Capitolo 4
Tu rovini le persone, Alexia.
Sunny si tirò i capelli indietro, allontanandoseli dalla faccia, e coinvolse l'intero corpo in quel movimento.
Le illudi perché sei brava a parlare. Prendi di mira quelle che non hanno niente e le plasmi come vuoi tu.
Non gli piaceva piangere, ma gli piaceva ancora di meno non riuscire a respirare. Chiuse lo scarico del lavandino, e con le mani che gli tremavano, aprì il rubinetto al massimo. E si costrinse a non guardare la sua immagine allo specchio mentre aspettava che si riempisse.
Le rendi come te, le rendi strane, anormali.
Perché tu non sei normale.
Mise la testa sotto l'acqua, e gli schizzi arrivarono lungo tutto il bagno. A quel punto, con le mani strette attorno la gola, riuscì a respirare.
Sentì le diramazioni delle branchie muoversi nell'acqua, ed il sangue scorrere rapido dentro di esse. L'acqua del bagno gli faceva schifo, sì, ma non si sarebbe lasciato soffocare. Se i suoi polmoni non avevano intenzione di collaborare durante quelle crisi, allora aveva bisogno di trovare un altro modo di superarle.
Mentre teneva la testa sott'acqua, si accorse che era bello essere tornato ad avere tutte le branchie, e si ricordò di quando quelle sul lato sinistro gli erano state recise. Quelle nuove avevano recuperato la quasi piena funzionalità, adesso.
Si rese conto di quanto aveva faticato per sopravvivere, per arrivare fino a quel momento. Si rese conto di tutto lo sforzo che il suo corpo aveva fatto per riuscire a rimarginare le ferite, per riuscire a tenerlo in vita. Ed essendo l'unico pensiero positivo che era riuscito ad avere quella mattina, vi si aggrappò.
Vi si aggrappò con tutto sé stesso.
―Sunny, stai bene?―, lo chiamò Amanda da fuori il bagno. Sunny uscì la testa dall'acqua, e mentre si sbrigava a prendere una tovaglia si accorse che le mani non gli tremavano più.
―Sì, sì, non preoccuparti―, le disse, e dovette fare uno sforzo per non farsi morire la voce in gola. Era sempre così ogni volta che si chiudeva in bagno più del tempo necessario, e Sunny sapeva che Amanda non sarebbe mai stata così fiscale se quelli dei servizi sociali non gliene avessero dato motivo.
Se il vecchio comportamento di Sunny non gliene avesse dato motivo. Ecco perché sentiva il bisogno di monitorarlo quando si isolava.
Si arrotolò i capelli fradici nell'asciugamani, e subito aprì la porta, dando così il buongiorno ad Amanda. Lei indossava una vestaglia leggera, identica a quella che aveva anche Harry, solo gialla invece che verde.
Gli sorrise appena, gli occhi fissi nel vuoto e le orecchie alte, sempre alte, in ascolto.
―Credevo fossi a scuola―, le disse Sunny, e mentre finiva di dirlo si chiese se non fosse stato troppo scontroso.
―La mia collega passa a prendermi alle undici. È incredibile come a scuola ci sia più da fare in estate, che d'inverno―, fu la risposta di Amanda. ―Hai già fatto colazione?―
Per un istante, si chiese se quello fosse un test. Amanda poteva scoprire benissimo la risposta semplicemente controllando il suo piatto. Anzi, Sunny era sicuro che lei lo sapesse già, e lo stesse chiedendo solo per mettere alla prova la sua sincerità.
O forse era tutta una sua stupida paranoia.
―No―, rispose sincero Sunny. ―Stavo per scendere a farla.―
E se avesse continuato così, presto la sua agendina sarebbe stata piena di piccoli asterischi colorati.
Sopravvisse anche al pranzo, ed anche se davvero non ce la fece a finire tutto quello che aveva nel piatto, i Todd sembrarono comunque molto soddisfatti di poterlo riavere a tavola con loro. Forse stava funzionando, forse li stava davvero convincendo di essersi ripreso, che il rapimento di Maple non aveva avuto un impatto così grande su di lui.
Si preparò per uscire, e mentre sceglieva i vestiti si rese conto di essere un po' più emozionato del solito. Visitare posti abbandonati era una cosa che aveva sempre desiderato fare, e nel particolare trovare il luogo della foto era un'idea incapace di farlo stare fermo.
Il giorno prima, era riuscito a svendere i gettoni non spesi di Harry ad un ragazzino, e adesso era sicuro di avere abbastanza soldi per il tram. Si sentiva indipendente e pieno di energie, e quando uscì di casa, nemmeno il calore del sole cocente riuscì a smorzare il suo entusiasmo.
Solo che quando arrivò al centro commerciale, scoprì che Cauchemar non c'era.
Non si erano dati un orario, si accorse Sunny. Ed il pomeriggio era un periodo di tempo molto lungo. Lei sarebbe potuta arrivare alle quindici così come alle diciotto, e non aveva modo di mettersi in contatto con lei per ricordarle dell'appuntamento, o per farle sapere che lui era già arrivato. Si sedette all'ingresso, sulla ringhiera che separava il parcheggio dal marciapiede, ed attese.
E presto iniziò a sentirsi triste.
Non che potesse interessargli così tanto l'opinione che una sconosciuta si era fatta di lui, ma... faceva male. Faceva male ripensare al giorno prima, e all'improvviso cominciare a leggere dentro tutti i gesti che avevano fatto lei e Russell. Faceva male ricordarsi come lui l'avesse definito uno strambo e come lei avesse deciso di non salutarlo al momento di andarsene. Forse non si era sbagliato, forse il suo sesto senso aveva avuto ragione. Forse lei si vergognava a farsi vedere con lui.
Ma allora perché mi ha parlato? Non ha avuto senso, si disse Sunny. Perché mi ha detto che sarebbe venuta con me? Ed è stata gentile ed ha anche provato a mettermi a mio agio... e subito capì che non c'era motivo di farsi quelle domande. Non sarebbe mai venuto a capo di quello che era passato per la testa di una sconosciuta.
Adesso aveva due scelte: prendere la linea sei e scendere davanti al negozio Blockbuster, o tornare a casa dei Todd e passare tutto il resto del giorno a letto. Da solo, chiuso nella propria stanza.
―Hey!―, urlò una voce da lontano, e nel riconoscerla Sunny non poté fare a meno di sobbalzare. ―Scusa il ritardo! Mia mamma non voleva farmi venire!―
Sunny scese dalla ringhiera con un salto, e rimase ad aspettare che la figura tonda e bassina di Cauchemar si avvicinasse a lui. Lei attraversò guardando da entrambi i lati, e con pochi passi, arrivò al varco nella ringhiera, raggiungendo finalmente Sunny.
―Non preoccuparti, non è da molto che aspetto―, disse lui, e si rimproverò mentalmente per tutti i pensieri negativi che aveva avuto riguardo Cauchemar. ―Perché tua madre non voleva farti venire?―
―È per la bambina che hanno rapito qualche giorno fa―, rispose lei, ed in un solo istante le branchie di Sunny divennero gelide. Lui annuì appena, e mentre si avviavano insieme per la strada, Cauchemar continuò a spiegare. ―Lei dice che è pericoloso andare in giro con sconosciuti fino a quando non trovano il colpevole e bla, bla, bla. Non so se hai sentito la storia...―
Sunny fece spallucce, e rivolse una breve occhiata a Cauchemar, incapace di pensare a quale fosse la cosa giusta da dire. Pregò che lei non si accorgesse del suo disagio, e per sua fortuna, lei continuò a parlare senza aspettare una risposta.
―Hanno rapito una bambina dentro una casa famiglia, la settimana scorsa. Non lo sapevi?―
In quel momento, guardando in quei grandi occhi gialli da gatto, Sunny si accorse che Cauchemar non aveva la minima idea di chi lui fosse. Dopotutto, come avrebbe potuto saperlo? Lui le aveva fatto credere di essere un turista in vacanza. E forse... forse avrebbe potuto semplicemente stare al gioco.
―Crederai che io abbia vissuto sotto una roccia, se ti dico che non ne sapevo nulla?―
―Mmmh, no no, è normale. Magari non vivendo qui la notizia non ti ha interessato, ma ti giuro che i miei sono impazziti da quando l'hanno sentito. Hanno paura che mi succeda la stessa cosa.―
Sunny sorrise appena, e mentre salivano sul tram, si appese ad una delle maniglie in alto e rispose: ―Se può farti stare meglio, non ho intenzione di rapirti. E se ci provo, hai il permesso di darmi un calcio dove vuoi.―
Ma buona fortuna a farmi male, pensò, e gli venne da ridere al suo stesso pensiero.
―Ma io non li ascolto―, rivelò Cauchemar. ―Anche se dicono delle cose veramente raccapriccianti riguardo a quello che può essere successo alla bambina. Meglio che non te le dico, non vorrei tenerti sveglio la notte.―
Il cuore di Sunny batté con più forza del solito, e istante dopo istante lui sentì l'adrenalina corrergli in corpo. No, si costrinse a pensare. Lei è viva. Lei deve esserlo, o... o non me lo perdonerei mai.
―Ti ringrazio, non credo di volerle sentire―, rispose, e vedendo che sul tram si erano liberati dei posti, lui e Cauchemar si sedettero in coda al vagone.
―Spero che la ritrovino. Mi dispiace per la famiglia che la ospitava, però. Lei è stata una delle mie maestre alle elementari, mi dispiacerebbe tantissimo se le togliessero anche la custodia dell'altra ragazza.―
Ad ogni nuova frase di Cauchemar, Sunny si sentiva sempre più sotto pressione. Sempre più... spaventato. C'erano tantissime, troppe cose che dipendevano dal ritrovamento di Maple.
Se solo lui fosse stato in grado di difendersi meglio, quella sera. Se solo avesse lottato di più, se solo si fosse rialzato dopo aver ricevuto il colpo al diaframma, o se semplicemente fosse stato in grado di guardarlo bene in faccia, di riconoscerlo...
No, il passato non esiste più. Posso ancora ritrovarla, e devo fare in fretta.
―L'altra ragazza?―, avanzò, mandando avanti la sua recita. Era sicuro che il giornale di Harry non avesse fornito dettagli sulla sua persona, ma forse, gli altri non erano stati altrettanto premurosi. O forse, i vicini avevano detto un nome di troppo, e la voce si era diffusa. In entrambi i casi, non lo sorprendeva che avessero fatto il nome di Alexia.
―Sì, ce n'era un'altra. Poverina, non posso immaginare lo spavento... il rapitore si è intrufolato mentre loro erano in casa da sole. Un mio amico l'ha conosciuta, sai? Ha più o meno la nostra età. Puoi immaginare come possa essere vivere in una casa famiglia? Lontano dai tuoi genitori?―
―No, Cauchemar, non posso assolutamente immaginare cosa significhi vivere in casa famiglia―, rispose Sunny, e mentre pronunciava quella frase fu assolutamente certo che l'eco del suo sarcasmo fosse arrivata anche all'autista. ―Dimmi di più riguardo il tuo amico, che opinione si è fatto di lei?―
Ma chi diavolo è il tuo amico, soprattutto? Da quando sono qui al di fuori di quella casa ho letteralmente parlato solo con te ed una sarta. O fai amicizia solo con i lunatici sopra i trent'anni delle sale giochi?
―Oh, non lo so. Secondo me se l'è inventato. Sai, a volte i ragazzi gonfiano un po' quello che dicono per farsi interessanti, e sono assolutamente convinti che parlare male delle altre ragazze sia attraente.―
Senza accorgersene, Sunny si grattò la nuca. Come erano arrivati a parlare di questo? E quante altre persone avevano avuto quella stessa identica conversazione? In quanti, leggendo le notizie, si erano fatti un'opinione su di lui... senza nemmeno conoscerlo?
―Prenderò nota, allora. Così non farò mai lo stesso errore―, le disse, sorridendo appena. Parlare male degli altri ragazzi era per Cauchemar un modo di rendersi interessante? ―Ma dimmi, che cosa ti ha detto?―
―Niente di importante, cattiverie perché era magra ed alta e lui "le ragazze le preferisce in carne"... pffft―, rispose, e mentre faceva la pernacchia si afferrò la pancia da sotto la maglietta per metterla in risalto. Sunny rise imbarazzato, ed abbracciandosi il petto si passò le mani sulle clavicole sporgenti.
Anche se non gli importava dell'amico di Cauchemar... il suo giudizio faceva male.
―L'ha chiaramente detto per farsi notare, quella ragazza non gli ha fatto niente―, commentò. E lo sapeva per certo.
―Certo che sì. Però ha anche detto un'altra cosa... alzati, la nostra fermata è la prossima―, aggiunse Cauchemar, e senza pensarci troppo Sunny fece come ordinato, aggrappandosi di nuovo alle maniglie mentre si facevano strada verso le portiere. ―Ha detto che sembrava molto triste. Mi è dispiaciuto, vorrei esserle amica. Non servirà a molto, ma non vorrei che si sentisse sola.―
La portiera si aprì, e Sunny lasciò che Cauchemar scendesse prima di lui, fissando per alcuni istanti le sue spalle. Le orecchie da gatto che prima gli erano sembrate troppo grandi adesso erano simpatiche e graziose, e mentre si muoveva la coda di lei gli toccò leggermente un ginocchio. Con quella sola, brevissima frase Cauchemar aveva totalmente stravolto l'opinione che Sunny si era fatto di lei.
Aveva sentito chissà quale storia su una ragazzina depressa ed il suo primo, innocente pensiero era stato quello di volerle essere amica.
Ci stai riuscendo, Cauchemar. Mi sento meno solo, adesso che ti ho conosciuta.
E scese insieme a lei, davanti ad un brutto e monotono Blockbuster.
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