Capitolo 8 [Seconda Parte]
―Ho bisogno di allontanarmi―, disse, mettendosi in piedi su due ginocchia tremanti.
―Sunny?―, lo chiamò Cauchemar, colta alla sprovvista. ―Sunny, ti senti bene?―
Ma Sunny era troppo distante per risponderle.
Fece lo slalom fra i tavoli per tornare ai bagni, e qui, dovette ragionare un secondo prima di scegliere in quale entrare. Quello che l'esperienza gli aveva insegnato era che quello delle ragazze solamente era più pulito, ma chissà per quale motivo, sempre affollato.
Al diavolo, si disse, riuscendo a formulare il primo pensiero coerente degli ultimi minuti. Non gli serviva che il bagno fosse pulito, ma che fosse abbastanza silenzioso da concedergli il tempo necessario a calmarsi, quindi sgattaiolò in quello degli uomini.
Si chiuse nell'ultima cabina, quella più lontana all'ingresso, ed ebbe l'istinto di portare la testa in alto, per respirare. Si massaggiò le tempie con le dita, prima di rannicchiarsi sul pavimento, sedendosi sui talloni.
Cauchemar non sarebbe mai venuta a cercarlo lì dentro. Ma una parte di lui voleva che lo trovasse. Voleva che lo trovasse e gli chiedesse ancora se stesse bene, anche se Sunny non sarebbe mai stato in grado di rispondere senza mettersi a piangere. Una parte di sé voleva parlarne, voleva parlarle. Adesso che aveva promesso di non nasconderle mai più niente, avrebbe voluto dirle tutto.
Dirle tutto riguardo sua madre, riguardo l'incidente, riguardo l'ospedale e la sua vita in comunità... e soprattutto, voleva dirle tutto riguardo ciò che era successo veramente il ventidue luglio.
Aprì gli occhi, e guardò la cordicella dello sciacquone dondolare brevemente. Qualcuno aveva aperto la porta, ed una lieve corrente era entrata dentro il bagno. Adesso, quel piccolo movimento era l'unica cosa in grado di attrarre Sunny nella penombra.
Quando l'altra persona accese la luce, invece di chiudersi infastiditi, gli occhi di Sunny si allargarono ancora di più.
C'era qualcosa incastrato fra la cassetta dello scarico ed il muro.
Sunny scattò in piedi, e la prese fra le mani, sentendosi improvvisamente emozionato. Il vuoto che aveva sentito formarsi nel petto all'improvviso non c'era più, ed il battito del suo cuore era abbastanza forte da cancellare il bruciore del suo stomaco. Aprì la busta con un unico, breve strappo, e vi trovò dentro una cassetta con un'etichetta attaccata. Ma quando ebbe finito di aprire il foglio, allora...
Allora capì che il rapitore di Maple li stava prendendo in giro. Primo, perché in qualche modo sapeva che Sunny sarebbe entrato nel bagno degli uomini. Avrebbe potuto lasciare l'indizio nell'altro bagno, con la possibilità che magari fosse Cauchemar a trovarlo, ma no. Lui aveva appositamente scelto di metterlo lì, come se in qualche modo volesse sfidarlo. E secondo...
Secondo perché quello era codice binario. Quindi doveva sapere tutto riguardo lo scherzetto di Cauchemar.
Quando Sunny sentì il suono di uno scarico, si ricordò all'improvviso del modo in cui il rapitore si era firmato. La tua ombra, aveva scritto. Come se potesse sempre essere presente, come se in ogni momento della giornata, lui fosse in grado di seguirlo.
E allora spalancò la porta, certo di trovarlo lì. Non sapeva nemmeno che aspetto avesse, eppure era certo che una volta che l'avesse visto, lo avrebbe riconosciuto. I lividi che gli aveva fatto non potevano che essere stati lasciati da...
Un vecchietto? No. Assolutamente no, non poteva essere quello il rapitore di Maple.
―Vuoi qualcosa, ragazzino?―, gli chiese il vecchietto, guardando Sunny dal grande specchio mentre si lavava le mani. Lui poté vedere la propria immagine, e si rese conto di sembrare assolutamente pazzo.
―No, mi scusi...―, bisbigliò imbarazzato Sunny, avviandosi fuori dal bagno a testa bassa, coprendosi il volto con i capelli.
―Non ti sei lavato le mani!―, gli urlò il vecchietto, ma invece di tornare indietro, Sunny schizzò ancora più velocemente verso il tavolo che avevano preso lui e Cauchemar.
Qui, le gettò la busta sotto gli occhi, e la cassetta incontrò il legno con un tonfo.
―Ah! È l'indizio? Dove l'hai trovato?―, chiese lei, sobbalzando.
―Non adesso―, la fermò Sunny, e quando lei ebbe alzato verso di lui gli occhi, le rivolse un sorrisetto furbo. ―Prima devo fare una cosa.―
E così, si voltò verso il tavolo dove sedevano ancora le quattro ragazze, e con una sola falcata lo raggiunse. Tutte lo guardarono confuse, perfino Jenna. E con il sorriso più cordiale che riuscì a sfoggiare, si rivolse direttamente a lei.
―Scusami, spero che non suoni scortese da parte mia...―, cominciò col dire, e forse per la prima volta le buone maniere impartite da sua madre si dimostrarono utili. ―Ma ero seduto al tavolo vicino al vostro, e la mia amica ha notato il tuo smalto. Vorrebbe chiederti dove lo hai comprato.―
Jenna spalancò gli occhi, visibilmente sorpresa, e da sotto tutti quei riccioli Sunny riuscì a vedere che aveva due piccole e tonde orecchie da orso. Si portò le mani al viso per nascondersi, e mentre rispondeva le parole le uscirono ovattate.
―Al centro commerciale... c'è un negozio di cosmetica al secondo piano. Puoi riconoscerlo dall'insegna rosa―, rispose, e mentre parlava, il cameriere arrivò al tavolo di Sunny e Cauchemar con in mano le loro fette di torta. In quel momento, lui seppe cosa fare.
Doveva essere stata lei ad ordinare mentre lui non c'era, e non voleva offenderla, ma era abbastanza sicuro che avrebbe capito. Fece un passo indietro e prese il suo piatto, e subito tornò a rivolgersi in direzione di Jenna, sentendo gli occhi delle sue amiche puntati su di sé.
Poi, con l'espressione più neutra che riuscisse ad esibire, nonostante gli venisse da ridere, posò il piatto davanti Jenna. ―Ti ringrazio, e se posso permettermi di ricambiare con un consiglio... il segreto per una dieta sana è non mangiare mai in presenza di persone velenose che contano le calorie del tuo piatto per sentirsi in pace con sé stesse.―
Il cappello di paglia cadde dalle ginocchia di una delle ragazze, mentre questa scattava in piedi, orribilmente offesa. ―Hey!―, gridò, mentre Sunny manteneva il contatto visivo, senza alcuna paura. ―Chi ti credi di essere?―
Ma fu costretta a rimettersi composta quando dall'altro tavolo partì un'ovazione. Il cameriere si girò, gli occhi larghi per godersi al meglio probabilmente l'unica emozione della giornata, e solo allora Sunny si accorse che tutti gli occhi erano puntati su di sé. Non se n'era reso conto, ma aveva parlato abbastanza forte perché tutti lo sentissero.
―Ma chi è quello?―, chiese un ragazzo da uno dei tavoli.
―Non avevo mai visto nessuno rivolgersi a quelle streghe in questo modo.―
―È la sua ragazza quella?―, chiese qualcuno, parlando di Cauchemar.
―Spero di no, perché adesso io voglio essere la sua ragazza―, rispose qualcun altro. Voltandosi, vide che Cauchemar era quasi caduta dalla sedia per le risate.
―Questa la offro io, non preoccuparti. Tu pensa a goderti la giornata―, disse ancora a Jenna, e lei annuì continuando a coprirsi il volto. Sunny le sfiorò appena una spalla, e tornò a sedersi al proprio tavolo, per venire accolto dal sorriso più grande che avesse mai visto fare a Cauchemar.
―Ragazzine delle medie, le odio. Ci sono passata, ma nessuno mi aveva mai difesa in questo modo. Non si dimenticherà di te, te lo assicuro―, gli disse, e Sunny non poté far altro che abbassare la testa, improvvisamente travolto dall'imbarazzo.
Sunny non era mai stato in grado di difendere sé stesso in quel modo. Ma con gli altri... in qualche modo gli veniva più facile. Per qualche motivo, per Jenna aveva volentieri trovato il coraggio.
―Jenna, dove stai andando?―, chiese una delle ragazze, quella con lo chignon.
―Vieni a sederti con noi, non stare più con quelle lì―, la esortò un ragazzo, e prendendo il proprio piatto Jenna si alzò, e lo seguì imbarazzata... ma sorridente.
Il bicchiere con il succo d'arancia venne lasciato a metà, lì a segnare il posto ormai vuoto di Jenna, con il ghiaccio che si era ormai tutto sciolto.
―Sembra che la nostra amica troverà un ragazzo molto prima del previsto...―, ridacchiò Sunny, e cercando nelle tasche recuperò le sue famigerate monetine.
―No, no. Non provarci nemmeno―, rispose Cauchemar, allontanando quella mostruosa pila che Sunny stava cercando di formare sul tavolo. ―Tu ci hai messo il coraggio, fammi almeno pagare.―
―Non credere che desisterò così facilmente. Puoi ripagarmi decifrando il messaggio che il nostro amico ha avuto l'ottima idea di criptare.―
Fu allora che Cauchemar si ricordò dell'indizio che Sunny le aveva lasciato, ed estraendolo dalla busta, lo lesse attentamente.
E Sunny pregò che ne capisse qualcosa.
―Va bene―, acconsentì lei, portandosi il messaggio in borsa. ―Coraline stasera non è a casa, forse riesco ad usare il suo computer. Adesso che so che vivi dai Todd, posso chiamarti appena ho finito.―
―Altra torta―, disse una voce, ed un nuovo piatto venne poggiato fra lui e Cauchemar, allontanandolo dalla discussione. Sunny si voltò e si trovò faccia a faccia con il noioso cameriere. ―Ho pensato che ne servisse un'altra fetta.―
―Ah... grazie―, rispose, mentre il cameriere si allontanava in direzione del nuovo tavolo di Jenna.
―Se riesco ad usare il telefono senza farmi scoprire, ovviamente... altrimenti ci rivediamo domani qui, alla stessa ora―, continuò Cauchemar.
―Va bene, è fatta―, rispose Sunny, avvicinandosi il piatto. La forchettina affondò nella fetta di torta senza opporre resistenza, e i due presero a mangiare in silenzio.
Fra un boccone e l'altro, Sunny guardò in direzione di Cauchemar, intenta ad esplorare i grandi e sinuosi disegni che si rincorrevano fra la carta da parati.
Ed in quel momento ebbe la conferma che se avesse dovuto andarsene e lasciare la città...
Gli sarebbe mancata da morire.
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