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🌼 17 🌼

"Che tesoro che sei
Quando mi guardi
Quando penso con gli stessi occhi
Tu mi lascerai"

Antonello Venditti - Che tesoro che sei

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La penna aveva sporcato leggermente di inchiostro il mio mignolo, ma non me ne curai troppo.
Avevo sempre avuto la brutta abitudine di impugnarla in un modo strano, col risultato di trovarmi sempre la pelle leggermente macchiata di colore, quindi ormai ero più che abituata ad impiastricciarmi tutta.
Quella mattina mi ero alzata con la voglia di scrivere qualche riga sul mio diario e avevo colto immediatamente l'occasione dopo la colazione per scrivere qualcosa, in modo da buttare su carta quel gran groviglio di pensieri che affollava il mio cervello. Mi aiutava a liberarmene parzialmente e mi faceva sempre sentire leggermente meglio.
Dopo la scrittura ero sempre solita rileggere il tutto per riorganizzare i miei pensieri e nemmeno quella volta fece eccezione.

"Non sto più nella pelle.
Manca solo una settimana al concerto dei Cold smokey e sono ancora incredula all'inverosimile.
Mirio non ha voluto dirmi come ha fatto a trovare i biglietti e sinceramente ormai mi sono arresa davanti alla consapevolezza che non lo scoprirò mai. So solo che grazie a lui sto per realizzare uno dei desideri che più mi preme portare a termine.

Per quanto riguarda lui devo dire che le cose sono andate stranamente bene dal suo tentativo di baciarmi della settimana scorsa. Non c'è stato imbarazzo tra di noi, né nessuna forma di rancore o mortificazione da parte sua.
Mirio continua a sorridere come suo solito ed io continuo a sorridere a mia volta vedendo il suo viso illuminarsi. È più forte di me. Quando lui è felice non posso fare a meno di sentirmi pervadere dalla stessa sensazione di gioia.
Forse ad occhi altrui ora come ora potrei apparire come una povera pazza. Nel senso... lui mi piace tantissimo, eppure sto facendo ogni cosa in mio potere per tenerlo alla larga dal punto di vista sentimentale.
Non so nemmeno più se lo sto facendo anche per timore di mettermi in gioco o semplicemente per questo senso di responsabilità che mi martella il petto...
In poche parole mi chiedo: come posso accettare di essere baciata da lui sapendo quanto dolore extra gli causerà la mia morte?
Quel ragazzo è già dentro fino al collo in questa situazione, tutto a causa del mio egoismo, quindi davvero non me la sento di coinvolgerlo più di così.

Il problema adesso è riuscire a domare il mio desiderio. Perché solo il cielo sa quanto intensamente io brami le sue labbra.
A volte chiudo gli occhi e rivedo il suo viso così vicino a me... le sue labbra rosse e leggermente dischiuse... i suoi occhi guardarmi pieni di desiderio...
Solo a ripensarci mi sembra di impazzire.
Riuscirò davvero a resistere fino alla fine?
Nemmeno io riesco a concepire la reale portata dei miei sentimenti per lui. So solo che sono forti e sinceri, inoltre li sento crescere sempre di più giorno dopo giorno. Sinceramente un po' mi fanno paura.

Spero di resistere.
Devo cercare di non cedere... lo devo a entrambi..."

Una volta terminata la lettura sospirai e chiusi il diario, riponendolo con cura dentro lo zainetto da me selezionato quella mattina.
Ero pronta per il mio turno di volontariato.

• • • •

I bambini correvano felici nella sala a loro dedicata, ridendo chiassosamente.
Anche nella malattia e nella sofferenza trovavano sempre lo spazio per un sorriso, per la voglia di giocare o semplicemente per quella di sognare. Erano davvero incredibili.
<<T/N, giochi con noi ad acchiapparella?>> mi chiese Ayato, fermandosi davanti a me.
<<Non adesso piccolo, mi sento un po' stanca, ma se vuoi dopo posso raccontarvi una bella storia. Cosa ne dici? Ti sembra un buon compromesso?>> chiesi.
Lui valutò per un secondo la mia proposta e poi annuì vigorosamente, urlando agli altri bambini presenti: <<Ha detto che dopo ci racconta una storia, io amo le storie>>.
Tutti bene o male accolsero calorosamente la proposta e ripresero a giocare tra di loro, lasciandomi tranquilla sull'uscio della porta.
Chiaramente non avevo mentito al bambino solo per tirarmi fuori dalla situazione, ma avvertivo davvero un senso di spossatezza generale più acuto del solito.
Era iniziato poco dopo aver lasciato casa mia e stava lentamente peggiorando.
Mi portai dolorante una mano in direzione della testa, sentendola battere come un tamburo. Inoltre il senso costante di nausea non aiutava.
Nell'insieme il tutto sembrava peggiorare di ora in ora. Presi quindi la decisione di sedermi un momento, con la scusa di colorare insieme a qualche bambino decisamente più mansueto.
Scelsi la sedia più a tiro e mi accomodai, sorridendo ai bambini in modo da non destare sospetti. In fondo non volevo farli preoccupare.
Loro sembrarono cascarci e non dissero nulla, continuando a colorare, mostrandomi di tanto in tanto il risultato.
Ne approfittai per rilassarmi un minimo e per tornare con la mente al discorso avuto col primario dopo la mia ultima tac.
L'uomo infatti mi aveva parlato di un aumento della sintomatologia legata al glioblastoma e tra le tante cose aveva elencato anche i sintomi che stavo provando sulla mia pelle in quel momento.
Decisamente non era un buon segno, ma non potevo in ogni caso aspettarmi qualcosa di diverso.
In fin dei conti la mia ora era segnata da un pezzo e man mano che passavano le settimane ero sempre più esposta agli effetti avversi della mia malattia.
Non potevo fare poi molto per impedirne il naturale decorso, se non prendere le dosi di farmaci consigliate in base al mio caso e in base alla mia corporatura. Le medicine aiutavano molto e sapevo di non poterne fare a meno.
Mi lasciai scappare un lieve sospiro e decisi di stringere i denti. Prima o poi sarebbe passato tutto.

• • • •

<<Oggi sei un po' in ritardo, non è da te. I bambini ti hanno trattenuta?>> mi sentii chiedere appena fuori l'enorme porta automatica dell'ospedale.
Era Mirio, che come al solito mi aspettava per passare il resto del pomeriggio insieme.
A volte saliva anche in reparto ad aiutarmi con i bambini, ma quel giorno aveva preferito restare fuori.
<<Ayato ha fatto un sacco di capricci. Voleva assolutamente un'altra storia, ma era tardi e alcuni di loro dovevano fare la doccia>> spiegai <<quel bambino mi farà venire i capelli bianchi, ma davvero non saprei cosa fare senza di lui.>>
<<In effetti è davvero pestifero, però andate molto d'accordo. Da quanto tempo lo conosci?>> chiese.
<<Praticamente è stato il primo bambino che ho conosciuto quando ho iniziato volontariato. Era un gran musone e ci ho messo diverse settimane per convincerlo a darmi confidenza. Lui per tutto questo tempo ha fatto dentro e fuori dall'ospedale per diverse ricadute, ma le cose sono andate bene dal trapianto, a breve potrà uscire.>>
<<Ed è anche un furbetto. So che ti va dietro. Ha l'occhio lungo quel bambino>> commentò lui, sorridendo al ricordo di tutte le piccole scenate di gelosia del bambino a suo discapito.
<<Magari con dieci anni in più potrei anche considerarlo, ha del potenziale secondo me>> dissi scherzosamente, ottenendo un piccolo schiaffo dietro la testa dal ragazzo.
Quello mi provocò una fitta di dolore che amplificò la mia emicrania, ma riuscii a non far trapelare nulla.
Non volevo assolutamente farlo preoccupare, né tantomeno accennare all'episodio di vomito che avevo avuto circa quaranta minuti prima nel bagno per visitatori dell'area pediatrica.
Doveva restare un mio segreto.
<<E così devo iniziare ad essere geloso di un bambino?>> chiese con un gran sorriso.
Quella domanda lasciò le sue labbra con naturalezza e nonchalance, tanto da farmi sobbalzare leggermente.
Non ero abituata a simili frasi da parte sua, ma lui non sembrò nemmeno scomporsi.
<<Non ce n'è bisogno>> commentai, sperando di troncare quanto prima quel discorso.
Non mi piaceva la piega che stava prendendo la situazione e non me lo potevo permettere, non con tutti gli sforzi che stavo facendo per mettere da parte i miei desideri a lui rivolti.
Il ragazzo non aggiunse altro, ma sorrise semplicemente.
Tirai un piccolo sospiro di sollievo e riportai lo sguardo sulla strada, realizzando solo in quel momento un dettaglio non indifferente.
<<Ma dove stiamo andando? Non è la solita strada che facciamo>> commentai.
La conversazione mi aveva presa così tanto da farmi camminare insieme al ragazzo senza nemmeno rendermi conto della direzione presa. Mi succedeva tutte le volte che stavo con la testa tra le nuvole.
<<Te ne rendi conto solo adesso? Sei un po' imbranata>> disse lui, in quel momento chiaramente divertito dalla situazione.
<<Senti chi parla>> bonfonchiai sottovoce e leggermente offesa, riferendomi alla sua di sbadataggine.
Mirio tuttavia non rispose alla mia domanda e si limitò ad arrestare il passo nei pressi di una vicina fermata dell'autobus.
<<Dobbiamo prendere il bus? Perché?>> chiesi.
<<Lo vedrai>> fu la sua unica risposta.

• • • •

La benda mi copriva completamente gli occhi e non riuscivo a vedere nemmeno un piccolo spiraglio del mondo attorno a me.
La mia unica guida era la mano del ragazzo che racchiudeva dolcemente una delle mie, mentre lui mi apriva la strada con la sua muscolosa e rassicurante figura.
Il ragazzo mi aveva coperto gli occhi diverse fermate prima della nostra e da quel momento tutto era piombato nel buio per me.
<<Quando posso guardare?>> chiesi impaziente.
<<Siamo quasi arrivati, cerca di resistere>> rispose lui, rafforzando la presa sulla mia mano, tuttavia senza far perdere dolcezza a quella stretta.
Adoravo la sensazione delle sue dita intrecciate con le mie e fosse stato per me non avrei mai sciolto quel legame.
Tuttavia cinque minuti dopo ci fermammo e lui scivolò lentamente via, iniziando a trafficare lentamente col nodo dietro la mia nuca.
L'improvviso ritorno della luce offuscò la mia vista per qualche secondo e fu solo dopo aver battuto diverse volte le palpebre che riuscii a riconoscere la sagoma dell'edificio davanti a me. L'agenzia di Fat Gum.
Mi voltai rapidamente in direzione di Mirio alla ricerca di un cenno di conferma e lo trovai nell'immenso sorriso stampato sul suo viso.
<<Stai scherzando? Ha accettato di incontrarmi?>> chiesi.
<<Non devi ringraziare me, ma Tamaki che ha acconsentito a chiedere a Fat Gum. Dopo te lo faccio conoscere bene, al festival lo hai solo visto di sfug->>
Bloccai le sue parole balzando al suo collo, per poi urlargli praticamente dentro a un orecchio: <<Sto per incontrare il mio eroe preferito. Non posso crederci, dammi un pizzicotto>>.
Lui me ne piazzò davvero uno sul braccio più a tiro, strappandomi un verso di dolore.
<<Ahia, ma che ti prende? Era tanto per dire.>>
Mirio fece spallucce. <<Potevi dirlo subito, lo sai che sono stupido.>>
Decisi di non ammazzarlo solo perché troppo su di giri per l'imminente incontro con Fat Gum e mi lasciai guidare all'interno dell'agenzia.
Stavo per realizzare uno dei miei più grandi sogni.
Quello fece sparire tutto il dolore fisico che stavo provando. Sparì completamente.
Nessuna medicina era più potente della felicità. E in quel momento stavo toccando il cielo con un dito.

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