglio e non desideravo altro se non la sua presenza.
Proprio per quel motivo gli avevo espressamente chiesto di accompagnarmi, spaventata com'ero da quella situazione.
Speravo di sbagliarmi.
Speravo di non essere peggiorata.
Speravo di ricevere buone notizie.
. . . .
Il primario uscì dal suo studio privato circa venti minuti dopo, chiedendoci garbatamente di accomodarci dentro.
Mirio restò dapprima seduto sulla sua sedia in sala d'attesa, forse intimidito dalla situazione, ma con uno sguardo eloquente lo invitai ad alzarsi per venire dentro con me e mia zia.
Era il mio ragazzo e lo volevo con me in un momento come quello, siccome da diverse settimane a quella parte era l'unico in grado di portare un po' di sollievo nella mia vita.
Tutti insieme ci accomodammo nelle sedie di fronte la scrivania del primario. Io e Mirio decidendo di condividere una delle due a disposizione, occupandone metà a testa.
Mia zia invece prese l'ultima libera, iniziando a stringere la cinghia della sua borsa come se ne andasse della sua stessa vita, probabilmente per dissipare un po' della sua ansia.
Il dottore era molto più serio del solito e teneva un plico di fogli tra le sue mani quasi con reverenza, sfogliandoli nervosamente.
<<Signorina T/C, come sta? Non sono passati molti mesi dall'ultima visita, ma mi aggiorni su tutte le novità>> iniziò lui, sporgendosi leggermente in avanti.
<<Come le abbiamo anticipato per telefono i miei sintomi sono peggiorati molto in fretta e ormai quasi tutti i giorni mi sento spossata, ho mal di testa, capogiri e nausea... ogni giorno sempre peggio>> dissi, scoccando uno sguardo nervoso in direzione di mia zia, sull'orlo delle lacrime praticamente dall'ingresso.
Il primario sembrava impassibile come suo solito, ma riuscii a notare dei movimenti leggermente più meccanici rispetto al solito. Sembrava quasi a disagio. Non tardai a scoprirne le motivazione.
<<Ho confrontato la sua ultima tac con quella fatta poco fa al piano di sotto e purtroppo le notizie non sono buone>> disse lui.
<<È grave, dottore? Si spieghi meglio>> chiese mia zia, avvicinandosi maggiormente con la testa in direzione dell'uomo.
<<Questa è la tac fatta la volta scorsa>> iniziò, posando la prima lastra sul tavolo e che mostrava una macchia di piccole dimensioni <<mentre questa è l'ultima.>>
Il primario a quel punto posò anche la seconda lastra sul tavolo, una lastra che mostrava un'espansione vertiginosa del tumore, cresciuto oltre ogni mia previsione.
A quella vista il respiro mi si come mozzò in gola e un peso di enormi dimensioni sembrò come piombare sulla mia schiena tutto d'un colpo.
<<E non è tutto>> continuò, esibendo anche diverse lastre che mostravano le altre parti del mio corpo dopo i raggi <<col mio team abbiamo riscontrato varie concentrazioni in alcuni organi diversi dal cervello.>>
<<Vuol dire che...>> cercai di dire, senza riuscire a terminare la frase.
Il primario lo fece per me. <<Vuole dire che si sono diffuse delle metastasi. Il tumore principale è migrato.>>
Mia zia a quelle parole scoppiò a piangere, senza riuscire a trattenersi nemmeno un secondo di più, mentre la mano destra di Mirio corse a stringere la mia.
Non riuscii a trovare il coraggio nemmeno per voltarmi nella sua direzione, né tantomeno in quella di mia zia, talmente ero sotto shock e presa a scandagliare le mie stesse emozioni.
<<Quanto... quanto mi resta?>> riuscii a chiedere.
Il primario ispirò combattuto, mostrandosi profondamente dispiaciuto da quella situazione. Mi seguiva dal mio primo tumore, sviluppato all'età di dodici anni, e non doveva essere facile per lui darmi notizie del genere, non dopo avermi vista crescere tra la sofferenza.
<<A questo punto è impossibile da stabilire. Potrebbe accadere da un momento all'altro. La settimana prossima anche, come tra uno o due mesi. È difficile a dirsi. Dipenderà da...>>
<<... quale organo cederà per primo>> conclusi al posto suo, togliendogli le parole di bocca.
<<Mi dispiace>> rispose lui <<per qualsiasi cosa siamo a disposizione, chiami a qualunque ora in caso di bisogno.>>
Annuii velocemente, pronta per andarmene via dallo studio.
Desideravo quanto prima uscire da lì e respirare un'aria diversa da quella dell'area oncologica. Lo desideravo più che mai, specie dopo una notizia del genere.
Mia zia e Mirio mi seguirono immediatamente, salutando il primario insieme a me.
La prima con delle enormi lacrime che le traboccavano dagli occhi già gonfi, il secondo con la faccia di uno che si stava trattenendo immensamente dal piangere.
Io invece non riuscivo nemmeno a spiegare come mi sentivo.
Ero semplicemente vuota.
• • • •
La spiaggia era bellissima, illuminata com'era dalle ultime luci del giorno, capaci comunque di proiettare un bellissimo bagliore sull'acqua mossa dalle onde.
Un tempo quel luogo era pieno di spazzatura, ma qualcuno l'aveva misteriosamente ripulito nel tempo, fino a riportarlo al suo splendore originario.
Ammirare il tramonto sulla spiaggia era tra i miei desideri, ma prima di quel momento non l'avevo mai fatto in vita mia, forse perché sprovvista di una persona da portare con me per condividere quel bellissimo momento, finché non era arrivato Mirio.
Il ragazzo infatti in quel momento era insieme a me e il suo braccio era strettamente avvolto attorno alla mia vita.
Non erano passate molte ore dal colloquio con il primario e quel tempo era trascorso discutendo delle nuove informazioni acquisite.
Quando ero uscita dallo studio avevo pianto molto, ma lui mi aveva tenuta per tutto il tempo tra le sue forti braccia, senza versare nemmeno una lacrima. Dopodiché ci eravamo seduti su una panchina situata in un parco vicino l'ospedale, parlando per ore ed ore di quella situazione, fino alla decisione di venire sulla spiaggia.
Mirio per tutto il tempo aveva mantenuto una faccia neutra e dentro di me sapevo il motivo: si era trattenuto dal piangere per darmi forza e per non turbarmi, anche se visibilmente ne aveva bisogno lui per primo.
<<Ci credi se ti dico che nonostante tutto sono felice? Stare qui insieme a te è bellissimo e non potevo desiderare di meglio>> confessai improvvisamente, poggiando la testa sulla sua spalla.
<<Anche io sono felice di essere qui con te in questo momento. Il mare è bellissimo>> disse lui, stringendomi più forte a sua volta.
<<Dopo questo resteranno solo due desideri. E non manca molto alla partenza per Kyoto, solo due giorni...>>
Mirio mi baciò affettuosamente tra i capelli, prima di accostare le sue labbra al mio orecchio.
<<Te la senti di partire? Credi di farcela?>> mi chiese pieno di apprensione.
<<Voglio partire a tutti i costi, Mirio. Questa potrebbe essere la mia unica occasione, in fondo l'hai sentito anche tu il primario, no? Desidero fare questo viaggio con te e solo con te>> risposi sincera, alzando il viso quel tanto che bastava per lasciargli un veloce bacio sulle labbra.
Il ragazzo mi sorrise dolcemente, accarezzando lentamente il mio viso. Poi mi baciò a sua volta, contemporaneamente al sole che iniziava a colorare il cielo di un ricco arancione tramonto.
Quella era una metafora della mia vita, perché anche io, proprio come quel sole, ero destinata a tramontare presto.
Ero ormai ai miei ultimi raggi.
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